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Abu Ali Mustafa: Le lezioni del lavoratore rivoluzionario

Kaled Barakat | palestinarossa.it

27/09/2017



"Siamo un partito con una storia gloriosa e grande rispetto per i popoli, ma questo non giustifica lo stato di inerzia e di declino che ci troviamo ad affrontare. Un partito che non sa rinnovarsi nelle capacità di analisi ed azione è un partito destinato a morire". Il martire Abu Ali Mustafa, al-Hadaf - 31 luglio 2000

Qual è il principale contributo storico del leader martire Abu Ali Mustafa nel movimento di resistenza palestinese e di tutta l'area, e quello particolare all'interno del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, il cui segretario generale è stato assassinato dai sionisti il 27 agosto 2001?

Quali sono gli elementi dell'automotivazione che hanno fatto di un ragazzo povero proveniente dal villaggio di Arraba (nel distretto occupato di Jenin) che lavorava nelle fabbriche di Haifa e che non ha completato la terza elementare, uno dei più importanti leader e rivoluzionari arabo-palestinesi del nostro tempo?

E se altri leader come "al-Hakim," il dr. George Habash, lo scrittore Ghassan Kanafani, l'"Ingegnere rivoluzionario" dr. Wadie Haddad hanno lasciato segni importanti nel campo del pensiero politico, della letteratura rivoluzionaria, del giornalismo, dei media e dell'azione di guerriglia, qual è l'impronta di Abu Ali Mustafa nella lotta palestinese e araba in generale e in particolare nel cammino del suo partito, che ha fatto di lui il capo eccezionale che "dice poco ma fa molto"?

La risposta è una sola parola: organizzazione

Sì, la costruzione dell'organizzazione era il punto cardine della sua perseveranza diligente e testarda: costruire i pilastri del Movimento Nazionalista Arabo e poi il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Si è trattato di un compito arduo, soprattutto per chi, come ha fatto questo grande leader, prende le cose sul serio.

L'organizzazione è una parte della lotta da cui alcuni compagni "evadono", sebbene non possano sottrarsene, perché questo aspetto richiede una miscela di determinazione, saggezza e pazienza straordinari.

Questo lavoro - la costruzione del partito - viene raramente evidenziato. Ciò è dovuto alla sua stretta associazione con i problemi interni direttamente legati alla vita, alla sicurezza, alle relazioni e alle attività del partito stesso. Solo chi ha una lunga esperienza nella lotta armata e nella costruzione di organizzazioni rivoluzionarie si può rendere conto della difficoltà che si incontrano occupandosi di questo aspetto dell'attività del partito e della lotta.

Che cosa è l'organizzazione?

È il laboratorio quotidiano che non si vede dall'esterno, ma senza il quale non esisterebbe il partito. Senza questo workshop, non ci sarebbe alcun risultato reale per le strade e nelle realtà, sarebbe dunque difficile misurare il livello di progresso (o di regresso) ed avere una valutazione lucida per eventuali critiche e correzioni.

Il lavoro organizzativo interno non solo pone le "fondamenta" del partito, ma stabilisce anche principi teorici, intellettuali e morali. Questo lavoro minuzioso è simile alla circolazione del sangue nel corpo, che garantisce l'integrità della linea e i processi democratici al suo interno. Rafforza la sua capacità di continuare nella lotta e di sviluppare la sua immunità verso manifestazioni di corruzione, calcificazione e stagnazione.

Abu Ali Mustafa ha vissuto il Fronte Popolare come un suo "laboratorio quotidiano", che non lo ha mai lasciato riposare o distrarsi. Se il partito è l'incarnazione della volontà dei suoi membri, tutti devono poter partecipare alla sua costruzione e dare le proprie opinioni in assoluta libertà, in modo che nessun dirigente possa prevaricare sui diritti di un altro rango, né un compagno violare i diritti di un altro compagno.

Come può ogni organismo di garanzia compiere il proprio dovere e nello stesso tempo far vivere i propri diritti? Come si fa a conoscerne ruoli e limiti? Come prevenire i conflitti prima che si verifichino? Qual è il rapporto tra l'organizzazione del Fronte Popolare nel territorio occupato con lo stato dell'organizzazione del partito e la sua leadership fuori della Palestina? Come è il rapporto quotidiano organizzato con i compagni prigionieri?

Tutti questi nodi vengono affrontati tutti i giorni all'interno di quel "laboratorio" chiamato organizzazione. Abu Ali era fermamente convinto che i membri del suo partito fossero le cellule di un corpo: i lavoratori qualificati che hanno costruito la casa insieme, cresciuti da quadri rivoluzionari che servono come "squadre di lavoro" per la casa, ingegneri, tecnici, addetti alla manutenzione, elettricisti, e così via.

Pertanto, non v'è alcuna reale costruzione senza reale partecipazione, armonia nella visione, e senza questo insieme di valori teorici ed etici che disegnano insieme i membri del partito, l'uno con l'altro. Ma il ruolo della leadership è quello di fornire la soluzione generale e le regole secondo i principi collettivi del lavoro, lontano da personalizzazione, ipocrisia, adulazione e opportunismo. Questa è una necessità fondamentale che i membri non devono perdere.

In una lettera interna del settempbre 2000, dopo aver ricevuto le funzioni di Segretario Generale del Fronte Popolare Abu Ali ha dichiarato: "Come facciamo a capire i conflitti interni al partito, in particolare nel quadro degli organismi di direzione? Si tratta di un fenomeno anomalo o naturale? Sono le nuove circostanze del movimento di liberazione nazionale palestinese che hanno fatto emergere queste contraddizioni, fino ad aggravarle, o siamo ad un altro livello? E qual è la natura di questo livello? Queste sono alcune delle domande che può porsi qualsiasi compagno; anzi dovrebbe essere compito di ognuno farsele, senza nemmeno il bisogno che ciò venga richiesto. Ciò è fondamentale per capire il cambiamento negli atteggiamenti e nell'interpretazioni all'interno di un quadro corretto a livello teorico e organizzativo".

Pertanto Abu Ali Mustafa non solo ha lottato per i diritti del suo popolo, per la liberazione e il ritorno, ma era altrettanto fortemente impegnato nella costruzione degli strumenti rivoluzionari utili per la liberazione e per aiutare le persone a riprendersi i propri diritti confiscati: dalle istituzioni delle donne alle organizzazioni giovanili, alle istituzioni di studenti, lavoratori e a quelle per l'azione militare. Questi strumenti sono i veicoli dell'organizzazione rivoluzionaria.

Nella fase iniziale Abu Ali si è reso conto che la disponibilità per la lotta e per l'unità araba e la liberazione della Palestina non era una condizione sufficiente per la partecipazione attiva al cambiamento e al confronto, si trattava di programmare un lavoro quotidiano.

Questo ha significato leggere libri, giornali e riviste, parlare con i suoi compagni, ascoltare la gente e partecipare a diversi campi di lavoro: dalla distribuzione di opuscoli (al-Thaer, al-Rai), alla raccolta di donazioni, fino ad arrivare all'organizzazione della lotta armata. Abu Ali Mustafa ascoltava più che parlare, al fine di acquisire maggiori conoscenze sulle persone e le loro esigenze, guidato sempre da una saggezza antica: "coloro che non sapranno rinnovarsi, saranno inevitabilmente dissolti".

Per un'ulteriore crescita personale il martire Abu Ali si era iscritto al Anshas Military College in Egitto seguendo anche percorsi di crescita personale, per raffinare la propria mente, il corpo e la volontà. È stata una tappa che lo ha dotato di conoscenza pratica e diretta di armi, di conoscenza teorica, di esperienze e strategie per l'attuazione delle guerre popolari di liberazione e di guerriglia. E soprattutto, ha potuto respirare la vivacità culturale del Grande Egitto al tempo del defunto presidente Jamal Abdel Nasser.

Così questo operaio rivoluzionario ha combattuto una serie di battaglie guadagnando sempre nuove competenze ed esperienze. Ma ha anche assaggiato l'impotenza, come centinaia di combattenti e rivoluzionari del 1950; una tassa inevitabile che i militanti devono pagare se camminano sul percorso dell'unità per la liberazione della Palestina. Abu Ali conosceva queste esperienze prima della creazione del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) nel 1967, e prima del suo reale rinnovamento (come partito unito) del febbraio 1969 è stato sottoposto a processo, prigionia, lesioni, privazione finanziaria e perdita del lavoro. Costretto a scontrarsi anche con forze amiche, talvolta con i compagni. Ha testato molte altre esperienze e sfide e ha sviluppato la personalità di un leader, unendo determinazione e bontà, intelligenza e flessibilità.

***



Questo giovane lavoratore non aveva grande bisogno dei libri di Constantine Zureik e Michel Aflaq per convincersi che era un cittadino arabo colonizzato. Non aveva bisogno di Karl Marx e Lenin per sapere che il povero operaio è stato costretto a vendere la sua forza-lavoro per il pane, e non era necessario Mao Zedong a convincerlo che il contadino deve possedere armi per liberare la sua terra dal colonialismo, l'oppressione e la subordinazione. Ma la devozione per il suo popolo lo ha spinto all'apprendimento, alla "scuola e allo studio" di cui è stato privato, affinché la sua lettura potesse arrivare nel profondo delle cose. La frase "Abu Ali ha lavorato sulla sua condizione e costruito se stesso" è una frase comune nel Fronte Popolare, in particolare nelle parole di coloro che lo conoscevano e vivevano con lui.

Questo giovane contadino di Jenin ha scoperto che quello di cui lui e tutti i giovani arabi avevano bisogno era un'ala giovanile rivoluzionaria: un gruppo di studenti vigili che ha studiato a Beirut e che ha annunciato il lancio di un progetto per il cambiamento arabo e l'unità. Si tratta del "Movimento Nazionalista Arabo", che ha abbracciato vari gruppi, la cui attenzione si è concentrata sulle masse di profughi che erano stati sfollati dalla loro patria. Questa è stata la risposta naturale alla Nakba del 1948. Abu Ali Mustafa ha scoperto questo movimento ad Amman nei primi anni '50 ed è entrato a farne parte senza esitazione, divenendo uno dei suoi quadri. Scelta che gli è costata 5 anni di tormento nelle celle del regime giordano, senza alcuna ragione e per nessun crimine commesso.

Abu Ali ha partecipato a grandi azioni di guerriglia: il trasferimento di attrezzature e armi per il territorio occupato, la costruzione di cellule che fornivano denaro ai combattenti, la diretta supervisione dei campi di addestramento, la costruzione di una rete di contatti segreti e altre attività quotidiane pesanti e pericolose che lo hanno portato a diventare il comandante militare delle forze FPLP in Giordania. In questo modo ha accumulato esperienza sul campo giorno dopo giorno: tanto più il campo nemico avrebbe chiuso le porte di fronte ai suoi compagni, tanto più avrebbe aperto nuove porte, strade e campi con determinazione e intelligenza, nella grande patria araba, in esilio e in terre lontane.

Questo sforzo segreto e costante, che è stato fondato da Abu Ali e dai suoi compagni, ha dato al movimento del popolo palestinese e alla sua élite culturale e politica la possibilità di passare dalla fase di "predicazione della rivoluzione" alla fase di effettiva attuazione con il fuoco, la parola e l'organizzazione popolare, costruendo le basi per l'istituzione della rivoluzione nella Palestina occupata, in particolare dopo la sconfitta del 1967.

La sua attenzione si è concentrata sul percorso della guerra popolare di liberazione di lunga durata, attraverso il suo apparato rivoluzionario, rappresentato dal Fronte popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP).

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Abu Ali non cercava alcuna fama. Il giornale kuwaitiano Al-Rai Al-Aam ha intervistato i leader palestinesi nel 16° anniversario del lancio della rivoluzione palestinese. Tra loro c'era Abu Ali Mustafa, "l'uomo che non ama i riflettori ed è conosciuto nei circoli palestinesi per il suo silenzio, il duro lavoro, lontano dal rumore e dal clamore" (rivista Al- Hadaf, 17/1/1981, p. 16). Tuttavia la sua scelta di stare lontano dalle luci e dal rumore per costruire l'organizzazione non gli ha impedito la lettura e la ricerca al fine di sviluppare la sua percezione, la cultura e la conoscenza della lingua araba. La sua presenza in Iraq gli ha permesso di avere più conoscenza e di confrontarsi con altre forze arabe bilanciando politica e cultura.

In quel periodo ha scritto un importante studio economico e politico sulle "basi economiche del progetto di insediamento" e lo ha presentato ad un simposio politico a Baghdad nel 1975. In questo simposio Abu Ali ha predetto l'inevitabilità del crollo del regime di Sadat, "perchè l'Egitto di Sadat non potrà essere l'Egitto di Nasser; aver intrapreso la strada di un "accordo di pace" avrà inevitabilmente gravi conseguenze per l'intera regione, perché ciò che determina la direzione dei sistemi e il loro rapporto con gli Stati Uniti e Israele è la vera natura di quel sistema politico, economico e sociale".

Abu Ali considerava il regime giordano un potere reazionario e un agente di potenze coloniali. Egli credeva che questo regime avesse avuto specifiche funzioni tra cui proteggere l'occupazione israeliana al fine di preservare il potere della classe dirigente e l'autorità dei magnati finanziari della Giordania. Il regime giordano avrebbe continuato a lavorare per un accordo di pace con Israele lungo le linee dell'approccio avuto da Sadat. Abu Ali ha commentato ai suoi colleghi in una cerimonia di laurea degli ufficiali presso il Collegio militare del Fronte Popolare a Beirut in risposta a chi sosteneva che il regime giordano fosse cambiato e che il rapporto tra questo e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina avrebbe dovuto essere riorganizzato: "Su cosa siamo d'accordo con il regime giordano? Rappresenta un alleato nel determinare il destino del nostro popolo? È permesso avere un'unica base militare su quel territorio? Si tratta di un partner reale nella seconda fase di Camp David." (Rivista Al- Hadaf, il 5 aprile 1980).

Naturalmente il compagno Abu Ali non si aspettava, neppure nei suoi peggiori incubi, che la leadership dell'OLP avrebbe firmato accordi con Israele "precedendo" il regime giordano. Ma questo passo non spezzò lo spirito di volontà di questo lavoratore rivoluzionario testardo, e non gli impedì di essere fondamentale nell'organizzazione. Così ha scritto ai suoi compagni al fronte, in un messaggio interno: "Compagni, come popolo ci si trova ad affrontare e vivere nel bel mezzo di una fase difficile e complessa che impone sfide ardue; questa fase ha i suoi problemi politici, intellettuali, sociali, culturali e militari che sono in continua evoluzione. Se non capiamo la nostra diversità di opinioni per preservare l'unità e la coesione, gli organi di direzione soffriranno delle tensioni che influiranno su di essi e sul loro lavoro".

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Il martire Abu Ali Mustafa non ci ha lasciato un libro da leggere. Tuttavia la sua esperienza di lotta è un libro vivente che nessuno può confiscare. Dobbiamo leggerla più e più volte. Nelle sue esperienze si trovano la maggior parte dei suoi pensieri, osservazioni e convinzioni che ha ribadito col sangue, senza mai tirarsi indietro. La lettura dell'esperienza di questo leader è una vera introduzione all'esperienza di tutto il FPLP e alla sua storia di ieri e di oggi, che ci aiuta a comprendere il senso della direzione rivoluzionaria.


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