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da: New Worker - Special Feature - 6/4/2007

http://newworker.org
 

Lotta alla schiavitù moderna

 

Intervista a Muhktar Rana

 

Venerdì 23 marzo, Mukhtar Rana, un veterano attivista per il lavoro ed i diritti sindacali, ex deputato al parlamento pachistano ed ex detenuto politico, ha parlato con il New Worker della campagna contro il lavoro "obbligato" o "forzato" in Pakistan ed il suo ruolo nel promuoverla. Mukhtar Rana ha cominciato con lo spiegare come si diventa lavoratore "forzato".

 

Le famiglie vittime di malattie, carestie o altri disastri sono costrette a prendere danaro in prestito per sopravvivere. Stipulano accordi con i grandi proprietari terrieri o industriali e finiscono con lo spendere il resto della loro vita lavorando per pagare il debito contratto.

 

I padroni usano sporchi inganni e trucchi contabili per prolungare all'infinito la posizione debitoria dei lavoratori: imponendo rimborsi troppo elevati per la sopravvivenza e pagando salari troppo bassi, che non permettono di estinguere i debiti.

 

Ai braccianti non è lasciato niente dei raccolti prodotti ed i salari sono veramente troppo bassi. Anche i bambini delle famiglie "forzate" sono costretti a lavorare e le donne sono costrette a prestazioni sessuali.

 

Questo tipo di schiavitù è diffuso in tutto il mondo e, secondo diversi istituti internazionali per i diritti umani, ci sono circa due milioni di contadini "obbligati" e operai in Pakistan che lavorano in aziende agricole, fabbriche e forni. Sono tenuti in grandi campi sotto il tiro di guardie armate per impedirne la fuga.

 

Il mio primo contatto con "lavoratori forzati" – racconta Muhktar Rana – risale a quando frequentavo l'Accademia Popolare di Faislabad (prima si chiamava Lailpur, ma fu rinominato a seguito della morte del Re Faisal dell'Arabia Saudita). Lavoratori forzati di un forno di mattoni, fecero delle miglia per giungere alla mia accademia e spiegarmi la loro situazione.

 

Ero all'epoca deputato al Parlamento nazionale del Pakistan. Avevo ottenuto i voti della classe operaia di Faislabad ed ero anche Segretario del Partito Popolare nella provincia di Faislabad. Ero molto popolare tra i lavoratori e avevamo portato a casa il 90% dei seggi nazionali e provinciali. Persino Saigal, uno dei più grandi capitalisti, era stato sconfitto nonostante l'enorme appoggio dei mullahs.

 

Messi a conoscenza del lavoro forzato in quel forno, decidemmo di coinvolgere i sindacati sul problema e presto il movimento iniziò ad avere seguito.

 

Ma per cinque anni fui incarcerato per essermi opposto, così come detta lo spirito democratico del nostro manifesto e come abbiamo sempre rivendicato sotto tutti i domini militari, alla legge marziale imposta dal Presidente Bhutto.

 

Alcuni leader sindacali sono ancora in esilio e non possono tornare in Pakistan, perlopiù sono rifugiati in Inghilterra e Svezia.

 

Durante la mia prigionia Amnesty International mi indicò come prigioniero politico. Al mio rilascio Bhutto mi incontrò e un lungo aneddoto racconta di come si scusò per le sue azioni.

 

Ma Bhutto impose nuovamente la legge marziale in Karachi a seguito delle proteste popolari per sospette frodi elettorali. Andai con la mia famiglia a Karachi per partecipare alla campagna contro la legge marziale, con un manifesto contro il regime militare e per la restaurazione della democrazia.

 

Questa volta Bhutto, invece di incarcerarmi, decretò il mio esilio fuori dal Pakistan. Grazie all'intervento di Amnesty International potevo scegliere se rifugiare in Svezia o in Inghilterra. Sono nato nel deserto di Punjab ed il clima svedese mi inquietava, inoltre non conosco lo svedese così optai per l'Inghilterra. A Londra vari comitati, appoggiati da deputati del Parlamento, si attivarono per farmi ottenere il permesso di soggiorno.

 

[…] Il mio soggiorno a Londra iniziò nel 1977, dove avviai una Fondazione per la Pace e i Diritti Umani, con la partecipazione attiva di mia moglie Norma e suo figlio.

 

[…] decidemmo di promuovere una campagna in Pakistan per due importanti obiettivi:

1) per la libertà dei braccianti e gli operai "forzati";

2) per la costruzione di un sistema di tutele sociali e degli altri diritti umani in Pakistan.

 

Sin dal 1977 potevo tornare in Pakistan per partecipare a campagne contro la corruzione ma fu nel 2003 che rientrai in Pakistan per il nostro primo seminario sul problema del lavoro "forzato", anche nell'industria manifatturiera dei monili, sul sistema di welfare e per l'abolizione del Bhatta (la forma arcaica di lavoro "obbligato" imposto ai lavoratori della produzione di laterizi). Parteciparono vari leader politici, attivisti dei diritti umani, rappresentanti di operai e contadini e giornalisti. L'evento ebbe eco nella stampa ed un ufficio del PHRT fu formato in Pakistan.

 

Seminari simili furono intrapresi pressoché in ogni provincia e le questioni del bonded labour e di un adeguato stato sociale sono stati portati in primo piano. La risposta più vivace venne da Hyderabad, la capitale della provincia Sindh. Giornalisti, avvocati ed attivisti per i diritti umani della città risposero entusiasticamente, e con loro formammo un'unità che si mise al di lavoro per il Sindh, riscotendo in breve l'attenzione generale.

 

Con nostra sorpresa, l'ufficio del Governatore di Sindh diramò un comunicato grossolanamente errato, in cui si affermava che non esistevano lavoratori "obbligati" nella provincia. La nostra sorpresa raddoppio e mutò di segno quando il Ministro provinciale per l'interno venne in nostro appoggio, affermando che invece c'erano due milioni di lavoratori "obbligati" in Sindh da liberare.

 
[…]
 

Bhutto veniva dal Sindh e fu Presidente del Pakistan, Primo Ministro e Presidente del Partito Popolare. Passi del manifesto del Partito Popolare sono per la libertà dei lavoratori "forzati" ma il problema persiste ancora oggi, nonostante il suo e i due mandati alla Presidenza della figlia Benazir.

 

Vararono anche una legge per l'abolizione del lavoro "obbligato" e la Costituzione pakistana proibisce qualsiasi forma di lavoro forzato.

 

Diversi precedenti e varie decisioni dell'Alta Corte si esprimono contro il bonded labour e hanno posto in libertà contadini e operai. Inoltre molte organizzazioni per i diritti umani operano in questo senso in Pakistan.

 

Ma nonostante tutto, ancora oggi, secondo varie associazioni e l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, ci sono circa due milioni di forzati e schiavi in Pakistan. Perché i padroni dominano la politica, mano nella mano con l'apparato militare, loro controllano governo e politica.

 

Ma stanno accadendo fatti nuovi. Per esempio un giovane ministro del lavori nella provincia centrale, mio amico e figlio di un amico, è profondamente coinvolto nel movimento per la liberazione dei lavoratori forzati. E' riuscito a scovarne e liberarne migliaia, nonostante la dura opposizione di un'amministrazione corrotta e dei padroni.

 
[…]
 

Presto, con l'aiuto di avvocati, corti di giustizia e dei media, i lavoratori "forzati" verranno liberati. Giudici e media hanno avuto un ruolo molto importante portando il problema all'attenzione nazionale.

 

Un caso emblematico di bonded labour che obbligava un'intera famiglia, ha suscitato l'interesse di tutta la nazione.

 

Munoo Bheel è il capo di questa famiglia; circa nove anni fa a causa della pressione internazionale il padrone, Abdur Rehman Murri, fu costretto a rilasciarlo con i suoi congiunti. Ma dopo breve, il padrone mandò le sue guardie armate a "riprendersi" tutti. Non trovarono Munoo Bheel perché non era in casa. Murri e sei altri uomini sono stati identificati da testimoni come responsabili del rapimento della famiglia ed sul caso, nonostante sia stato registrato dalla polizia locale, non è stata ancora intentata nessuna causa per il rilascio della famiglia o per sottoporre i rapitori alla giustizia.

 

Organizzazioni per i diritti umani della Svezia ed il Pakistan stanno conducendo una campagna per la libertà della famiglia di Munoo Bheel, ma il possidente in questione è così potente che non si sa quando i familiari potranno ricongiungersi. Ci uniamo alla campagna per la sua liberazione e con piacere abbiamo appreso di avere un alleato nel Presidente della Corte di Giustizia in Pakistan, Iftikhar Mohammed Choudry, di recente arrestato e detenuto dal dittatore Perves Musharraf per la sua azione di difesa dei diritti umani.

 
[…]
 

Continueremo la campagna per la libertà dal bonded labour fino a che l'ultimo schiavo non sarà libero incondizionatamente.

 

Per sensibilizzare l'attenzione sulla campagna in Inghilterra stiamo organizzando una manifestazione domenica 8 aprile, per il mio compleanno, nella Bakehouse in Blackheath, per celebrare la liberazione di 3.000 lavoratori.

 

Abbiamo bisogno di finanziamenti perché una volta che questi lavoratori sono liberi, non hanno né casa, né lavoro. Occorre offrire abitazioni, cibo e acqua. Nel Sindh vi è il grave problema dell'acqua salata, l'acqua potabile deve essere trasportata per lunghe distanze. Abbiamo contratto prestiti con le banche e alcune OGN ci vengono in aiuto.

 

Ma preferiremmo fondi provenienti dalla classe lavoratrice operaia e c'è qualche risposta. Un piccolo proprietario terriero che appoggia la causa ha donato 50 acri per la sistemazione dei lavoratori liberati. Altri hanno offerto una macchina. In molti offrono cooperazione.

 

Ma il processo si è arrestato a causa dell'attacco presidenziale a Choudry ed ora gli attivisti in Pakistan sono impegnati per ottenere giustizia per il Presidente della Corta Suprema.

 

Anti-Slavery International ci sostiene ed il suo Presidente ha promesso di venire in Pakistan ed offrire fondi per il lavoro legale e politico.

 

Traduzione per resistenze.org a cura del CCDP