www.resistenze.org - popoli resistenti - pakistan - 09-10-09 - n. 290

da Oltre Confine n.32 - Newsletter settimanale del Dipartimento Esteri del PdCI
 
Pakistan, la guerra di Obama
 
di Marco Zoboli – dip. Esteri PdCI
 
Il Pakistan è la guerra di Obama, egli non l’ha mai dichiarata, ma l’ha costruita durante la sua campagna elettorale, e l’ha scatenata a pochi giorni dal proprio insediamento alla Casa Bianca.
 
In quei giorni i bombardamenti telediretti con i droni (aerei senza pilota teleguidati spesso direttamente dalla CIA), sino ad allora sporadici sono divenuti una regola quotidiana per aree sempre più vaste e profonde del paese; non più solo sulle direttive dei rifornimenti NATO ma ad ampio spettro su villaggi e popolazione civile.
 
Nei giorni delle proteste dei quartieri bene di Teheran, mentre Obama esprimeva il proprio cordoglio per la morte del primo manifestante iraniano, i bombardamenti hanno massacrato più di un centinaio di civili, oggi continuano nell’indifferenza mediatica che relega la tragedia di questo popolo ai danni collaterali della lotta al “terrorismo”.
 
Più di due milioni di profughi sono il risultato dei bombardamenti e degli scontri campali tra esercito pakistano e Tehrik-i-Taliban - la principale organizzazione talibana pakistana - TTP.
 
Obama ha scelto la propria guerra, senza tanto rumore ha ampliato il raggio d’azione ad ampie zone dell’est e in crescendo nel sud del paese (Beluchistan oltre al già martoriato Waziristan) che comportano giorno dopo giorno un crescendo di instabilità e di malumori all’interno dello stesso esercito, i cui legami con i talebani di etnia pashtun sono stati forti e radicati per anni.
 
L’estensione del conflitto da parte della nuova amministrazione “democratica” statunitense vuole a nostro avviso cogliere contemporaneamente più fini, vediamo quali:
 
1.- Assoldare e utilizzare “in progress” l’esercito pakistano in operazioni militari extraterritoriali in Afghanistan, oramai troppo costose per loro in termini di perdite militari.
2.- Contenere e destabilizzare il Pakistan in relazione alla sua ambizione di potenza regionale, considerata troppo poco affidabile in relazione al suo status di potenza nucleare.
3.- Minacciare gli interessi cinesi nello snodo energetico vitale di Gwadar, nel sud del paese.
4.- Consolidare la propria presenza nell’area asiatica e rafforzare il proprio decadente peso geopolitico che rischia di venire estromesso dal “grande gioco”.
 
Nessuno dei sopraccitati fini è di facile raggiungimento, anche perchè come spesso (sempre) accade le strategie dell’imperialismo tendono a non fare mai i conti con le contraddizioni, oltremodo presenti e insite nella complessità della geocultura asiatica.
 
La casta dei militari, nazionalisti per definizione e comunque in maggior parte islamici sunniti (come i pashtun), ben difficilmente accetteranno di rimanere assoggettati a un governo lacchè di Washington che, in nome di interessi economici i cui benefici per il paese sono tutti da dimostrare, tradisce e rompe equilibri sociali ed etnici che hanno governato il Pakistan sino ad oggi.
 
La guerra di Obama è iniziata, non sappiamo quanto durerà, ma è certo che l’attuale aggravarsi delle condizioni sul fronte afgano rendono sempre più precario questo nuovo fronte che potrebbe chiudersi assieme all’egemonia statunitense sull’area che già da tempo strizza l’occhio a est; è in Cina che pende la bilancia commerciale pakistana di questi ultimi anni. Strano?