www.resistenze.org - popoli resistenti - pakistan - 18-07-12 - n. 418

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Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Attacchi di droni in Pakistan: immorali, illegali e criminali
 
di Saida Fazal
 
12/07/2012
 
La scorsa settimana la Nato ha visto riaprirsi le linee di comunicazione di terra [Ground Lines of Communication, GLOC] dopo che la segretaria di Stato Usa Hillary Clinton si era detta "dispiaciuta" facendo notare in una conversazione telefonica che "il ministro degli Esteri [del Pakistan] Khar ed io abbiamo riconosciuto gli errori che hanno comportato la perdita di vite fra i militari pakistani", chiaramente non erano le scuse che i pakistani stavano attendendo. Scuse che sarebbero state sufficienti, ma non quando l'onere è condiviso equamente.
 
A Rawalpindi si era molto insistito sul fatto che le uccisioni di Salalah fossero il risultato di un deliberato attacco delle forze statunitensi, andato avanti per quasi due ore nonostante i tentativi dei comandanti pakistani di fermarlo [1]. Per cui, o l'iniziale versione pakistana era sbagliata, oppure [il governo] è sceso a qualche disgustoso compromesso "riconoscendo" di aver compiuto degli errori che hanno causato l'assalto omicida ai nostri soldati.
 
Malgrado le "scuse", si potrebbe pensare che i sette mesi di chiusura delle GLOC, che hanno gravemente colpito gli Stati Uniti, siano stati sufficienti per far arrivare agli americani il messaggio che è meglio facciano attenzione la prossima volta che pensano di maltrattare o ferire i soldati pakistani - atteggiamento che dovrebbe essere comune tra le forze americane, sapendo che i pakistani sono pagati per combattere in aiuto della guerra USA in Afghanistan, secondo i termini e le condizioni del Fondo di sostegno alla coalizione [Coalition Support Fund]. Ma c'è un'altra delicata questione che continua ad infiammare il sentimento pubblico.
 
Islamabad aveva anche detto che si sarebbe parlato di riapertura delle GLOC solo dopo che il Parlamento avesse fornito le disposizioni sulle linee guida per il ristabilimento dei rapporti tra Washington e Islamabad. Il Parlamento raccomandava di far corrispondere alla ripresa del transito della Nato con la fine degli attacchi dei droni. Nelle sue successive dichiarazioni ufficiali, il governo continuava ad insistere su due richieste: la prima erano le scuse degli Stati Uniti per l'uccisione dei 24 soldati pakistani che presidiavano il posto di controllo di frontiera di Salalah; la seconda, che gli attacchi dei droni dovevano cessare. Quasi per una presa in giro, appena un giorno dopo che Islamabad accettava di perdonare l'oltraggio di Salalah e aprire le linee di rifornimento, un attacco di droni uccideva più di 20 persone nel Nord Waziristan.
 
Washington, a quanto pare, non ha preso sul serio i funzionari pakistani quando hanno chiesto uno stop agli attacchi dei droni. Infatti, in passato, la nostra leadership, sia civile che militare, ha tenuto una politica ingannevole, condannando pubblicamente le operazioni con i droni e perdonandole in privato. Si riporta in realtà, che il presidente Zardari abbia detto ad un interlocutore americano durante una delle sue visite a Washington, che non si preoccupava dei "danni collaterali" - eufemismo per le vittime civili. Infatti, per lungo tempo queste macchine assassine sono decollate da una base in Pakistan per attaccare dei pakistani sul suolo pakistano. Chissà se la vecchia politica del dire una cosa in pubblico e un'altra in privato continua ad essere perseguita? Non c'è da stupirsi quindi se gli Stati Uniti continuano ad ignorare le proteste pubbliche di questo governo contro gli attacchi dei droni.
 
Purtroppo, una parte della nostra intellighenzia "liberal" appoggia apertamente gli attacchi. Queste persone sostengono che gli estremisti devono essere decimati per le loro mire politiche volte all'istituzione di un califfato in tutto il paese. Si tratta di una logica profondamente sbagliata. Prima di tutto, perché i talebani che infestano le nostre aree tribali non sono un'entità monolitica. Alcune fazioni possono avere ambizioni politiche, altre sono in lotta o perché vogliono vendicare un assassinio ingiustificato di vicini e parenti, o perché non hanno niente di meglio da fare - essendo le Aree tribali di amministrazione federale (FATA) la parte più trascurata e meno sviluppata del paese, quindi terreno fertile di reclutamento da parte dei talebani, che pagano ai loro combattenti stipendi migliori di quanto fa l'esercito pakistano con i suoi soldati. In secondo luogo e ancora più importante, la grande maggioranza delle vittime sono persone innocenti che non hanno altra scelta se non quella di vivere in queste zone turbolente. Gli estremisti non si fanno scrupoli a uccidere persone innocenti, ma chi fa professione di civiltà è tenuto ad agire in modo diverso e mostrare rispetto per le vite innocenti. Quando ci si comporta come gli estremisti violenti non si ha alcun diritto di fare appello ad un più elevato terreno morale.
 
Generalmente si ritiene che gli attacchi dei droni significhino omicidi mirati di esponenti di al Qaeda e di militanti violenti talebani, in cui "a volte" vengono uccisi anche civili. La realtà è molto più preoccupante. Queste operazioni includono quello che nel gergo militare statunitense è conosciuto come "signature strikes" e/o "crowd killing" [2]. Come riportato dal Newsweek, questo è il modo in cui a Obama, subito dopo essere diventato presidente, viene spiegata la selezione degli obiettivi da uccidere nel mentre lo si informava di un attacco missilistico con droni in programma sulle nostre aree tribali: "Possiamo vedere che ci sono un sacco di maschi in età militare laggiù, uomini associati ad attività terroristiche, ma non sempre sappiamo chi sono". In altre parole, chiunque sia in età militare è un bersaglio. Chiarendo ulteriormente il senso della "signature strikes", l'allora direttore della CIA, Michel Hayden, diceva ad Obama che si possono far fuori molti più cattivi quando puntano i gruppi invece che gli individui.
 
Più i militanti hanno timore di riunirsi, ragionava il direttore della CIA secondo il Newsweek, più difficile sarà per loro tramare, pianificare, o addestrarsi per gli attacchi contro l'America ed i suoi interessi. Così, è stato dato un nuovo ed infame sviluppo al concetto di attacco preventivo utilizzato dal guerrafondaio ex presidente degli Stati Uniti, George W Bush, per invadere ed occupare l'Iraq. Chiaramente, incidenti come l'attacco del 17 marzo 2011 ad una riunione tribale [jirga] a Datta Khel, che causò la morte di 45 persone - anziani e bambini locali e soldati di leva -, non è stata casuale, ma parte di una deliberata politica di "crowd killing".
 
Anche se in modo tardivo, tale cinico disprezzo per la vita dei pakistani sta iniziando a pungere la coscienza dei funzionari ONU. Durante una recente visita a Islamabad, l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Navi Pillay, in conferenza stampa ha espresso preoccupazione per uccisioni "indiscriminate" dicendo che "il principio di distinzione [differenza tra combattenti e popolazione civile, ndt] e di proporzionalità [rapporto tra vantaggio militare e perdite civili, ndt] e la garanzia di responsabilità per il mancato rispetto del diritto internazionale sono difficoltosi quando gli attacchi dei droni sono condotti al di fuori della catena di comando militare e al di là di meccanismi efficaci e trasparenti di controllo civile o militare".
 
Altri hanno sollevato importanti questioni legali e morali. Parlando ad una recente conferenza a Ginevra, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, Christof Heyns, ha posto la domanda "Vogliamo accettare le importanti modifiche al sistema giuridico internazionale, che è in vigore dalla II guerra mondiale ed è sopravvissuto alla minaccia nucleare? " Più precisamente ha detto: "... le uccisioni possono essere lecite in un conflitto armato (come in Afghanistan), ma molti omicidi mirati hanno luogo (come nella regione tribale del Pakistan) lontano dalle zone dove è riconosciuto esserci un conflitto armato". A parte la loro brutalità, la pratica potrebbe anche costituire un pericoloso precedente per altri paesi, come il nostro vicino di casa indiano.
 
Heyns ha inoltre sottolineato che "ci sono stati degli attacchi di droni successivi, sui soccorritori che stavano prestando aiuto dopo l'attacco iniziale; questi ulteriori attacchi sono crimini di guerra". Si deve aggiungere che coloro che in questo paese giustificano gli attacchi dei droni in segreto oppure li approvano in pubblico si rendono colpevoli di complicità in questa pratica immorale, illegale e criminale.
 
NdT
 
[1] Il 26/11/2011, un attacco di droni della Nato ad un posto di controllo dell'esercito pakistano al confine tra Pakistan e Afghanistan uccide 24 soldati. Tre giorni dopo, l'ufficio stampa militare pakistano (ISPR) a Rawalpindi dichiara che l'attacco della Nato alle postazioni pakistane è stato attuato volontariamente e con cognizione di causa. Si decreta, da parte pakistana, la chiusura delle linee di comunicazione di terra verso l'Afghanistan. 
[2] Uccidere la folla. Attacchi di droni Nato ampiamente utilizzati in Pakistan e decisi sulla base della sola appartenenza degli obiettivi colpiti a svariati modelli di comportamento sospetto definiti dalla CIA. Così, un raduno di persone nelle aree tribali diventa il concentramento di un gruppo di "insorgenti".
 

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