www.resistenze.org - popoli resistenti - russia - 07-10-05

da http://www.atvr.ru/experts/2005/10/1/6204.html

Il dibattito tra i marxisti russi sull’esperienza della Bielorussia

Il giudizio di Aleksey Prigarin

 

Quale contributo all’apertura di un dibattito anche in Occidente (dove, persino parte della sinistra più avanzata, sulle realtà post-sovietiche, accetta frequentemente i clichè propagandistici suggeriti dall’amministrazione USA) sull’originale esperienza politica in corso nella Repubblica di Belarus, proponiamo un intervento di Aleksey Prigarin, noto per essere stato il principale organizzatore della cosiddetta “Piattaforma marxista” nel PCUS, quando, quasi alla fine dell’epoca gorbacioviana, si svolse il XXVIII congresso, l’ultimo della sua storia di partito al potere.

Brillante intellettuale, specialista di scienze economiche, Prigarin è esponente di una tendenza marxista russa, attenta alle questioni della “democrazia socialista”, che formula un giudizio articolato e critico della complessa esperienza sovietica, mettendone in rilievo la grandezza, ma non nascondendo anche i limiti e gli errori che ne hanno determinato la fine.

Oggi Prigarin è il segretario di una piccola organizzazione comunista chiamata “Partito Russo dei Comunisti-PCUS”.  

L’intervento è apparso nel sito dell’agenzia “Tovarisch” (Compagno), che fornisce informazioni aggiornate sull’attività di partiti e movimenti e intende dare spazio alle diverse voci della sinistra russa, per favorirne un proficuo confronto.

M.G.

 

Il 30 settembrei più forti partiti liberali della Russia – Unione delle forze di destra (SPS) e “Mela” – hanno indirizzato una dichiarazione congiunta ai loro colleghi bielorussi, partecipanti al “congresso dell’opposizione democratica bielorussa”. Il senso di questo documento è abbastanza semplice: la salvezza della Bielorussia è possibile solo con la vittoria del candidato dell’opposizione democratica, che afferma di essere l’unica a difendere e a rappresentare gli interessi del popolo bielorusso.

 

Tale semplicistica rappresentazione della situazione, che propone come modello di difensori del popolo i liberali, che potrebbero liberare il paese dal “feroce dittatore”, è utile esclusivamente ai liberali stessi. Solo propagandando un simile punto di vista, essi possono apparire espressione di interessi popolari, con cui non hanno nulla da spartire. E’ per questa ragione che i liberali non solo desiderano affermare tale rappresentazione delle cose nella società bielorussa, ma intendono diffonderla anche in Russia. In tal caso essi avrebbero qualche possibilità di coinvolgere nelle loro manipolazioni della realtà anche le sinistre russe.

 

Per questa ragione la questione di come rapportarsi ad Aleksandr Lukashenko assume per le sinistre russe un significato pratico e al fine di risolverla noi abbiamo il dovere non di operare su modelli propagandistici opposti a quelli dei liberali, ma di prendere in considerazione la realtà economico-sociale.

 

Con Aleksandr Lukashenko in Bielorussia si è affermato il capitalismo di stato, che, indubbiamente, è meglio del capitalismo oligarchico, che ha prevalso nella maggioranza delle ex repubbliche sovietiche, in particolare in Ucraina, vicina della Bielorussia. Perciò, sono senza fondamento tutti i tentativi di istituire un parallelo tra Aleksandr Lukashenko e Leonid Kuchma, che non ha mai avuto ragioni per ottenere il sostegno delle sinistre. Lukashenko non è Kuchma e la sinistra deve rapportarsi in modo completamente diverso con lui o con il suo eventuale successore.

 

Nonostante tutte le insufficienze del capitalismo di stato come sistema sociale, è comunque indispensabile considerare che esso permette di assicurare ai cittadini solide garanzie sociali e livelli di occupazione stabile. La Bielorussia, unica tra le ex repubbliche sovietiche, si inserisce tra gli stati altamente sviluppati secondo le valutazioni delle commissioni dell’ONU che si occupano degli indici dello sviluppo umano. La Russia, stando ai risultati dello scorso anno, segue la Bielorussia di otto posizioni, pur trovandosi in testa al gruppo dei paesi mediamente sviluppati. Tale qualità della vita rappresenta un’indubbia conquista della dirigenza bielorussa, che, come è noto, non può contare su significative riserve di minerali utili, ma solo sullo sviluppo dell’agricoltura e della produzione industriale.

 

I liberali russi, che considerano la costruzione del capitalismo di stato come una minaccia concreta per l’attuale sistema economico-sociale, sono vecchi nemici di Aleksandr Lukashenko, e cercano in continuazione di distruggere il sistema da lui creato. Oggi, al fine di raggiungere questo obiettivo, i liberali cercano di utilizzare l’idea dell’unione tra Russia e Bielorussia, che anche Lukashenko stesso, evidentemente, non potrà mai abbandonare sia per motivi personali che per ragioni politiche (ricordiamo che Lukashenko fu l’unico deputato sovietico a votare contro lo scioglimento dell’URSS decretato da Eltsin, nota del traduttore). Quale condizione per l’unione, come è noto, i liberali pongono la privatizzazione della grande proprietà statale in Bielorussia, che, in tal caso, cadrebbe inevitabilmente sotto il controllo delle strutture oligarchiche russe. Ecco perché i liberali si sono così accaniti contro l’unione tra Russia e Bielorussia, proprio nel momento in cui da noi in Russia veniva intrapreso un tentativo di costruzione del capitalismo di stato, mentre parlano di “un destino comune dei popoli russo e bielorusso” ora che le concezioni liberali determinano in pieno la concreta politica economica del nostro paese.

 

Naturalmente, la politica condotta da Lukashenko, talvolta provoca critiche non prive di fondamento da parte delle sinistre. Tali critiche sono collegate sia ai principi medesimi del capitalismo di stato, realizzato da Aleksandr Lukashenko, che ai tentativi da lui operati di prenderne le distanze, quando se ne presenti la convenienza. In Bielorussia effettivamente si è formata una società, in cui i principali strumenti di informazione e le istituzioni politiche sono controllate dalla burocrazia dominante. Tale sistema è caratteristico del capitalismo di stato. Ma, allo stesso tempo, non bisogna mai dimenticare che un indebolimento del controllo burocratico, nelle attuali condizioni, può solo provocare la trasformazione del capitalismo di stato in capitalismo oligarchico (…)

 

In ultima analisi nello spazio post-sovietico, il capitalismo di stato rappresenta oggi l’unica alternativa concretamente esistente al sistema oligarchico. Per questo è interesse delle sinistre difendere il capitalismo di stato dagli attacchi dei sostenitori dell’oligarchia, nello stesso tempo in cui operano per preparare la coscienza sociale all’accettazione di un’alternativa socialista.

 

Traduzione dal russo di Mauro Gemma