www.resistenze.org - popoli resistenti - sudan - 18-10-06

da rebelion.org
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=39354

E’ umanitario l’interventismo umanitario?

La cortina di fumo sul Darfur 

Carl G. Estabrook*

Tradotto in spagnolo da G. Leyens, del collettivo di Rebelión e Tlaxcala
16/10/2006
 
Questa settimana leggiamo su “Democracy Now!”:
“Domenica, decine di migliaia di manifestanti si sono attivati in tutto il mondo in una giornata contro il genocidio che si consuma nel Darfur, la regione del Sudan (..) a New York, secondo gli organizzatori più di 30.000 persone si sono riunite in Central Park. Fra gli oratori anche la ex Segretaria di Stato de Madeleine Albright [sic]. (..) Si sono svolte manifestazioni anche a Berlino, Dubai, Dublíno, Londra, Melbourrne, Parigi, Seul, Stoccolma e in altre decine di città.
La giornata di protesta globale è stato organizzata in modo che coincidesse con l’inizio del dibattito dell’Assemblea Generale dell’ONU sul Sudan. La settimana scorsa l’attore George Clooney ha funto da testimonial di fronte al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.”

Ciò che si potrebbe definire una posizione “progressista” sul Darfur può essere meglio descritta come segue:
“La gente del Darfur ha sofferto una violenza indescrivibile, gli Stati Uniti hanno definito quelle atrocità per quello che sono: genocidio. Negli ultimi due anni, gli USA si sono uniti alla comunità internazionale per fornire aiuti alimentari d’emergenza e appoggio per una forza di mantenimento della pace dell’Unione Africana. La vostra sofferenza continua. Il mondo deve farsi più presente per dare più aiuti umanitari, e dobbiamo anche supportare le forze dell’Unione Africana che ha fatto un buon lavoro, ma insufficiente a proteggere quella gente. Il Consiglio di Sicurezza ha approvato una risoluzione che trasformerebbe le truppe dell’Unione Africana in una forza di caschi blu più potente. Per aumentare quella forza le nazioni della Nato dovrebbero fornire logistica e altri aiuti.
Il regime di Kartum sta impedendo lo spiegamento di questa forza, Se il governo sudanese non approva rapidamente questa forza di mantenimento della pace, le Nazioni Unite devono intervenire”.

Notiamo che la posizione “progressista” si distingue appena da: 1- la posizione del governo di Bush sul Darfur e 2- dalla posizione di Clinton sul Kosovo.
In entrambi i casi le grida di genocidio e di “intervento umanitario” sono usati per coprire le macchinazioni imperiali del governo USA per ridurre all’impotenza uno stato (rispettivamente il Sudan e la Serbia) poco affidabile dal punto di vista nordamericano ed israeliano.

Per Clinton “la Nato deve intervenire” e la situazione in Kosovo è peggiorata, ma la Serbia è stata ridotta malamente. Per Bush, “l’ONU deve intervenire” (e la Nato fornire logistica ed “altri aiuti”) e la sventurata situazione in Darfur probabilmente peggiorerà, ma il Sudan, uno stato produttore di petrolio (gran parte del suo greggio va in Cina) sarà messo sotto pressione.

Dai principali media solo la BBC ha detto che la resistenza di Kartum alle “forze di pace” è basata su timori ben fondati per le vere intenzioni dei governi occidentali rispetto al Sudan. Intanto, sedicenti gruppi per la pace statunitesni e lobby israeliane ripetono lo slogan “Andiamocene via dall’Iraq e andiamo in Darfur!”.

Chi è sinceramente interessato al Darfur dovrebbe ascoltare il pacato buon senso di Alex de Waal, membro dell’iniziativa di Giustizia Globale ad Harwaard, consigliere dell’Unione Africana e autore di: “Darfur: “Short History of a Long War”.

“Non credo che si sia una soluzione militare. Non eliminerà i gruppi ribelli, quello che farà sarà uccidere altra gente, più gente, producendo altra fame, altri sfollati e finirà col rendere la situazione inestricabile (..) Penso che sostanzialmente la questione Darfur sia un problema politico. Nessuna soluzione può essere imposta con la sola forza militare, nemmeno se mandiamo 100.000 soldati della Nato, non potremo imporre una soluzione. La soluzione deve arrivare attravrso negoziati politici”.


Per rendere credibile la storia mistificante dell’intervento umanitario, il governo di Bush potrebbe introdurre una soluzione militare al vero problema: come attaccare un altro paese nella lista delle vittime dei neoconservatori, un altro paese (come la Serbia) che si trova nel polo di attrazione della politica estera USA: le risorse energetiche del Medio Oriente.

Il Consigliere alla Sicurezza del Presidente Carter, aveva descritto bene il timone della politica estera UA: “ Gli USA hanno importanti interessi strategici ed economici in Medio Oriente che sono dettati dalle vaste risorse energetiche della regione”, e due anni fa ha scritto in “The National Interest”. “Gli USA non sono solo beneficiati economicamente dal costo relativamente basso del petrolio mediorientale, ma anche dal ruolo di gendarme della regione, che fornisce un’influenza indiretta, ma politicamente critica, sulle economie europee e asiatiche, che dipendono anch’esse dalle esportazioni della regione”.

Che centra il Sudan con questa strategia di ampio respiro degli Stati Uniti?
Ce lo dice un personaggio, l’eroe ufficiale del Kosovo, Wesley Clark:
“Quando sono tornato al pentagono nel novembre del 2001, uno degli alti ufficiali militari ha avuto il tempo di fare un pettegolezzo. Si, l’attacco contro l’Iraq stava per scattare. Ma c’era dell’altro in pentola, si trattava di parte di un piano di una campagna di cinque anni che avrebbe coinvolto sette paesi, l’Iraq, poi la Siria, il Libano, la Libia, l’Iran, la Somalia e il Sudan.”
 
Nota. “Ciò che prima abbiamo chiamato posizione “progressista” è stata preso da un discorso di Bush all’Onu.

* C. G. Estabrook è un professore in ritiro dell’Università dell’Illinois, Urbana-Champaign, e copresentatore del programma radiofonico "News from Neptune".
 
Traduzione dallo spagnolo di FR per www.resistenze.org