www.resistenze.org - popoli resistenti - ucraina - 25-06-18 - n. 678

Ucraina: Il Donbass teme sempre più un attacco ucraino

Fabrizio Poggi * | nuovaunita.info

giugno 2018

E mentre al festival di Cannes il "mondo libero" omaggiava l'ucraino Sergei Loznitsa, per il film "Donbass", autentica beffa e ridicolizzazione delle milizie, civili continuavano a morire a Zajtsevo e a Gorlovka

Che Kiev stia preparando qualcosa di grave nel Donbass sembra fuor di dubbio; da tempo si parla di un'offensiva su larga scala contro le milizie popolari. Quando i lettori di nuova unità vedranno questo numero del giornale, quello di cui scriviamo potrebbe essere già di molto invecchiato. Si ipotizza infatti che una grossa provocazione dei putschisti potrebbe verificarsi quando l'attenzione di tutti sarà concentrata sul mondiale di calcio in Russia. Dopo accuse e controaccuse, olandesi e malesi, su chi avrebbe abbattuto - la Russia oppure l'Ucraina - il Boeing civile malese sul Donbass nel luglio 2014, c'è addirittura chi ipotizza un ricatto di Washington a Kiev del tipo: preparate una provocazione in vista del mondiale, se no noi spifferiamo il nome del colpevole e, quindi, si teme che se da Washington partisse l'ordine, Porošenko potrebbe davvero lanciare un'offensiva. Soldati ucraini fatti prigionieri dalle milizie testimoniano che istruttori statunitensi, canadesi e polacchi insegnano loro tattiche di assalti a edifici e città. Insieme ad autoblindo, droni, sistemi radar e attrezzature, gli USA riforniscono le truppe ucraine di fucili pesanti da cecchino "Barrett M107A1" e razzi anticarro "Javelin"; nei soli primi mesi del 2018, Kiev avrebbe ricevuto armi ed equipaggiamenti per oltre 40 milioni di dollari da Stati Uniti, Lituania, Gran Bretagna e Canada.

Ma, anche al di là del mondiale di calcio, l'offensiva ripresa da Kiev a inizio maggio, indica l'intenzione di forzare i tempi e sfiancare le milizie, in vista di qualcosa di più grosso. Il 7 giugno ne ha parlato anche Vladimir Putin ed è stata la prima volta, dopo tanto tempo, che dal Cremlino si è lanciato un avvertimento così preciso a Kiev. In diretta televisiva, rispondendo a una domanda sulla possibilità di un attacco ucraino durante i mondiali, Vladimir Putin ha detto: "Spero che non si arrivi a tale provocazione; ma se ciò accadrà, credo che le conseguenze per il regime statale ucraino nella sua totalità saranno molto serie". Qualche effetto, almeno psicologico, la dichiarazione lo deve aver avuto, se Porošenko si è sentito in obbligo di telefonargli, il 9 giugno, mentre Putin era in riunione al vertice SCO (l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai) in Cina: dopotutto, anche le attività industriali e finanziarie che controlla in Russia hanno contribuito alle fortune di Petro Porosenko, valutate, a seconda delle classifiche mondiali, tra 0,8 e 1,5 miliardi di dollari.

In precedenza, ne aveva parlato anche l'ex leader della DNR e oggi presidente dell'Unione dei volontari del Donbass, Aleksandr Borodaj, indicando nell'area di Želobok, a nordovest di Lugansk, una delle possibili direttrici dell'attacco ucraino. Le sue parole non hanno certo la risonanza mediatica di quelle di Putin, ma, data la sua conoscenza delle forze in campo, non è da sottovalutare la previsione secondo cui, se Kiev deciderà davvero una provocazione, ciò "potrebbe significare la fine dell'Ucraina". Le milizie, ha detto Borodaj, dispongono di così tante riserve e potenza di fuoco da consentire di accerchiare gli attaccanti in una sacca come quella di Debaltsevo: il saliente in cui si consumò la più sonora sconfitta ucraina, nel febbraio 2015.

Preparativi ucraini d'attacco

Al momento di scrivere, la situazione si è già comunque di molto inasprita, rispetto anche solo a uno o due mesi fa. Qui, non possiamo far altro che riportare le ultime (per ora) notizie, con la speranza di non dover aggiornare l'elenco dei lutti sul successivo numero del giornale. Le fonti propagandistiche ucraine scrivono ogni giorno di "pesanti perdite inflitte ai terroristi" - come essi definiscono i miliziani – e, in effetti, non passa giorno che anche le agenzie della Novorossija non diano notizia di ufficiali e volontari delle milizie caduti sotto i colpi di cecchini e dei mortai pesanti, oltre ai civili che rimangono sotto le bombe.

Da quasi due mesi sono sotto assedio Gorlovka e Debaltsevo, importanti snodi viari e ferroviari sulla direttrice che unisce Donetsk a Lugansk; le forze ucraine sono convinte che la conquista delle alture attorno a Gorlovka permetterà loro di stringere d'assedio la stessa Dontesk. Il 5 giugno, Novorosinform scriveva dell'assassinio, da parte ucraina, di due dei tre miliziani della DNR fatti prigionieri pochi giorni prima a Zajtsevo, una decina di km a nord di Gorlovka.

Il 3 giugno, oltre quaranta abitanti dei piccoli villaggi di Gladosovo e Travnevogo (tra Gorlovka e Zajtsevo, in una delle ex "zone grigie", create per escludere i bombardamenti ucraini sulle aree civili lungo il fronte, ma poi via via occupate dai battaglioni neonazisti) sono stati cacciati dalle abitazioni: di sette di essi non si hanno più notizie; molte delle loro case sono state depredate dai soldati di Kiev e alcune incendiate. Kiev sta ricorrendo sempre più spesso a tali azioni terroristiche, tanto che si parla della nascita di gruppi partigiani tra la popolazione ormai estenuata, cui Kiev avrebbe risposto con la creazione di una cosiddetta "Brigata di difesa territoriale" per il rastrellamento dei civili, forte di cinquemila uomini tra militi nazisti e delinquenti comuni arruolati nelle galere di Dnepropetrovsk e Kharkov.

Secondo il vice Presidente della missione OSCE, Aleksandr Hug, in tutto il mese di maggio sarebbero rimasti uccisi in Donbass 10 civili e altri 25 feriti. Ma la responsabile per i diritti umani nella DNR, Darja Morozova ha scritto che soltanto dal 18 al 25 maggio, nella sola DNR, si sarebbero contati 9 morti (sei miliziani e tre civili) e 17 feriti.

Il 6 giugno, l'OSCE ha accertato la concentrazione di mezzi corazzati e artiglierie semoventi ucraine in punti del fronte vietati dagli accordi di Minsk: la cosa è stata confermata dalle immagini registrate da un drone ucraino abbattuto dalle milizie, in cui si vedono tali mezzi radunati addirittura in quartieri civili di Artëmovska e Kostantinovka. L'8 giugno, la missione OSCE è finita sotto il fuoco ucraino nell'area di Golubovskoe, nella LNR, mentre tentava di avvicinarsi al luogo in cui, il giorno precedente, un autobus di linea era stato bersagliato da lanciagranate e sei persone erano rimaste ferite. L'8 giugno, un civile è rimasto ferito da schegge di granata a Zajtsevo, mentre colpi di mortaio sono caduti sull'asilo infantile di Donetskij, nella LNR.

Piani dei golpisti e accordi internazionali

Da parte ucraina, il Ministro degli interni golpista, Arsen Avakov, ha "ufficialmente" dichiarato morto il processo degli accordi di Minsk: come dire che ora Kiev si ritiene libera anche formalmente (di fatto, lo è stata sin dall'inizio, non avendo rispettato nessuna delle condizioni poste dagli accordi del febbraio 2015, a partire dal ritiro dal fronte delle artiglierie pesanti e dal riconoscimento di uno status speciale per il Donbass) di fare tutto ciò che vuole in Donbass. "La situazione attuale è quella di un conflitto congelato" ha detto Avakov il 7 giugno, contraddicendo direttamente quanto detto alla vigilia dal presidente golpista Petro Porošenko, secondo cui nel Donbass è in atto una "fase calda" della guerra e non un "conflitto congelato". Avakov ha anche detto che "la riacquisizione del Donbass sarà tecnicamente piuttosto un'operazione di polizia" e si svolgerà secondo una larga azione di "filtraggio" tra coloro che non hanno "collaborato con le attuali autorità d'occupazione" e chi invece "si è macchiato del sangue di soldati ucraini".

Nonostante tutto, l'11 giugno si è regolarmente tenuto a Berlino il previsto incontro del "quartetto normanno" (Ministri degli esteri di Francia, Germania, Russia e Ucraina) a 16 mesi dall'ultima riunione e il cui tema principale è stato l'introduzione di forze ONU in Donbass. Mosca è a favore dell'invio di forze ONU, a garanzia dell'incolumità degli osservatori OSCE, ma è assolutamente contraria alla posizione USA (ovviamente sostenuta da Kiev) di una missione "di pace" ONU che, di fatto, si trasformerebbe in "una sorta di Kommandantur militar-politica che prenderebbe il controllo dell'intero territorio delle Repubbliche popolari": ciò porterebbe alla completa demolizione degli accordi di Minsk. Discussa, a Berlino, anche la questione dell'arretramento delle forze dalle "zone grigie" e l'inizio dello sminamento della regione. Informatori ucraini hanno rivelato alle milizie che l'agenzia privata anglo-americana "HALO Trust", dietro la maschera dello sminamento, starebbe in realtà minando ampi settori delle "zone grigie" occupate dagli ucraini. In effetti, il 17 maggio tre militari canadesi erano rimasti uccisi e due americani feriti, dopo che il mezzo su cui viaggiavano era saltato su una mina nell'area di Avdeevka, nella DNR. È risaputo che i neonazisti di Pravyj Sektor, sono soliti vendere saporitamente ai comandi ucraini le mappe delle nuove aree minate, mentre lo scorso gennaio un alto funzionario ucraino avrebbe venduto alle milizie della LNR il programma NATO "United Multinational Preparation Group - Ukraine", insieme all'elenco degli istruttori stranieri in Ucraina.

Terrorismo contro i civili

Come per il passato, oltre che con i bombardamenti sulle aree civili, Kiev cerca di spezzare la resistenza della popolazione con il blocco totale di alimenti, medicinali, pensioni, fonti di energia. Regolarmente, vengono colpite le stazioni di filtraggio dell'acqua potabile; il 5 giugno, tiri di mortaio su Avdeevka e Jasinovataja (sobborghi settentrionali di Donetsk) hanno colpito le linee dell'alta tensione, lasciando senza corrente la stazione di filtraggio della capitale della DNR, che fornisce l'acqua a 400.000 abitanti. A metà maggio, bombardamenti ucraini avevano messo fuori uso gli impianti di depurazione di Golmovska, a nord di Zajtsevo, fonte principale del sistema idrico che rifornisce Gorlovka ed era stata bombardata la stazione di filtraggio dell'acqua di Donetsk.

A metà maggio, mentre al festival di Cannes il "mondo libero" omaggiava l'ucraino Sergei Loznitsa, per il film "Donbass", autentica beffa e ridicolizzazione delle milizie, civili continuavano a morire a Zajtsevo e a Gorlovka. A nord di Donetsk, venivano colpiti i centri di Golmovska e Trudovskie e, più a sud, bersagliati Kominternovo, Leninskoe e Petrovskoe, nel tentativo di accerchiare la capitale della DNR. Nel villaggio di Troitskoe, una trentina di km a ovest di Alčevsk, nella LNR, padre, madre e figlio tredicenne sono rimasti sotto le macerie della propria abitazione, centrata da un ordigno ucraino. A fine aprile, due uomini erano rimasti uccisi e una donna ferita a Dokučaevsk. Da giugno, i quartieri occidentali di Donetsk sono quotidianamente sotto il fuoco di lanciagranate automatici.

Ed è rimasta ignorata la testimonianza di un reduce delle Forze operative speciali (SSO) ucraine, tal Aleksandr Medinskij (rifugiato in Finlandia), su come, nell'estate 2015, le SSO avessero usato sostanze chimiche contro le milizie. Sulla notizia è ovviamente calato il silenzio, non trattandosi di uno "Stato canaglia" e non si è levato alcun coro "di sdegno" dell'Occidente libero a chiedere la "necessaria risposta" a un governo dittatoriale che impiega armi proibite contro donne e bambini.

Quanto la popolazione ucraina, pur stanca della guerra, ma sottoposta a quattro anni di martellamento ideologico neonazista e oltre venti anni di indottrinamento "indipendentista", sia d'altra parte davvero propensa a riconoscere l'autodeterminazione del Donbass, è questione quantomeno controversa. I racconti di quanti, in questi ultimi anni, si sono rifugiati in Russia e anche delle persone con cui è stato possibile intrattenersi nel corso della Carovana antifascista organizzata a inizio maggio dalla Banda Bassotti nella LNR e nella DNR, parlano di una propaganda nazionalista che ha fatto breccia in larga parte della popolazione ucraina, portando a scontri aperti all'interno di nuclei familiari, amicizie troncate, tra chi vive da una parte e dall'atra del fronte, rotture irrevocabili anche tra parenti stretti. È questo il frutto del bombardamento psicologico golpista e dell'ideologia dell'odio sbandierata nelle strade ucraine, che è stata pubblicamente espressa dal console ucraino ad Amburgo, Vasilij Maruščinets, che ha esortato a uccidere ebrei, "sionisti", "moskali" (dispregiativo ucraino per indicare i russi), ungheresi e polacchi, da cui liberare le "terre ucraine", inserire la svastica sullo stemma nazionale e definire ariani gli ucraini.

Conclusioni (temporanee)

Il politologo Aleksandr Šatilov afferma che gli USA vorrebbero piegare Mosca all'introduzione di "caschi blu" non lungo la linea di contatto tra milizie e forze ucraine, bensì sul confine tra Donbass e Russia. Il risultato sarebbe che le Repubbliche popolari verrebbero di fatto tagliate fuori dagli aiuti russi, si arriverebbe alla capitolazione del Donbass e, sotto la maschera di forze di pace, la NATO avrebbe l'opportunità di portare truppe in Ucraina. Ma la Russia, dice Šatilov, "ha un atteggiamento attendista", a metà strada tra i liberali che ignorano la questione e coloro che vorrebbero un'azione più decisa in favore del Donbass. "Se Kiev passerà all'offensiva" dice, "si dovrà reagire in qualche modo. Spero che la Russia non ostacoli le milizie se queste risponderanno più duramente ai bombardamenti".

È evidente che Kiev non ha alcuna intenzione di metter fine all'aggressione. Di fronte a una popolazione ucraina che i sondaggi indicano come sempre più stanca di un conflitto quadriennale, il golpista numero uno, Petro Porošenko, comincia a dar segni di nervosismo, consapevole che le presidenziali del 2019 potrebbero dare la vittoria a quel candidato che avanzi concrete proposte di uscita dal vicolo cieco in cui la junta ha cacciato il paese. E allora tenta il tutto per tutto per stroncare ora il Donbass.

"Ci sono due varianti per la soluzione del conflitto" ha detto il 9 maggio il leader della DNR Alexander Zakharčenko; "la prima è la capitolazione dell'Ucraina e allora noi acquisiremo il territorio che consideriamo da sempre nostro" - DNR e LNR non controllano infatti la totalità delle regioni di Donetsk e di Lugansk – e la seconda variante è che a Kiev vadano al potere persone con cui si possano avviare colloqui". Zakharčenko ha detto di essere pronto a esaminare la questione della missione ONU, alle condizioni presentate da Mosca alle Nazioni Unite lo scorso settembre: a garanzia cioè dell'incolumità degli osservatori OSCE e lungo la linea di demarcazione tra forze ucraine e milizie che, in alcuni punti del fronte, è di appena 20-30 metri.

Dopo quattro anni di bombardamenti terroristici sulle aree civili che, secondo Kiev, dovevano spezzare il morale della popolazione e costringere le milizie alla resa, la gente del Donbass non si stanca di maledire i nuovi nazisti e di aver fiducia nella vittoria. Ce lo hanno detto i volti delle migliaia di persone che il 9 maggio, nell'anniversario della vittoria sul nazismo, sfilavano a Lugansk, gridando contro il fascismo di ieri e di oggi. Lo dicono le parole di quel volontario russo, intervistato insieme a miliziani tedeschi, francesi, colombiani, che alla domanda su quali motivazioni lo abbiano spinto nel Donbass, ha risposto: "Motivazioni?! Che razza di domanda! Il fascismo non è forse un motivo sufficiente?".

*) In Nuova unità n.4/2018


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