www.resistenze.org - popoli resistenti - stati uniti - 29-01-17 - n. 618

Analizzando Trump

Zoltan Zigedy  * |  zzs-blg.blogspot.it
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

21/01/2017

Le elezioni del 2016 hanno insegnato molte cose, poche di queste sono entrate nelle teste parlanti dei media mainstream. Molto di quello che avremmo potuto imparare è stato perso nella frenesia di una delle manovre politiche più oltraggiose degli ultimi decenni.

Una delle lezioni più notevoli è il diminuito ruolo dei contributi elettorali in denaro nella determinazione del risultato delle elezioni. Trump ha speso un terzo meno della Clinton in queste elezioni (Washington Post: 932 milioni contro 1,4 miliardi). Alcuni hanno parlato molto di queste discrepanze, in aggiunta al fatto che Trump ha largamente ignorato i consigli dei suoi consulenti e collaboratori incaricati. Naturalmente, il denaro della Clinton ha comprato oltre 3 milioni in più di voti nella conta nazionale. E i mass media hanno entusiasticamente fornito a Trump quel contributo che non si conta in dollari costituito dalla copertura mediatica gratuita (Ricordate il commento dell'amministratore della CBS Les Moonves sulla bocca chiassosa di Trump durante le primarie simile a quella di Berlusconi : "Non ho mai visto niente di tutto ciò, e si avvia ad essere un anno veramente buono per noi… Chi si sarebbe aspettato la corsa che stiamo vedendo… Chi avrebbe mai pensato che questo circo sarebbe arrivato in città?")

Tuttavia, l'elezione di Trump ha mostrato senza dubbio come sia possibile costruire una campagna efficace al di fuori delle convenzionali regole del gioco, specialmente quando una sostanziale porzione dell'elettorato ha sovvertito le regole del gioco.

E' stato questo fatto - il fatto che c'era una nuova atmosfera emergente, specialmente tra le fasce maggiormente devastate dalla crisi economica permanente - che è stato sottostimato od obliterato dalla comunità degli esperti, fatto che è ancora largamente ignorato.

Mentre l'elezione di Trump era una sorpresa, qualcosa di nuovo è chiaramente presente nell'aria. Avevo scritto giusto un anno fa:

I successi di Sanders e Trump suggeriscono che gli elettori non sono affascinati dallo scarsa pappa offerta dalle elites dei partiti a questa tornata. Ma qualcosa di più profondo sta accadendo - un rifiuto ad accontentarsi della solita farsa. Oltretutto, la fedeltà ai partiti è inusualmente ristretta questa volta, e impegna i leader di partito ad essere abili a contare su un trasferimento di voti da un candidato ad un altro. Quella che gli esperti chiamano "imprevedeibilità" è oggi l'esercizio di un nuovo livello di maturità politica e di indipendenza. Un recente sondaggio del Pew Research Center (13.12.1015) avvalora l'alienazione degli elettori: il 62% di coloro che hanno risposto sostengono che "il governo federale non fa abbastanza per la classe media". Così, la nozione che i sentimenti antigovernativi alberghino nelle classi popolari è un'illusione ispirata dai media. Invece, il popolo vorrebbe un governo migliore. (A Moment Charged with Possibility 2-11-16)

Sappiamo oggi, grazie a Wikileaks, che i democratici non avevano intenzione di permettere che un ribelle come Sanders potesse indirizzare "la nuova atmosfera" dell'elettorato. Al contrario, avevano scelto di assicurare segretamente la nomination del candidato di sempre: Hillary Clinton. Nel minare Sanders, le elites del Partito Democratico garantirono che Trump fosse percepito come l'unico autentico candidato "outsider".

Ho scritto l'anno scorso in Aprile che il fallimento dei tradizionali ammortizzatori della classe povera e di quella lavoratrice - sindacati, istituzioni religiose, il Partito Democratico, le associazioni etniche ecc. - spiegano in non piccola parte il disperato rivolgersi a Trump. Un tiepido e distante liberalismo fa crescere opzioni disperate come lo stravagante Trump, quando le condizioni si deteriorano bruscamente e non appare disponibile altra opzione radicale.

In questo modo, un'attenta valutazione della vittoria di Trump dovrebbe ascrivere un ruolo alla disaffezione della classe lavoratrice per le politiche d'affari di sempre, ma senza una semplicistica condanna generalizzata della classe operaia, senza forzosamente etichettare i lavoratori bianchi come totalmente razzisti, misogini o xenofobi.

Ma le attente valutazioni non sono popolari dopo le recenti elezioni. L'esperto liberal caro alla sinistra "responsabile" Paul Krugman, ha vergato un violento attacco alla classe operaia bianca:

… il fatto è che i Democratici hanno sino ad ora perseguito politiche che sono molto meglio per la classe operaia bianca di qualsiasi altra che l'altro partito offra. Tuttavia questo non ha portato alcuna ricompensa politica… L'unico modo di trovare un senso a ciò che è successo è quello di vedere allora il voto come un'espressione di politiche identitarie - una combinazione di risentimento bianco di ciò che gli elettori vedono come favoritismo verso i non bianchi (anche se così non è) e rabbia della parte meno scolarizzata degli elettori ai bianchi liberali che immaginano guardarli dall'alto in basso. The Populist Perplex, Pittsburgh Post-Gazette, 11-26-2016.

Krugman è difficilmente in disaccordo con la corrente principale dei liberals con il suo disprezzo a malapena celato per le motivazioni dei lavoratori bianchi. Ma paragonate questo pensiero con quello che disse otto anni prima quando parteggiava per Hillary Clinton contro Barack Obama nel mezzo del loro scontro durante le primarie:

[il collega di Princeton Frank] Bartels ha citato dei dati che mostrano come la classe operaia Americana dei piccoli centri sia meno incline dei residenti benestanti metropolitani a votare sulla base della religione o dei valori sociali… Ciò vuol dire che il Signor Obama ha abbracciato una teoria sbagliata su ciò che motiva gli elettori della classe operaia? La sua campagna certamente non è stata basata sul libro del Signor Frank [What's the Matter with Kansas?], che sollecita un nuovo approccio alle questioni economiche come via per riconquistare la classe operaia. Certamente, il libro conclude con un feroce attacco ai Democratici che guardano solo ai "facoltosi, bianchi impiegati e professionisti che sono liberal sulle questioni sociali." lasciando cadere quel linguaggio di classe che una volta li distingueva dai Repubblicani "..In ogni caso il punto importante è che la classe lavoratrice americana vuole votare sulla base delle questioni economiche - e può essere influenzata da un politico che offre risposte reali ai loro problemi." Clinging to a Stereotype, Pittsburgh Post-Gazette, 4-19-2008.

A parte la sfacciata ipocrisia esibita colla notevole inversione delle vedute di Krugman in soli otto anni, il primo Krugman era nel giusto. Le questioni economiche sono state decisive nei percorsi di voto della classe operaia, specialmente dopo le deindustrializzazioni degli anni 70 e 80 e la catastrofe economica del 2007-8. E il primo giudizio di Krugman che "la classe lavoratrice americana…può essere influenzata da un politico che offre risposte reali ai loro problemi" ha avuto un accurato riscontro con la campagna di Bernie Sanders. Ma con il Partito Democratico che ha attivamente seppellito quell'opzione, molti lavoratori in modo poco assennato si sono rivolti all'unico altro candidato che prometteva di seguire i loro interessi.

Contrariamente alle diffuse impressioni disseminate dalle elites dei media, il voto della classe lavoratrice non si è schierato a larga maggioranza per Trump, né è stata la classe lavoratrice la spina dorsale del suo successo. La vittoria nei totali del Collegio elettorale hanno oscillato dalla sua parte grazie a ristrette vittorie in pochi stati chiave della rust-belt [1]. Molti fattori hanno contribuito alla vittoria di Trump, ma due spiccano, specialmente per un'analisi di sinistra.

Primo, vi è stato un sensibile spostamento tra gli elettori delle fortezze della classe lavoratrice che prima avevano dato la maggioranza ad Obama nella direzione di Trump nel 2016. Come Krugman notò nel suo avvertimento ed allarme ai democratici del 2008, indirizzarsi verso le questioni economiche rilevanti è decisivo nel conquistare il voto della classe operaia. Col programma economico di Sanders strangolato nella culla, gli elettori disperati non hanno visto nessuno a cui aggrapparsi se non alla falsa demagogica speranza promossa dall'illusionista Trump di rimettere il dentifricio industriale nel tubetto per tirarne fuori lavoro .

Gli agenti del Partito democratico e i loro cani da salotto nell'informazione hanno fatto del loro meglio per evadere la colpa del Partito di aver abbandonato gli interessi della classe lavoratrice. Al contrario, essi hanno dipinto i lavoratori come patologicamente bigotti od ignoranti, un tema a portata di mano e rafforzato dalle elites dei media sin dall'era del suo primo stereotipo televisivo, Archie Bunker [2]. L'archetipo odierno per il lavoratore (bianco) socialmente disfunzionale è fondato sulla vulgata più in voga del "fuggitivo" dalla classe operaia (Hillbilly Elegy, J. D. Vance). Deviando i riflettori sulla disfunzionalità della classe lavoratrice, i Nuovi Democratici della terza via possono evadere la responsabilità per il loro ostinato abbandono del crescente ginepraio costituito dalla classe lavoratrice multietnica.

In secondo luogo, Trump era una calamita per ogni elemento reazionario e razzista presente negli USA. Questi ultimi videro l'arrogante e ruvido spaccone come qualcuno in cui riporre le loro speranze. L'aggressiva rottura di Trump con la tipica civiltà sciropposa del politico è stata presa come un segno di disprezzo per lo straniero, il diverso che essi percepiscono come minaccia (Ironicamente, nella medesima paura e nel medesimo disprezzo avevano investito in passato le carezzevoli voci dei leaders religiosi e persuasivi gentiluomini conservatori). Trump si è dedicato nel vecchio Sud a tattiche che attraevano l'attenzione sorpassando tutti gli altri nel richiamo alla razza e nel fomentare la paura, ma è importante notare che una tattica così semplicistica funziona solamente laddove già esista un'atmosfera di frizione razziale e terrore. Trump l'ha solo opportunisticamente detto più forte di tutti.

La contraddizione tra l'appello di Trump ai lavoratori e il suo corteggiamento all'estrema destra è irrisolvibile. Ciononostante, è una caratteristica comune del populismo di destra, un fenomeno politico che emerge violentemente in Europa e negli USA. Mette le sue radici dove sia le condizioni soggettive che quelle oggettive sono mature per un cambio radicale, dove una sinistra debole o screditata offre poca speranza. L'estrema destra riesce a riempire il vuoto con un vago populismo.

Mentre non è possibile capire interamente come Trump tenterà di risolvere queste contraddizioni, sta diventando sempre più chiaro che egli è circondato da consulenti, fiduciari e collaboratori interamente impegnati in un'agenda a favore delle corporations e di un capitalismo domestico, un agenda che, a parte alcuni momenti teatrali, lascerà ben poco ai lavoratori.

La politica estera di Trump è, comunque, una differente zuppa di pesce. La politica interna è costruita da più mani. Il Congresso, che è schierato al 100% in favore degli interessi del capitalismo su ogni altro interesse, potrà avere grande voce in capitolo dove Trump ne voglia usufruire. Inoltre vi sarà spazio per dibattere sulle divergenti interpretazione in merito agli interessi prioritari del capitale.

Ma la politica estera è largamente costruita attraverso l'esecutivo (anche i poteri di guerra sono stati requisiti dall'esecutivo). E c'è poca tolleranza per le visioni politiche dissidenti da quella dell'establishment della politica estera. Il sottile regno oltre la politica predeterminata da generazioni di rabbiosi combattenti della Guerra Fredda continua ad essere una caratteristica del governo. Molti dei commenti di Trump sulle prospettive delle relazioni estere sfidano sia il consenso corrente sia quelli che controllano quel consenso.

La devianza di Trump dal consenso sulle relazioni colla Russia, sulla NATO, e sulle altre materie spiegano lo sfacciato intervento dei servizi di sicurezza degli USA sulle politiche post-elettoriali. Una massiccia campagna mediatica è stata montata al fine di distrarre il popolo dal fiasco del Partito Democratico e costruire un'affidabile capro espiatorio, la Russia, cui dare la colpa dell'imbarazzante sconfitta.I media mainstream senza vergogna e quasi uniformemente hanno diffuso la presunta storia che la Russia sia intervenuta profondamente nelle elezioni USA. Con lo scetticismo che aumentava, I servizi di sicurezza riuniti hanno diffuso un abborracciato rapporto, assertivamente confermando l'intervento russo. Molti esperti di sicurezza privati sono rimasti scettici. Trump ha sfidato questo rapporto.

In pochi giorni, da soggetti all'interno del governo è stato fatto trapelare un secondo documento - un allegato ipoteticamente basato su un'agenzia privata inglese di investigazione -  il quale asseriva una scandalosa cattiva condotta di quelli di Trump ed una diffusa campagna di disinformazione russa. Le agenzie di sicurezza hanno ammesso di aver condiviso il rapporto con Obama e Trump, hanno negato di averlo fatto trapelare ed hanno rifiutato di esprimere giudizi sulla sua accuratezza. In una recente intervista, il direttore della CIA Brennan aveva detto "di non avergli dato particolare attendibilità" Ha invece detto: "Non ho alcun interesse a dare a quel dossier ulteriore copertura mediatica". Ciò, ha detto, "non avrebbe alcun senso".

Così, se il rapporto non ha alcuna attendibilità, se non ha alcun senso dare ad esso ulteriore spazio mediatico, perché è stato condiviso col Presidente ed il Presidente eletto e fatto trapelare alla stampa alla prima occasione?

La risposta sarebbe ovvia a tutti eccetto che alla stampa sempliciotta od asservita alle corporations: il memorandum è stato inteso, da parte dei servizi di sicurezza, come una minaccia a Donald Trump, un promemoria che l'allontanarsi dalla riserva dell'establishment non è tollerato.

Il fallimento dei media nel valutare criticamente questo "memorandum", la sua sincerità, il suo tempismo, la sua fonte, ed il suo trapelamento è un nuovo ed ennesimo punto basso nella loro umiliazione a servizio del potere. Pensare che il capo della CIA, il più formidabile apparato di intelligence del mondo, abbia avuto parte nell'affrontare Trump con un documento in relazione al quale Brennan  ha sostenuto "di non aver avuto modo di valutare le allegazioni contenute nel dossier di ricerca dell'opposizione politica…" (Wall Street Journal, 1-19-17) è scandaloso (Brennan ha anche sostenuto di non averlo letto). Che la CIA non avesse alcun interesse o non disponesse della capacità di valutare e confermare un dossier scritto da un ex membro della chiusa e ristretta comunità dell'intelligence è assurdo. Che le agenzie di sicurezza promuovessero un dossier che non recava "alcun credito" e che le medesime lo abbiano fatto trapelare per nessuna altra ragione che quella di intimidire Trump non è credibile.

Naturalmente, questa non sarebbe la prima volta che i servizi spaventano i politici che sfidano le shibbolah dell'establishment. Il direttore dell'FBI  J. Edgar Hoover notoriamente raccoglieva in modo estensivo fascicoli virtuali su tutti gli attori politici, lasciandone frequentemente trapelare imbarazzanti informazioni ai media amici tutte le volte che lo riteneva necessario per riportare i dissidenti all'ovile. Tra le altre manovre politiche, la CIA volontariamente ha sopravvalutato le capacità dei sovietici al fine di influenzare la politica americana, le elezioni e le raccolte di fondi durante la Guerra Fredda. E, al di là di ogni disputa, le comunità di intelligence e politica estera costruirono un castello di bugie per giustificare l'invasione dell'Iraq del 2003. Ci viene chiesto di fidarci di loro oggi? E i media troppo spesso acritici e creduloni credono loro oggi?

Sulla scia delle contemporanee rivelazioni su protocolli di tortura e di spionaggio globale su tutti, gli opinion makers apparentemente consapevoli hanno oggi scoperto l'assoluta affidabilità e sicurezza della comunità di intelligence. Abbandonano le loro capacità critiche in favore di bugiardi ed intriganti professionali. Anche George Orwell ne sarebbe inorridito!

Noi assurdamente abbiamo ogni ragione per temere le politiche del Presidente Trump e dei suoi sostenitori.

Ma, basandoci sui recenti avvenimenti, abbiamo altrettante ragioni per temere la faccia di bronzo del potere, l'intrusione di agenzie di sicurezza clandestine e l'inaffidabilità delle corporation dei media servili e supine.

(*) zoltanzigedy@gmail.com

Note:

1] n.d.t. lett. "cintura della ruggine", come viene denominata la zona dei vecchi stati industrializzati ora in declino.

2] n.d.t. protagonista della serie televisiva All In The Family andata in onda dal 71 al 79 negli USA (e negli anni 80 nelle TV commerciali italiane con il titolo Archibaldo) in cui Archie Bunker è un cinquantenne taxista, volenteroso lavoratore ma dipinto come attaccato ai valori familiari, bigotto, razzista, pieno di pregiudizi nei confronti dei "diversi" nei quali comprende il futuro genero Mike, disoccupato, progressista, di origini polacche, "testone" (meathead nell'originale), i vicini di casa di colore, le altre etnie e la cugina divorziata e femminista. I continui scontri su questioni religiose, politiche, sociali e personali dominano la scena del telefilm ed è stata la prima costruzione mediatica denigratoria attraverso uno stereotipo della working class vista come retrograda, ma anche della sostituzione dell'importanza dei diritti sociali ed economici coi diritti civili tipica della vulgata apologetica liberal.


Resistenze.org     
Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support Resistenze.org.
Make a donation to Centro di Cultura e Documentazione Popolare.