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da Global Researce , 8 dicembre 2006 
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=Len20061208&articleId=4092
 
Lo spirito della democrazia in Venezuela
 
 di Stephen Lendman
 
"Oggi abbiamo dato un'altra lezione di dignità agli imperialisti, che è una nuova sconfitta per l'impero di mister Pericolo.... Noi non torneremo mai ad essere una colonia degli Stati Uniti.... viva la rivoluzione socialista....Il socialismo è umano. Il socialismo è amore."
 
Così il 3 dicembre Hugo Chavez Frias ha commentato la sua schiacciante vittoria elettorale, quando è apparso alla balconata del Palacio de Miraflores (palazzo della residenza ufficiale presidenziale) e, rivolgendosi a un’enorme folla di suoi sostenitori radunatisi sotto quella sera, ha parlato loro della sua vittoria per il popolo, dicendo di avere adesso un mandato ancora più forte per portare avanti il suo Progetto Bolivariano di fare per loro ancora di più di quanto realizzato finora - per quanto già considerevole.
 
Ha detto ai suoi fedeli sostenitori plaudenti che la sua grande vittoria elettorale a valanga è un altro colpo per George Bush e segue le vittorie di altri candidati popolari nella regione nelle ultime sei settimane, da Ignacio Lula da Silva in Brasile, il 29 ottobre, a Daniel Ortega in Nicaragua, il 7 novembre, a Rafael Correa in Equador, il 26 novembre. Chavez resterà in carica per un mandato di altri sei anni, che decorrerà fino al dicembre 2012.
 
La mattina presto, Hugo Chavez ha votato come tutti gli altri, mostrando di essere davvero parte del popolo. Diversamente da George Bush, che si sposta ovunque con un lussuoso entourage di limousine, elicottero o Air Force One, accompagnato da una falange di sicurezza necessaria a proteggerlo dal popolo dal quale è stato eletto per servirlo, Chavez ha guidato personalmente la sua vecchia Volkswagen rossa alla sezione elettorale assegnatagli, accompagnato da un suo giovane nipote nel sedile posteriore; ha votato e se ne è andato come era venuto, senza scorta. Così si comporta un uomo del popolo- senza campane, giri di propaganda o stravaganti decorazioni di potere che sono un segnale distintivo di come le cose siano fatte in eccesso negli Stati Uniti, che si autoproclamano un modello di democrazia (ma solo per i pochi che hanno ricchezza e potere) e si comportano come un stato canaglia, modello solamente per despoti e tiranni.
 
Con Hugo Chavez in Venezuela c’è vera partecipazione democratica di tutto il popolo. Dopo aver concorso in un processo elettorale sereno ed aperto, Chavez ha ringraziato i propri sostenitori in un'atmosfera di celebrazione giubilante, dopo che, alle 10:30 della sera, il presidente Lucena Tibisay del Consiglio Elettorale Nazionale (CNE) aveva dato l’annuncio dell’esito elettorale, nel quale Chavez avrebbe avuto il 61.4% (5.936.000 voti) e il candidato dello schieramento di destra Manuel Rosales il 38% (3.715.000 voti); con la partecipazione del 78% circa dei votanti registrati.
 
In seguito i primi dati subirono un aggiornamento, registrando un aumento del vantaggio di Chavez al 62.89% (7.161.637 voti), nettamente superiore a Rosales (vicino al 37%) di circa 26 punti – un distacco impressionante, quasi due a uno. E venne anche annunciata la partecipazione elettorale intorno al 75%- ovvero la percentuale più alta nella storia del Venezuela, facendo di queste elezioni un evento storico ed un limpido mandato per Hugo Chavez.
 
Una volta diffusi i primi risultati nella notte delle elezioni, a mister Rosales fu chiaro di aver perso e di essere costretto ad ammettere la sconfitta. Soggiunse comunque che avrebbe continuato ad opporsi alle politiche del governo di Chavez, annunciando "…stiamo cominciando la lotta per la costruzione di una nuova era per il Venezuela.... e io non mi fermerò qui, da oggi sarò nelle strade a lottare, a combattere". Al di la della sua mera retorica, non disse quello che sta nella sua mente, cioè riportare il paese al suo triste passato, servendo gli interessi della ricchezza e del potere e ignorando le necessità della popolazione comune. Se la sua rigida agenda è di procedere a fare precisamente questo, è sicuro di trovare molto incoraggiamento ed aiuto da Washington. Comunque è stata liquidata in fretta l’idea di un'invasione armata, che diventa più ardua che mai da attuare, dal momento che Hugo Chavez è risultato primo in tutti i 23 stati del Venezuela, incluso il distretto di Zulia (patria di Rosales), che è andato a Chavez con una maggioranza del 50.57% (un’onta che Rosales ha evitato persino di menzionare nella sua tronfia dichiarazione di resa.)
 
Ha partecipato alle elezioni anche una dozzina di altri candidati, senza aver nulla di cui vantarsi, ottenendo in totale meno della metà dell’uno percento del totale dei voti.
 
Dal Campidoglio U.S., senza un briciolo di ironia, la portavoce del Dipartimento di Stato Janelle Hironimus riferì la risposta del suo governo, un'amministrazione che ha già tentato di cacciare Hugo Chavez per tre volte, fallendo: " Il governo degli U.S. riconosce il diritto del popolo venezuelano ad eleggere il governo di loro scelta ed il percorso che vogliono per il loro paese". Il Sottosegretario di Stato per l’America Latina U.S. Tomas Shannon aggiunse": Noi non vogliamo una rapporto antagonista con il Venezuela; abbiamo sempre cercato le vie per approfondire il dialogo con il Presidente Chavez e speriamo che vorrà mostrare un maggior interesse."
 
Nessun funzionario U.S.si è peritato di spiegare che dietro la loro retorica di buona volontà post elettorale sono celate le azioni del loro governo da quando l'amministrazione Bush andò al potere nel 2001, tentando ogni trama segreta che potesse creare pretesti per minare e cacciare Hugo Chavez- e che continua ad essere impegnato a provocare sovversione. Sarebbe un vero cambiamento alla Casa Bianca se mai Bush praticasse quello che predica sempre falsamente, non riuscendo ad imbrogliare nessuno (specialmente Hugo Chavez ed il suo governo).
 
Lo stesso genere di commenti post elettorali ipocriti sono venuti dall’Ambasciatore degli Stati Uniti William Brownfield, che congratulandosi con i venezuelani per un'elezione calma e pacifica, segnalò la buona volontà di Washington ad avere una relazione meno frontale con Chavez, dicendo: "Riconosciamo di essere pronti, disposti ed ansiosi di esplorare e vedere se possiamo fare qualche progresso su questioni bilaterali." Hugo Chavez, comprendendo perfettamente a quale genere di relazioni l'ambasciatore alludesse, in merito alla richiesta rispose: “Loro vogliono il dialogo ma a condizione che tu accetti le loro posizioni. Se il governo degli Stati Uniti vuole il dialogo, il Venezuela terrà sempre la sua porta aperta. Ma io dubito che il governo degli Stati Uniti sia sincero.... Noi siamo un paese libero. Una volta noi eravamo una colonia nordamericana, e non lo saremo mai più”.
 
Chavez mantiene un atteggiamento gentile ma fermo, sapendo che gli Stati Uniti non sono mai sinceri nelle loro trattative con gli altri paesi e che sono determinati a rimuoverlo dalla carica. Inoltre le sue relazioni con tutti i paesi della sfera Meridionale sono senza alcun compromesso, sulla base di "a modo nostro o la via diretta". Per Hugo Chavez non c’è altro modo, ed è arduo pensare che le relazioni tra i due paesi possano cambiare andando avanti, almeno sotto l'amministrazione di Bush.
 
Chavez ha precisato meglio dicendo: "Come possiamo avere buone relazioni con un governo che ha finanziato qui attività cospirative?" Con un governo che ha anche instaurato legami più stretti con i militari nei paesi latinoamericani (circonvenendo il potere dei governi se necessario) per contrastare l'influenza e la diffusione di governi popolari di sinistra come quello di Hugo Chavez in Venezuela. L’ex Generale U.S.del Comando del Sud, Bantz Craddock, spiegò il vero sentimento dell'amministrazione Bush verso la regione quando disse": Le sfide che oggi affrontano l’America Latina e i Caraibi sono importanti per la nostra sicurezza nazionale. E’ pericoloso per noi ignorarle." Non stava riferendosi al bisogno di essere più concilianti con i leader popolari di sinistra come quelli in Venezuela, Bolivia o Ecuador (a gennaio) o Fidel Castro a Cuba (che gli Stati Uniti hanno tentato di uccidere, fallendo, diverse dozzine o anche centinaia di volte), che hanno nozioni di governo molto diverse da quelle di Washington.
 
Almeno per il momento la folla festante fuori dal Miraflores nella notte delle elezioni aveva altri pensieri nella sua mente ma, come il suo presidente, non si accontenta di niente di meno che di una relazione con il loro preminente vicino di casa settentrionale basata su eguaglianza e rispetto. Si ammassava nella tarda serata, sotto una pioggia torrenziale, vestita delle simboliche magliette e berretti rossi, sventolando la bandiera venezuelana e gridando" Uh, ah Chavez no se va" -" Uh, ah Chavez non se ne andrà." La celebrazione continuò tutta la notte nelle strade di Caracas, rimbalzando le parole di Chavez che ripeteva “Libertad” e diceva alla folla che questa era una vittoria per loro, per il socialismo, per la Rivoluzione Bolivariana; e che lui ora intende avanzare la fase successiva.
 
Il Venezuela con Chavez - Come hanno funzionato le vere elezioni democratiche
 
Le urne aprivano alle 7 di domenica 3 dicembre ma ore prima il popolo si era già messo in coda nella sua ansia di partecipare al processo elettorale democratico del Venezuela. La maggior parte di loro, come sappiamo, erano fautori di Hugo Chavez Frias come loro presidente, non intendendo permettere a nessun altro di avere il suo posto finché lui lo vuole. Le file davanti a molte sezioni erano lunghe ma gli osservatori poterono notare che la votazione attraverso il paese si svolgeva pacatamente, solo con problemi minori che non erano di ostacolo al processo elettorale. Circa 1.400 osservatori parteciparono come testimoni degli eventi del giorno, inclusi 10 rappresentanti del Carter Center degli Stati Uniti, 130 dall'Unione Europea (EU), 60 dall'Organizzazione degli Stati Americani (OAS) e 10 dal Mercato Comune Mercosur dei paesi del Sud.
 
A fine giornata, il capo della squadra OAS, Juan Enrique Fisher, si congratulò con i funzionari venezuelani per una "elezione trasparente e svolta bene.... ci congratuliamo con il popolo venezuelano per il suo spirito di cittadinanza, con il Presidente Chavez per il suo mandato popolare, con il candidato Rosales per il suo spirito civico, e per la democrazia rafforzata." Descrisse la votazione come "di massa e pacifica" ed aggiunse che sporadici rapporti di malfunzionamento di attrezzature di voto erano marginali e più attribuibili alle difficoltà dell'elettore con le macchine che ad irregolarità. Il parlamentare spagnolo Willy Meyer, uno di sette membri del Parlamento Europeo, notò che il processo era corso liscio e la partecipazione era" massiccia, ben disposta e felice..." Il leader dell’Unione Europea Antonio Garcia Velasquez riferì che i funzionari elettorali venezuelani gli diedero "completa libertà per ogni esigenza, in modo che il compito di osservatore potesse essere adempiuto in conformità con i nostri accordi." L’‘Occhio Elettorale’ dell’Ong, in una dichiarazione del pomeriggio, segnalò che il 99% dei centri di votazione "stava operando del tutto normalmente."
 
Le votazioni ebbero luogo con l’uso di 33.000 apparecchiature elettorali in 11.118 sezioni attraverso il paese ed ad ogni candidato all'elezione fu permesso di avere osservatori presenti in tutti i seggi se lo desiderava. Chiaramente tutti i venezuelani registrati hanno potuto votare, inclusi i 57.667 elettori residenti in altri paesi. La votazione ebbe luogo di domenica per rendere più facile possibile la partecipazione della popolazione e, mentre la chiusura dei seggi elettorali era prevista alle 16, ora di Caracas, la maggior parte rimase aperta finché c'erano persone in fila che non aveva ancora votato.
 
Il processo elettorale del Venezuela prima dell'elezione di Hugo Chavez
 
Prima che Hugo Chavez fosse eletto presidente del paese, nel dicembre1998, meno della metà di tutti gli elettori venezuelani erano registrati per votare e così non potevano partecipare a scegliere con il proprio voto i rappresentanti per essere aiutati ad elevare il loro standard di vita (compresa la grande maggioranza della popolazione povera del paese, la parte più bisognosa di effettivo cambiamento). Durante i decenni precedenti nel paese due partiti, l’Azione Democratica (D.C.) e il Partito Cristiano Sociale (COPEI), dominarono il processo politico attraverso un accordo di spartizione del potere serviva gli interessi dell'élite ricca del Venezuela e la sua borghesia, ignorando le necessità ed i diritti della grande maggioranza dei poveri, di fatto senza diritto di voto. I quali finalmente nei tardi anni ‘80 e ‘90 traboccarono nelle strade, guidati dalla coalizione di governo che ha portato nel 1998 al potere Hugo Chavez, che cambiò tutto- proprio come aveva promesso di fare se fosse stato eletto.
 
Insieme alla sua rivoluzione politica e sociale, Chavez promise di regolare il problema delle frodi e delle esclusioni elettorali che, per realizzare una vera democrazia, dovevano essere superate. All'inizio del suo primo mandato l’Assemblea Nazionale rafforzò le precedenti riforme e ne varò delle nuove che si concentravano su accesso e diritto al voto, sicurezza ed eliminazione di tutti i tipi di pratiche fraudolente che avevano caratterizzato le elezioni venezuelane in passato.
 
Un'importante e riuscita iniziativa introdotta più tardi, nel 2003, nota come Mision Itentidad (Missione Identità) puntò a perfezionare l’Articolo 56 della Costituzione di Bolivar, che afferma: "Tutte le persone dopo la nascita hanno diritto ad essere registrate senza addebiti all’Ufficio del Registro Civile ed ottenere documenti pubblici che costituiscono la prova dell'identità biologica, in concordanza con la legge". La Mision, che ha dato a milioni di comuni venezuelani la carta d’identità nazionale, combinava una registrazione di massa dei cittadini votanti garantendo loro pieni diritti di cittadinanza che prima non avevano mai avuti. Ottenne anche che più di cinque milioni di venezuelani riuscirono a registrarsi e a votare per la prima volta nelle elezioni a metà del 2006 – inclusi gli immigranti qualificati e le popolazioni indigene, che prima non avevano mai avuto alcun diritto. Nel 2000, prima che questa iniziativa fosse cominciata, erano registrati a votare 11 milioni di venezuelani; nel settembre 2006, il numero era cresciuto a più di 16 milioni; in un paese di 27 milioni di persone.
 
Come è amministrato il processo elettorale
 
Il processo elettorale è amministrato dal Consiglio Elettorale Nazionale (CNE). Che è un corpo indipendente, separato dai rami Esecutivo, Legislativo e Giudiziario del governo o da qualsiasi interesse corporativo privato. Il Consiglio comprende 11 membri dell’Assemblea Nazionale e 10 rappresentanti della società civile, nessuno dei quali è nominato dal Presidente.
 
Attualmente in Venezuela le elezioni si svolgono usando macchinari elettronici per il voto Smartmatic, a tocco di schermo, con ricevute di verifica della scelta su carta che gli elettori possono controllare per assicurarsi della convalida del voto da loro fatto, e poi sono conservati dal CNE, da tenere come registrazione permanente dei risultati del voto, che se necessario può essere usata in caso di riconta. I macchinari richiedono anche agli elettori di lasciare un'impronta elettronica del pollice, per garantire che nessuno voti più di una volta.
 
Le macchine funzionano, come ha voluto commentare il Carter Center basandosi sulle osservazioni del loro uso: "Le macchine automatizzate hanno funzionato bene ed i risultati della votazione riflettono la volontà degli elettori". Hanno verificato la stessa cosa ulteriori studi indipendenti, tra cui quelli eseguiti da esperti del processo elettorale dell'Università della California Berkeley, John Hopkins, Stanford ed altri. Grande cura è stata prestata nell’intento di eliminare ogni possibilità di intromissioni, che ha comportato l’uso di una tecnologia speciale che divide i codici protetti in quattro parti che sono state girate in numerosi registrazioni di voto di sicurezza: ciò, secondo la Missione di Osservazione Elettorale nel paese dell'Unione Europea, fa delle macchine usate in Venezuela il sistema più avanzato del mondo.
 
Come funzionano attualmente le elezioni negli Stati Uniti
 
Confrontiamo questo esercizio di vera democrazia partecipata con il modo come vanno le cose negli Stati Uniti, specialmente nell'elezione fraudolenta che ha portato l'amministrazione Bush al potere. Da allora un numero crescente di investigazioni ha rivelato come sia diventato corrotto il processo elettorale, specialmente nelle elezioni nazionali, dove è stato fatto un sforzo sistematico per escludere dal voto porzioni di quei segmenti di elettorato probabilmente contrari ai candidati Repubblicani o ai selezionati Democratici che rappresentano gli interessi elitari. Molte tecniche sono usate per fare ciò, cominciando con la privatizzazione del processo elettorale che dà alle grandi società di macchine elettroniche di votazione un controllo su queste completamente non regolato.
 
Nell’elezione nazionale del 2004 più dell’80% dei voti negli Stati Uniti furono fatti e contati su queste macchine possedute, programmate e gestite da tre grandi società, la maggior parte dei quali senza alcuna ricevuta elettorale verificabile su carta, rendendo impossibile in ogni caso avere un riscontro e, se necessario, si potrà solo verificare che il primo risultato è stato contestato. Il processo è ora gestito in modo reticente e inattendibile da interessi societari privati, che hanno tutto da guadagnare se i candidati che loro sostengono vincono, come ora sappiamo, in base a quanto è precisamente accaduto. Finché prevale questo sistema, il processo elettorale negli Stati Uniti è fraudolento nella sua rappresentazione falsificata della nozione del genere di libere, eque ed aperte elezioni, che sono invece un segno di distinzione del modo come vanno le cose con Hugo Chavez.
 
Le elezioni negli Stati Uniti furono commentate come "l’estremo crimine" dal momento che l’ultimo baluardo della democrazia risiede nel diritto dell'elettorato di esercitare la propria volontà ai seggi, senza che ciò venga sovvertito da interessi privati o altri. Tom Paine definì l’importanza delle elezioni a fondamento della nazione: "Il diritto di votare per i rappresentanti è il diritto primario dal quale sono discendono tutti gli altri diritti. Togliere questo diritto (come è accaduto negli Stati Uniti) è ridurre un uomo alla schiavitù."
 
La sovversione con la manipolazione delle macchine di votazione elettronica è solamente una parte del problema; le investigazioni hanno scoperto anche molto di più, rivelando una sistematica perversione del processo democratico. Nelle elezioni nazionali 2000 e 2004 negli Stati Uniti, milioni di voti fatti non furono nemmeno mai contati, compresi i "voti nulli", bianchi e respinti ed altri, persi o deliberatamente ignorati nel conto. Inoltre, c’è stato un massiccio elenco di votanti epurati, per una varietà di ragioni, ma con un denominatore comune: sono risultati senza diritto al voto gli elettori che probabilmente avrebbero votato per i "candidati sbagliati" e così è stato loro negato del tutto il diritto di votare. Oggi in Venezuela, con Hugo Chavez, ogni elettore è registrato e incoraggiato a votare, senza paura che il voto da lui espresso scomparirà, vada ad un altro candidato o che lui sarà eliminato dagli elenchi elettorali. Così si suppone che debba lavorare una vera democrazia, e così fa il Venezuela oggi. Gli Stati Uniti non lo fanno e si vede negli esiti e anche in quella metà o più di elettori che qui non si disturbano mai a presentarsi il giorno dell’elezione, pensando giustificatamente, che i loro voti non contano.
 
Un'altra differenza notevole tra i due paesi è che in Venezuela la popolazione è abbastanza bene informata per capire cosa sostengono i candidati, quanto le convenga il loro governo, se siano disposti ad impegnarsi attivamente a mantenere i loro diritti democratici e i benefici sociali duramente conquistati e se non li abbandoneranno senza lottare. Invece negli Stati Uniti il pubblico è cullato a credere ad un'illusione di democrazia ed i diritti del popolo sono garantiti da qualcosa che non esiste più, se mai è esistito. A causa della loro apatia, essi non sono nelle strade come la popolazione del Venezuela, i loro compagni in Messico, che non sono altrettanto ricchi, o le masse anti-Bush/Olmert nelle strade di Beirut, che comprendono più della metà della popolazione del Libano, che chiedono vera democrazia, giustizia e la fine alla dominazione Occidentale. Invece, se ne stanno a casa o fuori a fare shopping, perché non riescono a capire che se non scendono in strada in numero abbastanza grande per i diritti che loro nei fatti non hanno, non li otterranno mai.
 
L’obiettivo di Chavez di costruire una società socialista nel XXI secolo
 
Per la prima volta Chavez annunciò al mondo la sua speranza di costruire in Venezuela una società socialista nel XXI secolo al Fifth World Social Forum, il 30 gennaio 2005. Un modello di società umanitario, basato sulla solidarietà, non un modello burocratico che, precludendo la partecipazione della popolazione, finisce per essere fallimentare. Più tardi, Chavez elaborò: "Abbiamo assunto l'impegno di guidare la Rivoluzione Bolivariana verso il socialismo.... un socialismo nuovo.... un socialismo del XXI secolo.... basato su solidarietà, fraternità, amore, giustizia, libertà e uguaglianza, che superi il modello basato sul libero-mercato, sullo sfruttamento del popolo lavoratore per gli interessi del capitale".
 
Da quando è entrato in carica nel febbraio1999, in seguito all'elezione del dicembre1998, il governo di Chavez ha perseguito progressivamente questi obiettivi. Egli promise ai venezuelani la sua visione di una Rivoluzione Bolivariana per riscattarli da ciò che il liberatore del IXX secolo Simon Bolivar ha chiamato la maledizione imperiale, che sempre" ha afflitto l’America Latina portando miseria in nome della libertà". Il suo Movimento per il Partito della Quinta Repubblica (MVR) ottenne dal popolo il mandato per il cambiamento e per iniziare a disegnare una nuova costituzione che trasformasse il Venezuela da un'oligarchia serva della ricchezza e del potere ad un modello di stato umanista e democratico al servizio di tutti, basato sulla solidarietà e sui principi della giustizia politica, economica e sociale.
 
Egli ha ridistribuito in maniera impensabile negli Stati Uniti, dove attualmente i servizi essenziali alle persone gestiti dal governo sono negati e denunciati come radicali, in una nazione dominata da un'ideologia reazionaria e con la nozione che soltanto le soluzioni neoliberiste basate sul mercato siano accettabili- anche se è provato che non funzionano. Con questo modello viziato, il governo funziona solamente per i pochi privilegiati che beneficiano delle sue regole da ‘legge della giungla’, applicate a spese della grande maggioranza destinata a perdere, come sempre accade in una società discriminatoria. Questo è lo stato delle cose oggi negli Stati Uniti, una nazione nella quale sono stati messi a soqquadro i principi fondamentali e che ora è guidata da e per i plutocrati, con valori corrotti da false nozioni di lealtà, equità e giustizia.
 
Così fu governato il Venezuela prima dell’era di Hugo Chavez. Nei 28 anni precedenti alla sua elezione, la popolazione patì privazioni, negligenza e indifferenza. L’aggiustamento inflattivo del reddito pro capite venezuelano si aggirò in quegli anni sul 35%; la grande depressione, la più profonda nella regione, fu una delle più gravi nel mondo. Dopo il menomante sciopero del petrolio del 2002/03 e gli effetti destabilizzati del breve colpo di stato che depose per due giorni Hugo Chavez nell’aprile 2002, Chavez fermò il declino e lo ribaltò; con i prezzi del petrolio alti ed un clima economico e favorevole sollevò la crescita della nazione al livello più alto nella regione. Da quel momento la disoccupazione declinò e lo schiacciante livello di povertà nel paese precipitò da un livello di circa il 62% nel 2003 a quello attuale, prossimo al 40%.
 
Chavez, comunque, andò molto oltre, assicurando i principi di una democrazia partecipativa e la sua rivoluzione sociale nella nuova Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela del 1999. Che sancisce cambiamenti strutturali rivoluzionari in politica, economia e giustizia sociale (incluse cure sanitarie qualificate per tutti, come "fondamentale diritto sociale a responsabilità dello stato"). Bandisce la discriminazione, garantisce la libertà di espressione (che i più fieri critici di Chavez godono ed usano ampiamente contro lui senza recriminazione), provvede assistenza, migliora il sistema pensionistico di sicurezza sociale per gli anziani, assicura sostegno per i diritti dei popoli indigeni e richiede che un’istruzione qualificata sia resa disponibile per tutti al livello più alto, eliminando virtualmente l’analfabetismo- in confronto con il livello dichiarato del 20% di analfabetismo degli Stati Uniti, secondo le cifre del Dipartimento dell’Istruzione (ma che in realtà è molto più alto ed in aumento, basandosi sulla prova evidente dell’analfabetismo funzionale fra le popolazioni studentesche secondarie delle città del paese profondo).
 
Questo adesso sarebbe inaccettabile in Venezuela, dove, dopo l’elezione, Chavez intende portare la sua Rivoluzione ad un livello più alto, facendo ancora di più per il suo popolo. Insieme a tutto quanto sopra, il governo provvede sussidi alimentari ulteriori per i bisognosi, formazione-lavoro, micro-crediti e riforma della terra. È un paese dove la maggior parte della capacità produttiva è statale o posseduta privatamente, ma nel quale è stato fatto un grande impegno innovativo per andare in direzioni nuove, sperimentando l'idea di cogestione nelle imprese statali, da riconoscere a chi ci lavora. Un notevole sforzo è stato fatto anche per espandere il numero di cooperative fuori dal controllo dello stato o di privati; e da quando Chavez è stato eletto, il loro numero totale è cresciuto da 800 a 100.000, emancipando e dando lavoro a 1,5 milioni di persone, ovvero al 10% della popolazione adulta.
 
Un'altra delle priorità di Chavez, fin dal suo insediamento in carica nel 1999, è stata la riforma della terra. Il paese è stato amministrato a lungo da ricchi oligarchi, tra cui i grandi possidenti terrieri che hanno permesso al 5% dei maggiori possidenti di controllare il 75% della terra e al 75% dei più piccoli di averne solamente il 6%. Chavez sta cercando di mettere a punto una legislazione della riforma della terra che permetta di ridistribuire la terra non coltivata posseduta dal latifondisti ai campesinos senza terra, che la renderanno produttiva migliorando così le loro vite.
 
Chavez vuole anche continuare a perfezionare tutti i programmi sopra elencati che hanno migliorato la vita della popolazione con molte ‘Missioni sociali’ innovative, usando allo scopo la ricchezza petrolifera del paese. La sua imponente vittoria elettorale gli dà un mandato più ampio che mai per avanzare alla fase successiva il suo Progetto Bolivariano e la sua visione del socialismo o socialdemocrazia nel XXI secolo. Non sarà un compito semplice, essendo il potere degli oligarchi sostenuto dall'amministrazione Bush, e possono frapporsi poderosi ostacoli sulla via dell’avanzata del socialismo. Per quanti grandi successi egli abbia ottenuto negli otto anni passati di fronte alle grandi disparità, molto ancora necessita di essere fatto. Col potere del popolo venezuelano che sta con lui, non volendo rinunciare ai grandi miglioramenti già ottenuti, Chavez sta ora guardando avanti per avanzare la socialdemocrazia del paese anche nel nuovo secolo.
 
Ora Hugo Chavez è il leader e un simbolo affermato del crescente movimento sociale popolare rivoluzionario che sta lentamente diffondendosi nella regione che ha bisogno di essere trasformata. Rappresenta una speranza e una promessa alternativa a generazioni di elitarismo bloccato sostenute dal potere militare insieme al dominio oppressivo degli Stati Uniti e ai venefici effetti del modello neoliberista del Washington Consensus, che sfrutta selvaggiamente il Sud Globale per gli interessi dei capitalisti del Nord. È un via per liberarsi dell’Fmi controllato dagli Stati Uniti e dalla servitù del debito della Banca Mondiale, che richiede in cambio un'austerità fiscale punitiva, la privatizzazione delle industrie statali, negligenza sociale, la perdita dei diritti dei lavoratori organizzati in un sistema di deregulation del mercato, del quale beneficiano solamente i privilegiati a spese di sconcertanti livelli di povertà, privazione e ineguaglianza della maggioranza. È un modo di costruire una società libera da parte e per la popolazione nullatenente. È un modo per ridurre la povertà e l'ineguaglianza e migliorare la vita della popolazione comune per vie che non si pensava fosse possibile percorrerem, finché Hugo Chavez ebbe una visione e fu capace di metterla a punto e cominciò la sua diffusione.
 
Chavez ora ha alleati in Bolivia, Ecuador, Brasile, Argentina, Cuba, Nicaragua, Uruguay ed anche in Cile (che pure sta ancora sotto l'ombra di Augusto Pinochet e i suoi 17 anni di dittatura che hanno schiacciato la più forte democrazia della regione e dal cui regime il paese deve ancora recuperare pienamente, ma che speriamo abbia un'opportunità con il suo nuovo leader più illuminato). Essi rappresentano quello che lo scrittore Tariq Ali definisce come un "Asse della Speranza" nella regione e Chavez ora ha guadagnato abbastanza capitale politico per portarlo più vicino alla realizzazione.
 
Il ‘momento’ in America Latina è con Hugo Chavez ed i suoi alleati, se insieme riescono ad afferrarlo e a portarlo al livello successivo. Non sono mai state migliori le chance di successo con gli Stati Uniti, più vulnerabili che mai, resi vacillanti per la perdita di dominio in Medio Oriente sulle forze schierate contro di loro, che stanno mostrando di poter fare fronte alla nazione più potente sulla terra e di poter prevalere. È un segnale che l’America non è onnipotente, è in declino politico ed economico e scegliere un corso indipendente è un'alternativa che può funzionare se un numero sufficiente di nazioni si uniscono e operano insieme.
 
Le nazioni più importanti della regione hanno già mostrato che possono opporsi Washington e possono prevalere. Dopo che alla fine degli anni ’90 l’Argentina aveva seguito la regola delle fusioni economiche strutturali imposta dall’Fmi, nel 2005 il Presidente Nestor Kirchner ottenne che i mercati finanziari accettassero la sua offerta ‘prendere o lasciare’ di 30 centesimi per dollaro in pagamento sull'insolvibile debito del paese sovrano di circa $130 miliardi, offerta che inoltre doveva essere accettata nella forma a lungo termine, in obbligazioni a basso interesse.
 
Poi nel novembre 2005, al Vertice delle Americhe del Mar del Playa, accadde che l’Argentina suonò il rintocco funebre per l'Accordo di Libero Mercato delle Americhe (FTAA, estensione del disastroso modello del NAFTA), in quanto i maggiori paesi nella regione del Mercosur, Mercato Comune del Sud, il Brasile, l’Argentina, l’Uruguay, il Paraguay ed il Venezuela non intendevano farne parte ( lo studioso Immanuel Wallerstein segnalò che “la Dottrina Monroe è morta. E ci sono pochi a piangerla")
 
Ed un ulteriore colpo alla globalizzazione promossa dagli Stati Uniti venne dal fallimento della dell’incontro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), Doha Round a luglio 2006, perché diversi paesi in via di sviluppo allora si resero conto che i trattati commerciali a senso unico degli U.S./Occidente si erano rivelati disastrosi, nonostante le rosee false promesse di crescita economica e di prosperità che invece portavano solamente crescente povertà, impoverimento e distruzione ambientale.
 
Dal 1960 al 1980, prima che questi diabolici accordi fossero stati sottoscritti, la media della crescita del reddito in America Latina era all’82% (4% per persona annuo). Dal 1980, dopo che si affermò il concetto di globalizzazione, basato sul modello neoliberista voluto da Washington, la percentuale di crescita del reddito nella regione cadde al 9% (meno della metà dell’1% per persona annuo) e dal 2000 precipitò al 5%- una prova palese di come il così detto" modello statunitense di libero scambio" (che non è uno “scambio equo”) sia una formula per la rovina economica dei paesi che la adottano, e significativamente paesi come Brasile, Argentina, Venezuela, Bolivia ed altri in America Latina non ne vogliono più sapere.
 
Rimane da vedere se andando avanti può continuare questo tipo di ‘momento’, guadagnando forza con nuovi alleati che lavorano insieme nel comune interesse di tutti di liberarsi dalla stretta dominante degli Stati Uniti e affermando la propria indipendenza (come ha fatto il Venezuela con Hugo Chavez, dimostrando che è possibile e che se ne può trarre profitto in conseguenza).
 
Adesso un ulteriore successo in Venezuela ed altrove dipende dal verificarsi di ciò che l’attivista Bolivariano, esimio Professore di filosofia e scienze politiche venezuelano di origini sudafricane Franz Lee dice che deve essere portato a termine "Liberare tutti dai cinque tentacoli dell’imperialismo capitalista: lo sfruttamento, la dominazione, la discriminazione, la militarizzazione e l'alienazione.... in una lotta di classe contro il fascismo globale." In Venezuela, il processo è solamente cominciato. Hugo Chavez ha raccolto la sfida per portarlo avanti, ma sarà necessario che altri leader illuminati lo sostengano e lo raggiungano con coraggio, per realizzare una vittoria del popolo sulle forze che l’hanno tenuto da sempre sottomesso, negandogli l'equità e la giustizia che merita.
 
Traduzione dall’inglese Bf per resistenze.org