www.resistenze.org - popoli resistenti - venezuela - 25-05-14 - n. 500

Chi uccide e chi muore in Venezuela

Modesto Emilio Guerriero | aporrea.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

14/05/2014

Gli assassini di una delle guardie del corpo del presidente Maduro e di un dirigente chavista di primo piano evidenziano che la campagna della destra, orchestrata a Miami, Colombia e nello stesso Venezuela, viaggia verso una violenza senza freni.

Durante i primi giorni di maggio in Venezuela sono stati assassinati in pochi giorni una guardia del corpo del presidente Nicolás Maduro e un personaggio centrale del chavismo, Eliécer Otaiza. Entrambi i fatti hanno fatto scattare l'allarme rosso, procurando un'ansia paragonabile solo a quella sperimentata con la violenza sfrenata tra febbraio e marzo di quest'anno.

Otaiza aveva partecipato alla fondazione del movimento chavista o bolivariano, ma quando è stato ammazzato ricopriva un'alta carica rappresentativa nell'amministrazione della capitale. Insieme al fratello gemello, ha accompagnato Hugo Chávez da quando uscì di prigione nel luglio 1994, come guardia nel pellegrinaggio che fece in centinaia di città, paesi, campagne e quartieri venezuelani, nel corso del quale il leader bolivariano diffuse il messaggio del nuovo movimento nazionalista germogliato due anni prima, il 4 febbraio 1992.

Nel mondo, non si ammazzano guardie del corpo presidenziali e leader politici tutti i giorni. In realtà, i resoconti giornalistici riportano solo 6 casi negli ultimi 23 anni, di cui 4 avvenuti in attacchi golpisti in Africa centrale, 1 nella recente crisi ucraina e il sesto in Colombia.

La ragione di un numero così scarso di episodi criminali di questo tipo nella lotta politica internazionale è che eliminare una guardia del corpo presidenziale o qualcuno con un percorso militante come Eliécer Otaiza in Venezuela, così vicino al governo, rappresenta come un atto diretto contro il centro stesso del potere. Il presidente venezuelano e il suo ministro dell'Interno definirono il caso come un "crimine politico pianificato da Miami", dove una parte dell'opposizione conservatrice venezuelana tesse le sue cospirazioni, assolda mercenari e addestra militarmente giovani studenti conservatori. In realtà, è ben più che Miami. Si sono create nicchie di cospirazione e addestramento a Bogotà, Táchira e nelle grandi tenute dei ricchi allevatori venezuelani. Alcuni gruppi di paramilitari, disoccupati in Colombia, sono diventati molto attivi tra l'opposizione venezuelana.

Il punto di partenza per qualunque approccio su ciò che accade in Venezuela è il grado di incompatibilità assoluta tra il Venezuela come stato-nazione, come governo, sistema politico e movimento sociale, e il dominio emisferico statunitense. In questo contesto si sviluppa il complicato dilemma interno di saper finire quello che si è cominciato.

Questo distacco del dominio yankee spiega che la società venezuelana è soggetta dal 2002 alla più crudele delle pressioni esterne e interne volte a minare la sua governabilità, frenare lo sviluppo e sconfiggere le sue forze sociali. In 12 anni ci sono stati un colpo di stato nell'aprile 2002, benché sconfitto nelle successive 47 ore, tre complotti golpisti nel 2003, 2004 e 2005, oltre a un attacco industriale e petrolifero. Si contano anche per lo meno 4 tentativi di assassinare Chávez e circa 250 aggressioni a funzionari governativi.

Il totale dei chavisti assassinati tra il 2002 e il 2014 è spaventoso: 357. Esso include i 7 medici cubani assassinati o feriti e i 256 contadini crivellati dal 2003.

Questa macabra statistica avvicina il Venezuela a scenari di violenza politica acuta come quella della Colombia, dove la borghesia impone la sua pace sociale a suon di pallottole, persecuzioni e deportazioni. Per essere precisi, i suoi promotori mirano a trasformare il paese in qualcosa di simile a quello che avviene da un anno a questa parte in Siria o da tre mesi in Ucraina.

Il Venezuela corre il rischio di una guerra civile provocata, diretta e finanziata dai gruppi di potere degli Stati uniti, da parte dei governi della destra latinoamericana, utilizzando a tal scopo come la cavalleria alcuni settori dell'opposizione venezuelana, cioè l'avanguardia necessaria che agisce in nome di tutti i capitalisti.

Ci sono altri morti con altri responsabili che tuttavia non andrebbero imputati al governo, né al sistema politico. Si tratta di 5 operai caduti in uno sciopero per mano della polizia agli ordini di un governatore bolivariano corrotto, in una città dell'interno, e 3 morti nello Stato di Aragua, nel centro-nord del paese, nel corso di una disputa tra sindacalisti classisti e un gruppo della burocrazia corporativa filogovernativa.

Ciò che definisce il processo bolivariano è l'attacco permanente di Washington e della borghesia latinoamericana per abbatterlo. In questo scenario di tensioni costanti, il governo e la direzione politica del chavismo si dibattono tra politiche duplici che in molti casi hanno avuto successo, ma in altri hanno trasformato i crimini in casi polizieschi, anche isolati, dove il progetto rivoluzionario contenuto nel Programma della Patria e il Golpe de Timón è subordinato all'incidente. In questo trattamento poliziesco dell'incidente si dissolve la forza sociale che deve sostenere la difesa delle conquiste del processo rivoluzionario e farlo progredire.

La mappa della morte

Ma queste due vittime dei sicari politici dell'opposizione non sono apparse come fatti polizieschi e ancor meno come idee balorde di rivalsa conservatrice. Otaiza e l'appartenente alla sicurezza di Maduro sono solo due sintomi del dramma nazionale in corso.

Tra febbraio e maggio, una parte dell'opposizione è stata protagonista di una "rivolta dei ricchi", come venne titolata con arguzie giornalistica dal corrispondente di The Guardian, sorpreso dall'abbigliamento e dalle auto lussuose delle persone che vedeva sulle barricate. Da quella rivolta risultarono 48 morti, dei quali solo 15 oppositori.

La cosa sorprendente in termini umani di questa statistica, si somma ad una sorpresa più sconcertante. Le due cifre di questi morti si invertono nelle teste dell gente disinformata - la maggioranza - che si orienta con le informazioni pubblicate accuratamente nelle catene televisive e quotidiani dominanti e da giornalisti senza scrupoli come Jorge Lanata o deputati legati agli oppositori venezuelani, come Federico Pinedo

Tra il 12 febbraio e il 28 di marzo, agenzie come la colombiana NTN24, la CNN e quotidiani come El País e ABC in Spagna, Miami Herald, El Nacional di Caracas e Clarín di Buenos Aires, rispetto ai fatti venezuelani hanno pubblicato 21 fotografie ad alto contenuto di violenza, però avvenuta in altri paesi, copiandole dalle "reti sociali". Uno delle principali vettori di questa falsa informazione è sono i media di J. J. Rendón, ex consigliere di Manuel Santos e Uribe Vélez, uno dei più importanti cospiratori venezuelani all'estero (vive a Miami dal 2006).

Con quelle immagini di morte e di violenza hanno costruito relazioni giornalistiche false. In ognuna di esse apparivano giovani o donne colpite da agenti di sicurezza. Quelle fotografie o riprese video furono usate dagli editori per titolare articoli che affermavano che "il governo spara e tortura la società civile e gli studenti oppositori", come hanno detto la CNN e il Miami Herald e ripreso gli altri media.

Con quella falsificazione su larga scala hanno ottenuto due cose: convincere mezzo pianeta che in Venezuela esiste una dittatura assassina e, contemporaneamente, invertire i fatti reali. Molta gente si convinse che i morti erano tutti oppositori. "Giovani studenti indifesi che escono disarmati nelle strade per reclamare i loro diritti democratici contro un governo dispotico che spara a distanza ravvicinata", raccontava il conduttore Jorge Lanata in uno dei suoi programmi, forse una proiezione psichica per soddisfare un desiderio profondo.

Questa truffa informativa deliberata si trasforma in grossolanità giornalistica appena si approfondisca la realtà. Risulta che dei 15 caduti dell'opposizione, solo 5 sono di responsabilità governativa e appena 3 per mano dei militanti chavisti.

In termini di responsabilità politica, tutti i morti, compresi quelli degli oppositori sono stati causati dalla "rivolta dei ricchi", cominciata a febbraio senza una fine prevista. Mercoledì 7 maggio, due mesi e mezzo dopo, continuavano ancora le azioni violente dei gruppi oppositori. Ci sono segnali di un'altra rivolta per giugno, protetta dai Mondiali di calcio.

A differenza dei dirigenti dell'opposizione venezuelana e dei loro soci giornalisti e parlamentari all'estero, il governo si è assunto la responsabilità delle azioni dei suoi membri. Ha destituito il capo della polizia che disubbidì all'ordine presidenziale di non sparare il 12 febbraio e ha portato in giudizio una decina agenti della guardia nazionale, in alcuni casi per atti di violenza personale.

Le altre sette persone dell'opposizione sono cadute per effetto dalle proprie azioni, sulle barricate o in incidenti individuali nel corso delle azioni violente. La procura li ha definiti casi di "morte indiretta", perché non ci fu intenzionalità. Può essere, ma in termini politici, esiste una causa certa: le barricate organizzate da loro stessi come parte di una rivolta "dei ricchi".

In queste azioni contro il governo, tre militanti dell'opposizione si sono uccisi con le loro mani: a uno scoppiò un mortaio che si preparava ad usare contro la Guardia nazionale, un altro rimase fulminato abbattendo un'insegna pubblicitaria per fare una barricata e il terzo cadde da una terrazza, in un quartiere ricco di Caracas, dopo aver sparato contro i corpi di sicurezza dello stato.

Questo emerge da queste cinque fonti consultate sul web: Red de Apoyo por la Justicia y la Paz, Provea, Amnistía Internacional, Red de colectivos La Araña Feminista, Centro para la Paz y los Derechos Humanos de la UCV e il quotidiano digitale Aporrea che hanno registrato quotidianamente le morti.

Il resto dei morti per atti violenti si divide in due tipologie: 15 senza attività politica e che potrebbero essere registrati né chavisti, né antichavisti. Gli altri 18 morti erano chavisti o bolivariani di tre tipi: 10 sono registrati come membri dei corpi di sicurezza (Custodia Presidencial, GNB, PNB e SEBIN), 1 era un funzionario della Procura generale, i rimanenti avevano militato col PSUV o in raggruppamenti sociali bolivariani. A questi ultimi due gruppi appartenevano Eliécer Otaiza e la guardia del corpo presidenziale. (…)

I componenti attivi del soggetto fascista che ha animato gli scontri sono gli studenti delle università private e privatizzate. Anche alcuni distaccamenti della classe povera delle baraccopoli dei quartieri marginali di Caracas e di due o tre grandi città. I suoi operatori sul terreno sono gruppi di paramilitari associati e finanziati dalla Fondazione Internazionalismo per la Democrazia, diretta dall'ex presidente colombiano Álvaro Uribe Vélez. Contano anche su appoggio tattico di gruppi neonazisti provenienti dall'Europa come il noto Otpor, che in comunione con altre Ong come la NED, Canvas, AEI e Freedom House, orientano, organizzano e armano con tattiche e metodi diversi, oltre 2000 studenti addestrati militarmente a Miami e in Colombia alle tecniche di guerra (civile) "di bassa intensità."

La relazione ufficiale presentata lo scorso 2 maggio dal ministro dell'Interno del Venezuela, Rodríguez Torres, è dettagliata, basata su dati, fonti, testimonianze e documentazione ottenuta dal governo bolivariano (Vedere "30 claves del plan insurreccional contra Venezuela" , poderenlared.com del 5 maggio 2014).

Il carattere di questo soggetto sociale nuovo obbliga a ripensare tutto quello che ha affrontato fino ad ora la "rivoluzione bolivariana" e il suo governo. Se questo fascismo non sarà distrutto, la "rivoluzione bolivariana" si incamminerà inesorabilmente verso una sconfitta come quella guatemalteca del 1954, argentina del1955, brasiliana del 1964, cilena del 1973, peruviana del 1975, boliviana del 1977 o salvadoregna del 1982. L'altra strada è ugualmente pericolosa benché sia diversa, perché si basi sull'illusione che una "opposizione democratica" affronterà un'altra che non lo è.

Chi uccide e chi muore in Venezuela non è una cronaca giornalistica o una statistica sociale. Affinché non si trasformi in un record perverso, grottesco, del disastro umano in cammino, deve essere fermato "prima che sia tardi", come ha sottolineato al presidente Maduro il capitano della Guardia nazionale bolivariana, José Guillén Araque, il 12 febbraio, "morto con un colpo in fronte il 17 marzo mentre tentava di ostacolare una barricata" (L. Bracci, Alba Ciudad, 15/4/14).

La frase la fece conoscere proprio lo stesso presidente nella camera ardente il 18 di quel mese, tuttavia il suo contenuto trascende la necessità di un programma sociale, politico e militare: combattere per tempo il fascismo venezuelano.


Resistenze.org     
Sostieni una voce comunista. Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione o iscriviti al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support a communist voice. Support Resistenze.org.
Make a donation or join Centro di Cultura e Documentazione Popolare.