www.resistenze.org - popoli resistenti - venezuela - 26-09-17 - n. 644

La guerra economica spiegata ai principianti (e ai giornalisti) (3/4)

Maurice Lemoine | medelu.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

13/08/2017

Parte 1 Parte 2

Parte 3

Dai leader dell'opposizione ai (ben pasciuti!) prelati della Conferenza Episcopale Venezuelana, attraverso il segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani (OAS), il grande amico di Washington Luis Almagro, si alza uno stesso grido: si deve urgentemente aprire un "canale umanitario" per consentire al paese l'approvvigionamento di materiale e prodotti medicali. Secondo Freddy Ceballos, presidente della Federazione farmaceutica del Venezuela, il debito dello Stato verso il settore sarebbe enorme: più di 5 miliardi di dollari. Di conseguenza, le scorte di farmaci disponibili corrispondono solo il 15% delle necessità.

Nel maggio 2012, sotto Chávez, gli stessi attori avevano già denunciato un taglio del 42% delle valute nel settore sanitario; nel 2013, annunciavano un livello di scarsità del 40%; nel 2014 del 60%, nel 2015 del 70%. Al che, dopo aver esaminato i numeri e le statistiche, Pasqualina Curcio ha notato: "Ciò non corrisponde al livello delle importazioni registrate (...) e ancor meno ai rapporti finanziari annuali delle grandi corporazioni transnazionali responsabili dell'importazione di tali prodotti".

Queste "grandi corporazioni" ricevono valuta a tassi di cambio preferenziali, acquistano i prodotti all'estero e li vendono in bolivar tanto al Sistema sanitario pubblico nazionale (SPNS) che alle imprese private. Mentre dal 2003 al 2014 l'importazione di prodotti farmaceutici ha conosciuto un aumento del 463%, Henry Ventura, ex ministro della Sanità e attuale direttore della Scuola di Medicina Salvador Allende, cifre alla mano , riportava a gennaio: "Nel 2004 i laboratori hanno ricevuto 608 milioni di dollari senza alcun problema di scarsità". D'altra parte, nulla accade quando ottengono "un totale di 3,2 miliardi di dollari nel 2013 e 2,4 miliardi nel 2014 [1]". Ragion per cui, un anno fa, allora deputato, aveva già esortato il procuratore della Repubblica Luisa Ortega a indagare "dal momento che non si trovano più farmaci da nessuna parte". Però senza grandi risultati, sembra.

"Alcune delle grandi corporazioni responsabili dell'importazione del 50% dei prodotti farmaceutici in Venezuela non hanno registrato perdite, riduzione dei profitti o calo delle vendite nel corso del 2015 - nota Curcio - non più che nel 2012, 2013 e 2014". Considerazione difficilmente contestabile come confermato nel suo libro sui rapporti finanziari delle imprese in questione - Abbott Laboratories C.A., Productos Roche, Novartis de Venezuela S.A., Bayer S.A., Pfizer Venezuela S.A., Sanofi-Aventis de Venezuela S.A., Merck S.A., ecc. [2].

Il 2 settembre 1973, nove giorni prima del colpo di stato di Pinochet, i cileni potevano leggere sul quotidiano Clarín: "'Grazie al lavoro volontario, il sabato e la domenica e al lavoro notturno, aumenteremo la produzione di siero di cui il nostro paese ha bisogno', dicono unanimemente i 45 lavoratori dei Laboratori Sanderson, unico produttore di questo farmaco vitale in Cile", mentre il loro sindacato, riferendosi alla penuria creata artificialmente da questo monopolio, aggiungeva: "Noi affermiamo dinanzi all'opinione pubblica che il nostro movimento legittimo (...) vuole difendere il potere esecutivo allorché intenda requisire le imprese che boicottano la produzione e che sono vitali e strategiche per il paese" [3].

Il confronto non calza? Nel giugno 2017, in Venezuela, i rappresentanti della Federazione dei lavoratori dell'industria chimica farmaceutica (Fetrameco) hanno accusato i laboratori Calox, Leti Vargas, Behrens e Cofasa di ridurre la loro produzione di farmaci prioritari per la popolazione. Da parte sua, Richard Briceño, dei sindacato dei laboratori Calox, denunciava: "Usano la materia prima per la fabbricazione di prodotti veterinari e abbandonano lo sviluppo di farmaci essenziali [4]".

A partire dal febbraio scorso, a seguito di un'inchiesta dei servizi segreti, più di sei tonnellate di medicinali e materiale chirurgico sono stati sequestrati in due case a Maracaibo (Stato di Zulia). Importati grazie ai dollari preferenziali, erano destinati al contrabbando, così come le enormi quantità deviate verso la Colombia.

Niente è più demoralizzante per chiunque che l'essere privato di ciò che rende la vita degna di essere vissuta - sapone, deodorante, shampoo, dentifricio o crema da barba. Quattro grandi aziende controllano il mercato dei prodotti per l'igiene in Venezuela: Procter & Gamble, Colgate, Kimberly Clark e Johnson & Johnson. Secondo i loro rapporti finanziari annuali, compresi quelli del 2015, non si segnalano perdite o riduzioni delle vendite. Tra il 2004 e il 2011, Johnson & Johnson ha ricevuto dal governo circa 2,8 milioni di dollari al mese; nel 2014, ha intascato 11,6 milioni per lo stesso periodo, quattro volte più di quanto riceveva di solito: tutti i suoi prodotti mancano nei luoghi di abituale approvvigionamento.

Nel 2014, Procter & Gamble ha ricevuto 58,7 milioni di dollari a tasso preferenziale, 5,3 volte più rispetto a quanto ricevuto tra il 2004 e il 2011 (11 milioni di dollari). Pur menzionando le difficoltà e le incertezze dovute ai tassi di cambio (e talvolta irregolarità), le sue relazioni annuali non registrano né cali delle vendite, né perdite operative in Venezuela [5]. A luglio 2015, con i consumatori in pieno caos, la società pubblicava questo comunicato: "Negli ultimi anni la compagnia ha compiuto importanti investimenti nel paese destinati ad aumentare la capacità produttiva locale e per offrire innovazioni nei nostri prodotti. Di conseguenza, la nostra capacità di produzione locale è aumentata di oltre il 50% e ora godiamo di una preferenza assoluta fra i consumatori venezuelani, che ha reso i nostri marchi leader delle categorie in cui competono [6]".

Per quanto riguarda la carta igienica, verrà offerto un soggetto di inchiesta ai giornalisti affascinati da questo argomento e che hanno difficoltà a rinnovarsi: nel 2014 la società responsabile della sua importazione e distribuzione, Kimberley Clark de Venezuela, ha ricevuto il 958% in più di valute rispetto a quelle assegnatele tra il 2004 e il 2011. Si potrebbe anche suggerire un titolo: "Chi ha rubato i rotoli?". Un'altra indagine: come mai in tutti i ristoranti, dalla più modesta "cantina" alla struttura più lussuosa, passando per gli innumerevoli "fast food", si trovano su tutti i tavoli, a profusione, le salviette di carta?

Come quello di Chávez, il governo di Maduro sarebbe caratterizzato da una violenta ostilità verso il mondo degli affari. Come prova si adduce l'approvazione di una legge organica sui "prezzi equi" nel 2011 (Chávez), con cui il potere impone un massimale sui prezzi dei bei di prima necessità, e la fissazione nel febbraio 2014 (Maduro) di un margine di profitto massimo del 30% sui beni e sui servizi venduti, che rovinerebbero i commercianti. Nessuno produce o lavora, i prezzi sono ora inferiori ai costi di produzione.

Guardata da un altro punto di vista, non si può dire che l'occupazione della catena Daka nel novembre 2013 fosse totalmente ingiustificata: dopo aver ottenuto oltre 400 milioni di dollari di denaro pubblico dal 2004 al 2012 per importare elettrodomestici a basso prezzo, questa catena presente a Caracas, Punto Fijo, Barquisimeto e Valencia sovraccaricava fino al 1000% il prezzo dei suoi prodotti. Per quanto riguarda i problemi dei magazzini di elettronica e audiovisivi Pablo Electronica con le autorità, sono cominciati nello stesso momento in cui si è scoperto un aumento ingiustificato, dal 400 al 2.000%, dei prezzi.

Creazione del chavismo nel 2003, i controlli sono stati a lungo limitati ai prodotti di prima necessità. Oltre alla lotta contro usurai e speculatori, l'obiettivo di Maduro era di limitare l'inflazione (la più alta dell'America Latina).

Le piccole o medie imprese hanno effettivamente dei problemi perché sono in concorrenza, in un contesto iper-speculativo, contro potenti rivali, molto spesso dei veri monopoli. Ma più in generale, l'analisi dei dati di qualsiasi azienda, ovunque essa operi nel mondo, permette di constatare che il margine di profitto medio [rapporto tra guadagno e fatturato, ndt] si situa non al 30%, ma a circa il 10% o l'11% . Per ogni capitalista, questo è un buon risultato. Gli economisti neoliberali, costretti ad ammettere che i margini di profitto in Venezuela sono alti, obiettano che è "a causa del rischio" - argomento teorico della speculazione.

Di quarantadue merci immesse sul mercato da Polar , solo quattro hanno un prezzo "regolamentato": farina di mais, riso, olio e pasta. Tuttavia, prima delle elezioni presidenziali dell'aprile 2013, la sua produzione, e non solo i prodotti, è diminuita del 37%; al momento de "La Salida" (2014), del 34%; prima delle elezioni legislative di dicembre, del 40% [7].

Per importare, come abbiamo visto, i commercianti devono comprare i loro dollari dal governo. Nessuno negherà che il complesso processo burocratico o il cambiamento di regole costituiscano un mal di testa per un individuo di normale costituzione [8], né che la massa totale della valuta estera da concedere sia diminuita, cosa che ha causato - o meglio accentuato - un mercato parallelo in cui la valuta statunitense è scambiata al di sopra del tasso ufficiale.

Nel dicembre 2012, un dollaro era scambiato legalmente contro 4,30 bolivar e, al tasso parallelo, contro 10 Bolivar. Nel 2013, si è registrato un aumento da 6,30 bolivar a corso legale a 20 sul mercato nero. Negli ultimi due mesi del 2014, il dollaro "libero" è stato 28 volte superiore al dollaro "governativo". Alla vigilia delle elezioni legislative del 6 dicembre 2015 raggiunge il culmine a quasi 900 bolivar per dollaro, un aumento di 8.900% in soli due anni! Attualmente si attesta a 5.000 bolivar (contro i 10 del corso ufficiale).

In assenza di valute ottenute attraverso meccanismi statali, chi cerca un valore rifugio acquista dollari sul mercato nero. Da parte loro, alcuni attori economici - soprattutto le piccole imprese - sono costretti a rivolgersi anch'essi a questo mondo parallelo. Una volta che la loro merce viene acquistata all'estero, stabiliscono il loro prezzo di vendita: salari, costi fissi e l'importo della fattura in dollari riconvertiti in bolivar, ma secondo il tasso di cambio proibitivo, facendo esplodere il valore finale del prodotto . In questo caso, è legittimo attribuire una parte della responsabilità dell'esplosione dei prezzi "alla crisi" e a un governo superato dagli eventi.

Tuttavia, il fenomeno non si chiude qui, il che renderebbe gli effetti relativamente limitati. Peggiora quando gli importatori maggiori, pur avendo ricevuto valute a tassi preferenziali, calcolano i loro prezzi... in funzione del tasso illegale. Per l'esplosione dei loro profitti illeciti, per la più grande disgrazia del consumatore, che vede crollare il potere d'acquisto. Sapendo inoltre che molte aziende, quando ricevono cinque dollari dal potere, ne utilizzano solo uno per l'importazione e speculano con gli altri quattro su questo mercato mafioso. Il loro "business" non è quello di fornire cibo al paese, ci è stato detto, ma "acquistare e vendere dollari, con il pretesto di acquistare cibo".

Le difficoltà diventano sicuramente non risolvibili per le autorità quando, invece, il tasso di cambio parallelo esplode perché manipolato.

Su questo famoso mercato, il tasso di cambio ha registrato una costante tendenza al rialzo dal 1999 al luglio 2012. Ma, da una media del 26%, questa variazione annuale si impenna dal 2012 al 2015, raggiungendo il 223% (423% tra 2014 e 2015), influenzando il consumo finale ed i processi produttivi. "I cambiamenti più importanti - ricorda Curcio nel suo libro - sono stati registrati nell'ottobre 2012 (presidenza Chavez), dicembre dello stesso anno (elezione dei governatori dei 24 Stati del paese), aprile 2013 (nuova presidenza) e dicembre 2013 (elezioni comunali)". A partire dalla fine del 2013, l'aumento sarà sostenuto e sproporzionato fino al gennaio 2016 (le elezioni legislative perdute dal chavismo nel dicembre 2015).

"Il valore della moneta sul mercato illegale – denuncia Curcio - non corrisponde a nessun criterio economico né alle variabili associate, non corrisponde alla realtà, ma obbedisce a un'intenzione politica che ricerca la destabilizzazione attraverso la distorsione dei mercati e dell'economia in generale".

Lo strumento di questa guerra (non davvero) invisibile si chiama Dollar Today (DT).

(continua)

Note

1. El Universal, Caracas, 29 janvier 2017.

2.  La Mano visible del Mercado. Guerra económica en Venezuela, op. cit (pages 101 à 106).

3. Miguel González Pino et Arturo Fontaine, Los mil días de Allende, Centro de Estudios Públicos, Santiago, 1997.

4. Últimas Noticias, Caracas, 6 juin 2017.

5. P & G, 2015, Annual Report.

6. « Comunicado de P & G », La Patilla, Caracas, 30 juillet 2015.

7. El Telégrafo, Quito, 19 novembre 2016.

8. Nel corso del 2013, si è passati da due tassi di cambio (uno ufficiale e uno sul mercato nero) a quattro (tre ufficiali e uno sul mercato nero).


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