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Carattere e natura di classe dell'Alternativa Popolare Rivoluzionaria

Armiche Padrón * | prensapcv.wordpress.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

22/09/2020

La Crisi organica sviluppata alla fine del XX secolo, nella quale le classi e frazioni di classe della borghesia si allontanarono dai partiti tradizionali, ha dato alle crisi del modello dipendente e rentier un'espressione politica che porta Chávez al potere. Alla morte di Hugo Chávez si sviluppa un processo caratterizzato dall'incapacità di questi partiti tradizionali di adattarsi, dalla continuità dell'esaurimento del modello (nonostante i prezzi alti del petrolio) e l'offensiva dell'imperialismo nordamericano in forma di sanzioni, saccheggi e blocchi. La nuova congiuntura è quella che Lenin definisce come uno «spostamento di classi», e che si esprime nello scenario politico venezuelano, con la formazione di due blocchi che presentano delle varianti rispetto a quelli sviluppati tra il 1998 e il 2013.

Lo scenario politico venezuelano subisce una rottura importante che ne altera la dinamica imposta dal 1958: il colpo ricevuto dal bipartitismo (AD-COPEI) con la vittoria elettorale di Rafael Caldera, la liberazione di Hugo Chávez come parte dell'impegno di Caldera (che rispettò questa parte di accordo) con il PCV e la risoluzione della X Conferenza dei comunisti venezuelani di inserire la candidatura presidenziale di Chávez quando nessuno l'aveva ufficializzata, definiscono la fine del XX secolo venezuelano.

Sebbene la borghesia non sia omogenea e dalla fine del XX secolo manchi di un programma che unifichi le sue differenti frazioni, il dominio che esercita la borghesia commerciale-importatrice e quella agraria (storiche) e quella finanziaria (degli anni Ottanta) rendono il modello neoliberista quello di maggiore influenza senza che lo stesso riesca a rendere coese le frazioni industriale e commerciale. Le contraddizioni materiali, l'assenza di una condivisione in un Programma nazionale borghese e la debolezza del proletariato sono garanzia per la ricomposizione del campo borghese a partire dal 2013 e che si definiscono in tre gruppi ben differenziati:

L'estrema destra che rappresenta apertamente gli interessi dei neoconservatori yankee (Trump) e la cui strategia è guidata e finanziata dall'imperialismo. Questa estrema destra rappresenta gli interessi della borghesia tradizionale rimpiazzata da nuovi attori. In questo blocco ci sono i proprietari terrieri, la borghesia agroindustriale, la borghesia commerciale-importatrice tradizionale e la borghesia monopolistica transnazionale. Guaidó e compagnia sono i suoi rappresentanti.

Una destra istituzionale che rappresenta principalmente la borghesia commerciale, la borghesia industriale e densi settori di piccoli proprietari. Vuole incorporarsi alla distribuzione della rendita e punta ad una via costituzionale inquadrata nel bipartitismo. Nel quadro degli accordi passa attraverso il filtro istituzionale (ingerenza giudiziaria del Tribunale Supremo di Giustizia - TSJ) e in cambio riceve spazi nella nuova Assemblea Nazionale. Propone il lavoro politico di massa di fronte alla decadenza socialista nel quadro della crisi. Da parte sua intende ammorbidire l'offensiva imperialista garantendo al capitale europeo un nuovo "rientro" sulla scena nazionale e risponde agli interessi yankee che si distanziano dai neoconservatori. Claudio Fermín e i suoi alleati rappresentano questa frazione.

La nomenclatura socialista, che in definitiva abbraccia il credo monetarista al fine di continuare a garantire l'egemonia della borghesia finanziaria e della borghesia commerciale-importatrice. Questa alleanza corrisponde alle contraddizioni intercapitaliste e interimperialiste rappresentate dal blocco BRICS contro quello nordamericano.

In primo luogo, avvertiamo che la borghesia finanziaria è capace di rappresentarsi nei tre settori in virtù della situazione internazionale e in ragione del fatto che nessuno di essi attenta ai principi di base della sua esistenza.

Questo blocco borghese non è esente da grandi contraddizioni di classe che si esprimono nello scenario politico (partiti politici) e, incluso, tra questi partiti e le masse che rappresentano sommando giorno dopo giorno livelli di delegittimazione di fronte alla loro incapacità di dare risposte alla crisi capitalista che attraversiamo, aprendo in questo modo le porte e tendenze all'autoritarismo, se non al fascismo.

È chiaro che il "nuovo blocco storico" posto da Maduro per queste elezioni, si concretizza nel Patto tra la frazione istituzionale e la nomenclatura socialista. Il tentativo del PSUV è, nei suoi candidati, addirittura quello di trovare consenso con una parte di questa frazione istituzionale col proposito di galvanizzare una sorta di bipartitismo tra i due in una stravagante simbiosi: la presenza della frazione istituzionale nell'AN permetterebbe, secondo loro, di ammorbidire l'offensiva imperialista appoggiandosi al capitale transnazionale europeo (in disputa con quello yankee) mentre la nomenclatura apre a nuovi meccanismi di accesso alla esigua rendita per questa frazione alleata. Tutto questo sotto lo schema che l'istituzione democratica sarebbe elemento sufficiente affinché gli interessi imperialisti si spostino su altre latitudini, come se il problema fosse morale e non economico.

Per noi comunisti la questione è circoscritta al dibattito intorno alla dialettica tra rivoluzione democratica-borghese e rivoluzione proletaria, ampiamente sviluppato da Lenin (aprile 1905) in La dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini. La prima viene gestita dalla piccola-borghesia (sia nella sua rappresentazione militare come di partito) dagli inizi del XX secolo (Gómez in avanti) senza ottenere il suo pieno sviluppo nonostante i progressi. Il carattere dipendente e parassitario dell'economia venezuelana, sommato all'inconsistenza della piccola borghesia in termini ideologici e gli alti e bassi di una borghesia che non ha altra aspirazione che impossessarsi della rendita senza prestare attenzione alla produzione, è stato infine abbracciato anche dai socialisti bolivariani che si aggiungono alla lista dei falliti insieme a AD, Copei e ai militari che hanno rappresentato, nel potere formale, la borghesia autoctona.

Quando parliamo del fallimento o incompiutezza della rivoluzione democratica-borghese in Venezuela, poniamo l'accento fondamentalmente sulla questione agraria: questa conserva ancora (e addirittura rafforza) un quadro di relazioni sociali di produzione scollegato dalle necessità della produzione capitalista, origine dell'appropriazione indebita della rendita e veicolo per la fuga di valute. Un elemento poco trattato in questo senso, ha a che vedere con il carattere, la natura e le dimensioni del mercato interno nazionale il quale, in relazione alla campagna, obbliga noi comunisti a porre elementi di breve (emergenza), medio e lungo periodo per garantire livelli di alleanza dei contadini con il proletariato rurale e urbano, in correlazione con il necessario aumento della produzione e produttività in questo settore che si oppongano alla visione (sentimentalmente identitaria) del "conuco" [appezzamento coltivato che si trova nella giungla circondata dalla foresta primaria, ndt] come unità fondamentale di produzione che si andrà a superare nella misura in cui si raggiunge uno sviluppo delle forze produttive dirette dal proletariato e che modifichi, a favore, le relazioni di produzione nella campagna venezuelana. Inoltre, i compiti di industrializzazione si possono considerare come incompiuti dato che mai (nemmeno nel periodo della sostituzione delle importazioni) la stessa è riuscita a risolvere le aree minime che si presentano alla borghesia (quella produttiva, non quella speculativa).

La riconfigurazione del blocco borghese avviene a causa dell'esaurimento del concetto nazionalista demo-borghese del chavismo sia per ragioni oggettive (la crisi di sovrapproduzione e sovraccumulazione del sistema capitalista mondiale e il suo impatto nelle economie dipendenti e mono produttrici) sia per le ragioni soggettive (un'avanguardia piccolo borghese nucleata intorno a un partito di massa, interclassista ed ecclettico che prima dipendeva dalla figura del caudillo Chávez per finire in un equilibrio instabile di frazioni senza grande coerenza ideologica).

L'indebolimento del "centro" nello scenario politico (in ragione della crisi e dell'incapacità della dirigenza piccolo-borghese), oltre alla conformazione e sporadica crescita dell'ultradestra con forti alleanze con l'imperialismo nordamericano, il sionismo e il paramilitarismo uribista; obbligano il riformismo arrendevole a ripensare il suo progetto nello scenario politico (riconfigurare il "centro" al fine di stabilizzare la situazione e tentare di riconfigurare un nuovo modello di accumulazione - nella nomenclatura riformista e arrendevole nemmeno si sogna più di cambiare il modo di produzione). Questo necessita di stabilire compromessi e accordi che vanno dal posizionamento politico (redistribuzione di quote negli apparati dello Stato come l'Assemblea Nazionale fino alle nuove varianti nella distribuzione dell'esigua rendita: petrolifera, agraria e mineraria). Questi accordi e compromessi permettono la nascita di quella che abbiamo prima denominato come destra istituzionale in alleanza con il riformismo socialdemocratico installato nella nomenclatura della direzione del processo.

Oggi, con argomenti storici, teorici e dottrinari, si pone la questione fondamentale che solo il proletariato venezuelano è in grado di adempiere ai compiti democratico-borghesi in modo tale (in intensità e velocità) da consentire di trarre vantaggio dallo scenario nazionale e internazionale prevalente e che il chavismo, in termini generali, "si è lasciato sfuggire". Il programma minimo lanciato dal Partito Comunista del Venezuela punta in questa direzione.

La svolta tattica che si esprime nella formazione dell'Alternativa Popolare Rivoluzionaria (APR) corrisponde alla linea della "Politica di accumulazione di forze rivoluzionarie operaie-contadine, comunarde e popolari" approvata dal CC nel suo XXXI Plenum di febbraio del 2016. E' una risposta di classe alla riconfigurazione del blocco borghese che impone al Partito Comunista di agire "con grande flessibilità tattica e fermezza di principi, una diversità di iniziative che, partendo dalle preoccupazioni, interessi e lotte specifiche e immediate di ogni settore, trascendono i limiti del piano rivendicativo settoriale e contribuiscono a forgiare l'unità d'azione sul terreno della tattica e l'unità programmatica nella prospettiva strategica, con l'obiettivo di andare a costruire nuovi rapporti di forza verso la presa del potere politico della classe operaia e il popolo lavoratore della città e della campagna" (PCV 2017; Linea Politica).

La crisi sviluppatasi in Venezuela (conseguenza dell'esaurimento del modello di accumulazione dipendente e rentier, dell'incapacità della borghesia di presentare un programma minimo comune e dell'offensiva imperialista), pesa fondamentalmente sulle masse salariate che non sono in grado di affrontare l'escalation iperinflazionistica all'interno del modello monetarista (neoliberista) che si basa sulla compressione della domanda per risolvere, secondo questa concezione borghese, l'inflazione dilagante. Il proletariato in particolare e i lavoratori della città e della campagna in generale rimangono tagliati fuori dai meccanismi minimi non più dell'accumulazione ma proprio della sopravvivenza al quale accedono altri strati sociali (i professionisti e tutti coloro che per conto proprio forniscono servizi, i piccoli proprietari dell'area commerciale, ecc.).

Tuttavia, dentro la piccola borghesia esistono settori importanti dei piccoli proprietari che incitati dai grandi monopoli dell'importazione e distribuzione, finiscono per esser il volto visibile della speculazione e vedono con timore qualsiasi esplosione dei salariati contro i loro interessi, oltre a sentire già come la tendenza alla concentrazione del capitale gli permette di capire che il capitalismo che tanto difendono è per loro.

La smobilitazione posta dalla pandemia torna utile alla borghesia la quale, nonostante le sue enormi debolezze politiche non avverte livelli di organizzazione che attentano contro i suoi interessi. Solo nel proletariato, e in particolare nei contadini, abbiamo notato elementi di mobilitazione di massa, sebbene ancora con forti caratteristiche economiciste (rivendicative) ma con una forte componente soggettiva attorno alla "eredità di Chávez" (gli incompiuti compiti democratici borghesi tradizionali del chavismo) che progressivamente è stata smantellata dalla nomenclatura. Questi sono i settori più combattivi al momento che, dato che non avevano i livelli di restrizione propri della quarantena, sono riusciti a raggiungere un maggiore livello di articolazione e mobilitazione.

È importante capire che il processo di accumulazione di forze del proletariato rivoluzionario poggia sulla piccola borghesia (la quale comprende dai contadini fino ai piccoli proprietari). Come diceva Lenin, "Proprio i fatti ci imporranno senza meno nella rivoluzione democratica una tale massa di alleati piccolo-borghesi e contadini, spinti dai loro bisogni concreti a rivendicare il programma minimo, che il timore di un passaggio troppo brusco al programma massimo è davvero ridicolo." (Lenin, aprile 1905; La dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini).

In questa nuova congiuntura la svolta tattica del PCV, promuovendo la costruzione dell'APR, si inscrive nella guida leninista della Rivoluzione e le ragioni del perché si prende questa decisione adesso si trovano negli elementi definiti attorno alla situazione internazionale e nazionale:

1) Momento critico nelle contraddizioni intercapitaliste e interimperialiste, 2) frattura nel blocco borghese nei tre settori già circoscritti nel quadro della ricerca di una ridefinizione e maggiore unità liberale, 3) stato d'animo delle masse contro le politiche seguite dal governo e disfacimento delle conquiste raggiunte, 4) crisi all'interno dei socialisti e 5) il livello elettorale da intendere come un momento congiunturale (tattico) che si assume con l'obiettivo di accumulare forze dalla prospettiva strategica posta dal Partito.

Questa svolta tattica si risolve nel XVII Plenum del CC "nelle nuove condizioni di approfondimento dell'aggressione imperialista e di applicazione di una politica liberale al servizio del capitale da parte del Governo nazionale, che colpisce gli interessi delle classi popolari e lavoratrici della città e della campagna, e non garantisce la costruzione delle capacità nazionali per la sconfitta strategica e tattica di questa aggressione imperialista" (PCV agosto, 2020; Bollettino N. XV-018).

Con questo adeguamento tattico ci si pone l'obiettivo di contendere l'egemonia alla piccola borghesia sul terreno politico trascendendo la sua concezione mercantilistica che limita i suoi accordi e impegni al semplice mutuo riconoscimento degli alleati e non va oltre le parole per la costruzione unitaria. Per noi comunisti "l'egemonia in guerra appartiene a chi si batte con maggiore energia, a chi approfitta di ogni occasione per assestare un colpo al nemico, appartiene a colui alle cui parole corrispondono i fatti, a chi è quindi il capo ideologico della democrazia, e critica ogni irresolutezza." (Lenin, gennaio 1905; Democrazia operaia e democrazia borghese).

Se nel Grande Polo Patriottico (GPP) esiste una qualche disposizione ad accettare la lotta di classe come elemento identificativo da parte di alcune delle sue organizzazioni integranti, questo avviene limitatamente alla sfera politica. Nella APR, la lotta di classe non solo unifica i criteri dei suoi integranti, ma supera le posizioni liberali dominanti nel GPP e si identificano attorno al Potere dello Stato (Lenin, maggio 1913; Concetto liberale e concetto marxista della lotta di classe). A differenza dell'esperienza unitaria del GPP, con il quale non rompiamo, l'esperienza dell'APR la assumiamo dalla prospettiva leninista "che l'effettiva (e non verbale) comunanza della lotta contro il nemico comune è garantita non dal politicantismo […] non dalla menzogna convenzionale del reciproco riconoscimento diplomatico, ma dalla concreta partecipazione alla lotta, dalla concreta unità di lotta" (idem).

L'APR si costruisce quindi, come espressione della Politica di accumulazione di forze rivoluzionarie operaie-contadine, comunarde e popolari, approvata nel Plenum del CC di febbraio del 2016 e che trova in questo momento la combinazione perfetta delle condizioni oggettive e soggettive per la sua materializzazione. La svolta tattica dei comunisti riassume in questo modo disciplina, compostezza, tenacia e pazienza politica da parte della sua direzione per condurre il processo rivoluzionario verso la costruzione del Socialismo scientifico sotto la direzione del proletariato venezuelano.

*) membro del Comitato Centrale del PCV


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