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Quando i crimini si moltiplicano, diventano invisibili: la complicità occidentale con l'Arabia Saudita nella sporca guerra in Yemen

John Wight | rt.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

18/06/2018

La complicità dei governi occidentali nel mare della sofferenza provocata nello Yemen li espone come agenti della brutalità saudita.

Dopo tre anni di conflitto senza tregua, è stato stimato che su una popolazione di 27,4 milioni, 22,2 milioni di persone nello Yemen hanno bisogno di assistenza umanitaria, 17 milioni sono in situazione di insicurezza alimentare, 14,8 milioni mancano di assistenza sanitaria di base, 4,5 milioni di bambini soffrono di malnutrizione, mentre 2,9 milioni di persone sono sfollate all'interno del paese. Per quanto riguarda le vittime dirette: il conto è pari a circa 10.000 morti e 50.000 feriti.

Come risultato del conflitto, il paese sta affrontando anche la "più grande epidemia di colera documentata dei tempi moderni". E questa epidemia può solo intensificarsi a causa del bombardamento saudita sul Centro per il trattamento del colera nell'ovest del paese, che ha costretto l'ONG francese Médecins Sans Frontières a interrompere il lavoro nella struttura.

Eppure, nonostante la portata enorme di sofferenza umana, la guerra della coalizione sunnita guidata dai sauditi non solo continua ma attraversa una fase di recrudescenza connessa all'ingente offensiva aerea, terrestre e marittima contro la città portuale di Hodeidah sul Mar Rosso, controllata dagli Houthi, uno degli ultimi ingressi per le forniture di derrate alimentari, medicine e altri aiuti umanitari essenziali nel paese assediato.

Secondo Amnesty International, "il porto di Hodeidah è cruciale per un paese che dipende per l'80% dalle importazioni per soddisfare le necessità di base: tagliare questa linea di rifornimento cruciale aggraverebbe ulteriormente quella che è già la peggiore crisi umanitaria del mondo". Quindi "l'assalto a Hodeidah potrebbe avere un impatto devastante per centinaia di migliaia di civili, non solo in città ma in tutto lo Yemen".

Lo Yemen, sulla punta meridionale della penisola arabica, è il paese più povero del Medio Oriente, con un PIL pro capite prima del conflitto di soli $ 1.400.

Il presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi guida il governo riconosciuto a livello internazionale del paese. Nel modo abituale dei leader legittimi, tuttavia, Hadi vive attualmente in esilio.

Il presidente Hadi è stato eletto come candidato unico per la carica di presidente nel 2011 dopo che il suo predecessore, Ali Abdullah Saleh, cedette il potere di fronte alle crescenti e sostenute proteste durante la primavera araba. Saleh aveva guidato la parte settentrionale dello Yemen dal 1978 prima di assumere la presidenza della Repubblica dello Yemen nel 1990, dopo la riunificazione delle due metà del paese.

L'ex presidente, il cui regno era impantanato in accuse di corruzione e cattiva gestione delle risorse del paese, si è allineato con la stessa minoranza Houthi che ha avuto un ruolo nella sua deposizione durante le summenzionate proteste della primavera araba, quando la loro ribellione contro il governo Hadi iniziò nel 2015.

Il casus belli della ribellione degli Houthi fu il rifiuto del presidente Hadi di dare più autonomia alla minoranza sciita dopo aver assunto la carica. Per quanto riguarda Saleh, gli Houthi l'hanno ucciso alla fine del 2017, dopo la rottura con la ribellione e la dichiarazione di voler avviare i dialoghi con i sauditi sul futuro del paese.

Ciò che si verifica nello Yemen, come possiamo vedere, è una crisi complessa anche per gli standard arabi.

Lo Yemen è stato a lungo colpito dalla soffocante dominazione della penisola arabica da parte saudita. Questa dominazione, al servizio della puritana ideologia settaria wahabita di Riyad, alimenta in parte la ribellione degli Houthi del paese, per i quali il presidente Hadi è un burattino saudita.

Ciò detto, che l'insurrezione goda della simpatia se non il sostegno aperto della più ampia popolazione yemenita si misura nel successo nella presa del controllo della capitale del paese, Sanaa, insieme ad altri centri urbani come la città portuale di Hodeidah.

Da una prospettiva più allargata: il conflitto è considerato parte di una guerra per procura regionale in corso tra Iran e Arabia Saudita. Sin dall'inizio della ribellione nel 2015, Riyadh ha affermato che gli Houthi sono proxy iraniani, giustificando così il suo coinvolgimento. Tuttavia, nel 2015, il corrispondente veterano del Medio Oriente Patrick Cockburn scrisse che questa affermazione era "ampiamente percepita come propaganda o esagerazione".

Tre anni dopo, gli iraniani sono ora sicuramente coinvolti, fornendo agli Houthi armi e, secondo alcune fonti, anche consulenti militari. Pertanto, l'intervento dell'Arabia Saudita nel 2015 sulla dubbia pretesa del coinvolgimento iraniano è diventata una profezia che si concretizza.

Tornando alla complicità occidentale nella carneficina e alle sofferenze che vengono inflitte al popolo yemenita, non si è mai dato un esempio più crudo dell'ipocrisia mascherata da democrazia. In effetti, l'alleanza di vecchia data tra Stati Uniti, Regno Unito e Arabia Saudita assume un vantaggio rispetto alle affermazioni ripetute di frequente da Washington e Londra quando si tratta del loro ruolo auto-nominato di difensori e guardiani dei diritti umani e della democrazia.

A partire dall'amministrazione Obama, e in modo più accentuato sotto Trump, il coinvolgimento degli Stati Uniti in questo brutale conflitto è consistito in attacchi aerei militari diretti (condotti contro Al-Qaeda e obiettivi dello Stato islamico, secondo Washington), insieme al supporto logistico, di intelligence e altre forme di appoggio anche non militare fornito alla coalizione anti-Houthi guidata dai sauditi. Questo, naturalmente, senza dimenticare la vendita di armi da parte statunitense al Regno wahabita, oltre il 50% di tutte le esportazioni di armi statunitensi.

Nel frattempo, nel 2017, il Pentagono ha confermato che anche le truppe di terra statunitensi erano presenti nello Yemen, nuovamente giustificate sulla base del coinvolgimento in operazioni contro Al-Qaeda e lo Stato islamico (IS, ex ISIS).

Per quanto riguarda il ruolo di Londra nel sostenere lo sforzo bellico saudita nello Yemen, la vendita di armi del Regno Unito, pari a 4,6 miliardi di sterline (6 miliardi di dollari) solo dal 2015, è stata la chiave di volta nel determinare la capacità dello stato wahhabita di mantenere un ferreo potere sulla regione. Come per gli Stati Uniti, l'Arabia Saudita è il più grande mercato per le vendite di armi del Regno Unito e in modo stabile da diversi anni.

Nel 2017, gli attivisti hanno intentato una causa legale contro il governo britannico per la vendita di armi ai sauditi, sostenendo che sono state peraltro usate per uccidere civili yemeniti.

Nel 2017, è stato anche rivelato che il ruolo della Gran Bretagna nel conflitto è stato superiore alle vendite di armi. Sul Daily Mail è stata pubblicata una vicenda che illustrava i dettagli di un'operazione militare finora segreta, nota come Operation Crossways, che coinvolgeva fino a 50 militari britannici impegnati nell'addestramento di truppe saudite destinate a prendere parte al conflitto.

In risposta a questa rivelazione, il deputato britannico tory e ex Segretario per lo Sviluppo Andrew Mitchell ha criticato la "vergognosa complicità" del Regno Unito nella sofferenza del popolo yemenita. Data la dimensione di questa sofferenza, sarebbe auspicabile che tutte le persone giuste condividano i sentimenti del signor Mitchell.

La guerra nello Yemen è una guerra sporca, condotta da una cleptocrazia saudita sostenuta dall'Occidente nel nome del fascismo clericale. Parafrasando Bertolt Brecht: Quando i crimini si moltiplicano, diventano invisibili.


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