da http://www.lalkar.org
traduzione dall'inglese del Ccdp
Lo
Zimbabwe dice addio al Commonwealth - non sarà mai abbastanza presto
Il Capo di
Stato dello Zimbabwe, Robert Mugabe, ha annunciato, il 7 dicembre, che lo
Zimbabwe esce ufficialmente dal Commonwealth in risposta alla decisione del
Commonwealth medesimo (prevedibilmente capeggiato dalla componente
"bianca" - Regno Unito, Canada, Australia e la Nuova Zelanda) di
mantenere il decreto di sospensione sullo Zimbabwe, originariamente posto per
le accuse di brogli ed intimidazioni durante le elezioni presidenziali del
2002. Mugabe ha dichiarato: "Qualsiasi accordo sullo Zimbabwe che non
preveda la rimozione della sua sospensione [dal Commonwealth, n.d.t.] - non
importa con quali parole sia giustificato - significa che lo Zimbabwe è ancora
alla mercé del Commonwealth. Questo è inaccettabile. [...lo Zimbabwe] esce dal
Commonwealth."
Il Compagno Didymus Mutasa, Segretario per gli Affari Esteri dello ZANU-PF
[Fronte Popolare dello Zimbabwe, n.d.t.] ha commentato: "Qualsiasi cosa
dicano i nostri critici e detrattori, per noi questa è una fuga dall'inferno
poiché il Regno Unito ed i suoi alleati bianchi hanno trasformato il
Commonwealth in un'arena per il linciaggio dello Zimbabwe."
Dal nostro punto di vista (a queste condizioni) la mossa dello Zimbabwe è
totalmente giustificata e corretta. Con la sua volontà di sospendere lo
Zimbabwe, il Commonwealth - l'organizzazione della non-negoziazione, composta
preminentemente da ex colonie britanniche - tenta di interferire negli affari
di uno stato sovrano in vista di scalzarne il governo, come ha fatto
giustamente rilevare il compagno Mugabe.
Il loro programma è ovvio, come è stato più volte illustrato da Lalkar [il
giornale da cui è tratto l'articolo, n.d.t.].
Per anni il Commonwealth non ha avuto problemi con lo Zimbabwe (suo membro
dall'indipendenza del 1980), almeno fin a quando si è piegato ai diktat
economici dei suoi ex colonizzatori. Ma appena il popolo dello Zimbabwe e il
suo governo decisero di averne avuto abbastanza delle vuote promesse
britanniche, appena cominciarono attivamente ad appropriarsi della terra
strappandola al manipolo dei tirannici ex colonizzatori per metterla nelle mani
dei contadini africani, le accuse di abuso dei diritti umani e di elezioni
ingiuste balzarono in cima all'agenda del Commonwealth.
C'è una certa ironia nel parlare di "abusi di diritti umani" in
Zimbabwe vista la tirannia che è imposta sulla popolazione irachena proprio in
questo momento per mano delle forze armate britanniche e statunitensi; o nel
parlare della mancanza di "libere ed eque elezioni" se si tiene conto
che i governi del Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda non hanno
detto una sola parola sugli evidenti brogli che hanno portato all'elezione di
George W. Bush nel 2001.
A prescindere dall'ironia, è chiaro che le accuse di abuso dei diritti umani e
di ingiuste elezioni non sono altro che assurdità perpetrate allo scopo di
screditare il governo dello Zimbabwe e di preparare il terreno per un colpo di
stato imperialista.
Anche il Presidente Sud-africano, Thabo Mbeki, che fin di recente non si era
espresso sul problema dello Zimbabwe, ha protestato contro le dichiarazioni
fatte dal Commonwealth, sottolineando che le elezioni presidenziali del 2002
hanno dato "legittima voce al popolo Zimbabwiano" e riferendo che gli
osservatori Sud-africani hanno stimato quelle elezioni libere ed eque.
L'abbandono del Commonwealth da parte dello Zimbabwe causerà senza dubbio
costernazione in quelli che lo desiderano ancora sotto il pugno
dell'imperialismo.
Il Commonwealth non è altro che uno strumento del Regno Unito per mantenere il
controllo neo-coloniale sulle ex colonie. Noi speriamo che altri paesi
seguiranno l'esempio dello Zimbabwe e lascino il Commonwealth senza ulteriori
ritardi.