www.resistenze.org - popoli resistenti - zimbabwe - 02-02-04

da http://www.lalkar.org
traduzione dall'inglese del Ccdp

Lo Zimbabwe dice addio al Commonwealth - non sarà mai abbastanza presto


Il Capo di Stato dello Zimbabwe, Robert Mugabe, ha annunciato, il 7 dicembre, che lo Zimbabwe esce ufficialmente dal Commonwealth in risposta alla decisione del Commonwealth medesimo (prevedibilmente capeggiato dalla componente "bianca" - Regno Unito, Canada, Australia e la Nuova Zelanda) di mantenere il decreto di sospensione sullo Zimbabwe, originariamente posto per le accuse di brogli ed intimidazioni durante le elezioni presidenziali del 2002. Mugabe ha dichiarato: "Qualsiasi accordo sullo Zimbabwe che non preveda la rimozione della sua sospensione [dal Commonwealth, n.d.t.] - non importa con quali parole sia giustificato - significa che lo Zimbabwe è ancora alla mercé del Commonwealth. Questo è inaccettabile. [...lo Zimbabwe] esce dal Commonwealth."

Il Compagno Didymus Mutasa, Segretario per gli Affari Esteri dello ZANU-PF [Fronte Popolare dello Zimbabwe, n.d.t.] ha commentato: "Qualsiasi cosa dicano i nostri critici e detrattori, per noi questa è una fuga dall'inferno poiché il Regno Unito ed i suoi alleati bianchi hanno trasformato il Commonwealth in un'arena per il linciaggio dello Zimbabwe."
Dal nostro punto di vista (a queste condizioni) la mossa dello Zimbabwe è totalmente giustificata e corretta. Con la sua volontà di sospendere lo Zimbabwe, il Commonwealth - l'organizzazione della non-negoziazione, composta preminentemente da ex colonie britanniche - tenta di interferire negli affari di uno stato sovrano in vista di scalzarne il governo, come ha fatto giustamente rilevare il compagno Mugabe.

Il loro programma è ovvio, come è stato più volte illustrato da Lalkar [il giornale da cui è tratto l'articolo, n.d.t.].
Per anni il Commonwealth non ha avuto problemi con lo Zimbabwe (suo membro dall'indipendenza del 1980), almeno fin a quando si è piegato ai diktat economici dei suoi ex colonizzatori. Ma appena il popolo dello Zimbabwe e il suo governo decisero di averne avuto abbastanza delle vuote promesse britanniche, appena cominciarono attivamente ad appropriarsi della terra strappandola al manipolo dei tirannici ex colonizzatori per metterla nelle mani dei contadini africani, le accuse di abuso dei diritti umani e di elezioni ingiuste balzarono in cima all'agenda del Commonwealth.

C'è una certa ironia nel parlare di "abusi di diritti umani" in Zimbabwe vista la tirannia che è imposta sulla popolazione irachena proprio in questo momento per mano delle forze armate britanniche e statunitensi; o nel parlare della mancanza di "libere ed eque elezioni" se si tiene conto che i governi del Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda non hanno detto una sola parola sugli evidenti brogli che hanno portato all'elezione di George W. Bush nel 2001.
A prescindere dall'ironia, è chiaro che le accuse di abuso dei diritti umani e di ingiuste elezioni non sono altro che assurdità perpetrate allo scopo di screditare il governo dello Zimbabwe e di preparare il terreno per un colpo di stato imperialista.

Anche il Presidente Sud-africano, Thabo Mbeki, che fin di recente non si era espresso sul problema dello Zimbabwe, ha protestato contro le dichiarazioni fatte dal Commonwealth, sottolineando che le elezioni presidenziali del 2002 hanno dato "legittima voce al popolo Zimbabwiano" e riferendo che gli osservatori Sud-africani hanno stimato quelle elezioni libere ed eque.

L'abbandono del Commonwealth da parte dello Zimbabwe causerà senza dubbio costernazione in quelli che lo desiderano ancora sotto il pugno dell'imperialismo.
Il Commonwealth non è altro che uno strumento del Regno Unito per mantenere il controllo neo-coloniale sulle ex colonie. Noi speriamo che altri paesi seguiranno l'esempio dello Zimbabwe e lascino il Commonwealth senza ulteriori ritardi.