www.resistenze.org - proletari resistenti - lavoro - 10-10-02

Nota della Cub sulla crisi Fiat


Al Presidente della X Commissione
Bruno Tabacci

Nota della Cub (confederazione unitaria di base) sull’indagine conoscitiva sull’industria dell’automobile avviata da commissione attività produttive della camera e commissione industria del senato audizione del 4.7.2002 La crisi Fiat. La crisi Fiat viene da lontano, i sintomi erano visibili già nel decennio scorso e sono da imputare ad errori strategici ed a una evidente crisi di prodotto, specie sul marchio Fiat e Lancia. Invece di perseguire innovazione sul prodotto, affrontando le tematiche dell’inquinamento e quindi delle energie alternative sull’auto, delle dimensioni spaziali dell’auto e presidiare i segmenti alti, ha puntato tutto sull’abbattimento dei costi, affidando a terzi pezzi sempre maggiori del processo produttivo, spostando le produzioni nei paesi dove il lavoro costa poco e sulla ricerca di quote aggiuntive di mercato nei paesi di prima motorizzazione.  Il baricentro si è spostato e frammentato e con esso i saperi, i mestieri, le competenze.
Si è rivelata sbagliata la scelta di puntare alla espansione in Sud America attraverso auto (Duna e Palio) da vendere anche in Europa.
Sono state perse in Europa intere fette di mercato sul segmento delle medie (Bravo, Brava, Marea e Libra e della Stilo) e sul segmento delle piccole (la Seicento non ha sfondato).
E’ stata stravolta la struttura produttiva attraverso terziarizzazioni ed esternalizzazioni.
La Fiat, dopo aver preteso ed ottenuto il monopolio dell’auto in Italia, non è stata in grado di gestire e valorizzare né i marchi né le qualità dei dipendenti acquisiti. Esempio emblematico l’Alfa Romeo, acquisita per eliminare un potenziale concorrente e usata esclusivamente per le capacità produttive degli stabilimenti. L’Alfa è stata massacrata dal punto di vista occupazionale ed omologata alla Fiat provocandone il lento declino e disperdendo un patrimonio di conoscenze, di ricerca e di progettazione.  Sul versante produttivo, nel 1991,adducendo previsioni di comodo di un aumento di 3 milioni di auto a livello Europeo la Fiat ottenne finanziamenti per la costruzione di Melfi, e creato le condizioni per la chiusura degli stabilimenti di Desio, Chivasso, Rivalta, il pesante ridimensionamento di Arese e, da ultimo, di Mirafiori.  Infine si è pensato all’espansione verso altri settori, (Italenergia e ramo assicurativo) senza disporre delle risorse necessarie.
ALCUNI DATI DI BILANCIO Vogliamo porre all’attenzione di tutti alcuni dati tratti dal bilancio Fiat, di cui nessuno parla, che riteniamo “interessanti”

VOCE DI BILANCIO

Dato 2001 Milioni di euro

Incidenza su fatturato 2001

Incidenza su  fatturato 2000

differenza

Costi del Personale

8.169

14.1 %

15.1 %

- 1 %

Costi materie prime e di merci

31.255

53.9 %

54.1%

- 0.2 %

Costi dei servizi

9.835

17 %

15.7 %

+ 1.3 %


Note. Fatturato 2001 ammonta a 58.006 Milioni di Euro  dipendenti al 31-12-2001 214.172  1% è pari a 580 Mil. di Euro pari a 1.123 Miliardi di Lire  Dalla tabella si possono trarre i seguenti dati:
Il costo del personale (salari, oneri Tfr, ecc) è sempre più basso. Un punto in meno di incidenza sul fatturato significa per la Fiat un risparmio di 580 Mil.€ . E’ come se ogni lavoratore avesse regalato 2.708 € all’azienda.
Il costo delle materie prime e delle merci, nonostante l’inflazione è diminuito dello 0.2% pari a 116 Mil €.
Sono esplosi i costi dei servizi (+ 1.3% pari a 754 Mil €). Ciò significa in sostanza che tutte le terziarizzazioni fatte portano nei fatti a enormi sprechi pagati con i risparmi fatti sugli stipendi dei lavoratori.
Le procedure di licenziamento  Ai lavoratori si vogliono far pagare gli errori del gruppo dirigente  Nell’insieme del settore auto si licenziano, tra diretti e indotto, circa 12.000 lavoratori.  La Fiat ha completato l’avvio delle procedure per la mobilità in tutte le realtà del settore auto. Si tratta di 3.462 lavoratori di cui 2.442 Fiat Auto, 445 Gesco più Sepin, 550 Powertrain e 25 Acquisti. Di questi 253 sono ad Arese.  Tutte le procedure sono state fatte sulla base dell’art 24 della legge 223/91 (ovvero licenziamenti per riduzione di personale).  Ciò non è accettabile in quanto la Fiat tenta di avviare i licenziamenti aggirando il vincolo della presentazione del piano industriale.  Inoltre la Powertrain e la Worldwide Purchasing (acquisti) che sono società a capitale misto tra Fiat e GM, essendo state costituite il 6 luglio 2000, non avendo peraltro problemi di perdite di bilancio, non hanno a nostro parere nessun requisito per poter accedere alla procedura di cui all’art 24 della legge 223/91.  Le motivazioni poste da queste aziende di un effetto legato alla contrazione dei volumi di Fiat Auto e alla necessità di ridurre i costi delle strutture non hanno nessun senso logico e industriale.
Aziende collegate  Anche se non se ne conosce con precisione il numero, otto-novemila lavoratori su tutto il territorio nazionale; tra addetti alla produzione e tecnici di imprese di progettazione ed ingegnerizzazione delle aziende con partecipazione Fiat o completamente esterne alla Fiat rischiano di perdere il posto di lavoro per effetto delle decisioni della Fiat.
I licenziamenti non servono  Aggravano i problemi sociali: i licenziamenti annunciati dalla Fiat e quelli delle aziende collegate rappresentano un enorme problema sociale sia per gli effettiimmediati su quanti perdono il posto di lavoro sia su quanti avrebbero in futuro potuto averlo; è necessario mantenere e difendere l’occupazione esistente mettendo in campo tutte le iniziative atte a distribuire il lavoro. Non risolvono i problemi finanziari: essendo i debiti entro l’esercizio indicati a Bilancio pari a 35.440 Milioni di €, l’incidenza del risparmio sul debito dovuto ai licenziamenti, calcolato in 64 Milioni di €, è pari a 0.0018%, cioè un nulla. Non risolvono i problemi strategici: in assenza di un piano industriale credibile di ricerca, progettazione e produzione di nuovi modelli, i licenziamenti servono solo a disperdere un patrimonio di conoscenze necessario al rilancio.  Per tutte queste ragioni siamo fermamente contrari ai licenziamenti annunciati.
Il piano industriale prospettato non e’ credibile  Sul versante finanziario si è prospettata la vendita di alcuni “gioielli di famiglia” per far fronte al buco di cassa a breve termine.  Sul versante industriale il piano di rilancio dell’auto è al momento nebuloso e non credibile.  I nuovi modelli annunciati sono in gran parte rifacimenti di vetture già in produzione.  Per il marchio Fiat il primo modello nuovo in grado di competere a livello di volumi uscirà tra due anni e sarà prodotto in Polonia (si tratta della vettura che sostituirà la 600 e la Panda). Non sono previsti a breve modelli sostitutivi della gamma media Fiat e Lancia.  I primi modelli con grosse sinergie con GM (i pianali) usciranno non prima di tre anni. Non è ancora chiarito quale sarà la strategia dei singoli marchi, cosa che è alla base del disastro strategico di questi anni. Nei prossimi anni l’unico marchio in grado di esprimere enormi potenzialità è quello Alfa Romeo.  Powertrain non ha ancora presentato nessun piano industriale sulla progettazione e produzione di motori con la loro relativa dislocazione.  Per quanto riguarda invece le vetture a basso impatto ambientale non esiste un piano di ricerca e di progettazione. Non è previsto lo sviluppo delle attuali vetture a metano e Gpl, non è previsto lo studio e lo sviluppo di vetture elettriche di seconda generazione, delle vetture ibride e delle vetture con motore a fuel-cell.  Nei momenti difficili, e questo per il settore Auto è, occorre investire sul prodotto e sui nuovi modelli, dato che oggi c’è una evidente crisi di prodotto.  Per fare questo occorre innanzitutto puntare sulla progettazione e sulla ricerca, che non può essere delegata ai fornitori esterni con enorme spreco di conoscenze e di denaro.  Occorre valorizzare il marchio Alfa e con esso lo stabilimento di Arese.  La situazione di Arese Sin dal 1987 (anno dell’acquisizione) si è perseguito esclusivamente lo smantellamento di Arese e non lo sviluppo.  Arese è stata una miniera d’oro.  Prima l’acquisto a prezzi stracciati, poi il finanziamento di 238 Miliardi per l’auto elettrica, poi i soldi del CRAA che è fallito, infine la vendita delle aree con un affare di circa 1.000 miliardi.  I modelli Alfa sono stati spostati in altri stabilimenti (la 166 prima a Rivalta poi a Mirafiori, lo spyder e coupè da Pininfarina) ed è stata sciolta la piattaforma Vamia.  Oggi ad Arese ci sono solo 2500 lavoratori (rispetto ai 15000 del 1987) divisi tra direzione tecnica (1100), motore 6 cil (450) e Multipla a metano(750) e altri settori terziarizzati (300).  Sia l’accordo con GM, sia la recente decisione di creare le Business-unit impongono l’esigenza di rilanciare con forza il marchio Alfa Romeo per coprire la fascia alta di mercato essenziale per il mercato Europeo e Americano. La business-unit Alfa deve avere sede ad Arese e deve comprendere la progettazione, lo studio e la produzione delle vetture a Fuel-cell (celle a combustibile), la sperimentazione, la produzione della 166 da subito e la nuova in prospettiva, la produzione del motore 6 cilindri, realizzato in collaborazione con GM.
Conclusioni La Cub ritiene positivo il cambiamento del gruppo dirigente avvenuto negli ultimi giorni; cambiamento ritenuto da tempo precondizione per un possibile mutamento di strategia della Fiat nel settore auto.  Occorre che siano chiarite le prospettive dell’accordo con GM, e se all’orizzonte, sistemati al meglio gli aspetti finanziari della crisi,si intende procedere alla cessione dell’azienda.  Questa crisi non può essere affrontata come le precedenti: i progetti inconsistenti e tanti concreti licenziamenti.  L’importanza del settore auto sull’intera economia e il numero degli occupati in termini diretti e nelle aziende collegate, impongono scelte radicalmente nuove e alternative rispetto a quelle praticate nel passato, compreso la ricomposizione del processo produttivo devastato con esternalizzazioni e terziarizzazioni.  È necessario che il governo subordini eventuali misure di sostegno dell’auto solo a fronte di un impegno concreto della Fiat a mantenere in essere tutti gli insediamenti produttivi, che vengano ritirate le procedure di licenziamento di Fiat Auto e di tutte le aziende collegate e si ponga come obiettivo il mantenimento dell’occupazione esistente anche attraverso la distribuzione del lavoro.

Arese 4-7-2002

Confederazione Unitaria di Base