FIAT e concentrazione monopolistica.
Estratto dall’articolo Autunno caldo: si riparte dalla FIAT ?
nuova unità n.7/2002
di Eraldo Mattarocci
La migliore conferma dell'attualità dell' analisi leninista dell'imperialismo
viene dal settore dell' automobile, osservatorio privilegiato dei processi di
concentrazione monopolistica e delle loro conseguenze: contraddizioni
interimperialistiche, crisi di sovrapproduzione che ciclicamente si
ripresentano in forma sempre più grave, illusioni riformistiche di alleviare
con qualche pannicello caldo le sofferenze di un'industria matura e priva di
prospettive strategiche a causa di un mercato ormai saturo. L'illusione che va
per la maggiore e che viene propagata soprattutto tra i lavoratori di Arese è
quella dello sviluppo dell'auto "ecologica"(vetture a metano e GPL,
vetture elettriche di seconda generazione, vetture ibride e vetture con motore
a fuel-cell), Se si considera che le auto elettriche vendute in Italia nei
primi sei mesi di quest'anno sono sessantadue (62!) a fronte di un finanziamento
di 238 miliardi di vecchie lire (equivalenti a 12 milioni di euro) ricevuti
dalla Fiat per lo sviluppo dell'auto elettrica, da effettuarsi ad Arese,
possiamo valutare le reali potenzialità di questo mercato.
Facendo salva la buona fede di questi sindacalisti no-global, è evidente che
non è dal mancato sviluppo dell'auto "ecologica" che ha origine la
crisi della Fiat. Alla stessa maniera non la si può attribuire semplicemente
all'inadeguatezza del gruppo torinese a competere con gli altri monopoli dell'
auto sulla qualità e sulla progettazione. Sicuramente l'incapacità del
management ha avuto un peso non da poco ma, tutto sommato, questo rimane
marginale rispetto alle scelte, rivelatesi errate, fatte a livello
internazionale dove la Fiat ha giocato le sue carte puntando sull' espansione
del mercato sudamericano attraverso la costruzione in loco di auto (Duna e
Palio) da commercializzare anche in Italia e nel resto del mondo.
Questa scelta non ha avuto : successo non perché fosse frutto di un'idea peregrina
o per il design non troppo accattivante di queste auto, ma perché il crollo
dell'economia dei Paesi latino-americani in generale ed il vero e proprio
disastro argentino in particolare hanno assestato alla strategia della Fiat un
colpo mortale. Se a questo mercato che si è chiuso in maniera inaspettata -
nessun analista borghese aveva previsto una crisi di questa portata -
aggiungiamo il fatto che il mercato russo, nel quale l'azienda avrebbe potuto
far pesare l'esperienza acquisita con la Lada, nonostante le potenzialità più
teoriche che reali aperte dalla reintroduzione del capitalismo non sia mai
realmente decollato ci si spiega perché la Fiat sia stata costretta a ripiegare
sul mercato Europeo. Su questo mercato ha trovato nella competizione grossi ostacoli
ed una concorrenza selvaggia. Ad una debolezza tradizionale nel segmento delle
auto di gamma alta, egemonizzato da BMW e Mercedes, è venuta a sommare la
perdita di intere fette di mercato nel segmento delle medie (per intenderci
quello della Golf, della Stilo, dell' Astra...) ed una sofferenza, inedita per
la Fiat, nel segmento delle piccole dove la Seicento non è mai riuscita a
sfondare patendo l'aggressiva politica sui prezzi ma anche sulla qualità di
auto come la Matiz della Daewoo. Paradossalmente ma non troppo, se si conosce
appena un po' la storia di alleanze e di contrasti dei monopoli
automobilistici, dietro al settore auto della Daewoo sembra stare, ormai
stabilmente, quella stessa General Motor che ha già acquisito una parte della
Fiat. Oltre a questo il mercato europeo nel suo complesso incomincia a dare
segni profondi di cedimento, specialmente in Germania dove nei primi sei mesi
di quest' anno le vendite sono calate ben del 3%, ed il governo Berlusconi
corre in soccorso della Fiat in affanno con nuovi incentivi: niente di nuovo né
di diverso di quanto hanno fatto i governi precedenti, solo apparentemente di
un altro colore. […]
I quattromila licenziamenti sottoscritti da FIM e UILM (Fiat Auto, Gesco,
Sepin, Powertrain, Worldwide Purchasing) a cui si aggiungono oltre ottomila
lavoratori dell'indotto sono, per il padrone e per i suoi servi, la cura
necessaria per rendere l'azienda più "snella" e quindi più appetibile
sul mercato. Alla General Motor, presumibilmente la maggiore interessata all'acquisto,
deve essere presentata un'azienda risistemata al meglio dal punto di vista
finanziario e senza troppi lavoratori in esubero soprattutto se questi, come
nel caso dei lavoratori di Arese, si sono messi in evidenza per la combattività
espressa in questi anni di resistenza operaia. […]