www.resistenze.org - proletari resistenti - lavoro - 10-10-02

FIAT e concentrazione monopolistica.


Estratto dall’articolo Autunno caldo: si riparte dalla FIAT ? nuova unità n.7/2002

di Eraldo Mattarocci

La migliore conferma dell'attualità dell' analisi leninista dell'imperialismo viene dal settore dell' automobile, osservatorio privilegiato dei processi di concentrazione monopolistica e delle loro conseguenze: contraddizioni interimperialistiche, crisi di sovrapproduzione che ciclicamente si ripresentano in forma sempre più grave, illusioni riformistiche di alleviare con qualche pannicello caldo le sofferenze di un'industria matura e priva di prospettive strategiche a causa di un mercato ormai saturo. L'illusione che va per la maggiore e che viene propagata soprattutto tra i lavoratori di Arese è quella dello sviluppo dell'auto "ecologica"(vetture a metano e GPL, vetture elettriche di seconda generazione, vetture ibride e vetture con motore a fuel-cell), Se si considera che le auto elettriche vendute in Italia nei primi sei mesi di quest'anno sono sessantadue (62!) a fronte di un finanziamento di 238 miliardi di vecchie lire (equivalenti a 12 milioni di euro) ricevuti dalla Fiat per lo sviluppo dell'auto elettrica, da effettuarsi ad Arese, possiamo valutare le reali potenzialità di questo mercato.
Facendo salva la buona fede di questi sindacalisti no-global, è evidente che non è dal mancato sviluppo dell'auto "ecologica" che ha origine la crisi della Fiat. Alla stessa maniera non la si può attribuire semplicemente all'inadeguatezza del gruppo torinese a competere con gli altri monopoli dell' auto sulla qualità e sulla progettazione. Sicuramente l'incapacità del management ha avuto un peso non da poco ma, tutto sommato, questo rimane marginale rispetto alle scelte, rivelatesi errate, fatte a livello internazionale dove la Fiat ha giocato le sue carte puntando sull' espansione del mercato sudamericano attraverso la costruzione in loco di auto (Duna e Palio) da commercializzare anche in Italia e nel resto del mondo.
Questa scelta non ha avuto : successo non perché fosse frutto di un'idea peregrina o per il design non troppo accattivante di queste auto, ma perché il crollo dell'economia dei Paesi latino-americani in generale ed il vero e proprio disastro argentino in particolare hanno assestato alla strategia della Fiat un colpo mortale. Se a questo mercato che si è chiuso in maniera inaspettata - nessun analista borghese aveva previsto una crisi di questa portata - aggiungiamo il fatto che il mercato russo, nel quale l'azienda avrebbe potuto far pesare l'esperienza acquisita con la Lada, nonostante le potenzialità più teoriche che reali aperte dalla reintroduzione del capitalismo non sia mai realmente decollato ci si spiega perché la Fiat sia stata costretta a ripiegare sul mercato Europeo. Su questo mercato ha trovato nella competizione grossi ostacoli ed una concorrenza selvaggia. Ad una debolezza tradizionale nel segmento delle auto di gamma alta, egemonizzato da BMW e Mercedes, è venuta a sommare la perdita di intere fette di mercato nel segmento delle medie (per intenderci quello della Golf, della Stilo, dell' Astra...) ed una sofferenza, inedita per la Fiat, nel segmento delle piccole dove la Seicento non è mai riuscita a sfondare patendo l'aggressiva politica sui prezzi ma anche sulla qualità di auto come la Matiz della Daewoo. Paradossalmente ma non troppo, se si conosce appena un po' la storia di alleanze e di contrasti dei monopoli automobilistici, dietro al settore auto della Daewoo sembra stare, ormai stabilmente, quella stessa General Motor che ha già acquisito una parte della Fiat. Oltre a questo il mercato europeo nel suo complesso incomincia a dare segni profondi di cedimento, specialmente in Germania dove nei primi sei mesi di quest' anno le vendite sono calate ben del 3%, ed il governo Berlusconi corre in soccorso della Fiat in affanno con nuovi incentivi: niente di nuovo né di diverso di quanto hanno fatto i governi precedenti, solo apparentemente di un altro colore. […]
I quattromila licenziamenti sottoscritti da FIM e UILM (Fiat Auto, Gesco, Sepin, Powertrain, Worldwide Purchasing) a cui si aggiungono oltre ottomila lavoratori dell'indotto sono, per il padrone e per i suoi servi, la cura necessaria per rendere l'azienda più "snella" e quindi più appetibile sul mercato. Alla General Motor, presumibilmente la maggiore interessata all'acquisto, deve essere presentata un'azienda risistemata al meglio dal punto di vista finanziario e senza troppi lavoratori in esubero soprattutto se questi, come nel caso dei lavoratori di Arese, si sono messi in evidenza per la combattività espressa in questi anni di resistenza operaia. […]