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10.07.02
Petrolchimico
di Ravenna: negli anni un coktail di veleni
Il petrolchimico di Ravenna in Via Baiona per anni ha esposto i lavoratori
ignari dei pericoli ad una serie di cancerogeni letali riconosciuti tra questi
“AMIANTO”, “CVM (cloruro di vinile monomero)” e polveri volatili di PVC. La mia esperienza comincia
nell’agosto del 1988 nel reparto RPVC/S, poche generiche e banali spiegazioni e
via guanti e chiavi in mano in mezzo all’impianto come un guerriero con l’unica
differenza che non avevo armatura né armi contro ciò che era letale, lo avevo
vicino e mi seguiva come un’ombra. Ben
presto mi trovai immerso in un impianto proiettato in una ottica consumistica,
mirata solo a produrre incrementare il piu possibile la produzione, a discapito
di questo le leggerezze commesse insite nel ciclo produttivo e la mancanza
d’informazioni adeguate da parte di chi doveva tutelarci hanno fatto il resto. Esporre per anni al degrado di
linee e apparecchiature coibentate con amianto all’interno degli impianti e hai
locali degli essiccamenti sapendo i pericoli, esserne totalmente a conoscenza,
ma non informare gli operai forse era meglio non creare allarmismi inutili, ma
il degrado di tali coibentazioni in amianto è direttamente proporzionale
all’invecchiamento più invecchia più disperde ovviamente se non trattato con le
dovute cautele, rilasciando negli ambienti microfibre micidiali tali da fare
esporre al pericolo conosciuto come asbesto,
non serviranno i nomi ma alcuni miei ex colleghi di amiantone avevano ne hanno nei polmoni. Le prime avvisaglie di una
legge del 1992 art.13 la N° 257 sull’amianto non hanno scosso nemmeno chi
doveva tutelare il diritto alla salute, non c’è stato nessuno che ne parlasse
né sindacato né azienda per anni immersi e esposti al pericolo senza saperlo,
sostituire guarnizioni o baderne, utilizzare materiali o guanti contenenti
amianto, circolare e operare in impianto in alcune zone soggette a correnti
ascensionali, se non fosse stato per qualche operaio sveglio della centrale
termoelettrica ha esporre e sollevare il problema amianto questo forse sarebbe
rimasto coperto il più possibile negli anni per volere dell’azienda. Ricordo il volantinaggio dentro
il reparto portavo i volantini in impianto e i sindacalisti e alcuni capi turno
facevano sparire subito nessuno doveva sapere era il macabro rituale si
ripeteva ogni giorno, la verità era una sola, porre l’azienda di fronte alle
sue responsabilità significava spendere investire dove nella salute degli
operai, intervenire bonificare eliminare l’amianto; mica rendeva quello, si è
dovuto attendere 1996 per vedere qualche intervento di bonifica sostanziale, e
nel frattempo chi era li tutti i giorni in impianto a svolgere il suo lavoro
ignaro di tali rischi, che tristezza che vuoto il senso di abbandono e chi
doveva fare i controlli dov’era?, forse qualcuno lo avrebbero salvato, tanto
cos’è una fibra di amianto nei polmoni dopo 20/ 30 anni può provocare
l’asbesto, non dimentichiamo che non esistono limiti di esposizione è
sufficiente una fibra, allora sei servito prima e dopo diventi un peso e chi se
ne accorge quando sei in pensione e nel momento che potresti vivere sui ricordi
di quello che eri, per vivere quello che con grande sacrificio hai costruito,
vieni smembrato tagliato a fette macellato un pezzo alla volta. Il CVM altro micidiale
cancerogeno riconosciuto tale dal 1973 presente nel reparto RPVC/S per le sue
banali lacune impiantistiche, cosa serve porre dei valori limite di esposizione
a tale cancerogeno forse a porre un rischio reale che qualcuno si ammali. In impianto erano micidiali le
aperture continuate dei reattori le polmonazioni dei serbatoi le ventole di
bonifica le manovre a rischio non calcolato, la mancanza di punti di
segnalazione monitoraggio, e se esistenti non immediati hanno contribuito a
esporre nel tempo il personale in impianto rischio esposizione CVM, il sistema
di monitoraggio è legale mi sento dire spesso, si d’accordo ma inefficiente se
non è in grado di tutelare chi lavora allora penso ci si debba porre una
domanda, ci deve essere, per lo scopo principale ma non interferire più di
tanto, finalizzando come scopo la produzione. Altro
cancerogeno un po’ snobbato ma non meno pericoloso la polvere di PVC lasciata
per anni circolare liberamente nei locali essicamento zona torri e finiture
negli ambienti di lavoro rilasciata in continuazione dai macchinari. Ricordo spesso a fine turno si
trovava in quantità visibile impregnatosi anche sugli abiti da lavoro durante
il turno. L’azienda come si tutela non
elimina il problema anzi espone il personale obbligandolo a pulire i locali la
dove sono i macchinari a produrre in continuazione polvere, ci consegna una
maschera a filtro nel 1996/98 per proteggerti, e per anni non interviene a
eliminare il problema all’origine. Col
passare degl’anni strano ma vero invece di diminuire gli impatti ambientali mi
sembrano aumentati proporzionalmente con la produzione, la polvere è rimasta
nel febbraio del 2001 come quando fui assunto, anzi la tendenza è quasi
dell’abbandono, altri problemi legati al CVM fondamentalmente con l’aggiunta di
una colonna C1009 per il recupero dei gas che doveva migliorare gli sfiati, ma
si è visto inefficente, poi con la produzione del copolimero costretti a
strappare CVM in parte in atmosfera col procedimento di omogeneizzazione, anche
dai camini essiccamento PPM non si sono di certo ridotte le emissioni visto le
portate degli stessi, non dimentichiamo la potenzialità 1988 nelle 24 ore 350
tonnellate nel 2001 oltre 700 tonnellate nelle 24 ore, oggi è una sorta di
diluizione non essendo in un unico punto ne fruisce la legalità, ma le
emissioni saranno da valutare con attenzione. Questi
sono i principali ingredienti del coktail micidiale dentro al petrolchimico ma
altre sono le sostanze presenti nei reparti non meno pericolose con le quali si
convive ogni giorno nelle normali attività lavorative un rapporto rischio
esposizione continuo anch’esso da valutare. Ognuno
di noi se può tragga le sue conclusioni.
04/ 06/ 2002
Marco Tebaldi