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da "La Voce del GAMADI" di ottobre 2003

La crisi della ricerca pubblica in Italia: il caso dell’ENEA



Nel numero di settembre 2003 della “Voce” era stata descritta per sommi capi la gravissima crisi in cui versa la ricerca pubblica in Italia, con particolare riferimento agli Enti pubblici di ricerca e ad altri settori di ricerca a finanziamento statale. Questi fenomeni di chiaro degrado erano stati inquadrati in un contesto internazionale che vede la prevalenza, specie nei settori della ricerca scientifica più ricchi di potenziali sviluppi tecnologici e di ricerca applicata, degli stati guida del mondo capitalista e delle grandi multinazionali.
Esaminiamo, ora, per sommi capi, come già preannunciato nel numero precedente, il caso emblematico dell’ENEA (Ente Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), secondo dei grandi Enti di ricerca pubblici italiani dopo il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), e già fiore all’occhiello della ricerca tecnologica e ambientale italiana. La storia dell’ENEA riflette la storia italiana della ricerca anche se la sua posizione è sempre stata anomala.
Nel 1952 nasce, come settore autonomo del CNR, il CNRN (Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari). Nel 1960 il CNRN diviene CNEN (Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare) con distacco definitivo dal CNR.

Il nuovo Ente, sotto la spinta del suo dinamico Segretario Generale, il Prof. Felice Ippolito, si pone l’ambizioso progetto di sviluppare una ricerca nucleare italiana pubblica, con sviluppo di prototipi di reattori nucleari italiani anche di tipo avanzato, come, ad esempio, è stato fatto in Francia.
Ma nel 1964 il Segretario Generale Ippolito, viene arrestato pretestuosamente allo scopo di bloccare lo sviluppo della tecnologia sul nucleare di rilevanza strategica, mentre vari organi di informazione fanno piovere sul suo conto particolari scandalistici. All’operazione, secondo la voce corrente, non sarebbe stato estraneo l’ex Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, notoriamente legato a filo doppio agli Americani.
Questo evento, insieme all’omicidio del presidente dell’ENI Enrico Mattei, determina la quasi totale fuoriuscita dell’Italia dallo sviluppo di tecnologie energetiche di importanza strategica. Il CNEN entra, quindi, in crisi perché non può lavorare nell’ambito del nucleare di fissione in seguito alle pressioni degli USA e anche alla mancanza di interesse del sistema produttivo italiano più orientato verso l’uso energetico del petrolio. Il notevole patrimonio costituito dall’alta concentrazione di ricercatori e tecnici di riconosciuta professionalità nel campo della fisica, della chimica e dell’ingegneria, rischia di andare sprecato.

Negli anni ‘70, tuttavia, con la gestione Clementel, il CNEN conosce una certa ripresa collaborando con l’industria pubblica del gruppo IRI ( Ansaldo Meccanica Nucleare, NIRA) in un tentativo di rilancio della ricerca nucleare applicata allo sviluppo sia di reattori nucleari tradizionali, sia di reattori di tipo avanzato (“reattori veloci”), sia di reattori alternativi ad uranio naturale (CIRENE). Sono sviluppate anche ricerche sugli effetti e la protezione dalle radiazioni. In questa fase l’Ente è saldamente ancorato al settore pubblico anche dal punto di vista del contratto di lavoro avendo adottato il contratto del parastato.
Il tentativo di rilancio del nucleare si sgonfia, però, progressivamente. Nel 1982 il CNEN viene ribattezzato ENEA (Ente per l’Energia Nucleare e Alternative), con l’apertura di un nuovo settore di ricerca nel campo delle fonti “rinnovabili” (sole, vento) e del risparmio energetico. Il nuovo corso, impersonato dal nuovo Presidente Prof. Umberto Colombo, conteneva buone potenzialità, ma presto entra in una fase di stallo e di degrado.
Infatti, negli anni seguenti l’ENEA riceve ancora finanziamenti cospicui, che, però, in gran parte si riversano nelle casse delle imprese private attraverso la voce “promozione industriale”. L’ENEA si caratterizza come mero erogatore di finanziamenti pubblici ai privati, spesso attraverso canali di partito, senza benefici oggettivi per la collettività. Molte linee di ricerca vengono chiuse, laboratori e officine smantellati, servizi essenziali passati all’esterno, con un nuovo modello organizzativo di tipo privatistico che organizza l’ENEA come una impresa.

L’ENEA precarizza progressivamente il lavoro di ricerca attraverso “la flessibilità” dei contratti di lavoro ed esternalizza le competenze interne attraverso contratti di appalto con ditte specializzate. Lo strumento di questa trasformazione fu il nuovo contratto “privatistico” che organizzò l’Ente come un’impresa industriale allontanandolo progressivamente dal mondo della ricerca pubblica. I ricercatori venivano incoraggiati a trasformarsi in “gestori di denaro pubblico”, i tecnici a trasformarsi in amministrativi disperdendo un patrimonio di conoscenze irripetibile. La selezione dei nuovi dirigenti avveniva per nomina diretta da parte del Consiglio di Amministrazione per cui i posti dirigenziali di qualsiasi livello gerarchico vennero generalemente occupati da soggetti cooptati ben pagati e senza capacità professionale riconosciuta.
Nel 1991, dopo il disastro di Chenorbyl (1986) che dà il colpo definitivo ad ogni residua velleità nucleare, e il referendum popolare dell’aprile 1987 che determina la vittoria del no al nucleare in Italia con il 78 % dei no, una nuova legge di riforma fa assumere all’ENEA la nuova denominazione di Ente per le Nuove tecnologie, Energia e Ambiente. Vengono assegnati all’Ente nuovi compiti nei settori energetico, ambientale, e dell’innovazione tecnologica, compiti, almeno sulla carta, di indubbio interesse.

In realtà, i risultati di questa riconversione dell’Ente sono stati scarsi, disomogenei e parziali. I pochi successi sono stati ottenuti spesso individualmente da singoli ricercatori e tecnici, spesso contro la stessa struttura gerarchica e in un contesto sempre più difficile caratterizzato da:
-finanziamenti sempre più insufficienti (si è passati dai 1000 miliardi all’anno di vecchie lire ante inflazione, a meno di 400 miliardi inflazionati);
-invito a ricorrere a finanziamenti privati attraverso commesse delle imprese, che sono arrivati con il contagocce data la scarsa attitudine delle piccole e medie imprese italiane ad investire in innovazione tecnologica (per i padroncini è meglio pagare poco gli operai o licenziare quando va male);
-mantenimento di una struttura interna di tipo privatistico.

Anche l’ennesima riforma del 1998 attuata dal governo del centro-sinistra non ha dato frutti. L’ENEA non viene nemmeno inserito nel comparto degli Enti Pubblici di Ricerca e mantiene le caratteristiche del fallimentare modello privatistico, a dimostrazione che l’ossessione per il “privato” coinvolge destra e cosiddetta “sinistra” e investe tutti i settori (ricerca, come scuola, sanità, attività produttive, servizi, ecc.). Lo stesso Governo promuove inoltre la dislocazione di ricercatori pubblici presso le imprese private.
L’attuale Governo di destra, nel varco già aperto dai governi precedenti, preme per la privatizzazione degli enti pubblici di ricerca che dovrebbero essere smembrati e trasformati in Società per Azioni. Nel frattempo continua con le politiche di blocco delle assunzioni, ricorso a una accentuata precarizzazione del lavoro di ricerca con il ricorso a contratti a termine e lavoro interinale, esternalizzazione e privatizzazione massiccia di “servizi”, taglio dei fondi. Questa situazione vede l’ENEA in una posizione di particolare debolezza per il rischio di smembramento e privatizzazione senza garanzie di tutela del patrimonio di ricerca pubblica ancora presente.

L’attacco devastante alla ricerca pubblica è stato portato dal Governo Berlusconi, e in particolare dalla Ministra Moratti, soprattutto con la finanziaria 2002 e i provvedimenti "collegati". Un Decreto Legislativo presentato al Consiglio dei Ministri il 4 aprile 2003, di recente approvato ma non ancora pubblicato nella forma definitiva (*), prevedeva un’ultima riforma dell’ENEA i cui punti salienti erano:
-formazione di un comitato di indirizzo e coordinamento dei progetti di industrializzazione (Art. 8) composto di sette membri di cui quattro designati dalle associazioni nazionali di categoria più rappresentative (leggi Confindustria, Confapi, etc.);
-possibilità di partecipazione a consorzi e società con soggetti privati o pubblici anche stranieri (Art. 17); -formazione di una società di diritto privato alla quale sarebbe affidata la gestione delle partecipazioni attuali e future dell’ENEA in aziende industriali e alla quale possono essere trasferiti la titolarità e i diritti di sfruttamento dei brevetti derivanti dall’attività di ricerca dell’ENTE (Art. 18);
-entrate provenienti da contratti stipulati con privati per la fornitura di servizi e dividendi derivanti dalla partecipazione a società di capitali (Art. 19);
-possibilità di avvalersi di tutte le forme contrattuali di assunzione e di impiego di personale previste dal codice civile per i soggetti privati (Art. 21).

Nel frattempo parte del personale è stato trasferito alla SOGIN, società che si interessa della gestione dei rifiuti nucleari e dello smantellamento degli impianti nucleari obsoleti, il cui responsabile è un militare, il noto generale Jean.
In definitiva, il caso ENEA è emblematico del progressivo smantellamento o privatizzazione della ricerca pubblica in Italia, sotto la spinta degli interessi delle grandi multinazionali e della mancanza di strategie del miope capitalismo nostrano.

(*) Si precisa che durante i tempi tecnici di pubblicazione dell’articolo il testo del decreto è stato pubblicato. Benché in esso siano contenute parzialmente alcune modifiche richieste dall’ANPRI (Associazione dei ricercatori pubblici), il giudizio contenuto nell’articolo non può sostanzialmente mutare.


Ampi stralci dell'articolo sono di un precedente documento dell'ENEA SOCIAL FORUM, a firma di Gemma Casadei, Luca Nencini e Silvana Salerno (V.B.)

Vincenzo Brandi,
ricercatore dell’ENEA, membro del Comitato Scientifico di GAMADI

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

1. Analysis – Rivista di Cultura e politica scientifica N.3, 2001 Reale E. “La ricerca scientifica non universitaria in Europa: tendenze e problemi aperti” pagg. 14.

2. Barrese Orazio “Un complotto nucleare”. Newton Compton

3. Energia, ambiente, innovazione: dal CNRN: dal CNRN all’ENEA. A cura di Giovanni Paoloni. Introduzione di Umberto
Colombo. Editore Laterza, 1992 pagg. 455

4. Berlinguer G. – La responsabilità della scienza nella società moderna. Corso di Bioetica. Aa 2000-2001 in pubblicazione

5. Berlinguer G. La ricerca scientifica e tecnologica – Scienza,economia e cultura in Italia. Le proposte del movimento operaio. Ed. Riuniti 1974 pagg.

6. Perrone Nico “ Il caso Mattei”. Ed. Gamberetti.

7. III° Rapporto Tecnico ENEA “L’Italia nella competizione tecnologica internazionale” Terzo Rapporto. Edizione preliminare, dicembre 2001 pagg. 369 A cura di Daniel Palma

8. Stanca Lucio (Ministro per l’innovazione tecnologica). Intervento “L’Italia nella competizione tecnologica internazionale”. Presentazione al Convegno ENEA-CNEL Presentazione del III° Rapporto Tecnico ENEA “L’Italia nella competizione tecnologica internazionale” 29 gennaio 2002.

9. M. Jorio, Pacilio N. – Energia in crisi ? Il ruolo dell’energia nucleare: storia e politica. Editore Guida, Napoli 1976 pagg. 254

10. Jorio M. Pacilio N. Politica e Scienza – La ricerca delle bugie. La neutralità morale e politica della scienza è la più grossa di queste bugie: la trappola degli scienziati del dopoguerra. Ed. Longo Editore pagg.169 , Verona, 1972


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