www.resistenze.org - proletari resistenti - scuola - 26-07-04

da www.rassegna.it

Scuola / Il caos infinito delle graduatorie


La lunga estate dei precari


di Luisella De Filippi
Segreteria nazionale Flc Cgil

Manifestazioni, sit-in, contestazioni. Il mondo dei precari della scuola è in agitazione ormai da due anni e più e con esiti poco soddisfacenti. Ai problemi di natura regolamentare che non riescono a trovare composizione, si aggiungono quelli determinati dalla politica scolastica e del lavoro portati avanti dalla maggioranza di centro destra, con una legge di (contro)riforma della scuola che riduce il tempo scuola, tagliando così posti di lavoro. In questo clima è dunque altissima l'attenzione per i dispositivi normativi che regolano lo scorrimento delle graduatorie permanenti: un punto in più o in meno può essere determinante per la conquista di un posto di lavoro stabile.

I numeri parlano da soli: più di 400.000 precari affollano le graduatorie concorsuali. Ogni anno l'amministrazione scolastica copre i posti vacanti stipulando, con i precari, contratti a tempo determinato e contratti a tempo indeterminato, la cui entità è subordinata alle disponibilità finanziarie annuali. Negli ultimi due anni, nonostante 150.000 posti vacanti, nessun contratto a tempo indeterminato è stato stipulato; per il prossimo anno sono previsti soltanto 15.000 contratti di questo tipo e, dunque, le aspettative e la fibrillazione sono massime, visto che un'ampia platea di aspiranti dovrà contendersi la miseria dei 15.000 posti.

Ma come si è arrivati a questa situazione? Nel '99 la legge 124 ha definito un sistema di regole organico per il reclutamento del personale precario che, nei dieci anni precedenti, in assenza di concorsi, aveva maturato anni di servizio e dunque esperienza e professionalità acquisita sul campo. Era necessario regolarizzare la posizione di queste persone, avviando percorsi riservati di abilitazione e, contemporaneamente, avviare una riforma che prevedesse una formazione iniziale specifica per gli insegnanti che al titolo di studio affiancasse competenze professionali derivanti dallo studio delle scienze pedagogiche.

L'equilibrio dei diritti di persone che avevano storie e percorsi diversi era stato trovato attraverso la stratificazione di una graduatoria in 4 fasce che permetteva di storicizzare la situazione senza mettere in diretta concorrenza le diversità che, nel corso del tempo, si erano delineate. Il ministro Moratti è intervenuta su questo equilibrio, eliminando una fascia e producendo, così, la diretta concorrenza fra interessi che a quel punto entravano in conflitto. Le rivendicazioni degli uni e degli altri hanno indotto l'amministrazione a fare interventi maldestri che regolarmente hanno ricevuto sonore bocciature dai tribunali amministrativi. A causa dell'imperizia del ministro nel gestire una materia complessa e delicata come quella delle tabelle dei punteggi, si è pensato di eliminare i motivi di contenzioso amministrativo attraverso un provvedimento di legge (la n. 143/04) che, in qualità di norma primaria, può modificare dunque altre norme di pari grado.

Si tratta di un grave errore: la definizione di una tabella di punteggi è norma di carattere prettamente amministrativo: applicando i princìpi contenuti nella legge, si caratterizza per essere uno strumento flessibile ai possibili cambiamenti che si dovessero rendere necessari. Aver affidato alla legge il compito di definirla ha reso rigido lo strumento; solo un'altra legge, infatti, può modificarne anche una piccola parte. La scarsa dimestichezza dei parlamentari con i particolarismi oggetto della tabella di valutazione ha, inoltre, prodotto errori di sottovalutazione delle problematiche connesse. La valutazione politica generale che la Flc Cgil fa della legge 143/04 è, dunque, estremamente negativa: è sbagliato l'impianto e, inoltre, in molte sue parti essa viola alcuni princìpi costituzionali che intendiamo far rispettare attraverso ricorsi e impugnative, qualora la pressione politica non ottenga i cambiamenti auspicati.

Questi gli aspetti più contestati della nuova tabella di punteggi:
- il raddoppio del punteggio per il servizio svolto nelle scuole di montagna, nelle istituzioni carcerarie e nelle piccole isole;
- la possibilità di far valere metà del punteggio per i servizi svolti in posti o classi di concorso diversi da quella di appartenenza;
- l'esclusione di alcune persone che hanno i requisiti per chiedere l'inserimento nelle graduatorie, sia pur acquisiti dopo il '99;
- la retroattività dell'efficacia di tali norme che modifica il quadro normativo quando le scelte sono già state fatte.

Se il merito di queste novità introdotte dalla legge 143/04 può essere oggetto di valutazione anche positiva, per esempio la valutazione del servizio svolto in altra classe di concorso (oggi non vale nulla) o l'individuazione di meccanismi che premino il disagio, la formulazione della norma si presta invece a uno snaturamento del diritto in quanto avvantaggia in modo casuale e discriminatorio alcuni gruppi di docenti, stravolgendo i criteri consolidati di valutazione dei titoli e intaccando in tal modo le legittime aspettative del personale già collocato nelle graduatorie. La rideterminazione integrale delle graduatorie sulla base di regole fissate oggi per allora viola, dunque, il principio contenuto nell'art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, che prevede che una legge possa disporre soltanto per l'avvenire. Inoltre, la discriminazione messa in atto dall'applicazione di tali norme viola il principio costituzionale contenuto nell'art. 3 sull'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, altri princìpi costituzionali sulla tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni e il principio del buon andamento e imparzialità dell'amministrazione.

Rispondendo alle pressioni politiche promosse da sindacati e movimenti dei precari, il Parlamento sta ora cercando di correggere le storture introducendo, in un decreto legge sulla pubblica amministrazione, norme di interpretazione autentica della legge 143/04. Il Senato ha approvato dei correttivi che riducono il danno prodotto dalla legge precedente senza però risolvere la sostanza delle illegittimità: ha ridotto, per esempio, la retroattività a un anno soltanto, il 2003/04, violando dunque ancora il principio contenuto nel citato articolo 11 e introducendo una nuova disuguaglianza fra coloro che rientrano nel beneficio e coloro che ne restano esclusi.

Ora spetta alla Camera confermare o modificare quanto già approvato al Senato. Ciò che balza in evidenza però è ancora una volta la superficialità e la sciatteria, sia giuridica che politica, con cui questa classe politica tratta le delicate questioni di diritto che determinano il destino di migliaia di lavoratori.

(Rassegna sindacale, n. 29, luglio 2004)