Si cerca in ogni modo di inserire filiere e confraternite personali e private nel settore pubblico
di Tiziano Tussi
Il disegno è chiaro. Si cerca in ogni modo di inserire filiere e confraternite
personali e private nel settore pubblico. Il settore scuola è in prima fila in
questo tentativo. Anche se la strada è tortuosa e complicata la direzione e
l’obiettivo finale sono chiari.
Le nuove modalità proposte dal ministro Moratti per l’assunzione degli
insegnanti vanno in questa direzione. La decisione finale, dopo ostacoli che
gli aspiranti ad un lavoro stabile nella scuola dovrebbero superare, dopo avere
superato lo scoglio del numero chiuso per entrare nelle scuole di
specializzazione, un successivo periodo di prova, finalmente si giunge alla
decisione finale sulle proprie capacità. E qui entra in azione il preside della
scuola dove si è prestato un periodo di praticantato. Il preside e suoi
collaboratori, in una commissione di valutazione approntata per il responso.
Sappiamo benissimo come nelle scuole vengono formate le commissioni. Sappiamo
che spessissimo sono i presidi a proporre i nomi, normalmente accettati.
Sicuramente accade per quegli ambiti di interesse particolare per la loro
libertà di gestione. Esempio ne è da alcuni anni la loro completa indipendenza
dal collegio docenti per individuare il vice preside, e collaboratori alla
presidenza. La figura del preside nella scuola sta subendo forti accelerazioni
verso un rafforzamento del ruolo di dirigenza che per ora è solo sulla carta ma
che l’amministrazione attuale sta cerando di riempire di contenuti con
celerità.
Non vi sarebbe nessun problema nell’accettare che anche nelle scuole vi fosse
un livello di capacità espresse con competenza che si trasformino in ruoli
decisionali. Il preside potrebbe anche svolgere funzioni più allargate rispetto
a quelle che svolgeva solo qualche anno fa. Il problema nasce nel momento in cui ci si chiede da dove possano venire
tali nuove e specifiche competenze per una figura centrale che da sempre è
stata così vissuta, ma in veste burocratica, all’interno della scuola? Nessun
corso, nessun seminario, nessun decente nuovo aggiornamento per loro.
Addirittura per essi vale il principio dell’autocertificazione per proporsi ai
livelli superiori ad esempio per i trasferimenti. Non esistono più graduatorie
per i presidi ma non è neppure nato un sistema per potenziare le loro capacità.
Insomma: chi è bravo a svolgere il proprio lavoro tale rimane, chi lo è di meno
pure. Dare a questa figura non sgrossata una responsabilità gestionale, in
assenza di riscontri seri su capacità
acquisite chissà poi come, lascia una grande voragine all’interno del sistema
scuola.
Agli insegnanti si richiede sempre più capacità, aggiornamento e auto
aggiornamento, partecipazione a stage, più lavoro, più capacità, corsi,
corsetti e seminari. Per gli ATA si richiede sempre più professionalità,
produttività, anche se poi la privatizzazione dei lavori di manutenzione delle
scuole va avanti. Agli studenti si richiede, viste le carte, le schede, i profili,
le griglie da compilare, ancora da parte degli insegnanti, una sorta di
radiografia di capacità sempre più specifiche – si parla di saper fare, saper
ragionare, saper discernere; si cerca i livello di socializzazione, di
rielaborazione, di analisi ecc.
Ai presidi non si chiede alcunché: la loro sola esistenza li salva da qualsiasi
problema. Moratti fa riferimento al loro numero per potenziare un disegno di
familismo del settore pubblico. Il preside decide chi assumere, come muovere i
denari della scuola, quando e come pagare gli elementi accessori dello
stipendio agli insegnanti – esami, commissioni di lavoro, trasferte ecc. –; il
preside risponde alle autorità superiore ed in ultima analisi al ministro del
suo operato, in modo personalistico senza più ricorre a noiose graduatorie
pubbliche.
Un segnale che si può, scavalcando amabilmente Max Weber, fare della casta
burocratica una confraternita medievale di chiara osservanza gerarchica. Alle
ortiche il senso dello stato, il senso del servizio, della propria autonomia ma
nel pieno di un ampio ingranaggio che persegue fini superiori. L’istituto
scolastico diventa sempre più di competenza del capo d’istituto, potendo non
avere mai speso per diventarne signore
denari e/o capacità.