www.resistenze.org - materiali resistenti in linea - biografie - 31-10-11 - n. 383

Per ricordare il trentesimo anniversario della morte di Cino Moscatelli, avvenuta il 31 ottobre 1981, l'Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli pubblica sul proprio sito web la riedizione digitalizzata del volume Ricordo di Cino Moscatelli, edito a stampa nel 1982 [...]
 
estratto da www.storia900bivc.it/pagine/editoriaelettronica/ricordocino.pdf
 
Ricordo di Cino Moscatelli (03/02/1908-31/10/1981)
 
La sua vita
 
Vincenzo Moscatelli (Cino) nacque a Novara il 3 febbraio 1908 da Enrico, ferroviere, e dalla casalinga Carmelita Usellini, entrambi del rione operaio di S. Andrea. Quarto di sette figli, terminata la sesta elementare, Moscatelli dovette abbandonare gli studi e come i fratelli, tutti operai, cercarsi un lavoro. Fece l’apprendista alla Rumi e alla Scotti e Brioschi e seguì contemporaneamente, di sera, un corso professionale. In seguito lavorò come tornitore alle Officine meccaniche novaresi.
 
Ancora giovanissimo prese a frequentare il circolo ferrovieri e la locale Camera del lavoro, avvicinandosi al socialismo. Partecipò nel settembre del 1920, appena dodicenne, all’occupazione della Rumi; e nell’estate del 1922, durante la "battaglia di Novara" si distinse, assieme ad altri operai della Scotti e Brioschi, nella difesa della Camera del lavoro e di altre istituzioni proletarie contro le violenze squadriste.
 
Da allora venne sempre più impegnandosi nelle battaglie politiche, finché decise nel 1925, durante uno sciopero da lui organizzato, di iscriversi alla gioventù comunista. Un anno più tardi si licenziò dalle Officine meccaniche novaresi e trovò lavoro a Milano, all’Alfa Romeo, ma poi, perseguitato dai fascisti, passò alla Cerutti, dove continuò ad operare clandestinamente.
 
Nel 1927 espatriò in Svizzera per frequentare la scuola di partito in una baita di montagna al Paswang, nei pressi di Liestal. Qui ebbe come insegnanti Palmiro Togliatti, Luigi Longo e Ruggero Grieco; ma venne presto arrestato, con altri giovani comunisti, dalla polizia svizzera e condannato a tre giorni di reclusione perché sprovvisto di regolare passaporto. Espulso dalla Svizzera, si recò a Berlino, dove nel frattempo erano ripresi i corsi politici. Verso la fine del settembre di quell’anno fu inviato alla scuola internazionale di Mosca, dove poté continuare gli studi, approfondendo così e completando la propria formazione ideologica. Agli inizi del 1930 lasciò l’Unione Sovietica e si trasferì a Parigi per lavorare al centro estero. Qui curò, tra l’altro, la redazione del "Fanciullo proletario" e collaborò con Pietro Secchia partecipando a riunioni ed incontri con i nostri emigrati. E quando, tra i dirigenti comunisti, vennero dibattute le tesi espresse dal VI Congresso dell’IC e poi precisate al X plenum, Moscatelli si pronunciò a favore della "svolta" e sostenne a più riprese la necessità di ricostruire il centro interno per rilanciare la presenza del partito in Italia.
 
Alla fine del giugno 1930, munito di un falso passaporto intestato al cittadino svizzero Franz Kraft, fece dunque ritorno in Italia celandosi sotto i nomi di Alfeo Pescio e di Aldo Conti. Qui, in qualità di funzionario interregionale della FGCI per l’Emilia-Romagna, diede un grande impulso alla organizzazione clandestina del partito. Noto come Dondoli, operò nelle province di Modena, Reggio, Bologna, Parma, Piacenza, Ferrara e Ravenna, soprattutto tra i più giovani. Scoperto dalla polizia mentre coordinava manifestazioni in occasione dell’anniversario della rivoluzione bolscevica, venne pedinato ed arrestato a Bologna 1’8 novembre ("Si trattava di stampigliare sui muri delle principali città emiliane, con una mascherina di cartone, la frase ‘W l’Unione Sovietica W la rivoluzione di ottobre’ e di issare, mediante un indovinato congegno, sui fili dell’alta tensione lungo la via Emilia, alcune grandi bandiere rosse"). Deferito al Tribunale speciale, con sentenza del 24 aprile del 1931 fu condannato a 16 anni e 6 mesi di reclusione, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a tre anni di vigilanza speciale per ricostituzione e appartenenza al partito comunista, propaganda sovversiva ed espatrio clandestino. Assegnato successivamente alle carceri di Volterra, Civitavecchia e Alessandria, la pena gli fu ridotta, per l’amnistia decennale, a sette anni di cui due poi condonati. Ad Alessandria venne anche rinchiuso in cella di isolamento per 6 mesi.
 
Scarcerato nel dicembre 1935, fu sottoposto a libertà vigilata ma riuscì ugualmente a collegarsi con alcuni compagni e antifascisti in Valsesia e a Novara. L’8 marzo 1937 venne nuovamente arrestato dai carabinieri di Serravalle perché sospettato di avere scritto sui muri della cartiera dove lavorava frasi sovversive ("Morte al Duce"). Scontò perciò sei mesi di carcere a Vercelli e fu poi diffidato. Fece quindi rientro a Borgosesia, dove decise di mettersi a lavorare in proprio aprendo un ufficio commerciale. Durante questo periodo e negli anni della guerra continuò tuttavia ad essere attentamente vigilato "non avendo dato", come informa un rapporto di polizia di allora, "prove concrete di ravvedimento".
 
Dopo 1’8 settembre riprese i contatti, attraverso Secchia, con l’apparato del PCI e fu tra i promotori, in rappresentanza dei comunisti, del Comitato di liberazione valsesiano. Arrestato il 29 ottobre 1943 dai carabinieri di Borgosesia, su mandato delle autorità tedesche di Vercelli, fu liberato quello stesso giorno dai propri compagni con un audace attacco alla caserma in cui era stato trattenuto. Con un gruppo di 22 uomini si rifugiò allora sul monte Briasco dando vita, col nome di battaglia di Cino, alle prime azioni di guerriglia. Coi proventi del proprio lavoro e con la collaborazione di Eraldo Gastone (Ciro), un ufficiale d’aeronautica che si era sottratto con il proprio reparto alla cattura da parte dei tedeschi, finanziò ed organizzò i primi nuclei partigiani in Valsesia. A questo scopo riunì giovani e vecchi antifascisti, militari sbandati e prigionieri alleati, e recuperò armi e mezzi nelle caserme, stabilendo al tempo stesso collegamenti con altri gruppi di resistenti. Durante la lotta partigiana divenne presto per le sue imprese una figura quasi leggendaria tra le popolazioni, come testimoniano i numerosi canti e racconti che fiorirono in quel tempo su di lui.
 
Principale animatore delle formazioni garibaldine della Valsesia, divenne comandante di zona e in seguito commissario politico del Raggruppamento divisioni Garibaldi della Valsesia-Ossola-Cusio-Verbano alle dirette dipendenze del comando generale delle brigate Garibaldi insediato a Milano. Sotto il suo comando, nell’aprile del 1945, operavano dodici brigate raggruppate in quattro divisioni ("Fratelli Varalli", "Redi", "Pajetta" e "Mario Flaim") e composte da circa tremila uomini. Nell’ottobre del 1944 fondò anche e diresse il periodico "La Stella Alpina", organo del comando unificato del raggruppamento.
 
Per i meriti acquisiti nella lotta partigiana fu congedato al termine del conflitto col grado di tenente colonnello e venne decorato con la medaglia d’argento e l’americana Bronze Star. Sindaco di Novara dopo la Liberazione su designazione del CLN, fece parte di quel consiglio comunale dal 1946 al 1956. Già consultore nazionale e membro della commissione industria e commercio, venne eletto deputato alla Costituente per la circoscrizione di Torino e durante il terzo gabinetto De Gasperi (2 febbraio - 31 maggio 1947) ricoprì la carica di sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri per l’assistenza ai reduci e ai partigiani. Entrò quindi al Senato, quale membro di diritto, nella prima legislatura repubblicana e fece parte della quarta commissione (difesa).
 
Eletto deputato nel 1953 per la circoscrizione di Bologna - Ferrara - Ravenna - Forlì, fu confermato nel 1958 per la circoscrizione di Torino - Novara - Vercelli. Particolarmente intensa è stata anche l’attività di Moscatelli nell’ambito del partito comunista. Membro del Comitato centrale del PCI sino al 1956, nell’immediato dopoguerra fu dirigente della commissione assistenza reduci partigiani e lavorò per alcuni anni a Roma presso la direzione.
 
Nel 1948 fu responsabile d’organizzazione a Torino e tra il 1949-1952 ispettore regionale in Val d’Aosta e poi a Cuneo. Quindi fu vicesegretario federale del PCI a Novara e consigliere comunale. Nel 1957 fondò la nuova federazione comunista di Verbania di cui fu anche segretario negli anni 1957-1958. Nel 1960 infine fece ritorno a Borgosesia, dove svolse la funzione di capogruppo comunista nel consiglio comunale fino al 1975. Fece parte della presidenza onoraria dell’ANPI, e nel 1974 fondò l’Istituto per la storia della Resistenza in provincia di Vercelli con sede a Borgosesia.
 
www.storia900bivc.it/pagine/editoriaelettronica/ricordocino.pdf
 

Resistenze.org     
Sostieni una voce comunista. Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione o iscriviti al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support a communist voice. Support Resistenze.org.
Make a donation or join Centro di Cultura e Documentazione Popolare.