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Antonio Labriola, biografia (02/07/1843-12/02/1904)
Rinascita | Rinascita, anno XI, n.2, Febbraio 1954
A cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare per Resistenze.org
12/02/2024
Dalla pubblicazione del 1954 in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di Antonio Labriola
Cinquant'anni fa, il 2 febbraio 1904, morì in Roma Antonio Labriola. Compito della celebrazione cinquantenaria è di restaurarne in pieno la figura, come uomo di pensiero e come uomo politico. Non è certamente necessario far uscire questa figura dalla dimenticanza, perché dimenticanza non vi è stata mai; ma di valutarla appieno, nel quadro del movimento intellettuale dei nostri tempi e del movimento operaio e socialista del nostro Paese e internazionale.
Antonio Labriola fu senza dubbio il primo pensatore e uomo politico italiano, di cui si possa dire che venne al socialismo con piena adesione teorica al marxismo, che del movimento socialista è la coscienza scientifica. Questa adesione fu in lui profonda, gli dette la capacità non solo di possedere la dottrina, ma di penetrarne tutto il senso, di esporla, di diventare uno tra i suoi più efficaci e originali propugnatori. Proveniente dalla scuola filosofica hegeliana, lo sviluppo del pensiero di Antonio Labriola fu nella sostanza analogo a quello dei fondatori del socialismo scientifico, di Carlo Marx e di Federico Engels. Solo, forse, tra i capi e teorici del movimento socialista dell'Europa occidentale nella seconda metà del secolo scorso, giunse ad avere chiara la nozione del profondo movimento rinnovatore che il marxismo è stato ed è nel campo del pensiero, poiché ha gettato le fondamenta di una nuova concezione del mondo, di una nuova storiografia, di una nuova attività pratica sociale, di una nuova politica. Alla posizione, alla elaborazione, all'approfondimento delle più importanti questioni attinenti a questo nuovo indirizzo del pensiero e dell'azione, Antonio Labriola dette un contributo suo, nuovo, legato sì, da un lato, alla polemica scientifica e culturale del suo tempo, ma in pari tempo ricco di risultati permanentemente validi, di germi che in parte ancora attendono sviluppo. Decisiva fu, nel suo pensiero, la opposizione e lotta aperta contro i tentativi che dalle parti più diverse si fecero, sul finire del secolo scorso e all'inizio dell'attuale, per iniziare quell'opera di sedicente revisione del marxismo che in realtà era distruzione del suo contenuto essenziale. Per questo l'opera di Antonio Labriola può essere considerata in una sola visuale con quella di coloro che del marxismo fecero la difesa più conseguente e ulteriormente lo svilupparono.
Nell'azione pratica, nella lotta necessaria per favorire il sorgere e lo sviluppo di un movimento operaio e socialista italiano, per dargli quel programma, quell'indirizzo e quella direzione concreta ch'esso richiedeva, Antonio Labriola fu in prima linea, animatore e critico instancabile, guida purtroppo non ascoltata, in uno dei più confusi periodi della politica italiana, in mezzo a difficoltà evidenti e a ostilità di ogni natura, più gravi e pericolose, forse, quelle nascoste che le palesi ed esplicite.
Già durante gli ultimi anni della sua esistenza fu in atto il tentativo, che poi ampiamente si sviluppò, di soffocare e nascondere il suo apporto decisivo a un nuovo sviluppo del pensiero. Nella politica, i frutti della sua critica e del suo insegnamento non poterono venire alla luce e maturare se non attraverso esperienze nuove, fatte da una nuova generazione.'
Oggi, a cinquant'anni dalla morte, spetta in primo luogo a noi comunisti, spetta a tutti i marxisti convinti e colti, restituire nel suo valore la figura e l'opera di questo Grande. Non vi è uomo di cultura serio, qualunque sia l'indirizzo cui appartiene, che possa non sentire che il far questo è necessario, che è anzi cosa indispensabile al progresso stesso delle nostre conoscenze filosofiche, storiche, politiche. Rinascita intende dedicare a quest'opera buona parte del suo spazio in questo anno della celebrazione cinquantenaria. Chiederà per questo il contributo di studiosi di campi diversi, accetterà, solleciterà con tutti il dibattito. Partendo dai fatti, dalle ricerche di archivio e dalla documentazione precisa, dalla analisi del pensiero e dalla esposizione delle vicende e dell'azione politica, intendiamo giungere a dare di Antonio Labriola quella giusta valutazione che significhi comprensione piena e sia un potente aiuto, in pari tempo, alla penetrazione sempre più ampia e allo sviluppo ulteriore di quel pensiero, di quell'indirizzo di cultura, di quell'orientamento politico - il marxismo - di cui siamo i portatori.
Rinascita
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Le principali date della vita
I Labriola in Sicilia. - Le notizie sulle origini della famiglia Labriola sono piuttosto vaghe e meriterebbero di essere precisate attraverso nuove ricerche. Pare che i Labriola fossero originari della Basilicata - imparentati coi Pagano e con altri patrioti napoletani - e pare che un ramo della famiglia nella seconda metà del '700 si stabilisse in Sicilia. Quel che è certo è che il nonno di Antonio Labriola, Giovanbattista, era già residente in Sicilia. Il padre di Antonio nacque, difatti, il 20 dicembre 1809 a Vittoria (Ragusa) ed ivi insegnò nel ginnasio della città: il suo nome era Francesco Saverio. Il fratello di Francesco Saverio, Gaetano Labriola, fu direttore della scuola tecnica di Modica (Ragusa). Non si sa esattamente quando Francesco Saverio Labriola si trasferisse definitivamente dalla Sicilia nel Napoletano. L'altro fratello Gaetano, restò in Sicilia e morì a Modica il 20 agosto 1877, lasciando due figli in tenera età.
1843. Il 2 luglio nasce in Cassino (San Germano) provincia di Terra di Lavoro, Antonio da Francesco Saverio Labriola, professore di scuole medie, e dalla signora Francesca Ponari. Iniziato agli studi dal padre, che era stato amico e compagno di lotta dei fratelli Spaventa, (e aveva aiutato Bertrando Spaventa ad ottenere la cattedra di filosofia e matematica nel Collegio di Montecassino), il giovane Antonio venne poi inviato a completare la sua preparazione nello stesso collegio di Montecassino.
1860. La prima lettera in cui si parla di Antonio Labriola è una lettera sino ad oggi inedita del 27 dicembre 1860, diretta da Francesco Saverio Labriola a Silvio Spaventa (Fondo Spaventa nella Biblioteca Civica di Bergamo), la quale dimostra che ancora prima del '63 (allorquando Silvio procurò ad Antonio Labriola il primo impiego) gli Spaventa si erano preoccupati di venire in aiuto ad Antonio Labriola ancora ragazzo, date le condizioni di miseria della famiglia. In quella lettera il padre di Antonio scrive a Silvio: «Non valgo ad esprimerti la gratitudine che ti professo con tutti i miei per quanto hai fatto per il mio figliuolo. Egli quantunque molto innanzi negli studi filologici e filosofici, non addimostra propensione di sorta per lo insegnamento . . . Egli da buona pezza è disposto vacare nella carriera ufficiale che gli promette un avvenire . . . Intende oltre le lingue e la letteratura classica, il Francese, il Tedesco, ha tintura dello Inglese, e di qualche cosa di lingue orientali. Per attitudine a fare ne ha forse ad esuberanza. Solo le mie ristrettissime fortune che sono veramente miserande, ostacolano il poterlo di un subito mandare costà ...».
1861. Antonio Labriola a Napoli frequenta le lezioni di Antonio Tari, di Cassino, vecchio amico dei Labriola e di Bertrando Spaventa. L'amicizia di Tari e degli Spaventa con Francesco Saverio Labriola risaliva al 1848. Subito il giovane Antonio Labriola si lega a Napoli a Bertrando Spaventa, di cui diverrà l'allievo preferito, ad Antonio Tari e a Giambattista Calvello, maestro di Francesco De Sanctis.
1861. Il 23 luglio da Cassino (S. Germano) Antonio Tari scrive a Bertrando Spaventa la lettera seguente, a tutt'oggi inedita (Fondo Spaventa, della Società di Storia Patria di Napoli): «Carissimo Bertrando, il figlio di Don Ciccio Labriola ha avanzato domanda per mezzo mio a codesto Ministero della Pubblica Istruzione al fine di ottenere un picciolo posto di ordinatore, vacante alla Biblioteca Nazionale di Napoli. E' giovane, come ti dissi, di molte speranze, e di tempra altamente filosofica, e converrebbe promuoverlo e non permettere che la disperazione l'opprima; disperazione inevitabile quando s'ha deficienza delle stesse prime necessità della vita. Fai di adoperarti un po' a suo favore, e procuragli, se puoi, i miserabili 60 franchi al mese che postula come ideale di agiatezza e preziosa condizione a potersi educare...».
1862. Senza aver ottenuto nessun impiego, Antonio Labriola vive e studia facendo la fame e scrive nella primavera del '62 una memoria di ispirazione hegeliana: Contro il ritorno a Kant propugnato da Edoardo Zeller.
1862. Il 13 giugno Bertrando Spaventa scrive al fratello Silvio, di Francesco Saverio, padre di Antonio: «Vedi se puoi aiutarlo, vivono in una miseria spaventevole. Egli è sempre professore provvisorio con 28 ducati al mese. Le donne, moglie e cognata, mi fanno pietà e non fanno altro che piangere. Intanto il figlio (Antonio) che è giovane, di moltissimo ingegno, e si mostra sempre più tale, si può perdere, e sarebbe un gran peccato. Tanti minchioni han protezione, e vanno avanti». Il 7 luglio 1863 Bertrando Spaventa insiste: «Aiutarlo non è solo un dovere di carità ma qualcosa di più. Se io conoscessi Amari e potessi gli proporrei di nominarlo addirittura professore incaricato di filosofia in un liceo... il giovane sarebbe contentissimo di sottoporsi a una tal prova. Egli dice: Cosa devo fare? farò il militare se nessuno mi aiuta. E chi l'aiuta? Nessuno». Rispondeva Silvio, ministro dell'Interno, da Torino: «Che vuoi che io possa fare per Labriola? M'incresce tanto il caso di questo povero giovine, ma ti assicuro che, oltre al ramo di polizia, non ce n'ho altro dove possa mettere impiegati nuovi. Si contenta di essere applicato di Pubblica Sicurezza? Se, sì, io lo fo senz'altro. Mi vergogno di dirlo, se ha tanto ingegno e un'anima sì bella».
E il 25 luglio 1863 Bertrando risponde che «non potendo ottenere di meglio e più confacente al suo ingegno, accetta di essere nominato applicato. Ma vorrebbe sapere se sarebbe possibile nominarlo applicato in prefettura piuttosto che nella P. S.». E si adopera per farlo accettare nella segreteria del prefetto D'Afflitto, patriota liberale che lottava in quegli anni energicamente contro i borbonici e i clericali di Napoli. (R. D. 13 dicembre 1863).
1864. Dal gennaio 1864 all'ottobre del 1863 lavora in qualità di applicato presso la prefettura di Napoli con lo stipendio annuo di L. 1.000.
1865. Dal novembre, dimessosi spontaneamente dall'impiego in prefettura, viene incaricato nel R. ginnasio aperto in Napoli nell'ex Seminario, con lo stipendio annuo di L. 1.200, insegnante nella terza classe ginnasiale. Nel 1863 comincia a collaborare a vari giornali napoletani, si guadagna la stima di Ruggero Bonghi, che aveva grande peso nella vita politica della città. Frequenta i circoli intellettuali che fanno capo alla libreria Detken.
1866-1867. Concorre a un premio universitario con una tesi su Spinoza.
1867. Il 24 aprile sposa Rosalia de Sprenger, direttrice di una scuola napoletana. (Il Dal Pane come data del matrimonio dà il 23 aprile 1866).
1869. Scrive la memoria dal titolo La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone ed Aristotile, premiata nel concorso bandito dalla R. Accademia di scienze morali e politiche di Napoli e lodata dallo Zeller e dallo Strumpell.
1870. Viene nominato titolare nel R. ginnasio Principe Umberto di Napoli con lo stipendio di L.1.600, ginnasio nel quale era stato, negli anni precedenti, incaricato e reggente.
1871. Il 20 giugno sostenuto l'esame di libera docenza viene autorizzato all'insegnamento pareggiato per la filosofia della storia nell'Università di Napoli. Il tema della libera docenza era: Se l'idea sia il fondamento della storia e il tema della lezione Sul concetto della scienza nuova di Vico. Con D. M. del 19 agosto viene autorizzato all'insegnamento.
1872. Per motivi di famiglia chiede di essere messo in aspettativa, senza stipendio, dall'insegnamento ginnasiale. Terminato l'anno di aspettativa non rientra più in ufficio e viene quindi considerato dimissionario dal 23 dicembre 1872. Vive con lavori di traduzione e lavori letterari, con vari incarichi giornalistici e soprattutto con il suo lavoro di corrispondente della Nazione di Firenze, allora diretta dal patriota liberale Celestino Bianchi. Nell'ottobre viene invitato dal Bonghi a divenire il principale collaboratore della Perseveranza di Milano ma, non potendo conciliare il lavoro giornalistico con un incarico di insegnamento, non accetta.
1873. Pubblica un'opera di filosofia morale, dal titolo Della libertà morale, in cui è svolta una «critica dei principi direttivi del sistema liberale» in quanto generatori di un infiacchimento del senso etico dello Stato. Con una dissertazione dal titolo Morale e Religione partecipa al concorso per la cattedra di Filosofia morale e Pedagogia della Università di Roma, nella quale viene nominato professore straordinario. Incarico che gli sarà di anno in anno confermato fino al 1877.
1874. Nel mese di ottobre viene chiamato, per il periodo elettorale, alla redazione del giornale moderato Il Monitore di Bologna sul quale pubblica le «cronache elettorali».
1875-1876. In questi anni si distacca sempre più decisamente (così come dimostrano le sue lettere a Bertrando Spaventa) dalla «destra storica», nella quale aveva sino allora militato. Nei primi mesi del 1876 comincia a dare delle lezioni di «diritti e doveri» agli operai romani. I giornali scrivono che sta per diventare socialista ed egli dichiara di preferire «il senso schietto della moltitudine» al «mondo fittizio di scienza burocratica».
1876. Pubblica un libro dal titolo Dell'insegnamento della storia.
1877. Viene nominato professore ordinario di Filosofia e Pedagogia nell'Università di Roma. I suoi corsi di filosofia morale vertono per lo più sulla «scienza dello Stato» ed egli studia in questo periodo «il diritto pubblico, il diritto amministrativo, l'economia politica». Viene anche nominato direttore del Museo d'istruzione e di educazione del ministero della Pubblica Istruzione.
1878. Pubblica uno scritto dal titolo Del concetto di libertà.
1879. Nel 1879-80 Antonio Labriola si avvicina sempre più ai gruppi di opposizione radicali. «Tra il 1879 e il 1880 - scriverà egli a Engels nell'aprile del 1890 - mi ero quasi completamente convertito alla concezione socialista ma più per la concezione generale della storia che per impulso interno di una fattiva convinzione. Un avvicinamento lento e continuo ai problemi reali della vita, il disgusto per la corruzione politica, le relazioni con gli operai hanno poi a poco a poco trasformato il socialista scientifico in astratto in un vero socialdemocratico». Compie un viaggio di un mese, nell'estate del 1879, in Germania. Motivo ufficiale: studiare l'ordinamento scolastico tedesco.
1884. Inizia un corso pubblico di Filosofia del diritto, nel quale comincia ad esporre la sua teoria della riduzione della filosofia del diritto alla filosofia dell'economia e le conclusioni, in senso sociale e socialista, dei suoi studi di diritto pubblico, di diritto amministrativo e di economia politica. Nella casa di Silvio Spaventa conosce Benedetto Croce, che diviene suo allievo ed amico.
1886. A seguito del malcontento generato dalla politica del governo trasformista, una parte della sinistra cessa di appoggiare il De Pretis che è costretto a indire nuove elezioni. I vari gruppi di sinistra, che si oppongono al De Pretis, cercano di coalizzarsi e Antonio Labriola comincia a sostenere la necessità di «un vero partito democratico radicale» che raggiunga un termine di accordo fra radicali e socialisti, non in un blocco senza principi ma «sulla base di un comune programma». Nella lettera a Baccarini egli spiega che, appunto perché socialista, si rende conto della necessità politica di un fronte comune tra socialisti e radicali sulla base concreta di un programma immediato.
1887. Al principio dell'anno stende lo schema di uno scritto sul socialismo. Con D. M. 5 febbraio 1887 viene incaricato per la prima volta dell'insegnamento della filosofia della storia. Il 12 giugno tiene all'Università di Roma una conferenza pubblica contro i tentativi di conciliazione fra Chiesa e Stato italiano che avrà una grande eco politica e susciterà vivaci polemiche. A partire da tale data e per vari anni svolge una intensa attività come conferenziere e pubblicista di parte radicale e socialista, partecipando a centinaia di riunioni politiche. Il 26 settembre 1887 nel Congresso dei professori universitari di Milano tiene una relazione sulla riforma degli studi filosofici in Italia, tendente a porre lo studio della filosofia alla base dell'insegnamento di tutte le facoltà universitarie, anche di quelle tecniche e scientifiche.
Anche questa iniziativa ha larga eco nel Paese ed è discussa al Parlamento ed al Senato. Nell'87 - prima all'Università e poi alla Associazione insegnanti comunali - tiene un corso sulla scuola popolare.
1888. In occasione delle prime violente manifestazioni causate dalla crisi edilizia di Roma (1-3 marzo), il Labriola si schiera pubblicamente dalla parte degli operai disoccupati.
In questo periodo stringe legami di amicizia con Andrea Costa che lavora nel frattempo ad organizzare gli operai romani. Segue con interesse crescente le lotte della socialdemocrazia tedesca e con alcuni esponenti di questa entra probabilmente in rapporti epistolari.
Nominato presidente della Associazione irredentista Giovanni Prati, formata da «operai democratici e studenti di parte avanzata», prende pubblicamente posizione contro la Triplice alleanza e gli onori resi a Roma all'Imperatore di Germania nell'ottobre. Costituisce insieme ad altre personalità democratiche e socialiste il Comitato permanente «per la pace» - così come Labriola stesso lo chiama. La fece «finita con la Giovanni Prati» quando gli parve che mancasse ai suoi scopi.
Il 16 dicembre tiene a Terni, alla presenza degli operai delle acciaierie, un discorso contro la politica crispina, in cui si pronuncia per la formazione di un grande partito democratico unico di opposizione.
1889. Nel centenario della Rivoluzione francese tratta all'Università in conferenze pubbliche delle idee della Rivoluzione francese nella «parte speciale» del corso di filosofia della storia, suscitando grande interessamento. Elementi reazionari provocano il 9 febbraio degli incidenti nel corso delle lezioni, che vengono sospese.
Nel febbraio, insieme con altri elementi radicali e socialisti costituisce il Circolo radicale, di cui diviene vicepresidente.
Il 20 giugno tiene, al Circolo operaio di studi sociali, la conferenza Del socialismo.
1890. Il 26 gennaio tiene una conferenza sul tema La patria e il socialismo al circolo Maurizio Quadrio di Roma. Nel mese di marzo entra in rapporti con Federico Engels. Invia una serie di corrispondenze sulla situazione italiana al Sozialdemocrat di Berlino. Entra in rapporti epistolari con Filippo Turati.
Si fa promotore, in una serie di riunioni e di lettere dirette ad organizzatori e giornali operai, della formazione di una Lega dei lavoratori a Roma, della organizzazione della festa del 1° Maggio per le 8 ore, deliberata al Congresso di Parigi della II Internazionale nel luglio precedente. Dopo le sue famose lezioni pubbliche sulla Rivoluzione francese e sulle origini del socialismo in Francia, Labriola non viene più confermato nell'insegnamento della Filosofia della storia e non soltanto è costretto a tenere il corso come corso libero, ma deve due volte dare il programma al Consiglio superiore dell'Istruzione, che pretendeva di esercitare sui corsi di Labriola un controllo. Riprende la trattazione del socialismo dalla cattedra nel 1890-91.
1891. Si occupa attivamente della organizzazione del moto dei disoccupati e della preparazione della festa del 1° Maggio a Roma, indicendo decine di riunioni, di comizi ecc. Dopo i luttuosi incidenti, viene interrogato pei fatti del 1° Maggio e si adopera per aiutare gli operai arrestati e per smascherare la provocazione poliziesca.
Sostiene una vivace polemica epistolare con Filippo Turati sulla necessità di far nascere il partito socialista. Come nel 1887 la sua parola d'ordine fondamentale era la costituzione di un partito radicale democratico di sinistra, a partire dall'aprile del 1890 la suia parola d'ordine fondamentale è la costituzione di un partito socialista, di un partito operaio, che sia al tempo stesso una larga compagine popolare. A questo scopo egli dedica tutta la sua attività. Nel corso di Filosofia della storia del 1891-92 tratta dei problemi della preistoria sulla base dell'opera di Federico Engels L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato.
1892. Nasce a Genova il Partito dei lavoratori, e alla formulazione del programma Antonio Labriola contribuisce con numerose critiche ed osservazioni. In posizione polemica verso l'opportunismo e le tergiversazioni di molti socialisti, non partecipa però ai lavori del Congresso. Nel Corso di Filosofia della storia del 1892-93, tratta intanto della genesi storica del Manifesto dei comunisti e del socialismo scientifico, argomento ripreso ancora nel 1893-94 e nel 1894-95.
1893. Antonio Labriola ha una parte attiva nel far scoppiare lo scandalo della Banca romana, che mette a nudo la corruzione esistente nella vita politica italiana. Labriola, non avendo fiducia nel gruppo turatiano che domina il partito socialista e temendo un compromesso di Turati con il governo, poggia su Napoleone Colajanni per scatenare l'attacco contro la compagine governativa. I suoi rapporti coi riformisti divengono sempre più aspri, Engels interviene nella polemica fra Antonio Labriola e Filippo Turati per biasimare il contegno dei deputati socialisti alla Camera dei deputati, per condannare la linea politica di Turati e per dire che, se si fosse verificato un tale scandaloso atteggiamento dei deputati socialisti in Germania, essi sarebbero stati invitati a rassegnare il loro mandato. In quest'anno Antonio Labriola sposta la sua attività pratica di socialista a Napoli, dove diventa l'anima di quel circolo socialista e, delegato di quel circolo, partecipa al congresso internazionale di Zurigo dove si incontra con Federico Engels. Dopo i fatti luttuosi di Aigues-Mortes, ove operai francesi avevano aggredito emigranti italiani come rinvilitori di salario, e di fronte alle manifestazioni sciovinistiche organizzate in Italia, Labriola prende posizione per richiamare i principi dell'internazionalismo proletario e accusare il sistema capitalistico come responsabile di tali avvenimenti. E' coinvolto nel processo dei socialisti napoletani finito con l'assoluzione in istruttoria. Fu proprio a Napoli che avvennero le battaglie di strada e gli scontri più violenti con la polizia per i fatti di Aigues-Mortes.
1894. E' in questa atmosfera di grave crisi politica nazionale che scoppia il movimento dei Fasci siciliani, nel quale Antonio Labriola vede il primo intervento diretto del proletariato sulla generale scena politica della vita della nazione. Segue da vicino il movimento dei Fasci inviando ai dirigenti indicazioni sulla tattica da seguire. Prosegue e porta a compimento i suoi studi sulla genesi del socialismo moderno e soprattutto sulla concezione materialistica della storia. Nella lotta interna di partito contro Turati, tenta un avvicinamento con Andrea Costa su tre punti fondamentali: 1) tanto più netto sarà il programma del partito operaio, tanto meno opportunista la sua ideologia, tanto più possibile e utile sarà una intesa coi democratici e repubblicani per la formazione di un largo fronte popolare ; 2) in seno al partito dare peso maggiore alla classe operaia facendone non un conglomerato di circoli di giornalisti e di studenti, ma il partito della lotta di classe; 3) stabilire un controllo sulla attività politica del gruppo parlamentare, che troppo spesso gravita verso l'opportunismo.
1895. Appare sulla rivista Devenis Social il primo dei saggi sulla concezione materialistica della storia. Prima di morire Federico Engels esprime il suo giudizio sullo scritto di Antonio Labriola, che definisce «rigorosamente marxista». Appare anche in italiano, per iniziativa di Benedetto Croce, la prima edizione del saggio.
1896. Contro Filippo Turati e contro Rosa Luxemburg sulla Critica Sociale interviene criticando la posizione opportunistica di entrambi nella questione nazionale. Appare il secondo dei saggi sulla concezione materialistica della storia con il titolo Del materialismo storico - Dilucidazione preliminare. Nel corso di Filosofia della storia dell'anno 1896-97 tratta delle origini della borghesia italiana. Il 14 novembre pronunzia il discorso L'Università e la libertà della scienza, pubblicato in volume l'anno seguente, che gli reca fastidi da parte delle autorità scolastiche. Gli studenti invece gli manifestano la loro solidarietà.
1897. Dall'aprile al settembre scrive una serie di lettere al Sorel, poi raccolte in volume come terzo dei saggi sulla concezione materialistica della storia, col titolo Discorrendo di socialismo e di filosofia. Nel giugno interviene con una lunga lettera sulla Critica Sociale contro il positivismo imperante fra i socialisti. Nel corso di Filosofia della storia del 1897-98 tratta nuovamente della Rivoluzione francese, argomento che riprende nel 1898-99.
1898. In un post-scriptum alla seconda edizione del terzo saggio prende posizione contro le tesi revisionistiche del Croce e del Sorel, negando l'esistenza della «crisi del marxismo» di cui parlavano gli opportunisti della socialdemocrazia internazionale.
1899. Proseguendo nella sua lotta contro il revisionismo, pubblica due scritti contro il Bernstein e contro il Masaryk e interviene sulla stampa francese contro la partecipazione capitolarda dei socialisti ai governi della borghesia, di cui s'era avuto un esempio nel caso del socialista francese Milleraand. Nel corso di Filosofia della storia del 1899-1900 tratta del «destino storico di Giordano Bruno» e della decadenza italiana nell'età della Controriforma.
1900. Il 16 febbraio commemora nel cortile della Sapienza il 3° centenario della morte di Giordano Bruno sul rogo. Nell'autunno del 1900, in occasione della crisi Giolitti, dà un'analisi magistrale della situazione politica italiana, di quelli che dovrebbero essere i compiti del partito socialista e delle insufficienze dei capi riformisti. Nel corso di Filosofia della storia tratta delle caratteristiche del secolo XIX e della situazione mondiale all'alba del nuovo secolo. Questa materia doveva formare oggetto di un quarto saggio sulla concezione materialistica della storia che rimase incompiuto.
E' l'ultimo anno in cui svolge oralmente le sue lezioni, a causa dell'aggravamento della malattia alla gola.
1901. In una serie di lettere alla stampa enuncia le proprie opinioni sulla nuova situazione politica, determinatasi dopo la caduta del governo Saracco e l'ascesa di un governo liberale.
1902. Concede la nota intervista Tripoli, il socialismo e la questione coloniale. Subisce una prima operazione alla gola.
Con R. D. del 7 luglio viene trasferito alla cattedra di Filosofia teoretica e svolge un corso sulla Psicologia delle funzioni operative. Nel corso di Filosofia della storia del 1902-03 tratta dei rapporti fra storia, sociologia, filosofia della storia, materialismo storico
1903. Ne! maggio la malattia (un cancro alla gola) gli impone di sospendere l'attività universitaria
1904. Alle ore 10,30 del 2 febbraio, all'età di 60 anni, Antonio Labriola, dopo aver subito un nuovo intervento chirurgico, muore.
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