www.resistenze.org - materiali resistenti in linea - iper-classici - 15-04-10 - n. 315

da Lenin, Opere Complete, vol. 17, Editori Riuniti, Roma, 1966, pp. 322-330
trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare nel 140° anniversario della nascita di Lenin
 
Lenin
 
La soluzione della crisi del Partito
 
Due anni fa sulla stampa socialdemocratica si potevano trovare discorsi su una «crisi di unificazione» del partito (88). La disorganizzazione e lo sfacelo del periodo controrivoluzionario avevano determinato nuovi schieramenti e scissioni, un nuovo inasprimento della lotta all'estero, e non poche persone di poca fede o deboli di nervi si erano perse d'animo constatando la grave situazione interna del partito operaio socialdemocratico. Ora, con la creazione della commissione di organizzazione russa (89), comincia in maniera evidente, se non la fine della crisi, perlomeno, in ogni caso, una nuova e risoluta svolta verso il meglio nello sviluppo del partito. Sarà perciò opportuno tentare di dare uno sguardo d'insieme alla tappa percorsa dall'evoluzione interna del partito e alle prospettive del prossimo futuro.
 
La rivoluzione ha lasciato dietro di sé un POSDR sotto forma di tre singole, autonome, organizzazioni socialdemocratiche nazionali e di due frazioni russe in senso stretto. L'esperienza degli eventi, grandiosi per la loro ricchezza, degli anni 1905, 1906 e 1907 ha dimostrato che queste frazioni affondano le loro radici nelle tendenze di sviluppo del proletariato, nelle sue condizioni di vita in questa epoca di rivoluzione borghese. La controrivoluzione ci ha gettati di nuovo ai piedi dell'alto monte che già avevamo scalato. Il proletariato ha dovuto riorganizzare le proprie file e raccogliere in maniera nuova le sue forze in una situazione in cui imperavano le forche di Stolypin e le geremiadi viekhiste.
 
La nuova situazione ha determinato un nuovo schieramento delle tendenze in seno al partito socialdemocratico. Dalle due nuove frazioni hanno cominciato a separarsi - sotto la grave oppressione di questi tempi calamitosi - gli elementi socialdemocratici meno stabili, ogni sorta di compagni di strada borghesi del proletariato. Due tendenze hanno più di ogni altra rispecchiato questa fuga dalla socialdemocrazia: il liquidatorismo e l'otzovismo. Esse hanno poi inevitabilmente determinato la tendenza al ravvicinamento dei nuclei fondamentali delle due frazioni rimaste fedeli al marxismo. Tale era la situazione dalla quale scaturì la sessione plenaria del gennaio 1910, il punto di partenza di ciò che è stato positivo e di ciò che è stato negativo, dei passi avanti e dei barcollamenti all'indietro nell'ulteriore sviluppo del partito socialdemocratico.
 
Molti non hanno a tutt'oggi ben compreso l'indiscutibile merito ideologico dell'opera compiuta dalla sessione plenaria e l'enorme sbaglio «conciliatore» da essa commesso. Ma non comprendendoli non si può comprendere assolutamente nulla neppure dell'attuale situazione del partito. Dobbiamo perciò soffermarci ancora una volta a chiarire il punto di partenza della crisi attuale.
 
La seguente citazione dall'articolo di un «conciliatore», scritto prima della stessa sessione plenaria e pubblicato subito dopo quest'ultima, può giovare a questo chiarimento più di lunghi ragionamenti o di citazioni dai più diretti e più numerosi «documenti». Uno dei capi del «conciliatorismo» dominante alla sessione plenaria, il compagno Ionov, bundista, nell'articolo E' possibile l'unità del partito?, pubblicato nel n. 1 del Diskussionni Listok (19 marzo 1910; a p. 6 vi è la nota redazionale: «L'articolo è stato scritto prima della sessione plenaria a), scriveva quanto segue:
 
«Per quanto l'otzovismo e il liquidatorismo possano essere di per se stessi nocivi per il partito, la loro benefica influenza sulle frazioni sembra essere fuori dubbio. La patologia conosce due specie di ascessi: quelli maligni e quelli benigni. L'ascesso benigno si considera una malattia utile per l'organismo. Nel processo di suppurazione esso attira a sé da tutto l'organismo ogni sorta di elementi nocivi e contribuisce cosi al suo risanamento. Io credo che analoga funzione abbiano avuto il liquidatorismo in rapporto al menscevismo e l'otzovismo-ultimatismo in rapporto al bolscevismo».
 
Ecco l'apprezzamento dato da un «conciliatore» durante la sessione plenaria e che tratteggia esattamente la mentalità e le idee del conciliatorismo che trionfò alla sessione plenaria. Nella citazione riportata è esatta, mille volte esatta l'idea fondamentale, e proprio perché essa è esatta i bolscevichi (che ancora prima della sessione plenaria avevano pienamente ingaggiato la lotta sia contro il liquidatorismo che contro l'otzovismo) non poterono rompere coi conciliatori alla sessione plenaria. Non lo poterono perché sull'idea fondamentale esisteva l'accordo: il dissenso verteva sulla forma di tradurla in atto; la forma verrà subordinata al contenuto, pensavano i bolscevichi, ed è risultato che essi avevano ragione, benché questo «adattamento della forma al contenuto» abbia sottratto al partito, per l'errore dei conciliatori, due anni di vita quasi «per niente».
 
In che cosa consisteva quest'errore? I conciliatori, invece di legittimare quelle e soltanto quelle tendenze che si epurano (e solo nella misura in cui si epurano) dagli «ascessi», hanno legittimato tutto e tutti in base alla nuda promessa di epurarsi. Sia i vperiodisti, sia i sostenitori del Golos, sia Trotski hanno «sottoscritto» la risoluzione contro l'otzovismo e il liquidatorismo - ossia hanno promesso di «epurarsi» -, e basta. I conciliatori hanno «creduto» alla promessa e confuso il partito con dei gruppetti, per loro stessa ammissione, non di partito, «suppurativi». Era una puerilità, dal punto di vista della politica pratica, e, da un più profondo punto di vista, mancanza di idee, mancanza di principi, intrigo: chi fosse stato seriamente convinto, infatti, che il liquidatorismo e l'otzovismo-ultimatismo erano degli ascessi non avrebbe potuto non capire che gli ascessi, maturando, devono attirare dall'organismo gli elementi nocivi, devono espellerli dall'organismo stesso, e non avrebbe potuto contribuire ad avvelenare l'organismo con tentativi di farvi rientrare gli elementi tossici «in suppurazione».
 
L'anno che ha seguito la sessione plenaria ha effettivamente smascherato la mancanza di idee dei conciliatori. Di fatto per tutto quest'anno il lavoro di partito (epurazione, risanamento dagli ascessi) è stato svolto dai bolscevichi e dai plekhanoviani. Questo fatto è dimostrato sia dal Sotsial-Demokrat che dalla Rabociaia Gazieta (dopo la cacciata del rappresentante del CC da parte di Trotski). Dimostrano questo fatto anche alcune pubblicazioni legali del 1910 che tutti conoscono (90). Qui non vi sono parole, ma precisamente fatti: il lavoro in comune negli organi di stampa dirigenti del partito.
 
In questo anno (1910) sia quelli del Golos, sia i «vperiodisti», sia Trotski si sono di fatto allontanati dal partito per passare precisamente al liquidatorismo e all'orzovismo-ultimatismo. Gli «ascessi benigni» sono rimasti ascessi, i quali non si sono comportati benignamente in quanto gli «elementi nocivi» non sono stati da essi eliminati dall'organismo del partito, ma hanno continuato ad infettarlo, a mantenerlo in stato morboso, a renderlo inetto al lavoro di partito. Questo lavoro di partito (in una pubblicistica aperta a tutti) è stato svolto dai bolscevichi e dai plekhanoviani, nonostante le risoluzioni «conciliatrici» e i collegi creati dalla sessione plenaria, contro il Golos e i vperiodisti, e non assieme a essi (poiché era impossibile lavorare assieme con i liquidatori e con gli otzovisti-ultimatisti).
 
E il lavoro in Russia? In un anno nemmeno una riunione del CC! Perché? Perché i membri russi del CC (conciliatori che erano ben degni degli abbracci della Voce dei liquidatori (91))hanno ininterrottamente «invitato» i liquidatori, ma in un anno, in un anno e tre mesi, non sono riusciti a «ospitarli» una sola volta! L'istituto della «traduzione forzata» al CC non era stato purtroppo previsto alla sessione plenaria dei nostri buoni conciliatori. Ne è precisamente risultata quella situazione assurda, vergognosa per il partito, che alla sessione plenaria i bolscevichi avevano predetto, lottando contro la dabbenaggine e l'ingenuità dei conciliatori: il lavoro russo è fermo, il partito è impastoiato, mentre dalle pagine della Nascia Zarià e del Vperiod si riversa un nauseabondo torrente di attacchi liberali e anarchici contro il partito! Mikhail, Roman e Iuri da una parte, gli otzovisti e i costruttori di Dio dall'altra rovinano con tutte le forze il lavoro socialdemocratico, mentre i membri conciliatori del CC «invitano» i liquidatori e li «aspettano»!
 
Con la «richiesta» del 5 dicembre 1910 i bolsceviehi dichiararono apertamente e formalmente di rompere l'accordo con tutte le altre frazioni. Il sabotaggio della «pace» conclusa alla sessione plenaria, il suo sabotaggio da parte del Golos, del Vperiod, di Trotski era divenuto un fatto definitivamente riconosciuto.
 
Circa sei mesi (fino al giugno scorso) erano passati in tentativi di convocare una sessione plenaria all'estero, che in base all'accordo era obbligatoria nel termine di non più di tre mesi. I liquidatori (Golos-bundisti-Schwarz) sabotano anche la sessione plenaria all'estero. Allora il blocco di tre gruppi, bolscevichi, polacchi e «conciliatori», fa l'ultimo tentativo di salvare le cose: si convochi una conferenza, si costituisca una commissione di organizzazione russa. I bolscevichi hanno come in passato la minoranza: dal gennaio 1910 al giugno scorso il predominio è nelle mani dei liquidatori (nell'Ufficio estero del CC, rappresentanti del Golos, un bundista, Schwarz; in Russia, i «conciliatori» che «invitano» i liquidatori) ; dal giugno al 1° novembre di quest'anno (termine stabilito dal collegio arbitrale dei depositari (92)il predominio l'hanno i conciliatori, ai quali sono passati i polacchi.
 
La questione si presentava così: sia il denaro che l'invio di fiduciari erano nelle mani di Tyszka e di Mark (capo dei conciliatori parigini); ai bolscevichi era solo garantito che ci si sarebbe messi d'accordo per inviare al lavoro anche loro. Le divergenze suscitate dalla sessione plenaria si riducevano a quest'ultimo punto, che non era possibile eludere: lavorare a tutta forza, senza «aspettare» nessuno, senza «invitare» nessuno (chi vuole e può lavorare da socialdemocratico non ha bisogno di inviti!), o continuare i mercanteggiamenti e le compravendite con Trotski, il Vperiod, ecc,? I bolscevichi hanno scelto la prima via, cosa che hanno anche dichiarato apertamente, esplicitamente già alla riunione dei membri del CC a Parigi. Tyszka e soci hanno scelto (imponendola sia alla commissione tecnica che alla commissione di organizzazione estera) la seconda via, che si è ridotta - com'è stato particolareggiatamente dimostrato nell'articolo polemico del n. 24 del Sotsial-Denrokrat (93) - ad un vuoto e pietoso intrigo.
 
Il risultato è ora sotto gli occhi di tutti. Entro il 1" novembre la commissione di organizzazione russa è stata costituita. Di fatto l'avevano creata i bolscevichi e i menscevichi partitisti russi. L'«unione delle due frazioni forti» (forti per la loro saldezza ideologica, per il loro lavoro di epurazione dagli «ascessi»), contro la quale tanto si erano infuriate le teste deboli alla sessione plenaria e dopo di essa (cfr. Golos, Vperiod, Otkliki Bunda, Pravda, ecc.), è risultata un fatto compiuto. In organizzazioni socialdemocratiche esemplari e d'avanguardia per la Russia del 1910 e 1911, come quelle di Bakù e di Kiev (94), quest'unione, con grandissima gioia dei bolscevichi, s'è pressoché trasformata in fusione completa, in un unico organismo di socialdemocratici partitisti.
 
Il rimpianto per il mancato scioglimento di «tutte» le frazioni è risultato, dopo la verifica effettuata attraverso due anni d'esperienza, una meschina frase di teste vuote prese in giro dai signori Potresov e dai signori otzovisti. L'«unione delle due frazioni forti» è andata avanti ed è giunta - tramite i collettivi d'avanguardia summenzionati - decisamente alla completa fusione in un unico partito. Le esitazioni dei menscevichi partitisti esteri non sono più in grado di mutare questo fatto compiuto.
 
I due anni che hanno seguito la sessione plenaria, che a molte persone di poca fede o ai dilettanti di socialdemocrazia, i quali non vogliono capire la terribile difficoltà del compito, sembrano anni di intrighi inutili, inconcludenti, assurdi, di sfacelo e di disorganizzazione, sono stati anni in cui si è rimesso in carreggiata il partito socialdemocratico dopo averlo tirato fuori dalla palude dei barcollamenti liquidatori e otzovisti. Il 1910 ci ha portato il lavoro in comune dei bolscevichi e dei menscevichi partitisti in tutti gli organi di stampa dirigenti (ufficiali e non ufficiali, legali e illegali) del partito: è stato il primo passo verso l'«unione delle due frazioni forti», il passo verso la preparazione ideologica, verso la raccolta delle forze sotto una sola bandiera, antiliquidatrice e antiotzovistica. Il 1911 ci ha portato il secondo passo: la creazione della commissione di organizzazione russa. La presidenza di un menscevico partitista nella sua prima riunione è un fatto significativo; il secondo passo, la creazione di un centro russo praticamente operante, ora è stato compiuto. La locomotiva è stata rialzata e posta sui binari.
 
Per la prima volta dopo quattro anni di disorganizzazione e di sfacelo si è riunito - nonostante le incredibili persecuzioni della polizia e gli inauditi «sgambetti» dei sostenitori del Golos, dei vperiodisti, dei conciliatori, dei polacchi e tutti quanti (95) - un centro socialdemocratico russo. Per la prima volta è uscito in Russia un foglio di questo centro rivolto al partito (96). Per la prima volta il lavoro per ricostituire le organizzazioni locali illegali ha abbracciato (in tre mesi, dal luglio all'ottobre) sistematicamente e organicamente le due capitali, la regione del Volga, gli Urali, il Caucaso, Kiev, Iekaterinoslav, Rostov, Nikolaiev, poiché la commissione di organizzazione russa si è riunita dopo che erano state toccate tutte queste località, poiché la sua prima riunione ha avuto luogo contemporaneamente alla ricostituzione del comitato di Pietroburgo e all'organizzazione da parte sua di una serie di comizi operai, alle risoluzioni dei rioni moscoviti per il partito, ecc.
 
Sarebbe naturalmente un'imperdonabile ingenuità abbandonarsi ad un ottimismo facilone; incombono ancora gigantesche difficoltà; le persecuzioni poliziesche si sono decuplicate dopo la pubblicazione del primo foglio russo del centro socialdemocratico; si possono prevedere mesi lunghi e difficili, nuovi arresti, nuove interruzioni nel lavoro. Ma il più importante è stato fatto. La bandiera è stata innalzata; i circoli operai si protendono in tutta la Russia verso di essa, e nessun attacco controrivoluzionario potrà farla cadere!
 
Come hanno risposto a questo gigantesco passo avanti del lavoro russo i e conciliatori» esteri, nonché Tyszka e Leder? Con un'ultima recrudescenza di miseri intrighi: il «processo di suppurazione», cosi profeticamente predetto alla vigilia della sessione plenaria da Ionov, è spiacevole, non c'è che dire. Ma chi non capisce che questo processo poco allettante risana la socialdemocrazia è inutile che si accinga al lavoro rivoluzionario! La commissione tecnica e la commissione di organizzazione estere si rifiutano di sottomettersi alla commissione di organizzazione russa. I bolscevichi naturalmente si allontanano con disprezzo dagli intriganti esteri. Cominciano allora le esitazioni: all'inizio di novembre ai relitti della commissione d'organizzazione estera (due polacchi più un conciliatore) viene consegnato un rapporto sulla convocazione della commissione russa. Il rapporto descrive tutto il lavoro in maniera così circostanziata che gli avversari dei bolscevichi, i conciliatori, lodati dal Golos, sono costretti a riconoscere la commissione russa. Viene la risoluzione della commissione estera del 13 novembre: «ispirarsi alle decisioni della commissione russa». Dei denari in possesso della commissione estera i quattro quinti vengono trasmessi alla cassa della commissione russa, ossia gli stessi polacchi, gli stessi conciliatori non sono in grado di mettere in dubbio la serietà dell'impostazione di tutta la faccenda.
 
Ciò nonostante, dopo qualche giorno ancora sia la commissione tecnica che la commissione d'organizzazione estera si rifiutano nuovamente di sottomettersi alla commissione d'organizzazione russa! ! Dov'è la chiave di questo giuoco?
 
La redazione dell'organo centrale ha in mano un documento (97)che verrà presentato alla conferenza e dal quale risulta che Tyszka conduce un'agitazione per la non partecipazione alla commissione russa, per la non partecipazione alla conferenza.
 
Ci si può figurare un più ignobile intrigante? La commissione tecnica e la commissione d'organizzazione estera si sono impegnate a contribuire alla convocazione della conferenza e alla creazione della commissione d'organizzazione russa; si sono arcivantati di invitare «tutti», e non hanno invitato nessuno (benché, essendo in maggioranza, avessero il diritto di invitare e di porre qualsiasi condizione); non hanno trovato nessun attivista, tranne i bolscevichi e i menscevichi partitisti; sono stati pienamente sconfitti sull'arena scelta da loro stessi, e sono giunti a fare degli «sgambetti» a quella stessa commissione d'organizzazione russa alla quale, in segno di buona volontà, avevano ceduto, come a un centro avente pieni poteri, i quattro quinti dei loro mezzi per la conferenza! !
 
Si, un ascesso è una cosa spiacevole, specialmente «nel processo di suppurazione». Perché ai teorici dell'unione di tutti i gruppetti esteri, senza eccezione, altro non sia rimasto che l'intrigo è stato già dimostrato nel n. 24 dell'organo centrale. E oggi gli operai socialdemocratici russi faranno agevolmente la loro scelta: o difendere la loro commissione russa e la loro conferenza, oppure permettere a Tyszka, Leder e soci di ostacolarla con intrighi. Gli intriganti, è un fatto, si sono rovinati da sé - Tyszka e Leder erano già entrati nella storia del POSDR con gli assi di quadri in mano - e non riusciranno a ostacolare la conferenza, a far saltare la commissione d'organizzazione russa.
 
E i liquidatori? Per tutto un anno e mezzo, dal gennaio 1910 al giugno scorso, quando avevano la maggioranza nell'Ufficio estero del CC e fedeli «amici» nei conciliatori dell'Ufficio russo del CC, non hanno fatto nulla, assolutamente nulla per il lavoro russo! Quando avevano la maggioranza, il lavoro era fermo. Quando invece i bolscevichi hanno demolito il liquidatore Ufficio estero del CC e si sono accinti alla convocazione di una conferenza, i liquidatori hanno cominciato a muoversi. E mette veramente conto osservare in che cosa s'è espresso questo «moto». I bundisti, che rendono costantemente i più preziosi servigi ai liquidatori, e che non molto tempo fa solevano approfittare dell'attuale «periodo dei torbidi» (tra i lettoni, per esempio, non si sa quale sarà l'esito della lotta tra le due correnti, la liquidatrice e la partitista), si sono procurati da qualche parte un caucasiano e tutta la compagnia è partita per la città di Z. (98) per strappare una firma in calce alle risoluzioni compilate da Trotski e Dan, nel Café Bubenberg (Berna, agosto 1911). Ma l'organizzazione dirigente lettone non l'hanno trovata, la firma non l'hanno ottenuta e non hanno potuto preparare nessun documento firmato dalla ditta con il reboante nome «commissione d'organizzazione delle tre più forti organizzazioni». Questi i fatti *.
 
Sappiano gli operai russi come i bundisti cercano di condurre l'azione di sabotaggio della commissione d'organizzazione in Russia! Ma pensate un po': mentre coloro che lavorano per la conferenza si recano negli Urali, nella regione del Volga, a Pietroburgo, Mosca, Kiev, Iekaterinoslav, Rostov, Tiflis, Bak& i hundisti «si procurano» un caucasiano» (evidentemente fra quegli assistenti che hanno in mano il «timbro» del Comitato regionale del Caucaso e che nel dicembre 1908 mandarono come rappresentanti alla conferenza del POSDR Dan e Axelrod!) e vanno a «strappare una firma» ai lettoni. Poco è mancato che questa banda di intriganti, al servizio dei liquidatori e assolutamente estranei a qualsiasi lavoro in Russia, scendessero effetti-vamente in campo come «commissione d'organizzazione di tre organizzazioni», compresi i due «più forti» padroni del timbro! O vorranno forse, i signori bundisti e il caucasiano, rivelare al partito in quali organizzazioni russe siano stati, e quando precisamente, dove abbiano rimesso in piedi il lavoro, dove abbiano tenuto relazioni? Provatevici un po', amici cari, raccontate!
 
E i maestri esteri della diplomazia, col piglio altezzoso dei conoscitori, trinciano giudizi: «non ci si può isolare», «bisogna avviare trattative col Bund e col Comitato regionale del Caucaso».
 
O commedianti!
 
Imparino, riflettendo sul significato della storia del partito di questi due anni, coloro che oggi sono esitanti, rammaricando l'«isolamento» dei bolscevichi. Oh!, noi ci sentiamo meglio che mai per tale isolamento, avendo tagliato fuori le intriganti collezioni estere di nullità e contribuito alla coesione degli operai socialdemocratici russi di Pietroburgo, di Mosca, degli Urali, della regione del Volga, del Caucaso e del Sud!
 
Chi si lagna per l'isolamento non ha capito assolutamente nulla né della grande opera ideologica della sessione plenaria, né del suo errore conciliatore. Un anno e mezzo dopo la sessione plenaria s'aveva l'apparenza dell'unità all'estero e un ristagno completo del lavoro socialdemocratico in Russia. Sei o tre mesi del 1911 han fatto si che il massimo isolamento apparente dei bolscevichi mettesse in moto per la prima volta il lavoro socialdemocratico russo, ridesse vita per la prima volta a un centro socialdemocratico russo.
 
Chi non è ancora riuscito a capire che gli «ascessi» come il liquidatorismo e l'otzovismo sono ideologicamente putridi e letali sarà ora perfettamente ammaestrato dalla storia della zizzania impotente e del misero intrigo cui si sono abbandonati i gruppetti del Golos e del Vperiod, trascinandosi dietro - nella loro caduta - tutti colorò che si sono provati a difenderli.
 
Al lavoro, dunque, compagni socialdemocratici partitisti! Scuotetevi di dosso le ultime vestigia dei legami con le correnti non socialdemocratiche e coi gruppetti che, nonostante le decisioni del partito, le hanno alimentate. Stringetevi attorno alla commissione di organizzazione russa, aiutatela a convocare la conferenza e a rafforzare il lavoro nelle varie località. Il POSDR ha superato una grave malattia: la crisi sta finendo.
 
Viva il Partito operaio socialdemocratico russo, unito, illegale, rivoluzionario!
 
Note:
 
*) Oltre agli impavidi bundisti, si sono precipitati a sabotare le risoluzioni anche i vperiodisti. Di questo gruppetto - assolutamente non otzovistico, Dio ci scampi! - si è precipitato un noto otzovista (99), che è «volato» a Kiev, a Mosca, a Nizni, si è «conciliato» coi conciliatori e se n'è ripartito senza ottenere nulla. Si racconta che il gruppetto Vperiod accusi dell'insuccesso il cattivo dio escogitato da Lunaciarski e che abbia unanimemente deliberato di inventare un dio un tantino migliore.
 
88) Cfr., nella presente edizione. vol. 16, pp. 193-242.
 
89) La commissione di organizzazione russa per la convocazione della conferenza del partito venne costituita alla fine del settembre 1911 a una riunione di rappresentanti delle organizzazioni di partito locali. La riunione, apertasi a Baldi e presieduta da Ordgionikidze, fiduciario dell'analoga commissione costituita all'estero. si spostò a Tiflis per sfuggire all'arresto. Vi presero parte i rappresentanti delle organizzazioni di Bakú, Tiflis, Iekaterinburg, Kiev e Iekaterinoslav. In essa vennero ascoltate le relazioni sull'attività locale, sui rapporti della commissione russa con quella estera, sulle elezioni alla conferenza, sulla rappresentanza delle organizzazioni legali e di quelle nazionali. La riunione approvò poi un appello alle organizzazioni, locali che venne pubblicato in un foglio a sé insieme con le risoluzioni approvate.
 
90) Si tratta della Zviezdà e della Mysl, pubblicazioni bolsceviche alle quali collaboravano anche i menscevichi partitisti.
 
91) L'organo di stampa dei liquidatori era il Golos Sotsial-Demokrata (La voce del socialdemocratico) che qui viene ironicamente chiamato La voce dei liquidatori.
 
92) Per maggiori particolari cfr., nel presente volume, l'articolo a pp. 341-343.
 
93) Cfr., nel presente volume, pp. 239-258.
 
94) Le organizzazioni di Baldi e di Kiev avevano svolto un'attività quasi ininterrotta negli anni della reazione. Nella lotta contro i liquidatori si era ivi attuata l'unione tra i bolscevichi e i menscevichi partitisti. L'organizzazione di Baldi aveva appoggiato la decisione di convocare una conferenza del partito per tutta la Russia e aveva partecipato attivamente alla costituzione della commissione d'organizzazione russa. Quella di Kiev era stata la prima ad appoggiare la riunione di giugno dei membri del CC e l'idea di nominare una commissione d'organizzazione russa per la convocazione della conferenza del partito. Aveva anche designato un membro del suo comitato per affiancarlo al rappresentante della commissione di organizzazione estera.
 
95) In italiano nel testo.
 
96) Si tratta del foglio pubblicato nell'autunno del 1911 della commissione d'organizzazione russa.
 
97) Il documento è la lettera di Ordgionikidze alla redazione del Sotsial-Demokrat, pubblicata nel n. 25, 8 (21) dicembre 1911, e firmata N.
 
98) Si tratta di Bruxelles, dove si trovava il comitato estero della socialdemocrazia lettone.
 
99) Il noto otzovista era Stanislav Volski.

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