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Conferenza sul tema «Il proletariato e la guerra»

Lenin | Opere complete, Volume 36, Editori riuniti, pag. 209-215
Trascrizione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

01/10/1914

Resoconto giornalistico (347), 1° (14) ottobre 1914

Il conferenziere ha diviso il suo rapporto in due parti: spiegazione del carattere di questa guerra e atteggiamento dei socialisti verso di essa.

Spiegare il carattere di una guerra è per il marxista una premessa indispensabile per decidere quale atteggiamento avere verso la resa. Ma per spiegarlo è indispensabile, anzitutto, stabilire quali siano le condizioni obiettive e la situazione concreta di questa guerra. La guerra deve essere posta nella situazione storica in cui essa avviene, e soltanto allora diviene possibile definire il proprio atteggiamento nei suoi riguardi. Altrimenti la questione non verrà affrontata in modo materialistico, ma eclettico.

Corrispondentemente alla situazione storica, al rapporto tra le classi, ecc., l'atteggiamento verso la guerra dev'essere diverso nei diversi momenti. È assurdo rinunciare una volta per sempre, in linea di principio, a partecipare alla guerra. È assurdo, d'altro canto, dividere le guerre in difensive e offensive. Nel 1848, Marx odiava la Russia perché allora la democrazia in Germania non poteva vincere né svilupparsi, non poteva unire il paese in un tutto nazionale perché pesava su di essa la mano reazionaria della Russia arretrata.

Per chiarire il proprio atteggiamento verso questa guerra, bisogna capire in che cosa essa si distingua dalle guerre che l'hanno preceduta, quali siano le sue peculiarità.

La borghesia ha dato una tale spiegazione? No. Non solo non l'ha data, ma neppure la darà, in nessun caso. A giudicare da ciò che avviene tra i socialisti, si potrebbe pensare che essi non abbiano idea del carattere distintivo di questa guerra.

E tuttavia i socialisti l'avevano perfettamente spiegata e prevista. Anzi, non c'è un solo discorso di deputato socialista, un solo articolo di pubblicista socialista che non contenga questa spiegazione. Essa è cosi semplice che per così dire non vi si fa attenzione, e tuttavia essa fornisce la chiave per assumere un giusto atteggiamento verso questa guerra.

La guerra attuale è una guerra imperialistica, questo è il suo carattere fondamentale.

Per metterlo in luce, bisogna esaminare che cosa siano state le guerre precedenti e che cosa è una guerra imperialista.

Lenin si sofferma in modo piuttosto particolareggiato a caratterizzare le guerre della fine del XVIII e di tutto il XIX secolo. Furono tutte guerre nazionali che accompagnarono e favorirono la creazione di Stati nazionali.

Queste guerre segnavano il crollo del feudalesimo ed erano espressione della lotta che la nuova società borghese conduceva contro quella feudale. Lo Stato nazionale era una fase indispensabile dello sviluppo del capitalismo. La lotta per la autodecisione della nazione, per la sua indipendenza, per la libertà di lingua, per la rappresentanza popolare, serviva a questo scopo la creazione degli Stati nazionali, questo terreno indispensabile, a un certo stadio del capitalismo, per lo sviluppo delle forze produttive.

Tale fu il carattere delle guerre a partire dal periodo della grande rivoluzione francese fino alle guerre d'Italia e di Prussia.

Questa funzione delle guerre nazionali fu adempiuta o dalla stessa democrazia o con l'aiuto di Bismarck, indipendentemente dalla volontà e dalla coscienza di quelli stessi che vi presero parte. Far trionfare la civiltà moderna, garantire la piena fioritura del capitalismo, attrarre tutto il popolo, tutte le nazioni al capitalismo: ecco a che cosa servirono le guerre nazionali, le guerre che caratterizzano l'inizio del capitalismo.

Tutt'altra cosa è la guerra imperialistica. Su questo non c'erano dissensi tra i socialisti di tutti i paesi e di tutte le tendenze. In tutti i congressi, quando si discutevano le risoluzioni sull'atteggiamento da prendere verso un'eventuale guerra, tutti si trovavano d'accordo nel dire che sarebbe stata una guerra imperialistica. Tutti i paesi europei sono ora giunti allo stesso stadio di sviluppo capitalistico, tutti hanno dato ormai quanto può dare il capitalismo. Il capitalismo ha ormai raggiunto la sua forma suprema, e non esporta più merci, ma capitale.  Esso si sente stretto nel suo involucro nazionale, e ora si scatena la lotta per gli ultimi spazi liberi rimasti sul globo terrestre. Se le guerre nazionali del XVIII e XIX secolo hanno segnato l'inizio del capitalismo, le guerre imperialistiche ne segnano la fine.

La fine del XIX secolo e l'inizio del XX sono completamente pervasi dalla politica imperialistica.

L'imperialismo è ciò che dà la sua impronta affatto particolare alla guerra attuale, la distingue da tutte le precedenti.

Solo considerando questa guerra nella situazione storica distintiva, com'è d'obbligo per un marxista, noi potremo chiarire il nostro atteggiamento verso di essa. Altrimenti opereremo con concetti e argomenti invecchiati, già applicati a una situazione diversa, a una vecchia situazione. A tali concetti invecchiati appartengono il concetto della patria e la distinzione sopra ricordata tra guerre difensive e offensive.

Certo, anche ora nel vivo quadro della realtà resta tuttavia una macchia del vecchio colore. Cosi, tra tutti i paesi belligeranti, solo i serbi lottano ancora per la loro esistenza nazionale. In India e in Cina, i proletari coscienti non potrebbero egualmente imboccare altra strada se non quella nazionale, poiché i loro paesi non si sono ancora costituiti in Stati nazionali. E se la Cina dovesse a questo fine condurre una guerra offensiva, non potremmo che simpatizzare con essa, poiché obiettivamente sarebbe una guerra progressiva. E allo stesso modo Marx, nel 1848, poteva predicare una guerra offensiva contro la Russia.

La fine del XIX e l'inizio del XX secolo sono dunque caratterizzati dalla politica imperialistica.

L'imperialismo è quello stadio del capitalismo in cui quest'ultimo, avendo realizzato tutto ciò che poteva realizzare, comincia a declinare. È un'epoca particolare, non nella coscienza dei socialisti, ma nei rapporti reali. Si scatena la lotta per la spartizione dei bocconi rimasti. È l'ultimo compito storico del capitalismo. Quanto tempo durerà questa epoca, noi non possiamo dirlo. Forse di queste guerre ce ne saranno più d'una, ma è indispensabile rendersi chiaramente conto che non sono più affatto le guerre di un tempo, e che, di conseguenza, i compiti che si pongono di fronte ai socialisti subiscono dei mutamenti.

Per risolvere questi nuovi compiti, il partito proletario può aver bisogno ormai di un tipo di organizzazione completamente differente.

Nel suo opuscolo Weg zur Macht (La via del potere), Kautsky, esaminando in modo attento e particolareggiato i fenomeni economici e traendone con estrema cautela delle conclusioni, segnalava che noi stiamo entrando in una fase assolutamente diversa dal precedente sviluppo pacifico e graduale...

Quale dev'essere la nuova forma di organizzazione, corrispondente a questa fase, è difficile dirlo ora. Ma è chiaro, che, dati i suoi nuovi compiti, il proletariato dovrà creare nuove organizzazioni o modificare le vecchie. Il timore di disgregare la propria organizzazione, che appare così chiaramente nei socialdemocratici tedeschi, questo loro legalitarismo a qualsiasi costo, appaiono quindi tanto più assurdi. Noi sappiamo che il comitato di Pietroburgo ha pubblicato un foglio illegale contro la guerra (348). L'organizzazione del Caucaso e alcune altre organizzazioni russe hanno fatto lo stesso. Non v'è dubbio che anche all'estero si può fare la stessa cosa, senza rompere i contatti.

La legalità, certo, è una cosa estremamente preziosa, e non a caso Engels ha detto: «Signori borghesi, voi stessi per primi violate la vostra legalità!» (349). Ciò che avviene ora, insegnerà, forse, qualcosa ai socialdemocratici tedeschi, poiché il governo che ha sempre vantato la sua legalità, l'ha violata su tutta la linea senza batter ciglio. A questo riguardo, la brutale ordinanza del comandante di Berlino, che questi ha costretto a pubblicare sulla prima pagina del Vorwärts (350), può essere di una qualche utilità. Ma lo stesso Vorwärts, dopo aver rinnegato la lotta di classe e aver promesso di non occuparsene più fino alla fine della guerra, per paura di essere soppresso, ha segnato così il proprio suicidio. È morto, come ha rilevato giustamente il Golos di Parigi (351), che è attualmente il migliore giornale socialista d'Europa. Quanto più frequenti e forti sono stati i miei dissensi con Martov, tanto più decisamente debbo dire che questo scrittore fa ora appunto ciò che deve fare un socialdemocratico. Critica il suo governo, smaschera la sua borghesia, attacca i suoi ministri. Invece quei socialisti che, deposte le armi nei confronti del proprio governo, si dedicano a smascherare e a svergognare i ministri e le classi dirigenti di un altro paese, svolgono la funzione di scrittori borghesi. E lo stesso Südekum svolge obiettivamente la funzione di agente del governo tedesco, come gli altri la svolgono rispetto agli alleati franco-russi.

I socialisti che non hanno capito che questa guerra è una guerra imperialistica, che non la collocano nel suo quadro storico, non capiranno nulla di questa guerra e se ne faranno un'idea di una ingenuità puerile, come se di notte uno avesse afferrato l'altro alla gola e i vicini dovessero salvare la vittima dall'aggressione o chiudersi pieni di paura «a chiave» (espressione di Plekhanov) per star fuori della rissa.

Non ci lasceremo ingannare né lasceremo ai consiglieri borghesi di dare alla guerra una spiegazione così semplice, secondo cui si viveva così pacificamente, poi uno ha attaccato e l'altro si difende.

Il compagno Lenin legge un passo di un articolo di Luzzatti, apparso in un giornale italiano. In questo articolo l'uomo politico italiano si rallegra che il grande vincitore della guerra sia... la patria, il concetto di patria, e ripete: bisogna ricordare le parole di Cicerone che «il più grande dei mali è la guerra civile».

Ecco che cosa sono riusciti a fare i borghesi. Ecco ciò che soprattutto li commuove, li riempie di gioia, ciò per cui hanno speso tanti mezzi e tante energie. Essi cercano di convincerci che questa è la vecchia, solita guerra nazionale.

Ma niente affatto. L'epoca delle guerre nazionali è passata. Di fronte a noi c'è una guerra imperialista, e il compito dei socialisti è di trasformare la guerra «nazionale» in guerra civile.

Questa guerra imperialista noi tutti l'attendevamo, ad essa c'eravamo preparati. E una volta che le cose stanno così, non ha proprio nessuna importanza sapere chi ha attaccato; tutti si preparavano alla guerra, e ha attaccato per primo chi a un certo momento l'ha ritenuto più vantaggioso.

Quindi il compagno Lenin passa a definire il concetto di «patria» dal punto di vista socialista.

Questo concetto è definito con chiarezza e precisione nel Manifesto comunista, in alcune pagine brillanti, che l'esperienza ha pienamente verificato e confermato. Lenin legge un passo del Manifesto Comunista in cui il concetto di patria viene esaminato come categoria storica, corrispondente allo sviluppo della società a un determinato suo stadio, e che poi diviene superfluo. Il proletariato non può amare una cosa che non ha. Il proletariato non ha patria.

Quali sono i compiti dei socialisti nella guerra attuale?

Il compagno Lenin legge la risoluzione di Stoccarda, confermata e completata in seguito a Copenaghen e a Basilea (352). In questa risoluzione sono chiaramente indicati i metodi che i socialisti devono impiegare per combattere le tendenze che spingono alla guerra, e il comportamento che debbono tenere verso la guerra qualora sia già scoppiata. Questi impegni sono definiti dagli esempi della rivoluzione russa e della Comune di Parigi. La risoluzione di Stoccarda è stata redatta con cautela, tenendo conto tutte le leggi penali possibili, ma il compito vi era indicato chiaramente. La Comune di Parigi è la guerra civile. In quale forma, quando e dove, questa è un'altra questione, ma la direzione della nostra attività è chiaramente definita.

Da questo punto di vista il compagno Lenin esamina poi la posizione presa in realtà dai socialisti dei vari paesi. A parte i serbi, quelli che hanno adempiuto al loro dovere, sono i russi, come rileva il giornale italiano Avanti!, lo adempie Keir Hardie, che denuncia la politica di Edward Grey.

Dato che la guerra è cominciata, non si può pensare di star lontano da essa. Bisogna andarvi e fare il proprio lavoro di socialista. In guerra la gente pensa e riflette, forse, più ancora che «a casa». Bisogna andarvi e organizzarvi il proletariato in vista dell'obiettivo finale, poiché è utopia pensare che il proletariato vi giunga per via pacifica. Non si può passare dal capitalismo al socialismo senza spezzare i limiti nazionali, come non si poteva passare dal feudalesimo al capitalismo senza le idee nazionali.

Golos, nn. 37-38,
25-27 ottobre 1914.

Note:

347) La conferenza fu tenuta a Losanna il 14 ottobre 1914, due giorni dopo la conferenza socialsciovinista di Plekhanov. Il resoconto fu pubblicato nei nn. 37 e 38 del Golos di Parigi, del 25 e 27 ottobre.

348) Nel luglio 1914 il Comitato bolscevico di Pietroburgo aveva lanciato un volantino contro l'imminente pericolo di guerra con le parole d'ordine: «Abbasso la guerra! Abbasso il governo zarista! Viva la rivoluzione!».. Altri volantini furono pubblicati dal comitato nell'agosto, dopo lo scoppio della guerra, e uno nel settembre: è probabilmente a quest'ultimo che Lenin si riferisce qui.

349) Cfr. F. Engels, Il socialismo in Germania, in Neue Zeit, 1891-92, I.

350) Il 27 settembre 1914 il Vorwärts, organo centrale della socialdemocrazia tedesca, pubblicò un articolo intitolato La Germania e l'estero in cui si esprimeva con molte esitazioni l'idea che il proletariato tedesco e quello francese erano stati trascinati nella guerra contro la loro volontà. In seguito a questo articolo il generale von Kassel, comandante del distretto di Brandeburgo, soppresse il giornale. Haase e Fischer chiesero che questo provvedimento fosse revocato. Kassel dichiarò di accettare, a condizione che il giornale «non toccasse più argomenti riguardanti l'odio e la lotta di classe». La redazione del giornale accettò questa condizione e il Vorwärts riapparve il 1° ottobre, pubblicando in prima pagina l'ordinanza del generale Kassel che ne autorizzava la pubblicazione.

351) Quotidiano di tendenza menscevico-trotskista, che si pubblicò a Parigi dal settembre 1914 al gennaio 1915. Il giornale, che ebbe in sostanza una posizione centrista, pubblicò, nei primi giorni della guerra, alcuni articoli di Martov contro i socialsciovinisti. Il giudizio positivo di Lenin riguarda questo periodo. Quando Martov assunse una posizione più a destra, il giornale assunse sempre più la difesa dei socialsciovinisti. A partire dal gennaio 1915 il Golos fu sostituito dal Nasce Slovo.

352) Cioè ai congressi internazionali socialisti di Stoccarda (1907), Copenaghen (1910) e Basilea (1912).


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