www.resistenze.org - osservatorio - della guerra - 28-05-09 - n. 276

Torture sessuali
elaborazione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova
 
Sono state utilizzate informazioni da David Rosen, autore di “Sex Scandal America: Politics & the Ritual of Public Shaming – Scandalo sessuale Americano: Politica e il rituale di produrre pubblico disonore e vergogna.”, e da Roberto Di Nunzio, lettera su Facebook.
 
Padova, venerdì 22 maggio 2009
 
Nella campagna elettorale, che lo ha visto diventare Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama aveva fatto suo punto d’onore la chiusura, entro il 20 gennaio 2010, del carcere lager di Guantanamo, luogo simbolo dell’arbitrio del potere che rinnega i valori del diritto e tutte le tradizioni giuridiche.
 
Ieri, il Senato USA, a maggioranza democratica gli ha negato il finanziamento di 80 milioni di dollari necessario alla chiusura del campo di concentramento. Ciò nonostante, il Presidente ha ribadito la sua intenzione, con precisi riferimenti alla illegittimità costituzionale di quella prigione, dando valore simbolico alla sua decisione, annunciandola nell’Archivio della Nazione dove è conservata la copia originale della Costituzione Americana.
Obama ha definito il campo di concentramento di 240 “nemici combattenti” islamici come un pasticcio (a mess!) lasciatogli in eredità dall’…ottima Amministrazione Bush.
(A proposito, dove è andato a finire George W. Bush? Non se ne sente più parlare. Che se ne sia andato a far compagnia ad un altro W., italiano ma tanto amerikano, anche lui sparito dalla circolazione?! “Chi li ha visti”, li lasci dove stanno, che non ritornino sulla scena!)
 
Obama ha sottolineato come l’eliminazione del “mess” significa “sostenere i nostri valori più cari e perché farlo è cosa giusta, ciò rafforza il nostro paese e ci rende sicuri”. Inoltre ha sostenuto che le detenzioni amministrative, senza alcun capo di imputazione formale, hanno recato pesanti danni d’immagine agli Stati Uniti.
I detenuti di Guantanamo sono stati sottratti alla disciplina che regola il trattamento dei nemici, secondo le Convenzioni di Ginevra, ma anche alla disciplina che regola il trattamento dei criminali, a cui devono essere assegnate le garanzie del giusto processo.
 
Comunque, Obama ha rassicurato che “non verrà rimesso in libertà nessuno che potenzialmente possa minacciare la nostra sicurezza nazionale”, ed ha lasciato intendere che forse, dopo procedimenti giudiziari nei tribunali federali statunitensi, per una parte dei prigionieri si potrebbero aprire le porte delle galere di massima sicurezza a prova di evasione, i Supermax.
 
George W. Bush non si fa più vedere, ma ad occupare saldamente il centro del palcoscenico politico, ecco, riappare l’ex vicepresidente Dick Cheney, che sta scatenando una campagna di terrorismo psicologico contro Obama, accusandolo di mettere in pericolo la sicurezza degli USA con questa sua assurda pretesa di liberare i Guantanameri, pericolosi terroristi.
Obama replica a questi virulenti attacchi, dichiarando che la Costituzione Americana impedisce che anche contro il terrorismo tutto sia ammissibile, e che i costi per tenere aperto il carcere illegale sarebbero di gran lunga superiori alle complicazioni che comporta la sua chiusura.
 
Ma cosa infliggevano di tanto orrendo agli ospiti di questo lager, e dei tanti punti di detenzione abusiva in altre parti del mondo, i bravi carcerieri Statunitensi, gli “umanitari” operatori della CIA, che sperimentavano dal vivo l’onnipotenza della politica dell’amministrazione Bush svincolata dal diritto?
 
“Inchiesta sul trattamento dei detenuti sotto custodia USA”
“L’eliminazione degli indumenti autorizzata dal Ministro della Difesa, Donald Rumsfeld, da applicarsi a Guantanamo, il 2 dicembre 2002,” viene ammessa in un documento reso pubblico recentemente dalla Commissione del Senato USA per il Servizio Militare sull’uso di tecniche di interrogatorio duro. Inoltre, il documento riferisce che l’uso di una prolungata nudità risultava così efficace, tanto che nel gennaio 2003 veniva autorizzato anche per l’Afghanistan e, nell’autunno del 2003, veniva adottato anche in Iraq.
 
Il documento del Senato, pubblicato di recente dopo un documento segreto della Commissione della Croce Rossa Internazionale (ICRC) sulle tecniche di tortura messe in atto dalla CIA come parte del suo programma di detenzione, è stato rivelato da Mark Danner del “New York Review of Books”, rivista letteraria di New York.
Questi documenti hanno provocato una tempesta nell’attenzione dei media, molti di questi si sono concentrati sull’uso del “waterboarding” (o quello che la ICRC più propriamente definisce “soffocamento tramite acqua”) e, in particolare, sul fatto che Khalid Sheikh Mohammed è stato sottoposto a questa tortura per ben 183 volte e Abu Zubaydah per…sole 83 volte!.
 
Però i mezzi di comunicazione forniscono notizie sotto tono su tutto l’enorme insieme di quelli che l’IRCR definisce come altri “metodi di maltrattamento”.
Il documento del Senato identifica queste tecniche con: uso di cani militari, posture di costrizione e punizioni corporali, gestione/adattamento del sonno, deprivazione sensoriale e rimozione del vestiario.
 
La Commissione della Croce Rossa Internazionale mette in evidenza: prolungata posizione eretta costrittiva, bastonature con l’uso di un collare, bastonature e calci, imprigionamento in celle di contenzione, deprivazione del sonno e uso di musica ad alto volume, esposizione a temperature rigide/acqua ghiacciata, uso prolungato di manette e di ceppi, minacce, taglio della barba forzato, deprivazione/fornitura limitata di cibi solidi, e prolungata nudità.
 
Questi rapporti, a complemento della recente diffusione di un “dossier tortura” dell’Amministrazione Bush, hanno contribuito a focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica Statunitense su un vergognoso, se non si vuole definirlo illegale, aspetto della Guerra al Terrorismo dell’imperatore folle George.
 
Tuttavia, questa documentazione “ufficiale” si basa sulle rivelazioni di un numero veramente limitato di fonti e le informazioni raccolte, sebbene preziosissime, si limitano a queste fonti.
Il numero ristretto di fonti riduce la presa di conoscenza pubblica dell’intera portata delle torture commesse da agenti di intelligence americani, da funzionari militari e da contractor privati.
 
L’avere puntato l’attenzione solo sulle torture sessuali, che includono la nudità prolungata, mette in evidenza che, sì, si tende a rendere di dominio pubblico la questione tortura, ma che ancora resta molto da fare sulla questione.
 
La mancanza di una pubblica ammissione della completa portata di tutte le altre tecniche di interrogatorio “duro”, fra le quali le torture di natura sessuale, contribuisce a costruire una storia “ufficiale” addolcita, espurgata dei particolari più crudi.  
 
La Commissione della Croce Rossa Internazionale (ICRC) ha potuto intervistare quattordici “nemici combattenti” provenienti da otto paesi. I detenuti erano stati arrestati in un intervallo di tempo di circa tre anni, dal marzo 2002 fino al maggio 2005. Undici di loro erano stati sottoposti ad una prolungata nudità “durante la carcerazione e gli interrogatori, per un periodo di tempo che andava da diverse settimane continuativamente, fino a diversi mesi con intermittenza.”
 
La ICRC riferisce dettagliatamente sulle “presunte”, così le definisce, esperienze di sette prigionieri sottoposti a nudità prolungata:
 
- Khalid Sheikh Mohammed – tenuto nudo per un mese in Afghanistan.
- Abu Zubaydah– tenuto nudo per due settimane e mezza in Afghanistan, dopo un suo ricovero in un ospedale del Pakistan; egli riferisce che in seguito veniva rifornito di vestiti e quindi denudato a volte per periodi di settimane.
- Walid Bin Attash – tenuto nudo per due settimane in Afghanistan e quindi per un mese in una successiva struttura detentiva, a lui sconosciuta.
- Encep Nuraman (alias Hambali) – tenuto nudo per quattro o cinque giorni in Tailandia e per una settimana in Afghanistan, ed in seguito denudato a periodi intermittenti.
- Majid Khan – tenuto nudo per tre giorni in Afghanistan e per sette giorni nella sua terza sede di detenzione.
- Mohammed Nazir Bin Lep – tenuto nudo per quattro o cinque giorni in Tailandia e per nove giorni in Afghanistan.
- Detenuto anonimo – tenuto nudo per due o tre mesi in Afghanistan ed in seguito denudato a periodi intermittenti.
 
La relazione del Senato fornisce una ben diversa valutazione su ciò che viene definito “eliminazione dei vestiti”. Mette in evidenza che l’uso prolungato della nudità, come tecnica inquisitoria, ha trovato un forte sostegno in ambito CIA e militare. Viene riferito che la nudità era stata introdotta in Iraq, in particolar modo nel carcere di Abu Ghraib, dall’Afghanistan e da Guantanamo (GTMO).
Si sottolinea che questa tecnica è servita per conseguire svariati obiettivi in interrogatori critici, come “umiliare i detenuti”, “rinnovare lo ‘shock da cattura’ nei detenuti”, e come mezzo per incentivarne il buon comportamento.
 
L’utilizzazione della nudità era di abitudine, come indicato da due ufficiali di alto grado intervistati. Il colonnello Jerry Philabaum, comandante della 320.esima sezione di Polizia Militare riferisce di avere visto “da 12 a 15 detenuti nudi nelle loro celle di isolamento.”
Il capitano Donald Reese, comandante della 372. esima compagnia di Polizia Militare ha dichiarato che la prolungata nudità era “ben nota a tutti” e che costituiva “pratica comune fare camminare i detenuti in fila e tenerli senza vestiti e coperte.”
Altri ufficiali hanno confermato queste affermazioni.
 
Come il documento della Commissione della Croce Rossa Internazionale, anche questo del Senato si fonda in maniera diffusa su interviste, ma queste interviste sono rese da ufficiali dell’Esercito, della Polizia Militare e dei servizi di spionaggio.
Per giunta, il documento del Senato attinge a numerosi documenti militari resi pubblici, in particolare in quello del Maggior Generale George Fay, noto come Dossier Fay.
Una di queste relazioni si presenta di una sincerità rimarchevole, e forse rivela più di quello che era nelle primitive intenzioni: la detenzione creava “un ambiente che avrebbe potuto sembrare una giustificazione della depravazione e della degradazione, più che un trattamento umano di detenuti.”
Comunque, il documento fa un unico riferimento di passaggio alla relazione su Abu Ghraib del Maggior Generale Antonio Taguba.
 
I primi “nemici combattenti” arrivano a Guantanamo l’11gennaio 2002, quasi un anno prima che Rumsfeld ufficialmente autorizzasse l’uso di torture sessuali. Secondo un notiziario della CBS, “un velivolo dell’Aviazione Militare USA proveniente dall’Afghanistan con 20 prigionieri è atterrato a Guantanamo, dando inizio all’operazione di detenzione.”
Nella relazione del Senato, il comandante (nome censurato) dell’Unità Speciale per Missioni Particolari dichiara che “quando ho assunto il comando di Guantanamo ho scoperto che molti dei detenuti erano stati privati dei vestiti”, come tecnica di interrogatorio. Egli aggiunge di avere messo fino a questa pratica fra il dicembre del 2003 e il gennaio 2004.
 
Le rivelazioni sulle nudità prolungate hanno occupato poco spazio nella discussione pubblica. Rispetto alle molte e ben più gravi tecniche di tortura imposte, nello specifico “il soffocamento tramite acqua”, le percosse sul volto, i calci, le posizioni costrittive, l’uso di cani e la deprivazione del sonno, le torture sessuali appaiono piuttosto modeste! Ma il loro obiettivo, unito alle altre tecniche, risulta chiaro. Come sottolinea la Commissione della Croce Rossa Internazionale, la tortura sessuale “era chiaramente designata a minare la dignità dell’uomo e a creare un senso di rassegnazione…con il risultato di portare l’individuo all’esaurimento, alla perdita di personalità e alla sua disumanizzazione.”  
Tuttavia, la consultazione di altre fonti dipinge un quadro differente, un panorama molto meno addolcito e molto più ricco di sadismo.
 
Quello che non è noto è se queste tecniche aggiuntive erano state approvate dai dirigenti USA militari e civili o se erano frutto di estemporanee azioni di funzionari e contractor impegnati direttamente. Alcuni esempi illustrano queste tecniche.
La migliore fonte sull’uso della tortura sessuale ad Abu Ghraib resta il “dossier Taguba”.
 
In un sommario conciso del documento vengono presentati “gli abusi sadici, di impudente disprezzo e criminalmente sfrenati” che venivano esercitati nella prigione:
* i detenuti erano costretti a togliersi i vestiti e a rimanere nudi per molto tempo;
* i detenuti di sesso maschile e femminile venivano videoregistrati e fotografati nudi;
* i detenuti venivano disposti forzatamente in varie posizioni sessualmente esplicite per essere fotografati;
* i detenuti maschi venivano costretti ad indossare biancheria intima da donna;
* i detenuti maschi a gruppi venivano costretti a masturbarsi, mentre venivano fotografati e videoregistrati;
* i detenuti maschi denudati venivano ammassati a formare una pila di corpi e quindi si saltava loro addosso;
* un detenuto nudo veniva posizionato su una cassa di MRE [pasti pronti all’uso], con la testa dentro ad un sacco, e gli venivano attaccati fili alle dita delle mani e dei piedi e al pene per simulare una tortura con l’uso di elettricità;
* veniva posta una catena con collare da cane attorno al collo di un detenuto nudo e una donna soldato si metteva in posa vicino a lui per una fotografia;
* i detenuti venivano sodomizzati con una torcia elettrica e forse con manici di scopa.
 
Perché questa parte del “dossier Taguba” non compare nel documento del Senato? La sua assenza dimostra che i documenti ufficiali vengono bonificati dalle brutture ed espurgati dei particolari più crudi.
La stampa Statunitense ed internazionale ha resi noti episodi disturbanti di terrore sessuale praticato dalle forze armate USA.
 
Ad esempio, The Associated Press ha riportato che ad un ex recluso, Dhia al-Shweiri, era stato ordinato da soldati Americani di denudarsi completamente, di piegarsi e di appoggiare le mani su un muro; non veniva sodomizzato, ma Dhia esterna tutta la sua umiliazione: “Noi siamo uomini. È tutto OK, se vengo picchiato. Le bastonature non ci feriscono; sono proprio come un vento. Ma nessuno può sopportare di vedere la propria umanità e la propria dignità ridotte a brandelli.”
 
Lo Scozzese “Sunday Herald” ha pubblicato che un ex prigioniero Iracheno asseriva dell’esistenza di foto di un interprete civile che stava picchiando un ragazzo prigioniero; lui precisava: “Loro avevano foderato tutte le porte. Io udivo le urla…e una donna soldato faceva fotografie.”
 
L’“Independent” di Londra riferiva dell’esperienza di Hayder Sabbar Abd, immortalato come l’uomo con il cappuccio nella foto infame di Lynndie England ad Abu Ghraib. Abd asseriva di avere ricevuto l’ordine di masturbarsi, mentre Ms. England “lo obbligava a porre le mani sulle sue mammelle”, dato che lui si rifiutava ; e di simulare una fellatio con un altro prigioniero, in modo che risultasse averlo fatto.
 
Il “Sydney Morning Herald” metteva in evidenza: “A Guantanamo Bay, le donne che interrogavano tentavano di spezzare il morale dei detenuti musulmani mediante toccamenti sessuali, indossando minigonne e mettendo in evidenza la biancheria intima, ed in un caso imbrattando il volto di un uomo Saudita con finto sangue mestruale, in accordo con una disposizione scritta emanata internamente.”
 
La tortura sessuale, su coloro che venivano sottoposti a questi abusi, cercava di conseguire due obiettivi: nuocere fisicamente e produrre sfregi emozionali. Si intendeva stroncare il prigioniero.
Si cercava di infliggergli sofferenze e vergogna, era destinatario di patimenti e doveva provare disgusto di se stesso. La tortura sessuale aveva lo scopo di spezzare la vittima sia dal punto di vista fisico che spirituale, di segnarla sia nel corpo che nella psiche.
 
Con l’elezione di Obama, verosimilmente l’esercito degli Stati Uniti ha cessato l’impiego di tali “tecniche di interrogatorio duro”, ma, visto che a Obama vengono negati i fondi per la chiusura di Guantanamo, possiamo ancora ipotizzare la complicità del Congresso, il fanatismo burocratico dei militari, l’immoralità della CIA e dei contractor privati nella messa in atto di tali metodi inumani.
La portata completa di questi metodi di tortura durante la cosiddetta Guerra al Terrorismo non è stata completamente sviscerata. Ancora non si conosce bene chi all’interno dell’Amministrazione Bush ha approvato l’uso di tali tecniche inquisitorie, e nemmeno chi nell’ambito militare e di intelligence, tanto meno nell’ambiente dei contractor privati, abbia applicato queste tecniche.
 
Dare risposte a queste questioni dovrebbe costituire il primo dovere di ogni inchiesta “ufficiale” sulla Guerra al Terrorismo. Ed un’inchiesta a fondo dovrebbe utilizzare uno spettro di fonti ben più ampio di quelle che a questo momento vengono considerate fonti “ufficiali”.
 
Solo allora il popolo degli Stati Uniti, e anche il nostro popolo Italiano, che partecipa con le sue forze armate ai conflitti in Iraq e in Afghanistan, capiranno cosa è stato fatto “in loro nome”, e, fiduciosamente, come potranno bloccare tutto questo se dovesse nuovamente riproporsi.
 
A proposito dell’Italia! Cosa succede nelle carceri italiane a prigionieri islamici?
Riporto questa lettera di sei detenuti islamici a Macomer (Nu) in Sardegna, trasmessa per la prima volta su facebook da Roberto Di Nunzio, indirizzata alla Associazione Yairaiha onlus di Cosenza. Questa associazione, costituita in data 29 marzo 2006 ai sensi del D. Lgs. 460/97, nasce con fini esclusivamente di solidarietà sociale. In particolare si pone come obiettivi primari la tutela e la difesa dei diritti umani, con particolare attenzione a quelli della popolazione sottoposta a limitazione della libertà e dei minori migranti non accompagnati.
Attività principali svolte: monitoraggio delle condizioni dei migranti detenuti in tutti gli Istituti di reclusione della Provincia di Cosenza con il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche Sociali provinciale ed in collaborazione con l’Associazione culturale multietnica “La Kasbah”;
attivazione di una “casella postale” presso l’Assessorato alle Politiche Sociali della Provincia aperta ai detenuti per segnalazioni di situazioni che richiedono particolare attenzione;
visite ispettive periodiche, assieme a Parlamentari della Repubblica Italiana, negli Istituti Penali Calabresi e nei Centri di Permanenza Temporanea, da cui sono scaturite alcune interrogazioni parlamentari su specifici problemi carcerari.
“Tanti saluti a voi, spero che la mia modesta lettera troverà tutti voi in buona salute.
 
Vogliamo raccontare alla associazione (Yairaiha) gli abusi di potere contro i prigionieri islamici che si verificano al carcere di Macomer (Nuoro) – una piccola Guantanamo nell’isola di Sardegna. Però adesso i prigionieri di Guantanamo stanno meglio di noi che siamo chiusi in questo lager…”
 
20 maggio 2009 - - “Il 4 aprile 2009 sono stato trasferito, con il mio amico Ilhami Rachid, dal carcere di Carinola (Caserta). Quando siamo arrivati in questo carcere, sin dal momento in cui siamo scesi dal blindato, le guardie ci hanno trattato male. A noi, ancora con le manette ai polsi, hanno detto di prendere i nostri sacchi e altra roba. Ho detto alle guardie che con le manette non riuscivo a prendere tutto, in risposta mi hanno messo di forza il sacco sulle spalle trascinato in matricola attorniato da 6 guardie. Il mio amico Rachid si è fermato per chiedere alle guardie il perché di questo trattamento.
 
“La risposta è stata l’aggressione: hanno cominciato a picchiarlo con colpi di pugno sul collo e alla testa; non mi hanno permesso di aiutarlo: hanno trascinato anche lui in matricola con lo stesso nugolo di guardie. Nella perquisizione che ne è seguita loro non hanno rispettato il Corano. In Italia ho già girato sei carceri, mai ho visto un trattamento come questo. Dopo la perquisizione ci hanno portato nelle celle che si trovano in una sezione uguale al 41 bis: isolamento totale, porta blindata chiusa 24 ore su 24, non vediamo nessun’altro prigioniero, solo guardie; anche il cibo ce lo portano le guardie.
“Ogni volta che usciamo dalla cella veniamo perquisiti palpati, ognuno di noi, da due guardie. Anche i vestiti ce li danno contati, di libri ce ne danno solo 5. Al passeggio siamo divisi dagli altri, non possiamo andare con loro, andiamo all’aria solo con quelli della nostra sezione. In questa sezione-lager siamo in 25 prigionieri islamici di diversi paesi del nord-Africa.
“L’8 aprile 2009 sono andato a parlare con il comandante, gli ho chiesto il perché di questo regime e del pestaggio contro Rachid. Lui mi ha detto: questo regime resta così fino a quando arriverà un cambiamento dal ministero!Questa storia è una bugia, perché non c’è nessun carcere in Italia in cui chiudono la blindata 24 ore su 24. Sul pestaggio di Rachid ha detto: “noi non abbiamo picchiato nessuno e quandi picchiamo facciamo molto male”. (Questa la democrazia in Italia?). La posta che entra in questo carcere ti viene consegnata dopo 25 giorni, in ogni altro carcere la ricevi non dopo 4 giorni che è stata spedita. La tengono bloccata.
“Il giorno 4 maggio 2009 con i miei amici abbiamo cominciato lo sciopero della fame, lo porteremo avanti fino a quando non cambiano questo regime: o ci danno i nostri diritti o ci trasferiscono da questo lager.
“Il 2 maggio due amici che dovevano chiamare le loro famiglie sono stati provocati dalle guardie. A un nostro amico una guardia ha detto “voi siete di Al-Qaeda e non conoscete le guardie sarde come picchiano” e altre parolacce. Lo stesso giorno un amico voleva passare il fornello ad un altro attraverso il lavorante, uno di noi, la guardia ha detto al lavorante di non farlo intimandogli di andare in cella. Mentre stava ancora parlando con la guardia, questa ha chiuso la blindata in faccia colpendogli il braccio. Abbiamo fatto subito una battitura di 25 minuti. Per tutto questo tempo e quando è arrivata la banda delle guardie hanno detto al nostro amico lavorante che la guardia non aveva visto il suo braccio. La mattina dopo quando è andato a parlare gli ha detto di voler fare una denuncia. Il comandante gli ha risposto: “Se tu fai una denuncia, io faccio una denuncia contro di te e ti chiudo dal lavoro.
Per davvero ci troviamo davanti ad una banda di “criminali!”. Loro hanno trovato un’isola, nessuno sentirà dei loro abusi di potere, però noi non ci fermeremo mai di scrivere fino a quando tutto il mondo avrà sentito come trattano i prigionieri islamici in Sardegna!
Alla spesa non portano il giornale per noi. Hanno la scusa pronta: il trasporto non arriva fino qui.
Cari amici di Yairaiha, noi abbiamo bisogno del vostro aiuto per pubblicare la nostra storia e vi chiediamo di intervenire per cancellare la nostra sofferenza perché noi siamo isolati dall’esterno, inoltre siamo stranieri.
Grazie mille, a presto.”
 
Amine Bouhrama
Ilhami Rachid
Rabie Othman Saied
Mourad Mazi
Habib Mohamed
Hossin Dgamel
Tartag Samir
Khelili Fath
 
Se il contenuto della lettera corrispondesse a verità, e comunque sappiamo che in alcuni stabilimenti penitenziari non vengono assicurate le garanzie di diritto ai carcerati, siamo in presenza di fatti che devono essere denunciati e meritevoli di una inchiesta pubblica.
 
Per concludere, gli Usa, evidentemente per sfoltire il popolo di carcerati illegali di Guantanamo, hanno chiesto all’Italia di accogliere due tunisini di Guantanamo. Lo apprende l’ANSA. Sono Riadh Nasri e Moez Fezzani. A quanto si sa, l’Italia non avrebbe ancora dato il suo assenso, ma il ministro degli Esteri Frattini ha dichiarato che per l’accoglimento dei prigionieri si prenderanno in esame, caso per caso, le eventuali richieste degli Stati Uniti, sulla base delle regole comuni europee. A questo scopo, il ministro Frattini incontrerà a Roma l’Attorney General (facente funzioni di ministro della Giustizia) degli Stati Uniti, Eric Holder, per chiedere in merito
 
Le eventuali richieste degli Usa di accogliere in Italia ex detenuti del carcere di Guantanamo vanno considerate “innanzitutto con spirito positivo”: questo ha affermato il nostro ministro degli Esteri, parlando a margine del convegno “Crescere tra le righe”.
 
Secondo il capo della diplomazia, si dovrà procedere “ovviamente valutando i singoli casi che non conosciamo, sulla base di un quadro europeo, perché in Europa c’è un regime di libera circolazione, Schengen: e quindi non possiamo prendere una persona e imprigionarla, ci deve essere una regola che permetta agli altri 26 stati di condividere il principio”. Dichiarazione densa di una ipocrisia immensa, pensando a tutti gli aerei fantasma della CIA che hanno scorazzato per gli aeroporti dell’Europa e dell’Italia per trasportare illegalmente e con la forza persone rapite, identificate come possibili terroristi internazionali.