www.resistenze.org - osservatorio - della guerra - 16-06-16 - n. 594

La nuova faccia per il cambio di regime: breve storia dell'interventismo umanitario

Vijay Prashad | counterpunch.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

02/06/2016

Seduto nel suo palazzo presidenziale nel 1991, il presidente iracheno Saddam Hussein e il suo ministro della Cultura Hamad Hammadi redassero una lettera a Mikhail Gorbachev, Presidente dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Hussein e Hammadi speravano che l'URSS avrebbe contribuito a salvare l'Iraq dall'aggressione dell'Occidente. Hammadi, che aveva compreso i cambiamenti che sconvolgevano il mondo, disse ad Hussein che la guerra non era destinata "solo a distruggere l'Iraq, ma a eliminare il ruolo dell'Unione Sovietica, così gli Stati Uniti avrebbero potuto controllare il destino di tutta l'umanità". In effetti, dopo guerra del Golfo del 1991, l'URSS crollava e gli Stati Uniti emergevano come unica superpotenza. Si affacciava l'era unipolare degli Stati Uniti.

Un giubilante presidente degli Stati Uniti George H.W. Bush inaugurava un "nuovo ordine mondiale", e cioè "un mondo in cui lo stato di diritto soppianta la legge della giungla". Sono gli Stati Uniti, lasciava intendere, che vivono secondo lo "stato di diritto" e sono i nemici degli Stati Uniti - "despoti attuali e potenziali in tutto il mondo" - che vivono secondo la "legge della giungla". In questo nuovo mondo, "non vi è alcun sostituto della leadership statunitense", asseriva Bush, e così "di fronte alla tirannide, non abbiate dubbi sulla credibilità e affidabilità americana". I nemici degli Stati Uniti - tiranni e despoti - dovranno affrontare l'intero spettro degli strumenti di dominio dell'esercito degli Stati Uniti. Il predecessore di Bush, Ronald Reagan, aveva già voluto andare contro i "disadattati, pazzi e squallidi criminali" che si oppongano alla politica degli Stati Uniti, ma era stato trattenuto dall'URSS e dalle popolari lotte di liberazione in Africa e in America Latina. Il crollo dell'URSS e l'indebolimento del blocco del Terzo Mondo fornivano agli Stati Uniti una straordinaria opportunità.

La facciata umanitaria

Il successore di George H.W. Bush, Bill Clinton diede all'intervento una patina liberale. Il suo consigliere per la sicurezza nazionale, Anthony Lake, concepì il costrutto di "stati canaglia": i paesi che restano al di fuori "della famiglia delle nazioni democratiche". Esempi di Mr. Lake includevano: Cuba, Iran, Iraq, Libia e Corea del Nord.

Il regime delle sanzioni sotto egida ONU, cercava di indebolire l'Iraq fino al punto del collasso. Nessun pretesto permise all'Occidente di fronteggiare altri paesi fino alla Yugoslavia che invece si scontrò con l'ira dell'"intervento umanitario", il nuovo termine tecnico per il bombardamento occidentale al servizio della protezione dei civili. L'uccisione di 45 albanesi kosovari a Racak nel gennaio 1999 fornì all'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (NATO) il motivo di intervenire. Cina e Russia si rifiutarono di fornire l'autorizzazione all'ONU. Non restava che la NATO, che fece a pezzi la Yugoslavia. Le vecchie regole per preservare la sovranità degli stati - come ad esempio la Pace di Westfalia del 1648 e la Convenzione di Montevideo del 1934 - venivano accantonate. Se l'Occidente avesse deciso che un conflitto richiedeva l'intervento, allora tutta la sua forza poteva esser esercitata sui quelli che indicava come "cattivi". Questo era il succo dell'interventismo umanitario.

Quando un disastro era degno di intervento? Nel 1996, Madeleine Albright, allora ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite, riconosceva che le sanzioni degli Stati Uniti sull'Iraq avevano portato alla morte mezzo milione di bambini. "Penso che questa sia una scelta molto difficile", disse, "ma pensiamo che il prezzo sia valsa la pena". In altre parole, era accettabile consentire a mezzo milione di bambini iracheni di morire in modo da mantenere lo strangolamento sull'Iraq. Questo numero di morti - prossimo alla bassa stima del genocidio ruandese del 1994 - poteva essere tollerato se serviva gli interessi occidentali. Più tardi, quando gli alleati occidentali come Israele e i paesi dei Grandi Laghi africani massacrarono decine di migliaia di persone, non ci fu clamore su genocidio, né interventi. Era chiaro dagli anni 1990 che l'idea dell'intervento umanitario era la foglia di fico per gli interessi occidentali.

Nuovo linguaggio per un intervento

Il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush usò il linguaggio della protezione dei civili nel 2003 per condurre una guerra di aggressione contro l'Iraq. La guerra degli Stati Uniti distrusse le infrastrutture e le istituzioni statali irachene e infranse anche le pretese di intervento umanitario. Il caos che seguì fu rubricato come guerra per il cambio di regime del 2003. L'intervento umanitario sembrava ormai illegittimo, bruciato nel fuoco di Baghdad. I liberali occidentali si affrettarono a rimodulare la dottrina. Si volsero alle Nazioni Unite, istituzione che negli anni 1990 era subordinata agli interessi occidentali.

Sotto lo sguardo di Kofi Annan, l'ONU nel 2005 approvava la nuova idea della responsabilità di proteggere (R2P). Questa nuova dottrina richiede che gli stati sovrani rispettino i diritti umani dei loro cittadini. Quando i diritti vengono violati, allora la sovranità si dissolve. Un attore esterno se sostenuto dall'ONU  può quindi intervenire per proteggere i cittadini.

Ancora una volta, nessuna definizione precisa per qualificare la natura di un conflitto e chi debba intervenire. Il reverendo Miguel d'Escoto Brockmann, presidente dell'Assemblea Generale dell'ONU, ha rilasciato una nota che ha sollevato domande circa la nuova dottrina R2P. D'Escoto ha definito la R2P come un "rinnovato colonialismo" e ha affermato che "una definizione più accurata per la R2P sarebbe il diritto di intervenire". Nonostante la catastrofe in Iraq, non esisteva un clima favorevole alla critica in Occidente. Novantadue stati dell'ONU - tra cui Brasile, India e Sudafrica - parlarono a favore della R2P. Messico, India ed Egitto hanno sollevato il timore del rischio di una coercizione unilaterale, ma si sono riseduti ai loro posti quando fu ricordato che R2P richiedeva l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Non agire nel caso dei puntuali bombardamenti israeliani di Gaza attirava diverse osservazioni da parte degli Stati membri durante il dibattito intorno R2P. La delegazione di Singapore suggerì che "il giudizio se un governo ha fallito nella sua responsabilità di proteggere deve essere preso dalla comunità internazionale, senza timore o favore'", uno standard difficile da mantenere data morsa dell'Occidente sulle istituzioni dell'ONU. L'avvertimento del Rev. Brockmann è rimasto inascoltato e l'interventismo umanitario è rimasto nell'arsenale dell'Occidente.

Il test per la R2P non venne durante i bombardamenti israeliani di Gaza nell'Operazione Piombo Fuso (2008-09), a seguito della quale un rapporto ONU evidenziava elementi di prova di crimini di guerra. Venne qualche anno più tardi in Libia. Una rivolta contro il governo libico nel febbraio 2011 forniva l'opportunità di testare R2P. Durante la guerra jugoslava, l'esercito di liberazione del Kosovo aveva messo in chiaro che avrebbe usato i suoi combattenti in modo strategico in modo da provocare una risposta da parte dell'esercito jugoslavo: il massacro di civili sarebbe stato il modo più efficace per far schierare la forza aerea occidentale dalla sua parte e volgere il conflitto a suo vantaggio. I ribelli in Libia (e poi in Siria) fecero più o meno la stessa valutazione strategica. Se avessero suscitato la violenza dello stato, allora avrebbero potuto far valere il loro diritto alla protezione internazionale. Questo poteva funzionare solo - come attesta il caso palestinese - se l'avversario dei ribelli era un nemico dell'Occidente. Incoraggiati dai francesi e dagli arabi del Golfo, gli Stati Uniti hanno spinto il Consiglio di sicurezza ONU a benedire il loro intervento con una risoluzione R2P. Questo è quanto si è verificato in verità. La NATO si precipitò a tramutare la protezione dei civili con un cambiamento di regime. Washington celebrò il successo dell'intervento, non per il bene della Libia ma per il bene dell'intervento umanitario. Alla fine, l'idea era stata salvata.

Prevenire atrocità di massa

Nel mese di agosto 2011, il governo degli Stati Uniti hanno istituito un consiglio di prevenzione delle atrocità (APB) per raccogliere informazioni sui potenziali crimini di massa. L'APB ha cercato di guidare la narrazione di ciò che varrebbe come un'atrocità e quando l'Occidente dovrebbe intervenire con la benedizione dell'ONU. L'APB non è stato in grado di fare il suo lavoro in modo efficace. Quello che è apparso come un intervento di successo in Libia è stato visto in Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica - i BRICS - come un pericoloso precedente. L'ambasciatore indiano dell'epoca presso l'onu, Hardeep Singh Puri, ha detto all'inizio del 2012 che l'esempio della Libia avrebbe impedito qualsiasi risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU sulla Siria. I paesi BRICS hanno ora capito che la protezione dei civili in realtà significa cambiamento di regime il cui esito è orrendo. In altre parole, l'esempio della Libia ha rivelato che il Rev. Brockmann aveva ragione e ha visto l'emergere della nuova era del multipolarismo.

I critici dell'intervento umanitario non sono insensibili agli orrori della guerra e del genocidio. La sovranità non può essere uno scudo per il massacro di civili. Eppure, allo stesso tempo, i sostenitori degli interventi vedono dispiegarsi disastri e attendono fino all'ultimo minuto, quando un'operazione militare diventa necessaria. Non vogliono riconoscere la necessità di riforme a lungo termine per evitare l'escalation del conflitto in fase genocida.

I critici temono che l'intervento umanitario nelle sue varietà occidentali ignori le cause e produca risultati terribili. Signor Puri avverte, in un libro di prossima pubblicazione, di interventi pericolosi, vale a dire azioni militari che portano al caos e a maggiore sofferenza. Potrebbe esserci altri interventi che non siano pericolosa? Il Rev. Brockmann ha suggerito che un antidoto alle atrocità di massa potrebbe venire dalla riforma finanziaria globale, la redistribuzione della ricchezza e la riforma del Consiglio di Sicurezza dell'ONU. La violenza, ha sostenuto, è un risultato della disuguaglianza. La R2P non ha protetto i civili dagli attacchi dei cavalieri dell'apocalisse del 21° secolo: l'analfabetismo, la malattia, la povertà, la disoccupazione e i problemi sociali. Questi sono gli istigatori delle crisi. Le bombe non li possono sconfiggere.


Resistenze.org     
Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support Resistenze.org.
Make a donation to Centro di Cultura e Documentazione Popolare.