José Reguera | nuevo-rumbo.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
16/10/2021
Settembre 2021. Un altro mese, un'altra crisi diplomatica. La stampa mondiale fa eco; la stampa europea e cinese è in allerta; soprattutto la stampa francese tira fuori le sue migliori perle. Il motivo: l'acquisto di sottomarini nucleari da parte del governo di Scott Morrison in Australia. La vera ragione: il controllo del più grande oceano del mondo, dove le grandi potenze hanno territorio e aspirazioni.
Ed è in quei giorni che vengono formalizzati gli accordi di AUKUS. Nel caso in cui qualcuno sia ancora confuso dagli acronimi, stiamo parlando di Australia (A), Regno Unito (UK) e Stati Uniti (US). Abbiamo a che fare con un nuovo patto militare - "sicurezza", come amano chiamarlo nei circoli diplomatici - che include la cooperazione in capacità militari sottomarine, nuove tecnologie, intelligenza artificiale, cybersicurezza e diversi altri nuovi strumenti utilizzati nella guerra, convenzionale o meno.
I primi risultati del patto sono arrivati. Gli Stati Uniti e l'Australia stanno forgiando legami più stretti e, nel processo, rafforzano la loro posizione nel Pacifico. Il Regno Unito volta la faccia all'Europa e guarda ai paesi con cui condivide legami culturali e organici - vale la pena ricordare che in Australia il ruolo di capo dello stato appartiene ancora alla monarchia britannica, cioè la regina Elisabetta II. La Francia sta facendo i capricci dopo aver visto il governo australiano rompere un contratto da 56 miliardi di euro in base al quale i francesi fornivano diversi sottomarini. La Cina, naturalmente, guarda con preoccupazione all'alleanza forgiata nel suo vicinato, un'area nella quale aspira a rafforzare la sua influenza.
Sono pezzi importanti di una partita di scacchi globale a più facce. Una partita in cui, tuttavia, dalla scomparsa della cortina di ferro, l'Atlantico sta perdendo importanza, con lo spostamento dell'azione in altre regioni del pianeta. La crisi del 2008 ha certificato definitivamente il declino dell'Unione Europea, impantanata nelle sue stesse contraddizioni e nella lotta tra le diverse borghesie nazionali che abbiamo potuto osservare così bene con i grotteschi negoziati tra gli stati membri sui fondi europei per le pandemie, il vergognoso calare le brache davanti alle case farmaceutiche o lo "spettacolo" che è stato messo in scena con la Brexit stessa. Invece, è stata la Repubblica Popolare Cinese ad emergere come il principale concorrente per rovesciare gli Stati Uniti come principale potenza mondiale imperialista.
È importante proprio notare l'aggettivo "imperialista". Perché non si tratta solo del fatto che gli Stati Uniti hanno il gusto di invadere i paesi. Non è solo il fatto che la Francia pianga per l'annullamento di un contratto che rappresentava un quinto del suo PIL, che il Regno Unito cambi alleanze a piacimento - come tutti, anche se più rapidamente ed evidente - o che entrambi i paesi europei abbiano "comunità d'oltremare" (in breve, colonie) e zone economiche esclusive nella zona calda del globo per le quali temono. Si tratta anche di come la Cina cerchi patti militari ed economici internazionali, modi di esportare capitali e nicchie di mercato per i propri monopoli, che, sia pubblici che privati, rimangono ugualmente orientati al mercato. Ciò che è in gioco in questa nuova "guerra fredda" non sono due diversi modelli di società, ma quale gallo avrà la meglio. Il patto AUKUS è l'ultima mossa in questa disputa. E in questa disputa, gli interessi dei lavoratori non ci sono né sono previsti.
Un ultimo avvertimento ai nostri lettori: diffidate di coloro che, da un presunto "progressismo" o addirittura "comunismo", vi invitano a sostenere l'una o l'altra parte nella lotta. Negli ultimi anni abbiamo visto come alcuni di questi settori sostengono teorie che difendono la potenza aspirante, rappresentata come il male minore e secondo alcuni anche come una vittima, contro la potenza egemone - gli Stati Uniti - rappresentata come il male maggiore. Alcuni di loro - certi presidenti progressisti, per esempio - sostengono infatti che la soluzione è... avere più potenze egemoniche allo stesso tempo per bilanciarsi a vicenda; in altre parole, che la soluzione è più imperialismo, più di quello che c'è ora. La domanda è di rigore: vogliamo davvero assistere alle turbolenze che saranno causate da queste diverse potenze imperialiste egemoniche che si "bilanciano"?
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