Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
19/06/2023
Tra il solenne "ritorno della tragedia nella storia" di Emmanuel Macron da sua dichiarazione del febbraio 2022 e un'Ucraina proclamata faro di libertà di fronte alle barbare dittature; tra il senso delle necessità attuali e il rifiuto, le perplessità della Francia a fornire munizioni e armamenti all'Ucraina, non si sa bene da che parte stare.
Per comprendere queste inversioni di rotta e questi dubbi da parte delle classi dirigenti francesi, dobbiamo allargare il nostro quadro analitico e capire le manovre della borghesia francese alla luce delle alleanze e delle contraddizioni intraeuropee.
Innanzitutto, è sempre necessario conoscere le posizioni dei monopoli francesi per comprendere le posizioni dello Stato francese e di Macron.
La Francia è il terzo investitore straniero in Russia e il primo come datore di lavoro, ma sta facendo anche la sua parte, mentre la sua presenza nel Mar Nero e nel Mediterraneo è stata recentemente rafforzata, in concorrenza con la Turchia e in alleanza con la Grecia, l'Italia e la Romania. La Romania occupa una posizione privilegiata, con la foce del Danubio e un'ampia costa sul Mar Nero, con le basi francesi (sotto la copertura della NATO), con l'industria francese e i piani di sviluppo dei suoi porti. La Romania, ad esempio, ha appena ricevuto batterie antiaeree MAMBA dalla Francia (e Patriots statunitensi) e corvette Gowind, mentre 2 miliardi di missili francesi MBDA sono appena stati venduti alla Polonia e un progetto per nuove navi da guerra è in corso con Grecia e Italia.
Mentre l'Unione Europea rimane uno strumento per le varie oligarchie finanziarie nazionali europee, lo Stato francese sta cercando da alcuni anni di assicurarsi il ruolo dirigente di tale strumento. La borghesia francese vuole guidare un'Europa borghese militarizzata, in grado di condurre guerre a proprio nome: il desiderio di creare un esercito francese superiore agli altri Stati e come centro di un esercito europeo, il trasferimento di massicce forze militari nazionali in Polonia o Romania, con un'esplosione dell'attività dei principali monopoli militari francesi come Dassault o Thalès, le classi dirigenti francesi vedono con favore la dinamica della balcanizzazione dell'Ucraina. È in questa necessità materiale, in questa costrizione a valutare il proprio profitto nazionale nei crescenti conflitti inter-imperialistici, che si possono comprendere le posizioni della Francia sui contratti di armi.
Veniamo ai fatti e prendiamo il più ovvio. Lo scorso aprile, il ministro degli esteri ucraino, Dmytro Kouleba, ha deplorato l'incapacità dell'Unione Europea di concordare contratti finanziari su larga scala per sostenere il governo Zelensky nella guerra.
Qual è stato il punto critico?
Un accordo che impegna un primo miliardo di euro da parte degli Stati membri verso i vari monopoli europei delle armi coinvolti nel conflitto. Il problema di questo miliardo di euro è chi lo riceve. La Francia ha difeso una posizione di ferro: solo le industrie europee potevano avere diritto al cachet, in contraddizione con altri Stati borghesi come la Germania, che possedeva un grande gruppo monopolistico di produzione di munizioni: Rheinmettal. Il gruppo tedesco e il suo Stato sono molto più favorevoli a continuare ad aprire catene di produzione e di distribuzione al di fuori dell'Europa, come in Australia e in Corea del Sud, dove ha filiali e partnership che sono interessate dal primo miliardo dell'Unione Europea.
Su scala economica, la contraddizione è evidente.
I monopoli francesi delle armi hanno capito chiaramente che il loro importante ruolo nella militarizzazione dell'Europa gli consente di usare il veto contro i monopoli tedeschi. Questa pressione funziona a tempo (più a lungo si blocca l'accordo, meno profitti si ottengono per i monopoli europei) e avvantaggia la borghesia francese in due modi: limitando il campo d'azione degli strumenti finanziari imperialisti come la Banca Europea, al fine di concentrare e aumentare il valore del capitale coinvolto nel conflitto ucraino, e anche, questa volta, affermando politicamente la sua posizione di leadership nell'Unione Europea del capitale.
Un impegno militare in Ucraina non ha alcun senso umanistico per le classi dirigenti francesi, e i fatti non mentono: esse vogliono impegnare il loro complesso militare-industriale solo a condizione di avere una posizione politica di primo piano e di poter approfittare del nuovo pantano prodotto e mantenuto dal 2014 dal blocco imperialista occidentale e dalle sue tensioni interne, e di approfittare dei massimi profitti che questa guerra permetterebbe con l'esplosione della produzione dell'industria militare francese ed europea.
Se la diplomazia dello Stato francese è quindi soggetta a rovesci, questi non sono semplicemente il risultato di una maldestrezza, ma di una maturazione a lungo termine: aumentare e consolidare una posizione dominante nell'Unione Europea del capitale in funzione delle fluttuazioni.
Se Dmytro Kouleba non sbaglia a rammaricarsi del fatto che "per l'Ucraina, il costo dell'inazione si misura in vite umane", non sbagliamo nemmeno noi ad affermare che non ci sono misure in termini di vite umane per le classi dirigenti europee, ma solo misure in termini di profitti e carne da macello per massimizzarli.
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