www.resistenze.org - osservatorio - economia - 13-02-20 - n. 739

Il progetto della borghesia

Redazione NU, Nuova Unità n.1 * | nuovaunita.info

febbraio 2020

Dalla deindustrializzazione al capitalismo 4.0: obiettivi economici della borghesia lombarda e il suo attacco frontale al comunismo

Nell'ennesima fase in cui il calo del saggio di profitto obbliga il capitalismo a cambiamenti radicali nella struttura produttiva e, quindi, nell'organizzazione del lavoro, i comunisti devono capire per primi come il capitalismo si sta ristrutturando per poter agire e non alienarsi dalla realtà e dalla classe di riferimento. Le condizioni materiali di vita determinano le forme assunte da diritto, politica, filosofia, arte, religione… quindi la realtà economica è la sola che vale la pena di studiare. Marx anticipava il concetto di primato dell'economia su ogni altro ambito della vita. Se il nostro scopo è combattere e sconfiggere il capitalismo, e non possiamo farlo senza l'antagonista di classe, ossia senza i lavoratori, e poiché il capitalismo occulta lo sfruttamento, scambiando per relazione tra cose e merci i rapporti fra gruppi umani, i rapporti di forza fra classi (feticismo della merce), per essere utili ed efficaci dobbiamo comprendere come il capitale progetta l'organizzazione produttiva, per capire come sfrutterà il lavoro e quindi come i comunisti devono attrezzarsi per capire e combattere uno sfruttamento di tipo nuovo. Non averlo compreso in passato e non aver agito di conseguenza ha determinato l'attuale sconfitta.

A questo scopo la storia del Nord-Ovest milanese è esemplare

Era un'area di insediamento della grande industria (l'Alfa Romeo e la raffineria più grande d'Europa ne sono solo gli esempi più conosciuti). Era un'area fortemente politicizzata e sindacalizzata e, addirittura, radicalizzata  (erano presenti nel territorio cellule BR all'Istituto Tecnico Industriale Cannizzaro di Rho, all'Alfa Romeo di Arese, di Bollate era il Bonisoli che fece parte della cellula che attaccò la scorta di Aldo Moro, persino l'oratorio di Pero era un laboratorio politico di estrema sinistra con un prete estremista ed era frequentato da figli di operai dei grandi insediamenti industriali della zona e che aderirono ad organizzazioni extra parlamentari o di lotta armata).

Lo smantellamento di queste due aree produttive è questione cruciale che non abbiamo saputo veder per tempo, analizzare e quindi contrastare efficacemente. La deindustrializzazione del nord-ovest milanese rappresenta un momento centrale di raccordo fra le scelte neoliberiste del capitalismo mondiale e l'attuazione di tale modello da parte del capitalismo italiano. Evidentemente una storia che parte da lontano. Una storia che è la realizzazione della strategia del capitalismo mondiale con tappe chiare e rintracciabili; una storia che inizia con la decrescita dei tassi di profitto industriali negli Usa dagli anni '70 e la crescita del petroldollaro. È il momento il cui capitale decide che è più conveniente spostare gli investimenti dall'economia reale a quella finanziaria e gli interventi legislativi a livello globale sono immediatamente conseguenti: nel 1979 la deregulation finanziaria determina la riaffermazione del modello liberista, l'inizio della fase delle liberalizzazioni e della distruzione del Welfare State là dove esisteva.

Intanto l'imperialismo (Vietnam) crea il suo abisso finanziario che provoca la crescita incontrollata del Debito Pubblico cui gli USA reagiscono iniziando a stamparsi la moneta fuori da ogni vincolo. Le conseguenze non si fanno attendere: speculazione su cambi valutari e sempre più voglia dei grandi capitali di investire in finanza. Negli anni '80, con il modello socialista ormai in crisi, si realizza l'egemonia economica e culturale degli Usa in un mondo sempre più unipolare e privo di alternative sistemiche: edonismo reaganiano e yuppismo italiano, il modello "Milano da bere" promuovono una crescita con ulteriore indebitamento pubblico e privato.

Intanto in Italia nel 1981 si realizza il divorzio fra Tesoro e Banca d'Italia con un'ulteriore crescita Debito Pubblico, una decrescita dei tassi di profitto industriali e una crescita degli investimenti finanziari speculativi. Il capitalismo era chiaramente cambiato. Gli servivano quindi leggi per assecondare l'ulteriore concentrazione della ricchezza. Quindi attacca il Debito Pubblico e costruisce l'idea che il Debito possa essere ridotto e controllato solo attraverso la distruzione del Welfare e l'affidamento dei servizi alla gestione privatistica "più efficiente e meno costosa per la collettività"; ha bisogno di liberare capitali per le speculazioni e lo fa costruendo l'idea di un nuovo modello urbano che necessita della deindustrializzazione per aumentare la qualità della vita della collettività; tenta la strada delle delocalizzazioni.

Il vero obiettivo è la distruzione della fabbrica e del lavoro garantito da diritti, troppo costoso per una borghesia accaparratrice, la distruzione della coesione di classe, perché la sua parcellizzazione, oltre che indebolire progressivamente le sue possibilità di lottare, faranno prevalere la cultura individualista e qualunquista, ossia il mare in cui il liberismo può spadroneggiare.

Non è casuale la sequenza degli eventi: settembre 1980 crisi della Fiat con 15000 licenziamenti (mobilità) e sconfitta sindacale con cui inizia la fase discendente per il movimento operaio; 1985 il PCI e la CGIL vengono sconfitti nel referendum sulla scala mobile; nel 1987 l'Alfa Romeo passa dallo Stato alla Fiat e i lavoratori da 18000 diventano 4000.

Intanto si sviluppava il dibattito intellettuale. In quegli anni alla Statale di Milano si discuteva ancora negli storici cortili e nelle aule occupate: studi come quelli di Sapelli "Sul capitalismo italiano" o "Cleptocrazia" palesavano il concetto di capitalismo italiano come capitalismo straccione e parassitario abituato ad appoggiarsi allo Stato con la collettivizzazione del debito privato e anticipavano l'inchiesta Mani Pulite.

Eravamo perfettamente in grado di comprendere che la costante della politica industriale in Italia era il rapporto industria/politica. Capivamo tutto sui bassi saggi di profitto industriali che necessitavano di una riduzione dei costi per liberare i capitali e destinarli agli  investimenti finanziari; sapevamo che la politica non avrebbe fatto altro che assecondare con leggi questo processo di deindustrializzazioni garantendo la terziarizzazione, le delocalizzazioni, le esternalizzazioni; dicevamo altrettanto chiaramente che l'obiettivo del capitale era la distruzione del lavoro produttivo, la parcellizzazione del mondo del lavoro, che la politica e leggi avrebbero assecondato la borghesia perché lo Stato è borghese ed è strumento della classe dominante. Ma la borghesia è stata più capace di noi, già divisi e marginali e, da lì a breve, privi di ogni riferimento organizzativo nazionale e internazionale. E la borghesia iniziò il suo attacco senza trovare alcun ostacolo.

Nel 1990 Amato, per ridurre il Debito Pubblico, sdoganò privatizzazioni, ticket sanitari, ICI, blocco delle assunzioni e aumento dell'età pensionabile. Intanto nel 1989 crollava il Muro di Berlino, nel 1990-91 crollava l'URSS, nel 1991 chiuse i battenti il PCI, nel 1992 firmarono il Trattato di Maastricht.

L'obiettivo principale di Maastricht fu da subito la stabilità dei prezzi che implicava chiaramente l'abbattimento dell'inflazione; per contrastare l'inflazione era necessaria una decrescita dei consumi e quindi il blocco salari; per evitare gli aumenti salariali era necessario distruggere la possibilità di lotta da parte dei lavoratori: alla borghesia servivano leggi per distruggere il lavoro stabile e la collaborazione sindacale. Infatti nel 1993 passa la concertazione sindacale, nel 2003 la Legge Biagi, nel 2014 il Testo unico sulle rappresentanze.

L'attacco alla libertà sindacale e al diritto di sciopero è frontale perché è l'unico strumento dei lavoratori per attuare la lotta di classe, come ci disse Gramsci "gli operai non devono dimenticare mai che dai padroni otterranno sempre per quanto saranno forti". I dati del 2010 ci dicono che gli scambi mondiali per merci e servizi hanno un valore di 19.500 miliardi di $ mentre transazioni finanziarie sono di 3,6 miliardi di dollari (un valore di 200 volte superiore!). Ma i soldi che vanno all'economia finanziaria vengono comunque dall'economia produttiva: le merci producono denaro che va alle banche che danno capitale da prestito. Marx ci diceva che il denaro fabbrica denaro.

Quindi a chi chiede buone leggi (tutti indignati e riformisti) dobbiamo rispondere che "non sono le leggi a determinare i rapporti sociali ma i rapporti sociali a determinare le leggi " (Gramsci). Non servono buone riforme ma togliere il potere economico al capitale.

Ora, 2019, nel nord-ovest milanese, al posto delle grandi fabbriche, abbiamo: uno dei centri commerciali più grandi d'Europa, logistica e terziario, lavoro precario e senza regole, il 20% delle case di proprietà delle famiglie dei lavoratori sono finite all'asta, un tasso di abbandono scolastico al 4% e in crescita, un'evidente proletarizzazione del ceto medio con fenomeni di radicalizzazione politica attestati sul populismo leghista e neofascista. Abbiamo partiti comunisti divisi e marginali, sindacati padronali che assecondano mobilità e licenziamenti, sindacati di base troppo impegnati a difendere il proprio orticello e incapaci di incidere. Il capitalismo ha conseguito il suo obiettivo.

Ma tutto ciò non basta. È necessario dare il colpo di grazia. Il capitalismo non è certo buonista come certa sinistra…  Ed ecco il nuovo cambiamento: il capitalismo 4.0, industria 4.0, smart economy, Internet of things. Un uovo modello di produzione e gestione aziendale. Non è la robotica. L'ignoranza dei comunisti rispetto a questo tema non è tollerabile per chi pretende di occuparsi di lavoro e lavoratori.

Il Mise definisce l'industria 4.0 come "macchinari connessi al web, analisi delle informazioni ricavate dalla rete e direttamente dai consumatori per gestire flessibilmente il processo produttivo". In pratica, dalla rete arrivano informazioni su gusti e ordini, si analizzano punti di forza e debolezza della produzione, si adatta attraverso l'informatica in tempo reale la produzione al mercato.

Ansip, vice presidente della commissione europea per il digitale afferma: "l'Ict è il settore che cresce di più, il mondo sta andando online, dobbiamo avere connettività globale per creare crescita sostenibile, dare forza a start up e pmi; l'economia digitale renderà il mondo più equo, con maggiore inclusione sociale e più ricchezza a lungo termine per tutti". Nel 2018 i dati Iulm dicono che: "solo il 20% delle aziende italiane dichiara l'effettiva adozione di soluzioni di Intelligenza Artificiale, uno scenario di scarsa consapevolezza su cos'è: sul fatto che intelligenza artificiale è l'abilità dei computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana; applicata alla produzione rappresenta una nuova rivoluzione non solo industriale ma anche sociale e umana".

In Italia sembra evidenziarsi una carenza di risorse economiche da destinare all'industria 4.0  a causa di una struttura produttiva storicamente parcellizzata e fondata su pmi, a causa di una carenza tecnologica cronica e di personale adeguato. Quindi si rischia di avere un sistema a due velocità "AI-Divide": poche grandi imprese affronteranno questa trasformazione e troppe imprese pensano invece che non sia adatta a loro.

Intanto Confindustria ringrazia il Governo: "grazie al Governo e al Piano Impresa 4.0 (credito d'imposta per chi investe) avremo un forte aumento nei comparti strategici industria, building, energia e infrastrutture" (tutti settori ad alta intensità di capitale) e chiede al Governo nuovi finanziamenti per infrastrutture e per creare il Piano Impresa 4.0 nel settore delle costruzioni al fine di realizzare Edificio Sostenibile 4.0, ossia un passo verso la "città elettrica del futuro".

Arrivano anche i primi dati: le imprese che hanno adottato il modello 4.0 hanno avuto una crescita di fatturato del 58% ma l'86% delle imprese segnala difficoltà a reperire ingegneri e tecnici e segnala difficoltà nel mantenere i livelli occupazionali del personale non qualificato. In Italia (dati Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano) a giugno del  2018 l'industria 4.0 era in crescita del 30% e in Lombardia la sua maggiore localizzazione (guarda caso con immediata recessione occupazionale pari a -1%).

Ancora una volta il nord-ovest milanese sarà il laboratorio in cui la borghesia sperimenterà le sue nuove forme di accumulazione. Un laboratorio progettato fin dal 1996 dal "celeste" Formigoni su mandato di "poteri celestiali invisibili": Malpensa, il polo fieristico Rho-Fiera, Expo, Il centro commerciale di Arese, il futuro "mall" (centro commerciale camuffato da un nuovo nome visto che i centri commerciali sono in crisi in tutto il mondo) di Cascina Merlata, il post Expo con Mind (Milano Innovation District), chilometri di rete stradale, Alta Velocità, prolungamento della metropolitana.

A fronte di tutta questa "celestiale bellezza" in tre mesi sono aumentate le crisi industriali improvvise e le "crisi" di aziende sane. Un esempio? L'Ex Iveco, ora Cnh Industrial di Pregnana Milanese, multinazionale del gruppo Exor (famiglia Agnelli) che chiuderà nel 2020 lasciando a casa 300 lavoratori oltre i lavoratori delle 40 società in appalto e delle 110 aziende dell'indotto. Chiuderà pur essendo considerata un modello per produttività, organizzazione e utili. Chiuderà perché gli Agnelli hanno deciso, con il piano "transform 2 win", di centralizzare la produzione a Torino dove investiranno in industria e logistica 4.0 e, grazie ai finanziamenti Ue e al sostegno di Trump all'agricoltura statunitense, investiranno nel green e macchine agricole.  I lavoratori italiani coinvolti nella riorganizzazione saranno 17.000 e almeno 700 i licenziati perché non qualificati per il nuovo modello industriale. 

Nelle numerosissime assemblee pubbliche tenutesi dal 2017 in poi ci è stato detto: "l'area Expo sarà il laboratorio sociale di tutti i cambiamenti 4.0. Infatti diventerà "Parco della scienza e dell'innovazione" sul modello della Silicon Valley. Il tutto sarà gestito da progetto MIND, Milano Innovation District di Lenlease (società australiana che fattura 50 miliardi di euro anno e ha ottenuto una concessione di sfruttamento su area expo per 99 anni; dovrà gestire 1.000.000 mq dentro Expo di cui 250.000 mq. a suo piacimento). È uno sviluppo privato dell'area e il privato è svincolato dalle procedure del codice d'appalto e quindi sarà tutto più facile da gestire per i privati che vogliono insediarsi. Ma Mind avrà successo solo se il territorio asseconderà lo sviluppo e quindi servirà intercettare le PMI del territorio e il territorio dovrà fornire le competenze (scuole).  Tutte le scuole dovranno collaborare (Rho ha tutti gli indirizzi delle scuole superiori). Dentro Mind ci promettono 50.000 posti di lavoro nuovi ma il territorio dovrà fornire competenze adeguate; inoltre arriveranno 60.000 persone al giorno che dovremo far insediare nel territorio rendendolo attrattivo. In Mind si insedieranno nuove multinazionali e migliori lavoratori che potranno insediarsi nel territorio se lo stile di vita che sapremo offrire sarà attraente. Mind sarà un ecosistema dell'innovazione e delle scienze della vita di livello internazionale. Bisogna investire e il pgt non dovrà essere un ostacolo. Ad oggi l'area industriale di via Risorgimento - che ha 173 fabbriche con 3300 lavoratori - ha pgt a bassa trasformabilità; bisogna cambiarlo per poter cambiare la destinazione d'uso dei capannoni in commercio, ricettivo, indifferenza fra le attività, terziario, attività innovative 4.0 e anche attività temporanee. La popolazione mondiale ha un trend in crescita ma è in declino la capacità di crescita economica e c'è un aumento dell'età media; quindi bisogna migliorare la qualità della vita".

Il Presidente del Consiglio di Regione Lombardia ha affermato: "Rho è l'asse di sviluppo strategico dell'economia italiana, come previsto da Piano Formigoni del 1996 (Malpensa, Fiera, Expo, Parco scientifico); l'Alfa Romeo e la raffineria sono crepate ed è finalmente entrata la luce".

Ma vediamo "le magnifiche sorti progressive" in che cosa consistono. Il post Expo prevede, nel Parco della scienza, l'insediamento di:

Human Technopole, un centro di ricerca sulla qualità della vita (7 ambiti di ricerca: genetica, dna, neurologia, alimentazione, sociologia e trasformazioni sociali…) e porterà almeno 1500 ricercatori reclutati in UE;

Università Statale, attualmente distribuita su 13 poli, verrà raggruppata in 3 poli (Festa del Perdono, Città Studi, Expo). In Expo verranno 47 corsi di laurea con 20000 studenti e 2000 prof e ricercatori. Scienze for Citizen formerà i migliori studenti che troveranno immediatamente lavoro nell'industria 4.0 o nelle multinazionali dell'area;

L'Ospedale Galeazzi si trasferirà totalmente in Expo (sia ospedale che centro ricerca) in nuova struttura di 6 piani. Porterà: 1500 posti letto, 1000 lavoratori di personale ausiliario, 700 medici, 500 ricercatori, 5000 utenti al giorno. Ovviamente è gestito da una fondazione privata;

Multinazionali prevalentemente chimiche, farmaceutiche e alimentari: alcune hanno già opzionato terreni in Expo e saranno tutte collegate a ricerche di Human Technopole, Università e Galeazzi.

Il Post Expo avrà un impatto per 7 miliardi di euro di investimento, con ampliamento delle aree residenziali, dei servizi alle imprese, dei servizi alla persona e ricreativi e nuove infrastrutture con miglioramento della viabilità e dei mezzi pubblici. Ovviamente i Sindaci dell'area, indipendentemente dal colore politico, sono trasversalmente entusiasti. Il Sindaco di Rho (PD) dichiara: "obiettivo: post expo deve essere grande opportunità di trasformazione del territorio e Rho deve saper cogliere l'opportunità diventando area di stanziamento stabile dei nuovi lavoratori e studenti (non seguire esempio di Città Studi che di sera è zona morta). Via Risorgimento (zona industriale) non deve essere una barriera a questo sviluppo, non deve essere una barriera tra post Expo, Rho e Arese ma deve diventare un grande boulevard che unisce il post Expo a Rho e al centro commerciale di Arese e al centro commerciale di Cascina Merlata (fra Pero e Milano)".

Dichiarazione di Assolombarda: "Le aree da trasformare sono Ex Alfa Romeo, Cascina Merlata, post Expo, Bovisa e lo Scalo Farini. Bisogna creare infrastrutture a carico del pubblico e far riferimento al documento di Assolombarda "Il futuro del lavoro" per assecondare crescita. Ogni giorno arriveranno a Rho 60000 persone (oggi ha 50000 residenti) e quindi fuori Expo l'ambito trasformabile dovrà essere su 5 comuni con 3.000.000 mq per nuove costruzioni, terziario e residenziale. Bisogna investire in mobilità, scuola, tempo libero, sport, socialità, immobili residenziali. Bisogna aumentare la qualità urbana. Il progetto si svilupperà fra il 2018 e il 2023".

Alla domanda: "ma se la zona industriale di via Risorgimento dovrà diventare un grande boulevard dove finisce il lavoro?" Non otteniamo nessuna risposta se non "il lavoro non è competenza dei Comuni". E invece noi sappiamo cosa succederà e la nostra pratica politica lo conferma immediatamente.

Alla prima giornata di apertura dello "Sportello Lavoro Rhodense", servizio che abbiamo inaugurato proprio nell'autunno in collaborazione con altre organizzazioni sindacali e politiche del territorio nell'ambito del coordinamento di lotte del Nord-Ovest Milanese, servizio che abbiamo voluto perché coscienti che la situazione lavorativa peggiorerà velocemente, immediatamente si sono presentate lavoratrici di un'azienda francese in via Risorgimento che chiuderà a breve. L'impresa ha deciso di accentrare la produzione in Francia sviluppando il modello 4.0 (grazie a finanziamenti UE e del governo francese) e quindi abbandonerà l'Italia licenziando e risparmiando. Inoltre il proprietario del capannone in cui l'impresa è attualmente localizzata sembra essere molto contento della decisione perché potrà finalmente vendere l'area a impresa ricettiva multinazionale. Sessanta lavoratori dequalificati italiani saranno disoccupati, l'azienda accentrerà la produzione in madrepatria grazie ad investimenti pubblici che le consentiranno di riconvertirsi in modello 4.0 e aumentando gli utili, a noi resterà l'ennesimo grande hotel con lavoro a chiamata per giovani che si abitueranno al precariato perenne.

Il progetto sociale della borghesia

D'altro canto la borghesia lombarda ha già presentato il suo piano pubblicamente. A maggio 2018 Assolombarda ha presentato alla regione Lombardia "Il futuro del lavoro", libro bianco sul lavoro. Non è un libro di ciò che gli imprenditori desiderano ma di ciò che ordinano alla politica di fare, di ciò che dovrà essere il futuro del lavoro, ma non solo. È stato definito il Main Kampf della borghesia lombarda. In sostanza la borghesia dichiara chiusa la fase delle delocalizzazioni in questa nuova fase della globalizzazione, in cui il mercato interno del lavoro, totalmente ormai deregolamentato, offre migliori opportunità di sfruttamento in patria perché maggiormente qualificato e adatto a sfruttare l'occasione della rivoluzione 4.0.

Nell'organizzazione del lavoro dell'industria 4.0 non esiste più l'orario di lavoro e il luogo di lavoro, il salario non è più rapportabile al tempo e al luogo in cui il lavoratore viene usato ma solo alla performance del lavoratore, alla sua individuale abilità e utilità per l'impresa. Il mercato del lavoro dovrà essere caratterizzato da un nuovo concetto di stabilità "non più basata sul posto di lavoro ma sulla costruzione di carriere discontinue". Ma il piano della borghesia lombarda va oltre l'impresa. Il libro bianco presenta un quadro chiaro del progetto sociale della borghesia.

L'invecchiamento della popolazione comporterà forti pressioni sulla sostenibilità del welfare che non potrà più essere universale ma necessariamente aziendale, la contrattazione dovrà essere aziendale, tutti gli elementi poco produttivi (ammalati, cronici, disabili) dovranno essere resi più produttivi, le donne dovranno sostituire la maternità con voucher per il pagamento di baby-sitter, la rappresentanza dei lavoratori deve recepire gli accordi fra le parti, gli studenti dovranno iniziare l'alternanza fin dalle elementari visitando le aziende del territorio, i manager potranno insegnare in aula con pari dignità degli insegnanti, il diritto del lavoro dovrà essere semplificato per "non essere pregiudizialmente ostile all'impresa".

Un progetto complessivo di società totalmente assoggettata agli interessi esclusivi dell'impresa. La borghesia afferma: "con l'avvento della IV Rivoluzione Industriale… emerge una rinnovata relazione tra aree urbane, territorio e catene globali del valore… la dimensione globale non esaurisce lo spazio delle imprese … esiste oggi un ruolo fondamentale nel livello locale e territoriale che, proiettandosi verso il mondo, cambia volto … questo avviene mediante la costruzione di ecosistemi e hub territoriali che sappiano attrarre tutti gli attori che concorrono a creare valore… la fabbrica non è più soltanto un perimetro entro il quale avviene la produzione, ma si sviluppa orizzontalmente giungendo a coincidere con un'intera area urbana e con il territorio circostante. I modelli di integrazione locale partono quindi dall'impresa e si allargano intercettando tutto ciò che può portare valore all'impresa … infrastrutture fisiche e digitali, scuole che forniscono competenze, università, parchi scientifici, centri di ricerca completano lo sviluppo in house, istituzioni garantiscono infrastrutture materiali e immateriali … una geografia dei lavori che avrà sempre più come stella polare le competenze e la qualità del capitale umano".

Tutto questo è Mind! Tutto questo sta già avvenendo nella Silicon Valley italiana, in una frazione che si chiama Mazzo di Rho…

E non basta. Il vero scopo del libro bianco della borghesia è l'attacco frontale al comunismo. Non può essere un caso che il libro bianco di Assolombarda inizi proprio con la seguente affermazione: "gli ultimi anni hanno fatto registrare ampi miglioramenti nel mercato del lavoro e nella sua regolamentazione ma lo scenario presenta ancora molti elementi di criticità e, soprattutto, continua ad essere caratterizzato da contese ideologiche e politiche, con preoccupanti orientamenti di ritorno al passato. Non sorprende quindi, il cospicuo divario che ci allontana dal resto d'Europa su tutti i principali indicatori del mercato del lavoro a partire dal nodo della produttività".

Quindi se vogliamo resistere e tornare ad essere efficaci e percepiti come utili dobbiamo non abbandonare il metodo del materialismo storico: è il metodo la nostra arma vincente che ci consente di non scollarci dalla realtà. Non siamo più negli anni '70, comprendere la nuova fase del capitalismo, usare i suoi stessi strumenti e a volte il suo stesso linguaggio, essere coscienti della sua forza, sapere che loro sanno di noi e organizzarci di conseguenza; studiare il nemico, l'economia, il capitalismo e la struttura produttiva; di conseguenza chiederci cos'è il proletariato oggi e cosa sarà nel futuro e, se sarà sempre meno una tuta blu e sempre più un tecnico.

Come superare la separatezza attuale, che si amplierà in futuro, fra comunisti e proletariato e nuovo proletariato? Tre sono le nostre lotte: economica, politica, ideologica. In questa fase di resistenza: presenza nei sindacati, organizzazione politica per organizzare i lavoratori per combattere le sconfitte e garantire ai lavoratori rapporti di forza adeguati nello Stato borghese verso il Partito che faccia lotta ideologica e ogni membro sia un dirigente attraverso la preparazione ideologica e di massa.

Non può essere un processo di ricostruzione accelerato ma deve essere iniziato prima possibile per occupare quello spazio politico che la stessa evoluzione dello sfruttamento potrebbe creare.

*) È in distribuzione il n.1 / febbraio 2020 di Nuova unità


Resistenze.org     
Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support Resistenze.org.
Make a donation to Centro di Cultura e Documentazione Popolare.