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La sorpresa di ottobre: apocalisse del mercato?

Greg Godels | zzs-blg.blogspot.com

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

24/09/2020

Volatilità!

Ecco la parola usata da Wall Street quando gli investitori si innervosiscono. E al momento Wall Street e gli esperti di finanza si stanno innervosendo - a ragione.

I principali mercati azionari USA - Dow Jones, S&P e NASDAQ - hanno vissuto una netta e secondo molti paradossale ripresa da quando la pandemia ha arrestato buona parte dell'economia produttiva. Mentre la disoccupazione, schizzata alle stelle, si sta riducendo solo lentamente, mentre la crescita è crollata e mentre i salari sono minacciati, i mercati azionari avanzano a passo sostenuto, e prima della fine di agosto avevano recuperato quasi per intero le perdite subite precedentemente.

Per molti di noi non è insolito che le prestazioni delle borse superino di gran lunga il benessere economico della popolazione. È una caratteristica normale dell'economia capitalista.

Non è insolito nemmeno il fatto che gli investitori si aspettino dal mercato azionario prestazioni superiori a quelle dell'economia in generale. Dopotutto, era proprio questo il punto del celebre ed esauriente studio storico del capitale condotto da Piketty, che ha dimostrato come, a parità di condizioni, il tasso di ritorno sugli investimenti sia destinato ad aumentare più rapidamente del tasso di crescita dell'economia. La conseguenza è che il capitalismo genera inevitabilmente quello che noi marxisti insistiamo a definire sfruttamento.

Ma i mercati azionari non sono sistemi indipendenti, sospesi nel vuoto; prima o poi devono entrare in contatto con l'economia reale. Le prestazioni di un titolo devono rispecchiare la corrispondente capacità della corporation o azienda in questione di produrre qualcosa che ha un valore per l'investitore: i profitti.

Perciò, visto che il valore dei titoli nei primi cinque o sei mesi della pandemia del 2020 sembra essere del tutto scollegato dall'economia, che cosa sta accadendo?

Il Wall Street Journal offre una spiegazione utile, per quanto incompleta, di questa anomalia. L'articolo How Stocks Defied The Pandemic ("Come il mercato azionario ha sfidato la pandemia", 15 settembre 2020) suggerisce cinque fattori: 1. Gli stimoli da parte della Federal Reserve Bank e del Congresso; 2. Le previsioni di una robusta ripresa; 3. Il dominio dei colossi della tecnologia; 4. Il ritorno degli investitori individuali; e 5. Il «momentum trading» (strategia di mercato basata sull'analisi del tasso di variazione dei prezzi, n. d. t.).

Senza dubbio, la Federal Reserve e i funzionari elettivi dei due partiti hanno agito con prontezza all'indomani della frenata causata dalla pandemia. Memori degli insegnamenti della crisi del 2007-2009, hanno stimolato la ripresa con trilioni di dollari, hanno facilitato i prestiti e hanno ridotto fortemente i tassi di interesse.

Ma è indicativo il fatto che i mercati azionari sembrino essere stati rafforzati in misura più significativa rispetto ad altri aspetti dell'economia, compresi quegli aspetti che proteggono o migliorano le sorti dei soggetti più vulnerabili alla catastrofe. In breve, la classe degli investitori sembra aver tratto i maggiori vantaggi da questi interventi.

Benché forse si sia trattato di una conseguenza non voluta, il salvataggio finanziario ha incoraggiato gli investitori più affamati a divorare le opportunità offerte dal mercato azionario, in un contesto di forte riduzione delle rendite delle obbligazioni e di limitazione di altri strumenti per la generazione di interessi per effetto degli interventi della Federal Reserve. I capitalisti devono indirizzare i loro capitali da qualche parte per preservare il processo di accumulazione, la linfa vitale del sistema; l'impatto degli interventi istituzionali messi in atto dalla Fed ha lasciato loro ben poche alternative promettenti a parte i mercati azionari. Ed è lì, infatti, che hanno riversato il loro denaro.

Quanto alle «previsioni» di una rapida ripresa, si può escludere che simili aspettative si fondino su qualcosa di più concreto della speranza e della fede. Gli eventi inediti che si sono verificati - crisi della sanità pubblica, dell'economia e della politica e conflitti razziali - hanno suscitato profondi timori, più che aspettative.

Il Wall Street Journal ha indicato correttamente nell'influenza sproporzionata dei titoli tecnologici - soprattutto Apple, Amazon, Microsoft, Alphabet (Google) e Facebook - una delle cause del boom azionario. Senza gli investimenti riversati nei titoli tecnologici, in particolare i cinque più importanti, non vi sarebbe stata alcuna crescita percettibile del mercato. La sola Apple ha guadagnato il 57% nel 2020 e oggi ha una quotazione superiore al FTSE 100, un indice delle aziende più importanti quotate alla Borsa di Londra. Al tempo stesso, il boom dei titoli tecnologici spaventa esperti e consulenti. A parte Amazon, i titoli tecnologici operano in un universo virtuale che sfida ogni valutazione realistica. Per di più, la loro volatilità è ben nota. E i guadagni si sono concentrati sui cinque «big», mentre altre aziende hanno riscosso un successo molto più limitato.

I precedenti crolli del mercato azionario sono stati preceduti da un repentino aumento dei singoli investitori ansiosi di trarre vantaggio da un mercato surriscaldato. Il ritorno degli «investitori straccioni» ha sempre segnalato un imminente declino. Dai giocatori di borsa occasionali attivi prima della Grande Depressione ai day trader improvvisati di oggi, l'ingresso dei dilettanti prelude sempre a un disastro del mercato.

Qualcuno sarà sorpreso nell'apprendere che nell'epoca attuale, gli investitori singoli - day trader e simili - incidono soltanto per un decimo delle transazioni. Le altre sono opera di investitori professionisti, fondi eccetera. Ma nel 2020 il numero delle transazioni attuate da singoli investitori è raddoppiato, raggiungendo il 20% circa delle operazioni azionarie.

Grazie ai suggerimenti distribuiti sui social media e ai forum, questi neoconvertiti dell'investimento sono stati responsabili di molte quotazioni di borsa che lasciano perplessi e preoccupati gli investitori più esperti. Tesla, per esempio, ha guadagnato il 438% quest'anno - un guadagno che ha fatto di questo cane sciolto dell'industria automobilistica l'azienda del settore più quotata del mondo, e l'ottava maggiore corporation americana per valore di mercato.

Sospinti dalle chiacchiere dei social media, gli investitori hanno gonfiato i prezzi dei titoli di Eastman Kodak nientemeno che del 614%, per poi perdere buona parte dei loro guadagni! Questo tipo di investimenti mossi dall'euforia getta nello sconcerto gli investitori e i consulenti più maturi.

Stimolare lo slancio dei titoli scommettendo su quotazioni gonfiate serve soltanto a creare ulteriore slancio - uno slancio che viene amplificato dai facili guadagni e dal timore di restare esclusi da un'impennata dei prezzi. Se a ciò si aggiunge l'attrazione esercitata dai derivati, la probabilità di una bolla di mercato aumenta vertiginosamente.

Le stock option - l'acquisto di un contratto per l'acquisto di un titolo a prezzo fisso prima dell'acquisto effettivo del titolo stesso - sono esplose nel 2020. Sono attraenti per gli investitori che intendono scommettere il loro capitale su guadagni futuri, aumentando il potenziale ritorno della scommessa distribuendo il capitale su un maggior numero di opzioni meno costose. Secondo Goldman Sachs, quest'anno il volume degli scambi di opzioni ha superato per la prima volta quello degli scambi di azioni. Tre anni fa, gli scambi di opzioni erano pari al 40% soltanto degli scambi di azioni. Lo scorso agosto, gli scambi di opzioni sono stati pari al 120% di quelli di azioni. Nel solo mese di agosto, i piccoli investitori hanno acquistato mezzo trilione di dollari di opzioni - cinque volte la quantità acquistata in qualunque mese precedente, secondo quanto riferisce il Wall Street Journal.

Gran parte di questa frenesia del mercato sta avendo luogo in un contesto di oltre tre settimane di declino degli indici azionari USA. Per di più, la ripresa dell'occupazione è stagnante, le cifre dei nuovi disoccupati continuano a segnare un record storico e il ritmo della crescita della spesa dei consumatori è in rallentamento. Secondo alcune stime, i guadagni - il fattore decisivo del comportamento capitalista - sono destinati a diminuire di ben il 22% nel terzo trimestre.

Stanno maturando le condizioni per una nuova crisi del mercato non dissimile da quella provocata nel 2000-2001 dalla bolla del dot.com. Miliardi, se non trilioni di valore nominale sono destinati a volatilizzarsi.

Una «sorpresa di ottobre» di questo genere sarebbe con ogni probabilità fatale per le prospettive di rielezione di Donald Trump, dal momento che, secondo la maggior parte dei sondaggi, l'economia rappresenta il suo principale punto di forza contro Biden.

Ma che vinca Biden o Trump, la profondità della crisi imminente renderà pressoché impossibile al vincitore governare in modo efficiente. Nessuno dei due è in grado di offrire una via d'uscita. Soltanto un profondo e radicale riallineamento politico potrà illuminare il cammino.


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