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Ci aspetta una crisi del credito?

Michael Roberts | resistir.info
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

02/12/2020

Il crollo globale della pandemia del 2020 è diverso dalle precedenti crisi del capitalismo. Le espansioni e recessioni del ciclo della produzione e degli investimenti capitalistici sono spesso innescati da un crollo finanziario, sia nel sistema bancario (come nella grande recessione del 2008-9) sia nel mondo del "capitale fittizio" di azioni e obbligazioni (come nel 1929 o nel 2001). Naturalmente, la causa alla base delle crisi sistemiche e ricorrenti è da ricercarsi nei movimenti della remunerazione del capitale. Questa è la causa "ultima". Ma le cause "prossime" possono essere diverse. E non sono sempre di origine "finanziaria". Il primo crollo globale, internazionale e simultaneo del dopoguerra nel 1974-5 è stato innescato da un forte aumento dei prezzi del petrolio dopo la guerra arabo-israeliana; e la doppia recessione del 1980-2 ha avuto origini simili. Lo stesso per la recessione del 1991-2 che ha seguito la "guerra del Golfo" del 1990.

Anche il crollo pandemico ha un'altra causa "vicina". In un certo senso, questa inedita crisi globale, che ha colpito il 97% delle nazioni del mondo, ha avuto inizio a causa di un "evento esogeno": la diffusione di un virus mortale. Ma, come è stato sostenuto dagli ecologisti, la rapace spinta al profitto da parte delle imprese capitaliste nell'esplorazione di combustibili fossili, nel disboscamento delle foreste, nell'estrazione mineraria e nell'espansione urbana senza riguardo per la natura, ha creato le condizioni per l'emergere di una successione di agenti patogeni mortali per il corpo umano a cui manca l'immunità. In questo senso, il crollo non è stato "esogeno".

Ma il conseguente crollo della produzione, del commercio, degli investimenti e dell'occupazione mondiale non è iniziato con un crollo finanziario o borsistico, che ha poi portato al collasso degli investimenti, della produzione e dell'occupazione. È stato il contrario. C'è stato un collasso della produzione e del commercio, forzato o imposto da un lockdown pandemico, che ha poi portato a un enorme calo dei redditi, della spesa e del commercio. Così il crollo è iniziato con uno "shock esogeno", poi il blocco ha portato a uno "shock dell'offerta" e poi a uno "shock della domanda".



Ma finora non c'è stato uno "shock finanziario". Al contrario, i mercati azionari e obbligazionari dei principali Paesi sono ai massimi storici. Il motivo è chiaro. La risposta delle principali istituzioni monetarie nazionali e dei governi è stata quella di iniettare trilioni di denaro/crediti nelle loro economie per sostenere le banche, le grandi aziende e quelle più piccole; così come gli assegni per milioni di disoccupati e/o lavoratori licenziati. La dimensione di questa "generosità", finanziata dalla "stampa" di denaro da parte delle banche centrali, è senza precedenti nella storia del capitalismo moderno.

Ciò ha fatto sì che, contrariamente a quanto accadeva all'inizio della grande recessione del 2008-9, le banche e le principali istituzioni finanziarie non sono affatto vicine al tracollo. I bilanci delle banche sono più forti di prima della pandemia. I profitti finanziari sono in crescita. I depositi bancari sono saliti alle stelle, mentre le banche centrali aumentano le riserve delle banche commerciali e le imprese e le famiglie accumulano liquidità, dato che gli investimenti si sono fermati e le famiglie spendono meno.

Secondo l'OCSE, i tassi di risparmio delle famiglie sono aumentati del 10-20% durante la pandemia. I depositi delle famiglie presso le banche sono saliti alle stelle. Analogamente, sono aumentate le disponibilità in denaro delle società non finanziarie, in quanto le aziende accedono a prestiti a basso costo o senza interessi garantiti dal governo, mentre le aziende più grandi emettono ancora più obbligazioni, tutte incoraggiate e finanziate da programmi sostenuti dai governi. Anche le imposte sono state differite a mano a mano che le società sono entrate in lockdown, accumulando ancora più liquidità. Secondo l'OCSE, il differimento delle imposte equivale al 13% del PIL in Italia e al 5% del PIL in Giappone.



In effetti, gli ultimi dati relativi agli utili delle imprese (terzo trimestre 2020) negli Stati Uniti hanno mostrato un forte aumento degli utili, quasi interamente dovuto a prestiti e sovvenzioni statali che hanno incrementato il flusso di cassa insieme a un calo delle imposte sulle vendite e sulla produzione a seguito dell'interruzione dell'attività commerciale delle imprese. Gli utili societari sono aumentati di 495 miliardi di dollari nel terzo trimestre, a fronte di una diminuzione di 209 miliardi di dollari nel secondo trimestre. L'ufficio statistico del governo spiega: "I profitti societari e il reddito dei proprietari sono stati in parte sostenuti dalle disposizioni dei programmi di risposta del governo federale alla pandemia, come il Paycheck Protection Program e i crediti d'imposta per il mantenimento dei dipendenti e la copertura delle assenze per malattia, che hanno fornito sostegno finanziario alle imprese colpite dalla pandemia sia nel secondo che nel terzo trimestre". Circa 1,5 miliardi di dollari di sovvenzioni e prestiti governativi statunitensi sono andati a sostenere le aziende statunitensi durante la pandemia. Così i profitti delle imprese sono stati sorretti dall'intervento del governo al costo di inediti livelli di deficit di bilancio pubblico e di incremento del debito pubblico.

La speranza ora è che, con la consegna e la distribuzione dei vaccini nel 2021 e la fine del confinamento, l'economia mondiale tornerà a crescere e l'accumulo dei risparmi delle famiglie e dei profitti delle imprese sarà liberato e la domanda "temporaneamente confinata" ritornerà nell'economia capitalista. La spesa dei consumatori tornerà, la gente riprenderà i viaggi internazionali e il turismo e si recherà agli eventi di massa, mentre le aziende lanceranno un'abbuffata di investimenti.

L'OCSE è meno ottimista su questo scenario. È preoccupata che gran parte dell'aumento del risparmio personale sia dovuto ai ricchi che tendono a spendere meno in percentuale del loro reddito (perché hanno troppo!). La famiglia media nelle maggiori economie (e anche nelle economie capitalistiche meno sviluppate) non ha accumulato risparmi - al contrario, ha aumentato i suoi livelli di indebitamento durante la pandemia. Inoltre, con la probabile fine dei controlli sugli stipendi del governo e di altri strumenti di sostegno all'occupazione nel 2021, la situazione della famiglia media potrebbe peggiorare. Queste disuguaglianze valgono anche per il settore delle imprese. L'OCSE ritiene che la maggior parte del sostegno governativo in prestiti e sovvenzioni sia andato alle imprese più grandi, in particolare nel settore tecnologico, un settore meno colpito dal crollo.

Questo è quindi il luogo in cui cercare la terza tappa del crollo pandemico: una stretta creditizia e un crollo finanziario quando le aziende, in particolare le piccole e medie imprese, andranno male con l'esaurimento del sostegno governativo, una stagnazione dei ricavi dalle vendite e un aumento del debito e dei costi salariali.

L'Institute of International Finance (IIF) ha recentemente riferito che il rapporto tra debito globale e prodotto interno lordo passerà dal 320 per cento nel 2019 al record del 365 per cento nel 2020. L' IIF conclude in modo netto: "più debito, più problemi". Come ha detto Martin Wolf nel FT: "I mercati finanziari hanno ignorato questi avvertimenti. Le azioni globali hanno raggiunto nuovi massimi e gli spread di credito si sono ridotti, quasi come se il debito estremo fosse uno sviluppo economico positivo e non negativo".

Prima di questa pandemia anche il debito societario era ai massimi storici, sia misurato rispetto al PIL annuale, o forse, e in modo più rilevante, per una potenziale bancarotta rispetto al patrimonio netto delle imprese.



L'OCSE ritiene che se i profitti delle imprese dovessero diminuire drasticamente nel 2021, quando i governi ritireranno il sostegno finanziario, molte aziende potrebbero entrare "in difficoltà".



Il numero delle cosiddette "aziende zombie", quelle che non realizzano profitti sufficienti a coprire gli interessi sui loro debiti in essere, è già aumentato in modo significativo. L'OCSE osserva che un quinto delle imprese in Belgio, ad esempio, non potrebbe far fronte ai propri debiti finanziari per più di tre mesi senza contrarre ulteriori debiti o ottenere un'iniezione di capitale. Questo rapporto è stato molto più elevato in alcuni settori come l'edilizia, gli eventi e il tempo libero.



L'OCSE conclude che "è probabile che riemergano preoccupazioni per la stabilità finanziaria", poiché il rapido accumulo del debito del settore pubblico e delle imprese potrebbe presto portare a "problemi di solvibilità in un gran numero di imprese". Le insolvenze societarie sulle obbligazioni delle imprese più deboli potrebbero benissimo raddoppiare nel 2021, dice l'OCSE, in particolare nei "settori più colpiti come le compagnie aeree, gli alberghi e l'industria automobilistica". Sono particolarmente probabili i fallimenti di piccole e medie imprese nei settori della vendita al dettaglio, del tempo libero e degli immobili commerciali.

Questo scenario è ancora più realistico nelle cosiddette economie emergenti. Infatti, anche in Cina, dove l'economia in generale sta realizzando la ripresa più rapida a livello globale, una serie di aziende con pesanti debiti stanno iniziando ad essere inadempienti nei pagamenti, mettendo il governo in difficoltà. Dovrebbe salvare queste aziende (alcune delle quali sono imprese locali di proprietà statale) o dovrebbe lasciarle fallire, al fine di ridurre l'onere del debito complessivo dell'economia? Questo non porterà a un grave crollo finanziario o al collasso della ripresa cinese, perché il governo ha enormi riserve e può attingere agli ingenti risparmi delle famiglie cinesi, depositati principalmente nelle banche statali, a differenza di quanto avviene in altre grandi economie. Ma i problemi di una serie di aziende cinesi sovraindebitate sono forieri di quello che potrebbe essere uno "tsunami del debito" in molti settori nel 2021.

Molto dipende dal fatto se il mondo dell'impresa possa reggersi in piedi da solo nel 2021 con la scomparsa dei sussidi statali. Anche se il costo degli interessi sul debito esistente rimane basso, se i profitti delle imprese non aumenteranno, ma si ridurranno nel 2021, l'OCSE ritiene che oltre il 30% delle imprese a livello globale potrebbe trovarsi "in difficoltà" e andare in bancarotta. E, come minimo, le aziende non aumenteranno i loro investimenti, ma se ne staranno con le mani in mano. L'OCSE ritiene che vi sia il rischio di un "eccesso di debito" che ridurrebbe la crescita degli investimenti delle imprese del 2% rispetto alla media a lungo termine prima della pandemia.



Quindi, anche se non ci sarà uno tsunami del debito e un crollo finanziario causato da un'ondata di fallimenti societari, la ripresa nella maggior parte delle economie capitaliste sarà probabilmente molto debole. L'OCSE nelle sue ultime previsioni per l'economia mondiale parla di un "futuro più luminoso" nel 2021 con la distribuzione dei vaccini COVID. Ma le sue previsioni continuano ad attendersi che la maggior parte delle economie del mondo non recupererà le perdite di produzione subite nel 2020. Entro la fine del 2021, solo poche economie avranno registrato una certa crescita del PIL reale nei due anni successivi alla fine del 2019.

L'economia leader in questa misura sarà la Cina, con un aumento di quasi il 10%, seguita dalla Corea del Sud e dall'Indonesia. L'aumento del PIL in questi paesi produce un incremento medio del PIL mondiale nei due anni. Ma la Cina contribuirà per un terzo alla crescita del PIL reale fino alla fine del 2021. Le economie capitalistiche avanzate del G7 non avranno avuto alcuna crescita del PIL reale (Stati Uniti) o avranno subito una contrazione del 3-5% entro la fine del 2021 (Europa e Giappone), con il Regno Unito a registrare la peggiore performance con un -6,4%. E le grandi economie del G20 come l'India e il Brasile avranno avuto cali significativi.

L'OCSE si aspetta una "graduale ma non uniforme ripresa". E questo presuppone le migliori notizie possibili sull'impatto del vaccino anti-covid. Anche in tali condizioni, mentre si prevede che il PIL dell'economia mondiale tornerà al livello pre-pandemico entro la fine del 2021, non raggiungerà il livello che il PIL mondiale avrebbe raggiunto senza crisi pandemica (lasciando un divario del 6% circa del PIL). La traiettoria della "radice quadrata inversa" della Grande Depressione sembra destinata a continuare.



Fonte originale: https://thenextrecession.wordpress.com/2020/12/02/a-credit-crash-ahead/


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