Pandemia di COVID a parte, l'incidenza a livello globale delle malattie trasmissibili è diminuita. Tra le cause di morte a livello globale, sono aumentate le malattie non trasmissibili quali ictus, malattie cardiovascolari e broncopneumopatie croniche ostruttive. Questi disturbi hanno inoltre contribuito alla crescente incidenza delle disabilità. Nel 2017 si stimava che l'80% di tutte le disabilità fossero causate da malattie non trasmissibili - le cause principali erano i dolori dell'area lombare, le emicranie e i disturbi depressivi.1 Nel 2018 circa il 15% della popolazione mondiale era affetta da una disabilità, e ben 190 milioni di adulti presentavano difficoltà funzionali.2
Secondo il modello biomedico, la disabilità viene spesso concepita come un fenomeno biologico ed equiparata a una menomazione. Indubbiamente, molti individui sono affetti da menomazioni che limitano la loro vita quotidiana, e sarebbe sciocco negare i benefici reali apportati dagli interventi medici in termini di alleggerimento del disagio. Sarebbe tuttavia un errore considerare tutti questi individui come disabili.
Oltre quarant'anni fa, l'Unione dei Menomati Fisici contro la Segregazione (Union of the Physically Impaired Against Segregation), un'organizzazione di ispirazione socialista di attivisti britannici per la disabilità, affermò la necessità di operare una distinzione tra menomazione e disabilità.3 In questa prospettiva, la disabilità va considerata un concetto sociale che contiene in sé l'oppressione e l'esclusione vissute dagli individui affetti da menomazioni.4 Essa trae origine dalle condizioni socioeconomiche del capitalismo. Si tratta di uno status sociale che è a un tempo conseguenza ed espressione dell'incompatibilità tra la funzionalità fisica dell'individuo affetto da una menomazione e i requisiti del processo produttivo. Nelle pagine che seguono propongo un'analisi basata sul materialismo storico della relazione tra disabilità, corpo, welfare e capitalismo, allo scopo di elaborare una concezione marxista della disabilità. Esaminerò inoltre come lo stato sociale britannico, a causa delle recenti modifiche apportate alla politica britannica sulla disabilità, stabilisca chi sia abile e chi disabile, e come tale valutazione venga operata in funzione delle esigenze del capitalismo monopolistico.
Marx ed Engels: Il corpo e il capitalismo
In regime di capitalismo, la disabilità è considerata una caratteristica biologica implicita degli individui che presentano menomazioni fisiche, cognitive o mentali, che rendono limitato il loro funzionamento rispetto a ciò che la società considera «normale». I concetti di «abile» e «disabile», influenzati dal modello biomedico, vengono determinati in funzione delle concezioni della normalità biologica e dell'accettabilità fisiologica. Disabilità e menomazione vengono di norma considerati concetti intercambiabili. In una prospettiva marxista, tuttavia, è necessario operare una distinzione tra menomazione e disabilità. Pur accettando l'esistenza della menomazione come realtà biologica, e senza negare il ruolo dei fattori socioculturali che agiscono a livello sovrastrutturale, è importante riconoscere come il singolo fattore più importante della disabilità sia costituito dall'organizzazione del modo di produzione basato sulla massimizzazione del profitto. Lo sfruttamento economico, secondo Marta Russell, contribuisce fortemente a determinare chi sia abile e chi disabile.5
Per il capitale, la forza-lavoro - la capacità di lavorare - è la fonte del valore. Perciò, i corpi che possono essere sfruttati nel processo del lavoro hanno un'importanza cruciale. Di conseguenza, l'incapacità di lavorare è funzionale all'identificazione degli individui considerati disabili. Per questo la disabilità è uno status sociale che è espressione degli svantaggi sociali ed economici sperimentati dagli individui affetti da menomazioni, che ne esemplifica l'oppressione e l'emarginazione - e la causa principale di questo è l'incompatibilità tra la loro fisicità e i requisiti del lavoro salariato basato sullo sfruttamento.
Sebbene né Karl Marx né Friedrich Engels abbiano elaborato una teoria della disabilità, un embrione di essa si può individuare nella loro analisi della relazione tra capitalismo e corpo. Il lavoro, secondo Marx, è un fenomeno fisico che richiede «lo sforzo degli organi», in cui il lavoratore «mette in moto forze naturali appartenenti alla sua corporeità, braccia e gambe, testa e mano».6 Il processo del lavoro, afferma Marx, determina le azioni del corpo, influendo fortemente sul tipo di capacità fisica necessaria per il funzionamento nell'ambito del mercato del lavoro. Ciò dà origine a un'idea di capacità fisica normale, per cui gli individui devono possedere un particolare potenziale fisico per funzionare nell'ambito della forza-lavoro in generale, operando come «organi coscienti... coordinati come organi coscienti agli organi incoscienti... dell'automa».7 Il capitale impone quindi delle condizioni ai lavoratori, i cui corpi devono adattarsi al ritmo, alle esigenze e alle aspettative del processo lavorativo. Gli operai sincronizzano i loro movimenti «al moto uniformemente continuo di un automa».8 In questo processo, l'operaio «serve la macchina... egli deve seguirne il movimento».9
L'aspettativa di una corrispondenza tra la capacità fisica e le esigenze operative del processo lavorativo, tuttavia, suscita una possibile relazione antagonistica tra corpo e macchina qualora le capacità fisiche non si conformino al potenziale produttivo dei mezzi di produzione e del processo lavorativo. Marx, richiamandosi al concetto di «debolezza fisica», non lascia dubbi sul fatto che la redditività dei mezzi di produzione trovi un limite nelle limitazioni del corpo umano normale.10 Delineando uno scontro tra i «dati» biologici naturali e la scienza, la composizione materiale e la capacità fisica del corpo limitano la piena produttività implicita dei mezzi di produzione, impedendo agli individui di tenere il passo con la piena potenzialità del processo produttivo. I mezzi di produzione possono continuare a produrre a tempo indeterminato, costituendo una possibile fonte di moto e produzione perpetui - ma, afferma Marx, «a ciò si oppongono, nei suoi ausiliari umani, due barriere naturali: la loro debolezza fisica e la loro tendenza a far di testa propria».11
Implicito nella posizione di Marx è il fatto che gli individui la cui capacità fisica si discosta dai parametri del corpo normale incorrono nel rischio di essere considerati un ostacolo maggiore al processo produttivo. Qualunque menomazione potrebbe limitare il potenziale dell'apparato produttivo più di quanto non lo facciano i limiti già presenti nel corpo normale. Da qui scaturisce il concetto per cui alcuni corpi hanno un valore economico inferiore rispetto ad altri. Di conseguenza, l'esclusione sociale di molti individui disabili è strettamente legata al loro rifiuto da parte del capitalismo in quanto fonti di valore economico - rifiuto dovuto all'incompatibilità tra la loro fisicità e i requisiti del processo lavorativo. Come afferma Russell, «una delle cause principali di oppressione di disabili... è la loro esclusione dallo sfruttamento come lavoratori salariati».12
Pur non indagando specificamente sulla disabilità, Marx ed Engels non evitarono la questione della menomazione. Denunciarono appassionatamente come la produzione infliggesse degradazioni fisiche ai corpi della classe operaia, affermando che le cicatrici della lotta di classe erano ben visibili sui corpi della classe operaia. La produzione capitalistica, secondo Marx, è «dilapidatrice non solo di carne e sangue, ma di nervi e cervello».13 Questo fenomeno fu studiato attentamente da Engels, che fornì esempi delle sofferenze direttamente inflitte dal capitalismo ai corpi.14 Nell'integrazione del corpo ai requisiti operativi del processo lavorativo, sottolinea Engels, le menomazioni erano abituali. I continui piegamenti e curvature del corpo che caratterizzavano la produzione di fabbrica erano causa di deformazioni della schiena, delle spalle e delle ginocchia degli operai.15 L'industrializzazione, afferma Engels, contribuiva a «una moltitudine di incidenti di natura più o meno grave, che hanno sul lavoratore l'effetto secondario di renderlo più o meno inabile al suo lavoro».16 Le menomazioni, sostiene Engels, riducono la capacità di lavoro e ne ostacolano la vendita, dal momento che gli individui non possiedono più le funzioni fisiche ottimali per prendervi parte. Di conseguenza, il loro valore d'uso come forza-lavoro si riduce con la riduzione della loro domanda come fonti di sfruttamento economico. Si può cogliere qui con maggiore chiarezza la base di una concezione marxista della disabilità, quando Engels ritrae l'esclusione economica e sociale che gli individui colpiti da menomazioni possono sperimentare. Marx sottolinea come gli individui colpiti da menomazione, esclusi dal lavoro, vanno a ingrossare le fila dell'esercito industriale di riserva, incapaci di lavorare e condannati in gran parte alla miseria.17 Definiti «declassati» e «incanagliti», essi sono secondo Marx le «vittime dell'industria, il cui numero cresce parallelamente al volume del macchinario pericoloso».18
Il fatto che le condizioni di produzione contribuiscano all'emergere della disabilità è incontestabile. Ed è importante notare come lo Stato capitalista abbia un ruolo diretto e funzionale nel rafforzare e consolidare la disabilità come categoria. L'apparato politico della società capitalista-monopolista interviene con politiche sociali funzionali a definire chi sia o meno disabile. Lo Stato impone direttamente - rafforzandola - agli individui, in primo luogo attraverso il sistema del welfare, la categoria della disabilità, o altrimenti nega tale condizione, in funzione del suo giudizio relativo alla capacità di lavorare dell'individuo e dei requisiti della produzione.
Disabilità e dipendenza in regime capitalista
I disabili, minacciati di esclusione dal processo lavorativo, necessitano verosimilmente di un sostegno sociale. Si stima che tra il luglio e il settembre 2019 il 6,7% dei disabili in Gran Bretagna fossero disoccupati, contro il 3,7% dei non disabili. Inoltre, un ulteriore 43% di loro erano economicamente inattivi - cioè non avevano un lavoro e non lo stavano cercando attivamente - contro il 15% dei non disabili. In totale, erano occupati il 52,4% dei disabili britannici in età lavorativa, contro l'81,8% dei non disabili.19 Analogamente, negli Stati Uniti nel 2019 il 7,3% dei disabili erano ufficialmente disoccupati contro il 3,5% delle persone non disabili. Di tutti i disabili in età lavorativa degli Stati Uniti, il 66,3% non faceva parte della forza-lavoro.20
La conseguenza di questi elevati tassi di disoccupazione è la deprivazione materiale che pervade l'esperienza della disabilità. Nel 2016 si stimava che il 25% dei disabili in età lavorativa della Gran Bretagna vivessero in condizioni di «grave» povertà, con redditi inferiori al 50% della media, rispetto al 13% delle persone non disabili.21 Inoltre, tra il 2016 e il 2017, tra tutte le famiglie britanniche che vivevano con meno del 60% del reddito medio, esclusi le spese per l'alloggio, il 45% aveva almeno un componente disabile.22 Negli Stati Uniti, nel 2017 si stimava che il 29,6% dei disabili in età lavorativa vivessero in condizioni di povertà, contro il 13,2% delle persone non disabili.23
Dal momento che la vita di molti disabili è segnata dalla povertà e dall'esclusione dal mercato del lavoro, la dipendenza diviene per loro un mezzo di sopravvivenza. In contrasto con gli atteggiamenti sovente negativi verso i gruppi sociali che non lavorano, di norma si accetta che i disabili debbano ricevere un sostegno sociale. Per effetto del predominio del modello biomedico, ai disabili si tende ad attribuire uno status morale particolare, e la loro dipendenza è ampiamente accettata. Questi individui - che perlopiù sono considerati disabili non per colpa loro - sono ritenuti del tutto o in gran parte incapaci di controllare il proprio status biologico. Si dà per scontato che se potessero, lavorerebbero - ma i loro corpi glielo impediscono.24 Di conseguenza, vengono generalmente ritenuti meritevoli di un sostegno da parte dello Stato sociale che garantisca loro la sussistenza materiale.25
Istituzione contraddittoria, lo Stato sociale in regime di capitalismo monopolistico costituisce un fenomeno dialettico che emerge ed è plasmato dalla lotta di classe. È un riflesso del conflitto di classe e dei rapporti di forza tra le classi in un dato momento, che rispecchia a vari livelli sia gli interessi del capitale, sia quelli della classe operaia.26 Tuttavia, in ultima analisi esso è parte di uno Stato capitalista, il cui obiettivo è la preservazione eterna del capitalismo. Il welfare serve essenzialmente a contribuire all'accumulazione a lungo termine del capitale, sia creando le condizioni per la creazione del plusvalore, sia legittimando il capitalismo.27 Ciò è in gran parte legato al suo ruolo nell'ambito del processo di riproduzione sociale, un processo per cui, attraverso la fornitura di servizi quali sanità, istruzione e previdenza sociale, gli individui vengono «riprodotti» in quanto membri funzionali della società capitalista - cioè in quanto individui che accettano la natura di classe della società e la base economica che la sostiene, e più specificamente in quanto fonte di forza-lavoro pronta a prendere parte al processo di produzione. In relazione ai disabili, considerati meritevoli di sostegno sociale ed esenti dalla necessità di mettere in vendita la propria forza-lavoro, lo Stato sociale si assume la responsabilità di riprodurre le loro condizioni materiali a livelli elementari, a causa della loro possibilità ridotta di fare parte della forza-lavoro.
Secondo Ian Gough, tutte le società creano categorie di individui incapaci di mantenersi attraverso il lavoro.28 Nelle nazioni capitaliste avanzate, il welfare costituisce il mezzo principale di distribuzione di una quota del surplus della società generato durante la produzione da membri della forza-lavoro, a beneficio di coloro che non sono in grado di lavorare. Storicamente, le chiese costituivano in passato l'unico welfare sociale di cui beneficiavano i disabili. Benché durante la sua vita il nucleo di quello che sarebbe divenuto lo Stato sociale esistesse a malapena, Marx era acutamente consapevole di questa forma di redistribuzione, riconoscendola come elemento inevitabile del capitalismo. Dal momento che un certo numero di persone, per varie ragioni, erano escluse dal lavoro, esse, secondo Marx, venivano «per cause di forza maggiore... rese dipendenti dallo sfruttamento del lavoro altrui».29
Di conseguenza, in quanto considerati dotati di un valore limitato come forza-lavoro sfruttabile, molti disabili sono destinatari di servizi di welfare che trasferiscono loro una porzione del surplus della società per compensare la loro esclusione dal lavoro salariato. Lo Stato sociale funge da fonte cruciale di potere d'acquisto che diversamente non sarebbe disponibile, consentendo ai disabili di ottenere i beni necessari alla loro riproduzione. In modo contraddittorio, la sanità sociale può attuare interventi e controlli di tipo restrittivo, offrendo nel contempo strumenti importanti per il miglioramento dell'esistenza fisica delle persone. Oltre a coadiuvarne la riproduzione, il potere d'acquisto così fornito garantisce un minimo di tutela materiale e fisica che - si spera - verrà accettato dai disabili come forma di remunerazione, prevenendo ogni opposizione al capitalismo e alle condizioni che hanno contribuito alla loro impossibilità di prendere pienamente parte al processo lavorativo. Ciò evidenzia il ruolo dello Stato sociale nel tentare di mantenere l'armonia sociale e di legittimare il capitalismo.30
Disabilità, welfare ed esercito industriale di riserva
Benché la sua analisi non si iscriva in una cornice marxista, Deborah Stone illustra l'importanza dello Stato sociale nel determinare chi sia disabile. La disabilità, sostiene, è un costrutto sociale che permette alla società di definire il confine tra capacità di lavorare e dipendenza, il cui scopo sarebbe «mantenere tutti all'interno del sistema distributivo basato del lavoro eccetto le persone estremamente bisognose, quelle che hanno un motivo legittimo per ricevere un aiuto sociale».31 Stone afferma correttamente che lo Stato si serve della disabilità come categoria di valutazione per determinare le dimensioni della forza-lavoro.32 Pur cogliendo questa funzione economica, Stone concepisce la disabilità soprattutto come «categoria amministrativa formale che determina i diritti e i privilegi di un gran numero di persone».33 In tal modo, tuttavia, ignora il contesto capitalista in cui opera lo Stato sociale. La tesi di Stone è che la disabilità, come categoria, definisce chi è o non è abile al lavoro. La capacità di lavorare va tuttavia inquadrata nell'ambito delle esigenze operative del capitalismo.
Malgrado i tentativi condotti nell'ambito del modello biomedico di definire tipologie di disabilità basate su osservazioni cliniche oggettive, in regime capitalista la disabilità è una categoria non fissa, bensì fluida. Sebbene il modello biomedico possa equipararla alla menomazione, non tutte le menomazioni vengono classificate come disabilità. Per esempio, una vista non perfetta non viene considerata una disabilità nel mondo odierno. Sull'attribuzione o meno dello status di disabilità a una menomazione influiscono giudizi di valore di professionisti medici, attivisti ed entità statali. In regime di capitalismo monopolistico, lo Stato sociale è essenziale nel determinare chi deve essere considerato disabile, ma questa valutazione non è slegata dal modo di produzione. Come ricordato più sopra, la disabilità viene definita principalmente in funzione dei requisiti fisici del processo lavorativo, che definisce il contesto generale in cui vengono operate le valutazioni e la base su cui operano molte politiche sociali. Più specificamente, la definizione di chi vada considerato disabile è legata al ruolo dello Stato sociale in termini di regolazione e riproduzione della disponibilità di manodopera. L'identificazione del disabile, sempre legata alle aspettative fisiche del lavoro salariato, varia spesso in funzione delle esigenze specifiche del capitalismo in un dato momento storico, e la categoria della disabilità viene adattata in modo da coincidere a grandi linee con il contesto storico socioeconomico e con le esigenze del processo di accumulazione in un dato momento.34 Questa flessibilità è indissolubilmente legata al ruolo che le persone colpite da menomazioni svolgono nell'ambito della popolazione lavoratrice in soprannumero.
Come si è visto, per Marx gli individui incapaci di lavorare a causa di menomazioni venivano spesso ridotti a membri dell'esercito industriale di riserva. Questa popolazione in soprannumero costituisce una risorsa a disposizione del capitale - una riserva di forza-lavoro potenziale da sfruttare ove necessario.35 In particolare, Marx le attribuisce una funzione di regolazione della forza-lavoro esistente, per cui «durante i periodi di ristagno e di prosperità media, l'esercito industriale di riserva preme sull'esercito operaio attivo, e ne tiene a freno le pretese durante il periodo di sovraproduzione e parossismo».36 Per Marx, l'esercito industriale di riserva ha la funzione di attenuare il malcontento durante i periodi di declino economico, moderando nel contempo le istanze più determinate nei periodi di prosperità, soprattutto in relazione alle rivendicazioni salariali.37 Fondamentalmente, l'esercito di riserva funziona da meccanismo di controllo, limitando la crescita dei salari e riducendo il costo del lavoro.38
Marx distingue tre categorie generali di persone (più un substrato aggiuntivo) nell'ambito di quell'eclettico gruppo di individui che era l'esercito industriale di riserva: (1) la popolazione fluttuante composta dalle persone che rimanevano disoccupate a causa del normale ciclo aziendale, ma che cercavano lavoro; (2) i membri latenti, costituiti perlopiù da lavoratori agricoli disoccupati, che aumentavano di numero quanto più il capitalismo diveniva il sistema economico dominante; e (3) i membri stagnanti, caratterizzati dall'impiego irregolare a tempo determinato, che determinava una riduzione delle competenze sul mercato del lavoro e un'esistenza materiale «precaria» ben al disotto della media della classe operaia. In aggiunta, Marx identificò «il precipitato ultimo della sovrapopolazione relativa», che comprendeva le persone con menomazioni e quelle che vivevano in condizioni di miseria.39 Tuttavia, più o meno nel corso dell'ultimo mezzo secolo, nelle economie capitaliste monopolistiche, è più corretto definire i disabili come individui che hanno complessivamente occupato una posizione fluida tra i gruppi che sperimentano una grave povertà al difuori del mercato del lavoro e la popolazione stagnante caratterizzata dall'occupazione saltuaria. Perché l'esercito industriale di riserva possa svolgere la sua funzione di regolazione della popolazione lavorativa esistente, è essenziale l'esistenza di un numero elevato di membri fluttuanti, dal momento che sono loro quelli più vicini al mercato del lavoro in un dato momento in quanto cercano attivamente lavoro, sono pronti a svolgerlo, si sottopongono a formazione e possiedono ancora le competenze e l'esperienza maturate durante i precedenti periodi di lavoro. Di conseguenza, essi costituiscono potenzialmente la maggiore minaccia per i membri effettivi della forza-lavoro, in quanto rappresentano una fonte disponibile di forza-lavoro alternativa.
Lungi dal costituire un elemento statico, la composizione dell'esercito industriale di riserva è fluida, e i confini che la separano dalla forza-lavoro sono permeabili. Per esempio, la storia delle nazioni a capitalismo monopolistico fornisce esempi di periodi sia di integrazione sia di esclusione dei disabili dal mercato del lavoro, in reazione a specifiche condizioni storiche di accumulazione.40 Nel corso dell'ultimo decennio, in Gran Bretagna - così come in molte altre nazioni a capitalismo avanzato - l'attenzione si è nuovamente spostata sui disabili in età lavorativa come fonte di forza-lavoro, come esemplificano le riforme della previdenza sociale finalizzate ad aumentarne la partecipazione alla forza-lavoro. Questo tentativo di trasformare i disabili in membri fluttuanti dell'esercito industriale di riserva per mezzo di una nuova valutazione del loro status fisico in relazione al processo lavorativo ha assunto la forma di un intervento dello Stato sociale mirante a ridefinire la categoria della disabilità per conto del capitale.41
Riforma del welfare e forza-lavoro disabile
L'ultimo decennio ha visto lo Stato britannico tentare di ridefinire la disabilità, per effetto dei tentativi di allargare la disponibilità di forza-lavoro. Offuscando i confini tra welfare e politiche del mercato del lavoro, si è tentato di trasformare i disabili in membri fluttuanti dell'esercito industriale di riserva per mezzo di riforme della previdenza sociale che, pur continuando a fornire ai disoccupati una misura di sostegno al reddito, sono state utilizzate come politica economica mirante ad accrescere la disponibilità di forza-lavoro.42 In tal modo, queste politiche hanno confermato l'affermazione di Claus Offe secondo cui la politica sociale è «il modo in cui lo Stato attua la trasformazione definitiva dei lavoratori non salariati in lavoratori salariati».43
In Gran Bretagna, l'Employment and Support Allowance (ESA) è emerso come provvedimento fondamentale sulla disabilità, finendo per costituire il principale sussidio sostitutivo del reddito per i disabili in età lavorativa e per imporsi come principale criterio di valutazione della capacità lavorativa del disabile.44 La logica recente dell'ESA - presentato come strumento per fornire all'individuo maggiori opportunità di ottenere un impiego - è stata fondamentalmente quella di ampliare la disponibilità di forza-lavoro mediante un processo di «potenziamento delle competenze» (upskilling). Nell'ambito dell'ESA sono risultati determinanti gli sforzi atti a definire chi sia disabile, sulla base di una valutazione della capacità lavorativa (work capability assessment o WCA) che misura la fisicità e la condizione biologica dell'individuo in relazione alle prestazioni che ci si attendono dalla forza-lavoro. Di conseguenza, l'ESA presuppone la valutazione della rivendicazione da parte dell'individuo dello status di disabile in relazione alla natura del processo lavorativo, che contribuisce in misure decisiva alla valutazione della condizione di disabilità dell'individuo. Prima dell'introduzione dell'ESA, il principale sussidio sostitutivo del reddito fornito ai disabili britannici in età lavorativa era l'Incapacity Benefit, che prevedeva anch'esso una valutazione della capacità lavorativa.
Con l'ESA, tuttavia, la procedura di valutazione è divenuta più rigida.45 La soglia per il riconoscimento della disabilità è stata innalzata, per cui alcuni individui che in base alle valutazioni del passato sarebbero stati riconosciuti come disabili e incapaci di lavorare oggi hanno maggiori probabilità di essere valutati abili al lavoro. Nel corso dell'aggiornamento della valutazione degli individui nel periodo di transizione dall'Incapacity Benefit all'ESA, tra il 2010 e il 2013, il 22% dei richiedenti a cui il programma precedente riconosceva il titolo al sussidio sono stati ritenuti in grado di lavorare dopo la valutazione condotta secondo i nuovi criteri della WCA.46 Nell'ambito dell'ESA, dunque, ha avuto un ruolo centrale la ridefinizione della disabilità in funzione del processo lavorativo, finalizzata ad aumentare il numero degli individui riconosciuti come abili e quindi a tagliare la fornitura di sussidi.
Benché l'ESA costituisca un meccanismo che regola gli appartenenti alla categoria dei disabili, tale funzione è finalizzata soprattutto a determinare chi sia o non sia abile al lavoro salariato, e chi abbia o non abbia titolo a ricevere sussidi statali. Dopo la valutazione della WCA, che è obbligatoria, i richiedenti - se non viene riconosciuto loro il diritto di ricevere il sussidio - vengono identificati come abili al lavoro e obbligati a ingrossare le file dei disoccupati abili al lavoro. Gli individui a cui viene riconosciuto il diritto all'ESA vengono suddivisi in due gruppi. Il primo viene definito Work Related Activity Group. Benché riconosciuti come disabili, essi vengono comunque ritenuti in possesso di una parziale capacità di svolgere un lavoro nel futuro. Di conseguenza, sono tenuti a partecipare ad attività legate al lavoro, pena il rischio di perdere il sussidio, anche se non sono obbligati a trovare un impiego. Malgrado la riduzione dell'aspettativa che gli individui cerchino attivamente un impiego, il sostegno al reddito legato alla disoccupazione riservato a questo gruppo è limitato, e nel 2017 è stato ulteriormente abbassato per i nuovi richiedenti ed equiparato a un sussidio per la disoccupazione - nella speranza che ciò incoraggiasse le persone a optare «volontariamente» per il mercato del lavoro. Infine, se ritenuti inabili al lavoro, i richiedenti vengono inseriti nel Support Group, i cui membri non sono tenuti a partecipare ad attività lavorative o legate al lavoro. Essi ricevono un sussidio superiore a quello dei membri del Work Related Activity Group.
Sul totale delle WCA condotte tra l'ottobre 2013 e il giugno 2018 (prima degli eventuali ricorsi), il 53% dei richiedenti è stato inserito nel Support Group; il 37% è stato riconosciuto abile al lavoro, e il 10% è stato inserito nel Work Related Activity Group.47 Quasi metà dei richiedenti, quindi, sono stati designati come membri dell'esercito industriale di riserva, e costretti a cercare immediatamente un impiego o a sottoporsi a corsi di formazione per il lavoro - il che evidenzia la relazione con il processo lavorativo. Come provvedimento di welfare, l'ESA ha contribuito principalmente alla creazione di una popolazione lavorativa in soprannumero, formata da individui pronti a svolgere un lavoro in futuro. Più che l'identificazione delle attuali opportunità di impiego, l'obiettivo dell'ESA è stato soprattutto l'allargamento dell'esercito industriale di riserva con persone che dispongono delle competenze e dell'atteggiamento appropriati, e che all'occorrenza possono spostarsi direttamente all'interno del mercato del lavoro. Il fatto che la disponibilità di forza-lavoro potenziale aumenti a un ritmo superiore a quello delle opportunità di ingresso nel mercato del lavoro non costituisce un'aberrazione - è, al contrario, fondamentale perché la funzione dell'esercito industriale di riserva venga svolta con successo. La limitazione dei salari e il controllo sociale sono praticabili soltanto quando esiste una crescente disponibilità di forza-lavoro in soprannumero in attesa al difuori del mercato del lavoro.48
Fondamentale per l'identificazione dei membri abili dell'esercito industriale di riserva (quelli classificati come abili al lavoro), il ruolo dell'ESA nel mantenere e riprodurre gli individui tuttora classificati ufficialmente come disabili, ma che sono stati riconosciuti in grado di aggiungersi alla popolazione fluttuante in soprannumero - entrando così a far parte del mercato del lavoro - emerge con la massima chiarezza in relazione al Work Related Activity Group. Uno degli scopi principali delle attività obbligatorie legate al lavoro è quello di garantire la riproduzione a lungo termine della capacità di questi individui di lavorare. Questa componente dell'ESA ha il compito di garantire che i membri di questo gruppo specifico, per quanto ufficialmente classificati come disabili, mantengano la loro capacità di lavorare mentre si trovano al difuori del mercato del lavoro. È cruciale che la loro capacità di lavorare venga riprodotta - se non per il presente, almeno per il futuro, nel caso in cui venissero riassorbiti nel mercato del lavoro in seguito a una nuova valutazione obbligatoria del loro diritto all'ESA, e il loro status di disabili venisse revocato.
Per il restante 53% dei richiedenti l'ESA ai quali tra il 2013 e il 2018 non è stato richiesto di cercare un impiego o di partecipare ad attività legate al lavoro, è stato riconosciuto che la loro dimensione fisica era inadeguata alle esigenze della produzione capitalistica, e che vi erano scarse probabilità che essi divenissero membri fluttuanti dell'esercito industriale di riserva. Tuttavia, data la natura fluida della categoria della disabilità, in futuro essi potrebbero essere assimilati alla forza-lavoro o trasferiti nella categoria Work Related Activity Group. Sino a quando fanno parte del Support Group, lo Stato ha la responsabilità di mantenerli. La loro esistenza materiale è legata alla redistribuzione di una quota del surplus della società generato durante la produzione dai membri della forza-lavoro. Sebbene in questa categoria siano compresi individui colpiti da gravi menomazioni, che difficilmente avrebbero la possibilità di lavorare a prescindere dalle condizioni di lavoro, il Support Group comprende anche molti individui che continuano a rimanere vittime dell'organizzazione economica escludente del capitalismo.
Infine, date le condizioni del loro lavoro, i disabili - anche se occupati - corrono il rischio di rimanere membri della popolazione lavorativa in soprannumero, cioè di occupare posizioni caratterizzate dalla precarietà e dalla sotto-occupazione. Nell'ambito della forza-lavoro, l'esercito industriale di riserva è costituito dalla massa degli individui disoccupati e sotto-occupati.49 I contratti temporanei, stagionali, a zero ore e l'occupazione part-time, caratterizzati da bassi salari e insicurezza, vengono puntualmente utilizzati dal capitale per controllare e minacciare i dipendenti a tempo indeterminato, e contribuiscono alla riduzione dei salari e dei sussidi. È sufficiente scorrere rapidamente i dati disponibili per comprendere come in Gran Bretagna i disabili siano con ogni probabilità destinati a rimanere parte della popolazione lavorativa in soprannumero anche quando lavorano, dal momento che hanno probabilità molto maggiori di trovare impieghi a basso reddito e generalmente part-time o saltuari nel settore dei servizi - vendite, customer service, assistenza alla persona.50 Inoltre, come osserva Russell, i lavoratori disabili corrono maggiori rischi di essere considerati sacrificabili e di venire scartati nelle fasi iniziali di declino economico.51 Di conseguenza, anche quando hanno un'occupazione, vivono in una condizione di precarietà e insicurezza.
Disabilità e giustizia: un'alternativa
Più che un problema fisiologico, la disabilità è una forma di oppressione e discriminazione. Mentre le menomazioni hanno caratterizzato gli individui di ogni tempo e luogo, e costituiscono una realtà biologica, la disabilità è un costrutto del capitalismo, determinato dalla spinta all'accumulazione che è propria del sistema e che entra in conflitto con la dimensione fisica degli individui affetti da menomazioni. Tale oppressione è rafforzata dallo Stato, che gestisce e regola il loro status sociale definendoli come dipendenti o come individui che occupano varie posizioni nell'ambito della popolazione lavorativa in soprannumero. Dato che il capitalismo è al centro della loro esclusione, i disabili sono cruciali per la lotta di classe.
Tuttavia, ai primi del nuovo millennio negli Stati Uniti e in anni più recenti in Gran Bretagna, l'attivismo per i diritti dei disabili è stato sussunto nella corrente mainstream della politica, il che ne ha annacquato la natura precedentemente più radicale.52 In Gran Bretagna, Michael Oliver e Colin Barnes si sono occupati della «professionalizzazione» della politiche sulla disabilità, rilevando un declino nell'autorevolezza delle organizzazioni di base verificatosi via via che le grandi istituzioni benefiche e i governi facevano proprie - riadattandole - le cause sostenute dal movimento, sterilizzandone gli obiettivi.53 Per di più, sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti, l'agenda è stata dominata da un approccio incentrato sui «diritti», che rispecchia la predilezione liberale per le pari opportunità e costituisce l'epitome dell'appropriazione della causa della disabilità da parte della politica mainstream - contrapposta a una focalizzazione sulle strutture della diseguaglianza. L'eguaglianza a livello legale è indubbiamente fondamentale, ma - come possono testimoniare altri gruppi oppressi - non costituisce una soluzione. L'emancipazione dei disabili attraverso il riconoscimento di eguali diritti si è trasformata in un obiettivo in sé. Ma la giustizia sociale è destinata a rimanere per sempre una chimera se si ritiene che l'oppressione sia principalmente la conseguenza di pratiche e atteggiamenti discriminatori in gran parte volontari, e non di un'economia che pone al centro la produzione di merci. Come afferma Russell, «se si concepisce la disabilità come il prodotto della struttura economica sfruttatrice della società capitalista... appare chiaro che una legislazione anti-discriminazione... è insufficiente».54
Sino a quando il capitalismo rimarrà il modo di produzione dominante, l'oppressione dei disabili è destinata a continuare. In un sistema economico alternativo, organizzato democraticamente, in cui lo scopo del lavoro fosse quello di essere appagante, creativo e dotato di senso, è del tutto concepibile che, come sostiene Roddy Slorach, molti individui che attualmente si trovano esclusi dal processo lavorativo a causa di menomazioni avrebbero maggiori possibilità di parteciparvi.55 Una riorganizzazione radicale del processo di produzione che permetta una piena inclusione a prescindere dalle caratteristiche fisiche degli individui è fondamentale per la liberazione di tutti. Un sistema economico democraticamente responsabile accetterebbe e valorizzerebbe gradi diversi di capacità e competenze, garantendo lavoro a tutti.56 In tale contesto, il lavoro non sarebbe legato al profitto, ma ai bisogni umani, il che permetterebbe a tutti i membri della società, colpiti o meno da menomazioni, di assicurarsi un'esistenza materiale sufficiente e - ciò che più conta - di contribuire allo sviluppo della società in modi che riaffermino la loro umanità. Una riorganizzazione democratica della società e dell'economia è essenziale per garantire rispetto e un'esistenza dignitosa e libera dalla miseria e dall'emarginazione a coloro i quali sono colpiti dalle menomazioni fisiche e cognitive più gravi - tra i membri più vulnerabili della società.
Note:
1 Institute for Health Metrics and Evaluation, Findings from the Global Burden of Disease Study 2017 (Seattle: IHME, 2018), 13.
2 "Disability and Health: Key Facts," World Health Organization, 16 gennaio 2018.
3 Union of the Physically Impaired Against Segregation, Fundamental Principles of Disability (London: Union of the Physically Impaired Against Segregation, 1976).
4 Michael Oliver e Colin Barnes, The New Politics of Disablement (Basingstoke: Palgrave Macmillan, 2012), 20-22.
5 Marta Russell, "Disablement, Oppression, and the Political Economy," Journal of Disability Policy Studies 12, no. 2 (2001): 87-95.
6 Karl Marx, Il Capitale, vol. 1 (London: Lawrence and Wishart, 1977), 173-75.
19 Andrew Powell, People with Disabilities in Employment (Briefing Paper, no. 7540, House of Commons Library, 13 agosto 2020).
20 "Persons with a Disability: Labor Force Characteristics—2019," Bureau of Labor Statistics, 26 febbraio 2020.
21 Adam Tinson, Hannah Aldridge, Theo Barry Born, and Ceri Hughes, Disability and Poverty: Why Disability Must Be at the Centre of Poverty Reduction (London: New Policy Institute, 2016).
22 Brigid Francis-Devine, Poverty in the UK: Statistics (Briefing Paper, no. 7096, House of Commons Library, 18 giugno 2020).
23 Institute on Disability/UCED, 2018 Annual Report on People with Disabilities in America (Durham: University of New Hampshire, 2018), 9.
24 Deborah Stone, The Disabled State (Philadelphia: Temple University Press, 1984), 172.
40 Mark Hyde, "From Welfare to Work? Social Policy for Disabled People of Working Age in the United Kingdom in the 1990s," Disability and Society 15, no. 2 (2000): 336.
41 Grover e Piggott, Disabled People, the Reserve Army of Labour and Welfare Reform, 711.
42 Grover e Piggott, Disabled People, the Reserve Army of Labour and Welfare Reform, 712.
43 Claus Offe, Contradictions of the Welfare State (Cambridge, MA: Massachusetts Institute of Technology Press, 1984), 92.
44 Si può affermare che l'ESA rappresenti uno dei due principali provvedimenti sociali sulla disabilità attualmente rivolti ai disabili britannici in età lavorativa. L'altro è il Personal Independence Payment, un sussidio non legato al reddito. Il Personal Independence Payment - fortemente ispirato a una concezione biomedica della disabilità - valuta le capacità funzionali dell'individuo per stabilire se necessita di un sostegno finanziario per poter condurre un'esistenza indipendente.
45 Chris Grover e Karen Soldatic, "Neoliberal Restructuring, Disabled People and Social (In)security in Australia and Britain," Scandinavian Journal of Disability Research 15, no. 3 (2013): 220.
46 Steven Kennedy, "Incapacity Benefit Reassessments," House of Commons Library, 1° aprile 2014.
47 "Employment and Support Allowance: Work Capability Assessments, Mandatory Reconsiderations and Appeals," Department for Work and Pensions, 14 marzo 2019.
49 Magdoff e Magdoff, "Disposable Workers: Today's Reserve Army of Labor," 18-35.
50 Quinn Roache, "Disability Employment and Pay Gaps 2018," Trades Union Congress, 25 maggio 2018.
51 Russell, "Disablement, Oppression, and the Political Economy," 92.
52 Marta Russell, "What Disability Civil Rights Cannot Do: Employment and Political Economy," Disability and Society 17, no. 2 (2002): 117-35; Oliver and Barnes, The New Politics of Disablement, 143-60.
53 Oliver and Barnes, The New Politics of Disablement, 156.
54 Russell, "What Disability Civil Rights Cannot Do," 121.
55 Roddy Slorach, A Very Capitalist Condition: A History and Politics of Disability (London: Bookmarks, 2016), 269.
56 Slorach, A Very Capitalist Condition: A History and Politics of Disability, 269.
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