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Quarantasettemila miliardi di dollari: Sfruttamento con la maiuscola

Greg Godels | zzs-blg.blogspot.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

27/10/2021

"Sfruttamento" è una parola che si incontra raramente oggi. Il suo uso comune attraversa approssimativamente il periodo d'oro del pensiero socialista, in special modo con l'influenza di Marx sulla teoria socialista. Era e dovrebbe essere ancora la pietra angolare della critica di Marx al capitalismo.

Ma l'idea di sfruttamento della forza lavoro - approfittare senza compenso del lavoro dei lavoratori da parte dei capitalisti - è in gran parte scomparsa al di fuori dei partiti comunisti. È più comune trovare la parola legata all'abuso sessuale o animale, all'appropriazione culturale o ad altri peccati al di fuori dei limiti di classe. Ma lo sfruttamento di classe, lo sfruttamento strutturale un tempo efficacemente visto come il fulcro dei rapporti di produzione capitalistici, la base dell'epoca del capitalismo, è fuori moda nella sinistra occidentale di oggi.

Questo non significa negare un'indignazione condivisa sulla disuguaglianza di reddito e ricchezza; certamente, un ampio spettro di opinioni dal centro alla sinistra denuncia l'enorme divario tra oscena ricchezza e altrettanto oscena povertà. Ma c'è poca attenzione a come questo enorme abisso sia prodotto e continuamente riprodotto e nemmeno ci si applica a immaginare la vita senza di esso.

Speriamo che questo possa cambiare.

Un recente articolo della rivista Time - una divulgazione di un saggio della ultra-conservatrice Rand Corporation - dichiara drammaticamente con titoli sensazionali: L'1% degli USA ha sottratto cinquantamila miliardi di dollari al 90% inferiore [della popolazione].

Il documento della Rand, Trends in Incomes From 1975 to 2018, sostiene con molte più sfumature ma con la stessa forza, che se la tendenza del trentennio compreso tra il 1945 e il 1975 nella distribuzione del reddito familiare fosse stata mantenuta nei successivi quarantadue anni (1976-2018), il 90% inferiore avrebbe guadagnato 47.000 miliardi di dollari in più in quel periodo!

Detto altrimenti, nell'ultimo anno dello studio, il 2018, il 90% inferiore della popolazione avrebbe ricevuto il 67% di reddito in più di quello che ha effettivamente ricevuto; quelli sotto la soglia del 10% superiore avrebbero condiviso 2.500 miliardi di dollari in più di quanto hanno effettivamente ricevuto per il loro lavoro, dollari che sono andati invece nei conti bancari del 10% più alto della popolazione.

Come sottolineano gli autori dell'articolo del Time: "Questa non è un'approssimazione a ritroso...", ma una conclusione rigorosa basata sulla premessa che nel periodo tra il 1945 e il 1975 c'è stata una relativa stabilità della disuguaglianza. Cioè, nei trent'anni del dopoguerra, il divario tra i ricchi e tutti gli altri è cresciuto poco e diminuito poco. Le élite francesi celebrano un'epoca simile in Europa con l'espressione "les trente glorieuse", i trenta anni gloriosi di relativa prosperità. La maggioranza ha mantenuto il suo status inferiore, ma ha perso poco terreno rispetto ai ricchi.

Mentre gli autori di Rand, C. Price e K. Edwards, non spiegano questo "equilibrio" della disuguaglianza, una spiegazione in realtà è a portata di mano. Dopo la seconda guerra mondiale, le potenze occidentali ingaggiarono un'aspra contesa con il socialismo e i suoi alleati. Le classi dominanti in Europa e negli Stati Uniti fecero allora un patto tacito con i rispettivi movimenti operai, secondo cui avrebbero incoraggiato l'incremento dei salari proporzionalmente all'aumento della produttività, "congelando" efficacemente la disuguaglianza sociale.

In cambio, ci si aspettava che la classe operaia si adattasse e arrivasse persino a partecipare alla politica estera della Guerra Fredda e abbracciasse il capitalismo. Nella sfera politica, questo patto garantiva che l'impulso alla riforma o al cambiamento sarebbe stato contenuto dal Partito Democratico o dalle socialdemocrazie europee. Dove emergevano partiti comunisti di massa, i servizi di sicurezza avrebbero fatto di tutto per aiutare il centro-sinistra a negare loro l'accesso al potere.

Negli Stati Uniti, il patto informale produsse l'epurazione della sinistra dal movimento operaio, favorì il conformismo culturale e intellettuale e il radicamento del sistema bipartitico.

Come dimostrano Price e Edwards, la stabilità della distribuzione del reddito e delle differenze di classe, cambiò drammaticamente dopo il 1975. La distribuzione del reddito virò bruscamente a beneficio del primo 10% e ancora di più a vantaggio del primo 1%. Lo spostamento fu così grande nel periodo post-1975 che gli autori calcolano che il 90% ha perso 47.000 miliardi di dollari entro il 2018. Ma, ancora una volta, non forniscono una spiegazione chiara e completa, oltre a notare che "l'aumento della disuguaglianza è stato attribuito a molti fattori diversi tra cui il progresso tecnologico, il declino dei sindacati e la globalizzazione".

Se questi fattori convenzionalmente citati possono aver giocato un certo ruolo nello spostamento della distribuzione del reddito, sono largamente insufficienti a spiegare la brusca virata descritta da Price e Edwards.

Piuttosto, l'inversione è arrivata con la profonda crisi economica degli anni '70: con la crisi del petrolio e l'ingestibile stagnazione e inflazione, due condizioni che l'economia convenzionale (allora di influenza keynesiana) non concepiva nemmeno che si verificassero insieme. La concomitante caduta del tasso di profitto costrinse la classe dirigente (sia negli Stati Uniti che in Europa) a riesaminare radicalmente la propria politica. Le politiche di welfare e gli accomodamenti di classe vennero abbandonati per un assalto senza esclusione di colpi al reddito e agli standard di vita del 90%.

Con il declino e la scomparsa del potere sovietico e dell'Europa dell'Est, un decennio o poco più avanti, anche gli ultimi elementi del patto del dopoguerra con la classe operaia e i suoi alleati furono spazzati via. La classe dirigente statunitense non sentì la necessità di alcun ulteriore accordo con i lavoratori statunitensi. La mobilità del capitale e la disponibilità di un nuovo quanto enorme bacino di manodopera qualificata a basso costo, hanno segnato lo spartiacque e posto l'enorme pressione sui redditi del 90% della popolazione descritta da Price e Edward. I sindacati ricevettero un trattamento d'urto e senza una sinistra militante, fecero fatica a rispondere. Le nuove tecnologie logistiche spianarono la strada a un forte aumento del commercio globale, degli investimenti e della migrazione dei posti di lavoro.

Mentre Price e Edwards si arrovellano con una spiegazione per i cambiamenti qualitativi avvenuti dopo il 1975, la teoria marxista offre una risposta pronta. Il capitale ha montato un'offensiva concertata negli anni '70 che ha portato a un massiccio aumento del tasso di sfruttamento in risposta a una profonda crisi e al fallimento delle politiche dell'immediato dopoguerra nel rispondere a quella crisi.

Con il tasso di profitto sotto assedio, la classe dominante statunitense ha unilateralmente messo da parte i compromessi della guerra fredda e ha attaccato spietatamente il reddito e gli standard di vita della maggioranza della classe operaia. I salari sono stati essenzialmente stagnanti dagli anni '70, mentre la produttività e il prodotto nazionale sono cresciuti, riempiendo i forzieri delle corporazioni e i conti bancari dei ricchi.

Caratterizzare questo periodo come l'ascesa del "neoliberalismo", narrazione cara a gran parte della sinistra, offusca i processi più profondi che hanno generato il drammatico cambiamento del tasso di sfruttamento, l'appropriazione di 47.000 miliardi ulteriori di dollari da una classe all'altra in un periodo di 42 anni. Gli esorbitanti guadagni della classe capitalista e dei suoi adepti non si spiegano con una vittoria intellettuale nelle guerre politiche, né con uno sprazzo di malvagità o il governo della destra politica, tantomeno con un'aberrazione temporanea o contingente del capitalismo, ma un adattamento strategico, accettato da quasi tutta la classe dominante e dai suoi tirapiedi politici, nell'appropriazione del plusvalore: lo sfruttamento del lavoro.

Sebbene fossero agenti del cambiamento, Carter, Reagan e Thatcher erano solo i volti di un'altra fase della correzione di rotta del capitalismo. Coloro che pensano che il supersfruttamento esposto da Price e Edwards possa essere mitigato da un ritorno alla "gloria" dell'immediato dopoguerra non riescono a capire la logica del capitalismo. Quel periodo ha da tempo lasciato il posto a una nuova dinamica.

Ma le rivelazioni di Price ed Edward riescono ad esporre un punto importante. Se il super-sfruttamento degli ultimi quarantadue anni - l'appropriazione dei 47.000 miliardi dollari - è riconosciuto come ingiusto, come suggerisce il titolo del Time, allora lo sfruttamento "ordinario" del periodo precedente è altrettanto ingiusto poiché anch'esso porta direttamente alla disuguaglianza.

Non si può sfuggire alla conclusione che la disuguaglianza economica, respinta da sempre più persone, è profondamente radicata nel capitalismo e nel suo meccanismo di sfruttamento che genera profitto. La portata del supersfruttamento che Price e Edwards evidenziano dovrebbe indubbiamente porre in discussione la legittimità del capitalismo, non solo nella forma odierna, ma anche prima del suo violento approfondimento.


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