www.resistenze.org - osservatorio - economia - 09-01-22 - n. 812

Nel 2022 si conferma l'ascesa del capitalismo in Asia

Parti Révolutionnaire Communistes | sitecommunistes.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

04/01/2022

L'inizio di gennaio vede la nascita della più grande area di libero scambio del mondo in Asia, il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) (1).

Sarà la più grande area di libero scambio del mondo. Il RCEP prevede una riduzione graduale delle tariffe del 90% in un periodo di venti anni.

L'accordo con i suoi venti capitoli comprende anche le barriere non tariffarie, ma non include regole o clausole vincolanti sull'ambiente, il mercato del lavoro, la proprietà intellettuale o i sussidi statali. È stata fissata una tabella di marcia per l'armonizzazione degli standard e delle regole, in particolare nei settori sanitario e fitosanitario, che sono oggetto di un intero capitolo in sé.

Secondo Hanns G. Hilpert, capo del dipartimento per l'Asia dell'Istituto tedesco per la sicurezza e gli affari internazionali: "L'introduzione di regole comuni combinate con dazi più bassi, faciliterà la creazione di catene di valore nella regione. Gli economisti si aspettano che l'effetto sia un aumento dello 0,2% del PIL delle economie interessate e del 2% del volume del loro commercio a spese del commercio con il resto del mondo. Per lo stesso funzionario, questo accordo dovrebbe incoraggiare gli investimenti stranieri nella regione, Cina a parte: "Il RCEP incoraggerà le aziende europee a investire nel sud-est asiatico e usarlo come una nuova base di esportazione verso il resto del mondo, pur mantenendo una presenza in Cina per sfruttare il suo mercato interno".

È chiaro che questo accordo di libero scambio, pur non contenendo formalmente alcun elemento di impegno politico e lasciando quindi gli stati interessati liberi di scegliere il loro sviluppo economico e sociale, così come le loro alleanze militari, sarà dominato dalle grandi potenze firmatarie: Cina, Giappone e Australia. Per la Cina i guadagni sono politici. La Cina ha spinto per la finalizzazione dei negoziati, in particolare per colmare il vuoto lasciato dall'abbandono di un progetto concorrente, il trattato di libero scambio Trans-Pacifico (TPP), dagli Stati Uniti di Donald Trump e promosso dal suo predecessore democratico, Barack Obama.

Il RCEP è una risposta all'aumento del protezionismo in Europa e negli Stati Uniti. È un modo per far progredire la liberalizzazione del commercio in un momento in cui i negoziati tra i 164 paesi membri dell'Organizzazione Mondiale del Commercio sono difficili e gli Stati Uniti stanno conducendo una guerra economica contro la Cina, in particolare nei settori tecnologici in cui intendono mantenere la loro leadership, una guerra a cui la Cina sta rispondendo modernizzando e riorientando parte della sua attività, garantendo una migliore protezione e controllo del capitale di queste grandi imprese.

Questa zona di libero scambio, che comprende la Cina, il Giappone, l'Australia, la Nuova Zelanda e la Corea del Sud, oltre ai paesi dell'ASEAN (2), rappresenta un terzo del prodotto interno lordo (PIL) mondiale e un terzo della popolazione mondiale. Sarà il raggruppamento più importante nel commercio mondiale. Segna l'ascesa del capitalismo in Asia e il conseguente spostamento degli scontri all'interno dell'imperialismo in questa regione. Questo è ciò che abbiamo sottolineato in un recente articolo sul nostro sito (3). Quest'ultimo fattore costituisce uno dei fenomeni che hanno caratterizzato l'ultimo decennio e che diventerà ancora più pronunciato negli anni a venire.

La firma di accordi di libero scambio e la costituzione di centri capitalistici economicamente, socialmente e politicamente più integrati non significa, e possiamo anzi affermare esattamente l'opposto, la fine della competizione capitalistica per il controllo delle materie prime, delle vie di comunicazione e della forza lavoro. Conferma l'esacerbazione di queste competizioni nel cambiamento degli equilibri di potere su scala globale.

È possibile misurare queste realtà in tutti i continenti. Questo è vero nell'area indo-pacifica dove uno dei principali paesi dell'accordo di libero scambio, l'Australia, ha appena aderito a un'alleanza militare con gli Stati Uniti e il Regno Unito per contrastare la Cina e che si è tradotta in un'inversione delle sue scelte in materia di armamenti a scapito della Francia (4). Anche in Europa, basta guardare l'intensa battaglia che si sta conducendo sulle questioni energetiche, questioni esistenziali che vedono confrontarsi strategie diverse, in particolare tra Francia e Germania.

Così, lungi dal portare a una globalizzazione armoniosa, felice e pacifica, la costituzione di questi grandi gruppi capitalistici, pur riflettendo l'accelerazione della divisione internazionale del lavoro nel sistema capitalista, sono soggetti non meno conflittuali.

Queste questioni sono completamente assenti dal dibattito politico e lo sono perché implicherebbero porsi chiaramente in relazione al capitalismo stesso; ma ciò non è intenzione delle forze politiche del capitale e nemmeno di quelle forze che, pur contestando la politica del momento, non vogliono affrontare la questione fondamentale: chi comanda e per quali interessi.

Al contrario, come partito del cambiamento rivoluzionario della società, richiamiamo la necessità della lotta politica e sociale contro il capitalismo e contro il suo sviluppo, l'imperialismo.

Note:

(1) https://www.sitecommunistes.org/index.php/monde/asie/1152-asie-une-nouvelle-union-de-libre-echange-capitaliste
(2) ASEAN: Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico: Brunei, Birmania, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam.
(3) https://www.sitecommunistes.org/index.php/monde/monde/1460-le-centre-des-affrontements-au-sein-de-l-imperialisme-se-deplace-vers-la-zone-asie-pacifique
(4) https://www.sitecommunistes.org/index.php/monde/asie/1592-sous-marins-une-rupture-de-contrat-qui-illustre-les-affrontements-au-sein-de-l-imperialisme


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