Negli utlini cinque giorni di marzo, i prezzi della benzina e del diesel nel paese sono stati aumentati quattro volte, con altri aumenti giornalieri in arrivo. In ogni occasione l'aumento è stato di 80 paise al litro, così che l'aumento totale durante la settimana è stato di 3,20 Rs al litro, portando il prezzo al litro della benzina a 98,61 Rs e del diesel a 89,87 Rs nella capitale, Delhi.
La spiegazione di questi aumenti è che i prezzi per le compagnie erano rimasti congelati per un certo tempo (a causa delle elezioni in diversi stati), anche se i prezzi internazionali del petrolio stavano aumentando, e le compagnie assorbivano l'aumento. Ora che sono state autorizzate ad aumentare i loro prezzi, stanno recuperando, e l'onere deve essere sostenuto dal consumatore, poiché il governo non può permettersi di perdere delle entrate riducendo le tasse al litro.
L'ultima volta che i prezzi dei prodotti petroliferi sono stati aumentati dalle compagnie petrolifere è stato il 4 novembre dell'anno scorso. Per 137 giorni dopo, si sostiene, non c'era stato nessun aumento dei prezzi per le compagnie. Durante questo periodo però c'era stato un aumento del prezzo del greggio sul mercato internazionale da 82 dollari al barile a 117 dollari al barile, il che significava una perdita di entrate per le sole compagnie petrolifere del settore pubblico di 2,25 miliardi di dollari, o 190 miliardi di rupie; le compagnie ora devono adeguare i loro prezzi verso l'alto per evitare tali perdite di entrate. Infatti, se i prezzi mondiali del petrolio si stabilizzano a 100 dollari, allora l'aumento del prezzo al dettaglio della benzina dovrà essere di 9-12 Rs al litro per un completo "passaggio", da cui ne consegue che se i governi, sia al centro che a livello statale, non devono subire alcuna perdita di entrate, allora i prezzi della benzina dovranno aumentare ulteriormente, di altre 7 Rs al litro o giù di lì a Delhi se il prezzo mondiale del petrolio greggio si stabilizza a 100 dollari al barile.
Questo argomento, tuttavia, manca il punto principale. Quando le compagnie aumentano il loro prezzo, ciò causa non solo un'inflazione dei prezzi al dettaglio dei prodotti petroliferi, ma un'inflazione generale nell'economia a causa dei suoi effetti di spinta dei costi. Questo aumenta anche la spesa del governo in termini monetari per raggiungere gli stessi obiettivi di spesa reale, per cui il governo deve anche aumentare le sue entrate. Ciò significa che anche il governo deve aumentare le tasse nominali sui prodotti petroliferi per ottenere un gettito maggiore per raggiungere gli stessi obiettivi di spesa reale.
L'atto di aumentare i prezzi dei prodotti petroliferi, insomma, non rimane confinato alle sole compagnie petrolifere. Ha un effetto moltiplicatore: è necessariamente seguito, a valle, da tutte quelle entità che pretendono una quota del prezzo al dettaglio dei prodotti petroliferi. L'aumento dell'inflazione è allora molto più grande.
I prezzi possono raggiungere un plateau in una tale situazione solo se il reddito monetario di alcune persone non aumenta per compensare l'aumento dei prezzi, cioè se ci sono alcuni che sono solo "price-takers" e non "price-makers". Questi possono essere solo i lavoratori. In altre parole, la strategia fiscale di raccogliere risorse per il governo attraverso la tassazione dei prodotti petroliferi, presume necessariamente che i lavoratori ne saranno danneggiati. Se non sono danneggiati, e i loro redditi monetari aumentano insieme all'inflazione, allora non ci sarà fine all'inflazione. Danneggiare i lavoratori è dunque la ragion d'essere di tutta questa strategia. Adottare una tale strategia fiscale e allo stesso tempo versare lacrime per i lavoratori, è il massimo dell'ipocrisia.
Il punto da notare qui è che non c'è nessun automatismo nell'aumento dei prezzi al dettaglio dei prodotti petroliferi solo perché i prezzi mondiali del greggio sono aumentati; uno non è la conseguenza inevitabile dell'altro. L'aumento dei prezzi al dettaglio dei prodotti petroliferi è una strategia fiscale; questi prezzi al dettaglio devono aumentare se c'è un aumento dei prezzi mondiali del greggio solo a causa di questa strategia fiscale, e solo se la strategia fiscale rimane invariata. Parlare dell'inevitabilità dell'aumento dei prezzi al dettaglio dei prodotti petroliferi significa prendere questa stessa strategia fiscale come inevitabile, e quindi nascondere alla gente il fatto che è una strategia scelta, un atto deliberato di scelta. Infatti, attualmente, le tasse imposte dai governi centrali e statali rappresentano più della metà del prezzo al dettaglio della benzina.
Il caso dei governi statali è comprensibile: essi hanno poche fonti di entrate che possono sfruttare a loro discrezione. Dopo l'introduzione della GST, l'area di discrezionalità si è ridotta abbastanza bruscamente, e i prodotti petroliferi sono una delle tre merci in cui le aliquote non sono fissate dal Consiglio della GST, ma possono essere fissate a discrezione del governo statale. La tassazione dei prodotti petroliferi da parte dei governi statali è quindi abbastanza comprensibile; essi hanno poca scelta in materia, poiché non hanno la possibilità di imporre imposte dirette.
Ma il governo centrale ha ampie possibilità di raccogliere risorse attraverso altri mezzi, che deliberatamente non utilizza. Il suo ricorso alla tassazione dei prodotti petroliferi invece di imporre tasse dirette ai ricchi è quindi una scelta fatta da parte sua. Si tratta di un pregiudizio di classe; non c'è nulla di inevitabile.
Si può pensare che i prodotti petroliferi siano utilizzati principalmente dai ricchi, per cui la loro tassazione non incide seriamente sui poveri; ma questo è sbagliato per almeno tre ragioni. In primo luogo, tra i prodotti petroliferi ce ne sono molti che sono usati direttamente dai lavoratori, un esempio ovvio è il gas da cucina. In secondo luogo, un aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi fa aumentare i costi di trasporto, a causa dei quali tutti i prezzi delle materie prime aumentano, compresi i prodotti di base come i cereali alimentari che entrano così fortemente nel paniere di consumo dei poveri. In terzo luogo, anche se i prodotti petroliferi non entrassero né direttamente né indirettamente nella produzione o nel trasporto dei beni usati dai lavoratori, e entrassero solo nella produzione dei beni necessari ai capitalisti, questi ultimi, per mantenere il loro comando reale su questi beni, dovrebbero aumentare il loro margine di profitto e quindi i prezzi anche dei beni consumati dai lavoratori. Quindi un aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi colpisce i poveri, non tanto i ricchi, che possono prendere misure per proteggersi dall'inflazione, e le prendono.
E' perfettamente possibile mantenere i prezzi dei prodotti petroliferi invariati (e persino abbassarli) nonostante l'aumento dei prezzi del greggio sul mercato mondiale, passando a una strategia fiscale alternativa che si basa sulle imposte dirette sui ricchi per raccogliere entrate; tra queste imposte spiccano le tasse sulla ricchezza e sull'eredità. Ma, ci si può chiedere, che dire della riduzione del consumo interno di prodotti petroliferi che diventa particolarmente necessario quando i prezzi del greggio aumentano in dollari; come si può ottenere questo senza un aumento dei prezzi?
Coloro che non sono "price-taker" ma "price-maker" possono riuscire a mantenere intatto il loro assorbimento reale di prodotti petroliferi; l'unico gruppo il cui assorbimento di tali prodotti può ridursi, come abbiamo visto, è il gruppo dei "price-taker", cioè i lavoratori. Anche nel loro caso lo sforzo sarebbe generalmente quello di economizzare sul consumo di altri beni per mantenere l'assorbimento dei prodotti petroliferi, in modo che si generi una recessione nell'economia causando una disoccupazione ancora maggiore; e infatti è questo che diventa il mezzo per effettuare un taglio dell'assorbimento. Ma un mezzo più sicuro, non immiserizzante, non inflazionistico e non recessivo (cioè non staglazionistico) per effettuare un taglio all'assorbimento dei prodotti petroliferi è quello di introdurre il razionamento legale insieme al controllo dei prezzi.
Il razionamento è un mezzo per introdurre l'equità nella distribuzione dei prodotti petroliferi tra la popolazione. Il razionamento implicito introdotto attraverso l'aumento dei prezzi è essenzialmente inegalitario; ma il razionamento diretto, mentre il prezzo al dettaglio è controllato, fornisce una distribuzione più egualitaria dei prodotti petroliferi tra la popolazione.
Affrontare la situazione derivante dall'aumento dei prezzi mondiali del greggio richiede quindi una combinazione di politiche: una politica fiscale che si basa su tasse dirette sui ricchi; un controllo sui prezzi al dettaglio dei prodotti petroliferi e persino una riduzione di questi prezzi; e un razionamento quantitativo nella distribuzione dei prodotti petroliferi per mantenere limitate le importazioni totali di greggio piuttosto che fare affidamento su un aumento dei prezzi di questi prodotti per farlo. Ma se invece di questo policy-mix insistiamo nell'usare il policy-mix che abbiamo adottato finora, allora il paese si avvia verso tempi molto tristi.
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