www.resistenze.org - osservatorio - economia - 04-10-22 - n. 842

Crisi energetica in Europa architettata dagli USA. Potenziamento del dollaro, depressione economica globale

Uriel Araujo * | globalresearch.ca
Traduzione per Resistenze.org a cura di Enzo Pellegrin

02/10/2022

Ora che il gasdotto Nord Stream potrebbe essere stato sabotato da Washington -  come promesso dal presidente americano Joe Biden il 7 gennaio scorso -  e potrebbe essere perduto per sempre (secondo le autorità tedesche), è tempo di considerare i possibili impatti.

La crisi energetica nell'UE è sempre stata stimolata dagli interessi americani. Gli Stati Uniti hanno inoltre intrapreso da molto tempo una guerra economica e di conseguenza potenziato il dollaro, ma è chiaro ormai da mesi che il loro attacco economico e finanziario contro la Russia si è ritorto contro di loro - e ancora una volta, soprattutto contro l'Europa. Tali guerre economiche, infatti, possono pericolosamente andare fuori controllo e sono considerate una delle cause della crisi del 1929 nel mondo post-Versailles.

Philip Pilkington, un economista irlandese che si occupa di finanza d'investimento, famoso per i suoi contributi sulla stima empirica dell'equilibrio generale e in altri campi, ha fatto osservazioni piuttosto interessanti sulla possibile deindustrializzazione dell'Europa come conseguenza della guerra economica. Egli osserva come nel mondo post-pandemico i debiti in Occidente si siano accumulati e, in aggiunta, l'attuale conflitto in Ucraina abbia portato costi energetici aggiuntivi.

Dopo che il conflitto sarà terminato - o sarà divenuto un "conflitto congelato" - oppure dopo che sarà stata ristabilita una soluzione diplomatica, la Russia potrebbe ricominciare a fornire gas all'Europa come al solito - così hanno ragionato molti analisti. Tuttavia, ora che i gasdotti non ci sono più, il prezzo dell'energia nel continente rimarrà tremendamente alto per gli anni a venire. Con i prezzi costantemente elevati dell'energia, che rendono la produzione non più economicamente conveniente (riducendo così il potere d'acquisto europeo), ci si deve aspettare che il blocco diminuisca le esportazioni per rilanciare un'industria non competitiva, aumentando al contempo gli investimenti energetici. Questi sono i punti principali di Pilkington e vale la pena approfondirli.

Pilkington sostiene che gli alti costi dell'energia renderanno l'industria europea largamente non competitiva, perché i produttori non avranno altra scelta se non quella di aumentare il prezzo dei prodotti, che a loro volta non saranno in grado di competere con i prodotti stranieri più economici. L'economista continua sostenendo che, in questo scenario, con molti produttori fuori mercato, il risultato sarà la perdita di posti di lavoro fondamentali, con meno occupati che spendono denaro e una nuova depressione economica.

Pertanto, secondo Pilkington, gli Stati Uniti non saranno in grado di "sostituire" la produzione europea per troppo tempo, perché semplicemente non ci sarà nessuno nel continente a comprare i prodotti che gli Stati Uniti spediscono sulle coste europee. Questa crisi avrà quindi ripercussioni anche sugli americani, perché, con il calo delle esportazioni verso l'Europa, anche i lavoratori statunitensi perderanno il loro posto di lavoro. Cosa potrebbero fare gli Stati dell'UE in un simile scenario? L'economista irlandese sostiene in modo abbastanza convincente che una soluzione tariffaria sarebbe la più ovvia: aumentando le tariffe, questi Paesi saranno in grado di "rendere i prodotti internazionali costosi come i prodotti nazionali, che soffrono dell'inflazione dei costi energetici".

Il risultato non può che essere un maggiore caos economico per l'Occidente, mentre l'Europa "si spegne" e diventa una sorta di "buco nero", in una ripetizione degli eventi del 1920 che portarono alla Grande Depressione, scrive Philip Pilkington.

Tuttavia, la situazione globale oggi è molto cambiata, con l'alleanza BRICS+, apparentemente destinata a "sganciarsi dall'economia occidentale". Per un certo periodo, l'aumento dei prezzi delle materie prime è stato percepito come il risultato delle politiche sanzionatorie occidentali, e questo ha costretto il Sud globale a cercare meccanismi paralleli e alternative. Pertanto, queste potenze emergenti hanno il potenziale per costruire un "blocco economico separato", il che significa che l'Occidente soffrirebbe maggiormente del caos economico, dato che i BRICS+ "hanno una salute economica relativamente pulita".

Tutto questo è uno scenario abbastanza probabile e bisogna considerare anche le implicazioni politiche. La crisi economica riporterà con ogni probabilità il protezionismo e potrebbe essere accompagnata da un clima politico simile a quello del 1930. Questo a sua volta non può che rafforzare il campo populista in Europa. Le tendenze populiste e della cosiddetta "estrema destra" sono in crescita nel continente da anni e il momento sembra essere quello giusto per accelerare questo fenomeno.

Si ricorda che la candidata presidenziale francese Marine Le Pen, sconfitta, ha promesso di far uscire la Francia dalla NATO durante le elezioni di quest'anno. Nel frattempo, ad agosto, l'Ungheria ha registrato ancora una volta i prezzi dell'energia più bassi dell'UE. A Mosca sono state imposte oltre 8.700 sanzioni, che tuttavia hanno danneggiato più l'Europa che la Russia, dato che il primo ministro ungherese Viktor Orban è stato un forte critico di tali sanzioni. In effetti, che l'uomo piaccia o meno, spesso è stato la voce della ragione nel blocco. Ora, il partito euroscettico tedesco Alternative für Deutschland (AfD) si sta concentrando sull'attacco alle élite europee e sull'opposizione alle sanzioni del governo tedesco contro la Russia. Questa tendenza è diffusa in tutta l'UE.

È ora che l'Europa affermi la propria sovranità, ma questa posizione politica è ampiamente marginalizzata nel continente.  Pertanto, sebbene l'ondata populista europea dovrebbe aumentare lo scetticismo nei confronti della NATO e dell'UE stessa, aumenterà anche l'instabilità politica e i disordini. In sintesi, nel peggiore degli scenari post-Nord Stream, ci si può aspettare un'Europa deindustrializzata e isolata che attraversa una grave crisi politica ed economica.

*) Uriel Araujo è un ricercatore specializzato in conflitti internazionali ed etnici.


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