www.resistenze.org - osservatorio - economia - 15-10-24 - n. 911

La stagnazione dell'economia mondiale

Prabhat Patnaik | peoplesdemocracy.in
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

06/10/2024

Il fatto che l'economia mondiale sia rallentata dopo la crisi finanziaria del 2008 è fuori discussione. In effetti, persino gli economisti conservatori statunitensi hanno iniziato a usare il termine "stagnazione secolare" per descrivere la situazione attuale (anche se danno una loro particolare definizione). Lo scopo della presente nota è quello di fornire alcuni dati sui tassi di crescita per stabilire questo particolare punto.

I calcoli del PIL, notoriamente inaffidabili per determinati Paesi, lo sono ancora di più per il mondo nel suo complesso. In India molti ricercatori hanno messo in discussione le stime ufficiali del tasso di crescita del PIL e hanno suggerito che questo tasso difficilmente ha superato il 4-4,5% annuo negli ultimi anni, a differenza del 7% circa indicato dalle statistiche ufficiali. L'esultanza per l'accelerazione della crescita del PIL nel periodo neoliberista rispetto a quello dirigista sembrerebbe del tutto fuori luogo; e se il tasso di crescita del PIL è cresciuto a malapena rispetto al passato, mentre le disuguaglianze sono aumentate in modo significativo, allora l'affermazione che la condizione dei lavoratori è peggiorata nel periodo neoliberista sarebbe ancora più solida, come è chiaramente dimostrato da altri indicatori come i dati sull'apporto nutrizionale. Ma nonostante l'incertezza dei dati, esaminiamo cosa è successo al PIL mondiale.

A tal fine utilizzo i dati della Banca Mondiale, con il PIL "reale" stimato ai prezzi del 2015 per ciascun Paese e aggregato per il mondo nel suo complesso in dollari ai tassi di cambio del 2015. La divisione dell'intero periodo dal 1961 in sottoperiodi e il confronto tra questi sottoperiodi è piuttosto complicata. L'adozione di tassi di crescita decennali è problematica, perché se l'inizio del decennio è un anno di minimo, il tasso di crescita per il decennio risulterebbe esagerato, dando così un'immagine distorta. Per quanto possibile, ho preso gli anni di picco e ho calcolato i tassi di crescita da picco a picco dell'economia mondiale, il che dà certamente un quadro più affidabile della variazione pluriennale del tasso di crescita. Gli anni specifici sono il 1961, il 1973, il 1984, il 1997, il 2007 e il 2018, che è stato l'ultimo anno di picco prima dell'arrivo della pandemia. I tassi di crescita del PIL mondiale nei sottoperiodi definiti da questi anni sono i seguenti:

Periodo   Tasso di crescita del PIL per anno
1961-1973   5,4 per cento
1973-1984   2,9 percento
1984-1997   3,1 per cento
1997-2007   3,5 per cento
2007-2018   2,7 percento

Da questi dati emergono tre conclusioni. In primo luogo, il tasso di crescita dell'economia mondiale durante il periodo dirigista è stato molto più alto di quello dell'intero periodo neoliberista. Questo è un punto spesso trascurato nella discussione standard, dove l'arringa sul tema della "superiorità del mercato" dà l'impressione che l'economia mondiale sia cresciuta più velocemente nell'era neoliberista; questa impressione, tuttavia, è completamente falsa. Anzi, è vero l'esatto contrario, cioè un notevole rallentamento dell'economia mondiale nel periodo del neoliberismo.

In secondo luogo, tra il periodo dirigista e quello neoliberista c'è stato un periodo intermedio di rallentamento: il tasso di crescita è sceso dal 5,4% al 2,9%. Questo rallentamento fu una conseguenza della strategia capitalista per combattere l'accelerazione dell'inflazione che si era verificata alla fine degli anni Sessanta e all'inizio degli anni Settanta nel mondo capitalista e segnò la fine del periodo dirigista. È questo periodo intermedio di rallentamento della crescita del PIL mondiale che ha creato il contesto per l'introduzione del regime neoliberista. Il capitale finanziario, che stava aumentando di dimensioni e si stava internazionalizzando sempre di più, ha fatto pressione per passare al neoliberismo. Ma questa pressione alla fine ha dato i suoi frutti a causa della crisi del dirigismo, che si è manifestata prima con un'impennata inflazionistica e poi con un rallentamento della crescita, in quanto la politica ufficiale di tutto il mondo capitalista ha cercato di combattere l'inflazione riducendo la spesa pubblica e creando disoccupazione di massa.

In terzo luogo, i dati mostrano che un rallentamento prolungato sotto il neoliberismo è seguito al crollo della bolla immobiliare negli Stati Uniti. Questo crollo ha fatto precipitare una crisi finanziaria nel mondo capitalista; ma mentre il sistema finanziario è stato salvato attraverso l'intervento dello Stato (alla faccia dell'"efficienza del mercato"), l'economia reale non ha visto alcuno stimolo, né sotto forma di una maggiore spesa statale né di una nuova bolla paragonabile a quella immobiliare, per rilanciare il suo tasso di crescita.

Abbiamo deliberatamente preso come anno terminale il 2018, che rappresenta un anno di picco. Il periodo successivo al 2018 è stato ancora più negativo per l'economia mondiale; infatti il tasso di crescita del PIL tra il 2018 e il 2022, l'ultimo anno per il quale disponiamo di dati, è stato di un misero 2,1% annuo. Anche i dati sulla popolazione mondiale non sono molto affidabili, dato che l'India stessa non ha effettuato il suo censimento decennale né nel 2021, quando era previsto, né successivamente; ma la stima abituale è che sia cresciuta a un tasso di poco inferiore all'1% (si stima che nel 2022 sarà dello 0,8%). Ne consegue che il reddito mondiale pro capite cresce attualmente a poco più dell'1% all'anno.

Dato che la disuguaglianza di reddito nel mondo è aumentata, la stragrande maggioranza della popolazione mondiale deve aver assistito a una virtuale stagnazione dei propri redditi reali in media. Un esempio illustrativo chiarirà questo punto. Si stima che il 10 percento della popolazione mondiale riceva attualmente più della metà del reddito totale del pianeta; ne consegue che se il reddito di questo 10 percento crescesse anche solo del 2 percento all'anno, il reddito del restante 90 percento rimarrebbe in media assolutamente stagnante. La conclusione è ineluttabile: il sistema capitalistico nella sua ultima fase neoliberista ha portato la stragrande massa della popolazione mondiale a uno stato di stagnazione dei redditi, in media, che ricorda l'epoca coloniale; per un gran numero di persone nel mondo ci deve essere stato un declino dei redditi reali.

Inoltre, non si tratta di un fenomeno transitorio che scomparirà nel tempo. Questo è ciò che il neoliberismo ha in serbo. Una ripresa della crescita nell'attuale congiuntura richiederebbe un aumento della domanda aggregata nell'economia mondiale, che a sua volta richiederebbe l'intervento dello Stato; e lo Stato può riuscire ad aumentare la domanda solo se finanzia la sua maggiore spesa attraverso un maggiore deficit fiscale o attraverso una maggiore tassazione dei capitalisti e, in generale, dei ricchi. Ma entrambi questi modi di finanziare una maggiore spesa statale sono disapprovati dal capitale finanziario internazionale; e poiché lo Stato è uno Stato-nazione, mentre la finanza è globalizzata e può abbandonare un Paese in massa con un colpo di spugna, lo Stato deve piegarsi ai dettami della finanza per evitare tale fuga di capitali. Di conseguenza, un intervento statale da parte di un particolare Stato-nazione per stimolare la domanda aggregata e quindi aumentare il tasso di crescita della sua economia è fuori questione. Non è stato nemmeno ipotizzato uno stimolo fiscale coordinato, in cui diversi Stati aumentino simultaneamente la spesa attraverso uno dei mezzi sopra menzionati, che potrebbe impedire la fuga dei finanziamenti da questo intero gruppo di Paesi; ciò lascia la politica monetaria come unico strumento di intervento a disposizione dello Stato.

Anche in questo caso, però, il tasso di interesse di un Paese non può essere troppo basso rispetto a quello prevalente nei Paesi avanzati, soprattutto negli Stati Uniti, perché allora la finanza troverebbe quel Paese "poco attraente" e lo abbandonerebbe in massa. Solo gli Stati Uniti hanno la capacità di abbassare autonomamente i propri tassi d'interesse fino a quanto ritengono opportuno per stimolare la domanda aggregata (il che consentirebbe anche agli altri Paesi di abbassare i propri tassi d'interesse); ma i tassi d'interesse negli Stati Uniti per gran parte del periodo recente sono stati vicini allo zero e non c'è stato alcun rilancio dell'economia mondiale. Al contrario, tassi d'interesse così bassi mantenuti per un lungo periodo hanno avuto l'effetto di incoraggiare le imprese del paese ad aumentare i loro margini di profitto, dando luogo a un'accelerazione dell'inflazione, come si è verificato negli ultimi tempi.

Il progetto di Keynes, durato tutta la vita, di stabilizzare il capitalismo a un livello di attività elevato in modo che non venga superato da una rivoluzione socialista, si è quindi rivelato una chimera. Lo stato attuale del capitalismo neoliberista lo dimostra ampiamente.


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