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- osservatorio - europa - politica e società - 17-10-09 - n. 291
Le donne greche per un'Europa sociale
di Milena Fiore
Il 18 e il 19 giugno a Bruxelles si è tenuto il Consiglio dei Capi di Stato dell’Unione Europea sulla crisi economica che ha varato un piano anti-disoccupazione. Il Consiglio ha ribadito l’intenzione di proseguire nel sostegno al settore bancario e sulla strada del Patto di stabilità. Quanto all’organizzazione del lavoro, al punto 27 della nota trasmessa dalla Presidenza del Consiglio europeo si afferma: “Nella situazione attuale, la flex-security costituisce un importante mezzo per ammodernare e promuovere l’adattabilità dei mercati”. L’insieme di queste misure è passato sostanzialmente sotto silenzio. Riteniamo pertanto utile tornarci su, riportando la presa di posizione della Federazione delle donne greche, aderente alla FDIF.
DICHIARAZIONE DELLA OGE SULLE DECISIONI DEI MINISTRI DELLA UE SU OCCUPAZIONE, POLITICHE SOCIALI, SALUTE E PROBLEMI DEI CONSUMATORI, PRESE ALL’INCONTRO DEL 8 E 9 GIUGNO 2009 Donne lavoratrici, disoccupate, lavoratrici autonome, contadine povere, giovani donne,
due giorni dopo l’elezione del Parlamento Europeo le decisioni prese dai Ministri per l’impiego stanno colpendo ancora una volta i lavoratori e in particolare le donne, avendo un solo obiettivo: che le grandi imprese, i monopoli e le compagnie multinazionali emergano ancora più forti dalla crisi.
La “flex-security” e “le uguali opportunità per uomini e donne” che sono state proposte dai Ministri al Summit dei Capi dei paesi della UE il 18 e 19 giugno, significano esattamente questo per le lavoratrici:
Espansione della sottoccupazione, del part-time, degli stages e in generale forme di lavoro flessibile. L’istituzione della settimana lavorativa di 3 giorni con una equivalente riduzione della retribuzione.
Lavoro nella vecchiaia, che la UE chiama “invecchiamento attivo”, che per i lavoratori non significa altro che sfruttamento per tutta la vita da parte dei datori di lavoro.
Un nuovo colpo contro i diritti della sicurezza sociale e un ulteriore innalzamento dell’età della pensione, prima di tutto per le donne e in seguito per tutti i lavoratori; pagamento dei contributi pensionistici non solo durante la vita lavorativa ma per tutta la vita.
Passaggio di responsabilità dei servizi di welfare dallo stato a Organizzazioni Non Governative, autorità locali, volontariato e enti caritatevoli.
Assunzione da parte delle donne della cosiddetta cura informale, come misura contro la disoccupazione durante la crisi, e successivamente come campo di “impiego” per coloro che acquisteranno adeguate capacità, attraverso la formazione continua per tutta la vita, per offrire servizi elementari per la salute e il welfare.
Supporto per la formazione per tutta la vita, in particolare per le donne e i più anziani, perché possano acquisire professionalità in grado di occultare sottoimpiego e per creare una disponibilità di forza lavoro non pagata per i lavoratori.
Facilitazione del libero movimento dei lavoratori dentro la UE, in modo che i profitti del capitale non siano recintati da confini e da qualunque tipo di limite nella ricerca di forza lavoro adeguata e sottopagata. Allo stesso tempo agli immigrati “legali” che vivono nella UE non è concesso lo stesso stato di sicurezza sociale dei cittadini europei.
Denunciando queste scelte, la OGE ha chiamato le donne greche a una mobilitazione di massa sulla base di una piattaforma comprendente provvedimenti per le lavoratrici in modo da alleviare i loro molteplici carichi (lavoro salariato + lavoro di cura), e un effettivo riconoscimento da parte dello Stato del valore sociale della maternità. Inoltre la piattaforma chiama alla lotta “per un lavoro stabile e permanente con paghe sufficienti a coprire le necessità correnti, con pieni diritti su lavoro e sicurezza sociale e salvaguardia della domenica come giorno non lavorativo; per una sicurezza sociale pubblica per tutti, che garantisca una pensione decente all’età di 55 anni e di 50 anni per coloro che svolgono lavori pesanti e insalubri; per un sistema esclusivamente pubblico e gratuito per la salute, l’educazione e il welfare; per un welfare statale di alto livello, per la prevenzione e la pianificazione familiare, dotato di medici specializzati e non di economici e semi-addestrati sottoccupati”. Questa piattaforma può costituire un esempio di parole d’ordine unificanti per le donne lavoratrici e i lavoratori salariati in genere. Ricominciare a ragionare su un “programma minimo di classe”, a partire dalle più vitali esigenze dei lavoratori e delle donne, appare quanto mai urgente per la ripresa del movimento operaio e delle sue organizzazioni.