www.resistenze.org - osservatorio - europa - politica e società - 30-10-09 - n. 293

da http://www.labour-union-rights.eu/
 
Appello europeo per il rinnovamento ed il rafforzamento del diritto del lavoro e dei diritti sindacali in seno all’Unione Europea
 
Dopo il rinnovo degli eletti al Parlamento europeo in giugno 2009
 
L’appello generale è lanciato da una quindicina di persone appartenenti al mondo accademico nell’Unione Europea, con l’intenzione di interpellare i nuovi eletti al Parlamento europeo dopo le elezioni europee di giugno 2009. L’appello sarà seguito da una conferenza stampa che si terrà a Bruxelles.
 
L’appello è aperto alle firme di tutte le persone, organizzazioni ed associazioni interessate alla promozione e alla difesa del diritto del lavoro, del diritto sociale e dei diritti sindacali nell’Unione Europea. È rivolto quindi a sindacalisti, universitari in materie sociali, funzionari e impiegati delle amministrazioni ed istituzioni nei settori sociali, avvocati, giudici, ispettori sociali... ma anche a tutte e tutti coloro che ritengono che il diritto del lavoro e i diritti sindacali siano elementi essenziali per il corretto funzionamento di una democrazia. Questi diritti devono essere migliorati di continuo e non devono mai venire meno.
 
Appello europeo per il rinnovamento ed il rafforzamento del diritto del lavoro e dei diritti sindacali in seno all’Unione Europea
 
Di fronte all’imposizione della flessibilità nell’organizzazione del lavoro da ormai più di trent’anni, che ha portato ad una forte regressione dello statuto dei lavoratori nel settore pubblico e dello statuto dei lavoratori dipendenti nel settore privato, ed anche delle loro condizioni di retribuzione, un’offensiva ancora più grave contro il diritto del lavoro è stata lanciata recentemente ed ampliata di anno in anno da quando la Commissione Europea nel 2005 ha sancito che sarebbe stato necessario “modernizzare il diritto del lavoro”. Da allora, sia attraverso misure nazionali (ad es. le varie riforme in Francia che hanno profondamente destabilizzato il codice del lavoro), sia per via di interventi da parte dell’Unione Europea, i diritti fondamentali che costituiscono il cardine del diritto del lavoro e del diritto sindacale hanno subito attacchi pesanti, indegni dei sistemi politici che si rifanno alla democrazia.
 
La grande maggioranza della classe politica nell’Unione Europea e negli stati membri appoggia il mondo imprenditoriale nelle sue ambizioni di regressione sociale; il bilancio sulla situazione dei diritti dei lavoratori oggi pertanto è deplorevole in tutta l’Europa:
 
- il contratto di lavoro a tempo indeterminato è pressoché obsoleto e al più presto scomparirà;
 
- lo statuto di funzionario che garantisce un impiego stabile ed una retribuzione indicizzata sta diventando una “specie in via di estinzione”. Eppure assicura l’indipendenza degli stessi e la garanzia del trattamento uguale per tutti i cittadini;
 
- le protezioni contro i licenziamenti sono diminuite in modo considerevole;
 
- il diritto alla pensione e al finanziamento collettivo di una persona in pensione permettendole una vita dignitosa sono stati seriamente ridotti;
 
- la garanzia di beneficio in seguito alla perdita di lavoro di un’indennità di disoccupazione decente, commisurata all’ultimo salario, è diminuita considerevolmente.
 
All’interno dell’Unione Europea cento milioni di persone vivono in povertà, di cui il 48% nei paesi dell’Europa dei 15. Il numero dei lavoratori in stato di povertà aumenta di anno in anno: ad esempio, sono più di 10% in Italia o Spagna. Come se non bastasse, le autorità dell’Unione Europea hanno recentemente preso delle decisioni inaccettabili:
 
- La Corte di Giustizia dell’Unione Europea riduce, attraverso le sentenze Viking Laval, Rüffert, Luxembourg, gravemente i diritti sociali fondamentali: conferma la supremazia della libertà di stabilimento aziendale e di prestazione dei servizi sul diritto di sciopero; attribuisce un potere di discrezionalità del giudice nazionale riguardo la legittimità di sciopero; svalorizza le contrattazioni collettive che non sono di applicazione generale; infine impone agli stati le libertà commerciali come elementi indiscutibili di ordine pubblico mentre limita l’assistenza pubblica sociale ad un minimo da quanto previsto da una direttiva avente (tra l’altro) oggetto differente (distacco dei lavoratori, 1996)
 
- La Commissione, il Consiglio e il Parlamento hanno adottato un regolamento che verrà applicato in tutta Europa in dicembre 2009 (regolamento CE n°593/2008) e che assimila il contratto di lavoro ad un semplice contratto civile tra parti considerate eguali.
 
Queste nuove misure indicano chiaramente l’intenzione delle autorità europee di voler gradualmente abolire il diritto del lavoro come ramo giuridico specifico e sottoporre i rapporti di lavoro alle norme di diritto privato. Così facendo ricadremo nel 19° secolo, epoca durante la quale il diritto civile regnava in materia di relazioni di lavoro, e dove la parola del padrone prevaleva sempre su quella del lavoratore, la parola del forte sempre su quella del debole.
 
I firmatari insorgono fermamente contro il processo di regressione. Lanciano un appello affinché i nuovi eletti al Parlamento Europeo si impegnino ad integrare al più presto le norme internazionali del lavoro (le 188 convenzioni dell’ILO e l’insieme di articoli della Carta sociale europea del Consiglio d’Europa) nel diritto comunitario. Progettiamo l’assistenza pubblica sociale in Europa! In effetti, perché si arrivi ad un’Unione democratica tra i popoli europei è indispensabile costituire disposizioni imperative di base, il diritto sociale internazionale ed europeo, che possano prevalere sui diritti finanziari e commerciali. Dovrebbero inoltre portare il prima possibile alla creazione di una camera specializzata in diritto del lavoro in seno alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, e ad una riorganizzazione dei poteri in modo da trasformare il Parlamento Europeo in vero legislatore, adottando il principio democratico dell’indipendenza e della separazione dei poteri.
 
Per aderire: http://www.labour-union-rights.eu/
 
Primi firmatari:
- Mateo Alaluf (Belgio), professore di sociologia del lavoro, Università libera di Bruxelles
- Paul Bouffartigue (Francia), direttore di ricerca CNRS del Laboratorio di economia e sociologia del lavoro, CNRS-Universités d’Aix-Marseille I et II
- Christina Deliyanni-Dimitrakou (Grecia), professoressa di diritto, Università Aristote di Salonicco
- Gilbert Demez (Belgio), professore emerito di diritto sociale all’Università cattolica di Louvain
- Bernard Friot (Francia), economista e professore di sociologia all’Università di Parigi 10
- Corinne Gobin (Belgio), professoressa di scienze politiche, dottoressa di ricerca del Fonds national de la recherche scientifique all’Università libera di Bruxelles
- Claude Javeau (Belgio), professore emerito di sociologia, Università libera di Bruxelles
- Steve Jefferys (Regno Unito), direttore del Working Lives Research Institute di Londra
- Francis Kessler (Francia), docente di diritto privato all’Università di Parigi 1, opinionista in diritto sociale per il supplemento settimanale di Le Monde
- Yannis Kouzis (Grecia), professore all’Università Panteios di Atene e consigliere scientifico all’Institut de Travail de la GSEE (Confederazione Generale dei Lavoratori Greci)
- Jurgen Kädtler (Germania), direttore dell’Instituto di ricerca in sociologia all’Università di Göttingen
- Robert Lafore (Francia), docente di diritto pubblico, direttore onorario dell’IEP di Bordeaux
- Evelyne Serverin, (Francia), giurista e sociologa, direttrice di ricerca al CNRS in sociologia del diritto, membro dell’IRERP, laboratorio di diritto sociale e relazioni professionali
- Georges Spyropoulos (Svizzera), dottore di diritto, ex direttore del BIT (Bureau International du Travail) a Givevra
- Giovanna Procacci, (Italia), professoressa di sociologia, Università di Milano