www.resistenze.org - osservatorio - europa - politica e società - 28-03-16 - n. 582

Il referendum sull'UE nel Regno Unito. I comunisti britannici contro l'UE.

Ástor García* | unidadylucha.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

27/03/2016

L'uscita dall'UE, senza rompere con il capitalismo, non significa necessariamente un miglioramento delle condizioni della classe operaia e del popolo lavoratore.

David Cameron, primo ministro britannico, si è impegnato nel 2013 a proporre, in un futuro non specificato, un referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione Europea. La promessa, rinnovata prima di vincere le Elezioni parlamentari del maggio dell'anno scorso, si è concretizzata nel realizzare una votazione vincolante alla fine del 2017, ma gli eventi sono precipitati e alla fine, il referendum si svolgerà giovedì 23 giugno.

Diverse informazioni dicono che questo acceleramento, di quasi un anno e mezzo, si deve alla richiesta di altri Governi europei preoccupati per la possibile vicinanza temporale di questo referendum con i processi elettorali ordinari che ci saranno in Francia e Germania nel 2017 e per il timore di una nuova ondata di rifugiati durante la prossima estate. Tutto questo potrebbe incidere, in modo determinante, nel risultato della votazione.

Siano quali che siano le vere ragioni che stanno dietro il cambio di data, il referendum britannico sulla sua permanenza nell'UE deve esser analizzato con attenzione, posto che si sta producendo in termini tremendamente preoccupanti dal punto di vista di classe.

I comunisti britannici mantengono una chiara posizione per l'uscita dall'UE. Nelle parole del Segretario Generale del Partito Comunista Britannico, Robert Griffiths: "come comunisti, la nostra opposizione al capitalismo e al neoliberismo e il nostro impegno verso l'unità della classe operaia significa far campagna contro la permanenza nell'UE". Questa chiara posizione del Partito Comunista, che è da salutare, non significa, ciò nonostante, che il dibattito adesso nel Regno Unito si stia svolgendo a livello generale in termini di classe e di beneficio per la classe operaia.

Una bicicletta che tira un elefante rosa…

C'è un immagine che illustra alla perfezione come si sta ponendo il referendum da parte di chi, adesso, è il settore maggioritario nella difesa dell'uscita dall'UE. Basta entrare nella pagina web "leave.eu" (che si può tradurre come "abbandonare l'UE"), che centralizza la campagna per il Si al Brexit da posizioni capitaliste, si può trovare un disegno che mostra lo stesso David Cameron e il laburista Andy Burnham (candidato a leader laburista nel 2015 e attuale responsabile dell'Interno nel Governo ombra laburista) che si sforzano per cercare di far avanzare una bicicletta tandem verso un segnale che dice "libero commercio", mentre la bicicletta è legata a un pesante elefante rosa che veste una maglietta con la bandiera dell'UE. L'immagine e il discorso, pertanto, sono abbastanza semplici: bisogna uscire dall'UE perché l'UE, con la sua burocrazia e i suoi regolamenti, è un peso che impedisce lo sviluppo del Regno Unito nel senso del "libero" commercio.

Nella stessa pagina web si possono vedere altre immagini, ugualmente semplici e chiare, nella quale si vede un individuo molto sospettoso che entra senza problemi nel Regno Unito, mentre la guardia della frontiera dorme con gli occhi tappati da una maschera con la bandiera dell'UE; o la distribuzione di una torta che rappresenta il "commercio internazionale", dove Obama, Putin e Xi Jimping hanno ognuno una grossa fetta, mentre vari presidenti europei litigano tra loro per l'unico pezzo che porta la bandiera dell'UE. Semplice ed efficace, c'è da riconoscerlo.

Il discorso del libero commercio e della critica ai regolamenti dell'UE è ben noto e ha una base oggettiva di tipo economico e lavorativo: il Regno Unito è una delle principali potenze capitaliste mondiali, attore rilevante nel commercio internazionale capitalista e dall'altro lato, la sua normativa sul lavoro, per esempio, è già abbastanza favorevole al padrone rispetto a quella adesso terribilmente anti-operaia della legislazione di altri paesi dell'UE. In sintesi, un settore della borghesia britannica pensa che la permanenza nell'UE può significare che gli vengano imposte leggi lavorative più simili a quelle della "socialista" (notarsi l'ironia) Francia che a quelle degli USA, allievo del modello liberale delle relazioni lavorative, di origine anglosassone.

… mentre Patricia Botìn grida "salviamo l'UE"

Dall'altro lato, numerosi rappresentanti di grandi monopoli si sono schierati chiaramente a favore della permanenza del Regno Unito nell'UE. Il massimo responsabile della banca HSBC, Stuart Gulliver; il capo del monopolio della comunicazione WPP, Martin Sorrell; rappresentanti della JP Morgan, della banca Berenberg o lo stesso Banco Santander, hanno espresso la loro preoccupazione sul Brexit in diversi momenti. Anche l'ex presidente di Ford in Europa, Steve Odell, segnalava nel 2014 che una ipotetica uscita dall'UE avrebbe significatoe per il Regno Unito "mettere a rischio migliaia di posti di lavoro nella manifattura".

Questa frazione dell'oligarchia è quella che, con tutta sicurezza, sta tenendo più in conto che il Regno Unito, nel 2014, ha realizzato il 45% di tutte le sue esportazioni al resto dei paesi dell'UE, mentre ha ricevuto dagli stessi paesi il 53% delle sue importazioni; o che il 48% degli investimenti di capitale ricevuti in questo stesso anno è giunto da paesi dell'UE; che più di 3 milioni di posti di lavoro nel paese sono vincolati al commercio con l'UE. Affermano, poi, che tutto questo traffico di merci, capitali e manodopera potrebbe esser posto a rischio se il Regno Unito rompesse con l'UE.

E' forse seguendo questi indizi che i massimi responsabili di 36 delle 100 imprese quotate nell'indice FTSE (IBEX britannico) hanno firmato una lettera aperta pubblicata il 23 febbraio sul quotidiano The Times appoggiando la proposta di David Cameron di rimanere in una "UE riformata", una volta raggiunto l'accordo tra il Regno Unito e il resto dei 28 lo scorso 19 marzo. Sarebbe questo un importante supporto per Cameron se non considerassimo che la lettera non è stata firmata dal restante due terzi dei monopoli britannici, includendo imprese come Tesco's, Salsbury's, Royal Bank of Scotland o Barclays.

Alla luce di questi dati si percepisce con assoluta chiarezza che l'oligarchia si trova seriamente divisa di fronte al referendum. Ci sono poderosi argomenti per una e l'altra frazione capitalista e il dibattito si sta realizzando su questi argomenti, nei quali si sta intrappolando la maggioranza lavoratrice britannica, perché la posizione del Partito Laburista è chiaramente a favore della permanenza nell'UE.

L'accordo tra Cameron e l'UE vuole combattere la classe operaia

Non possiamo dimenticare che l'accordo che ha permesso che David Cameron faccia campagna per la permanenza nell'UE, sancito a Bruxelles il 19 febbraio, è una conferma della già preesistente "eccezionalità britannica", che permetterebbe al Regno Unito di svincolarsi da certi aspetti della normativa comunitaria (per esempio di parte della Carta Europea dei Diritti Fondamentali). Questo nuovo accordo, che configura quella che viene chiamata come "UE riformata", suppone un grave colpo per i difensori di una maggiore integrazione a livello europeo, mettendo in dubbio alcuni dei principi più decantati dai campioni dell'UE, come quello dell'uguaglianza di trattamento per i lavoratori di altri paesi dell'UE. Si constata che la "libertà" dell'UE è per il capitale e nulla più.

Un esempio meridiano: la limitazione degli aiuti sociali e all'infanzi, per i lavoratori immigrati provenienti da altri paesi dell'UE durante i loro primi quattro anni nel paese, colpirà negativamente migliaia e migliaia di giovani spagnoli che sono costretti a emigrare nel Regno Unito, generalmente per realizzare lavori mal pagati e con lunghe giornate. L'intenzione di combattere differenti sezioni della classe operaia si rende così evidente e in questa chiave, tra le altre, risiede la grande trappola di questo referendum.

In breve, a meno che le posizioni più coerenti espresse dal PC Britannico e appoggiate, ad esempio, dal PC d'Irlanda, non prendano piede nei mesi che rimangono fino al referendum, il dibattito sul Brexit si svolge in termini capitalisti, in termini di una maggiore reddittività per il capitale e costituisce una via morta per i lavoratori e le lavoratrici perché l'unica cosa che li unifica è la loro contraddizione antagonista con gli interessi operai e popolari.

L'uscita dall'UE, senza rompere con il capitalismo, non significa necessariamente un miglioramento delle condizioni della classe operaia e del popolo lavoratore. E' necessario vincolare assolutamente la lotta contro il capitalismo e la lotta contro le associazioni statali capitaliste, organizzando la maggioranza lavoratrice sul vero dilemma: o con la maggioranza operaia e popolare o con i monopoli.;

* Responsabile dell'Area Internazionale del Partito Comunista dei Popoli di Spagna (PCPE)


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