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Intervista a Raoul Hedebouw : Per sconfiggere il virus, impariamo dagli altri popoli

Livia Lumia e Michaël Verbauwhede | solidaire.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

03/11/2020

A novembre, Raoul Hedebouw risponde alle vostre domande in un'intervista esclusiva divisa in tre parti per la rivista Solidaire. In questa prima parte, il portavoce del PTB evoca le sfide politiche in gioco ai tempi dell'epidemia da coronavirus: "Abbiamo l'umiltà di constatare che il capitalismo europeo non è in grado di risolvere i problemi.»

Oggi la pandemia sta registrando nuovi record. È in atto un blocco parziale e gli ospedali sono sull'orlo della saturazione. Il portavoce del PTB fa riferimento al fallimento del governo, alla situazione dei camici bianchi e alla minaccia ai nostri diritti democratici.

Di fronte a questa seconda ondata, il nuovo governo è meglio preparato della precedente per combattere il coronavirus?

Raoul Hedebouw: Sì e no. Sì, perché ci sono differenze significative nell'accordo Vivaldi, come la decisione di investire 1,2 miliardi in più per l'assistenza sanitaria. Vi ricordo che questi soldi sono stati promessi grazie a un emendamento di bilancio del PTB, in simbiosi con il movimento sociale dei camici bianchi già attivo prima della crisi del coronavirus. Questa è quindi una buona notizia.

Questo è per il "sì". E il "no"?

R.H.: No perché finora nessuno di questi euro è arrivato negli ospedali. Ora, questa è un'emergenza. Ed è per questo che il settore dei camici bianchi si mobilita ancora una volta: "Abbiamo i guanti, ma non le mani", gridano. Bisogna che i mezzi arrivino ora. E non nel 2021, come dice Frank Vandenbroucke, il nuovo ministro della Salute.

In Belgio sono state adottate misure eccezionali per combattere il coronavirus. Oggi, possono essere giustificate con la pandemia. Ma non c'è il rischio che si perpetuino? Quello che stiamo vivendo ora potrebbe servire come laboratorio per limitare la democrazia a lungo termine?

R.H.: Il pericolo è reale. Le misure lineari che vengono adottate, come il coprifuoco ad esempio, sono gravi attacchi alle nostre libertà individuali. E la ragione per cui sono state messe in atto, sta nel fatto che non sono stati adottati tutti gli altri metodi per combattere il coronavirus. C'è un nesso causale tra i due. È perché abbiamo smembrato la prima linea e l'assistenza sanitaria, perché non abbiamo messo in atto un sistema efficace di tracciamento dei contatti, che ora stiamo arrivando a misure liberticide, che colpiscono tutti. Come la Ligue des Droits de l'Homme, sono in effetti preoccupato per la fortissima limitazione delle libertà individuali, mentre altre misure avrebbero potuto e dovuto essere adottate.

Il coronavirus avrà un impatto sulle mobilitazioni. Come protesteremo contro le misure antisociali del governo se non possiamo scendere in piazza?

R.H.: E' una difficoltà oggettiva, sì. Il movimento sociale si nutre di azioni "in presenza", come diciamo oggi. Chi avrebbe pensato che un giorno avremmo dovuto ricordare che il "geniale" aspetto di una manifestazione è la presenza? È lo stare insieme fisicamente che ci fa stare bene. Essere 50.000 in strada non è come essere 50.000 in teleconferenza. Non significa che non possiamo divertirci in teleconferenza, ma non è la stessa cosa. Quindi la cosa più difficile per il movimento sociale sarà trovare le forme di mobilitazione che ci permetteranno di reagire. L'inchiostro dell'accordo Vivaldi non era ancora asciutto che vi erano già mobilitazioni sindacali il 28 settembre. Ho fiducia nel nostro movimento popolare e nel suo potenziale creativo per denunciare ciò che non andrà bene. E se mi baso sulle analisi sindacali, questo è ciò verso cui ci stiamo dirigendo.

Il PTB svolge un ruolo importante: contribuire alla mobilitazione, partecipare all'educazione popolare sulle misure impopolari del Vivaldi. Siamo di fronte a una vera e propria guerra di comunicazione. I partiti al governo cercheranno di farci credere che le misure che metteranno in atto saranno il "male minore". Per 25 anni hanno usato questa teoria del male minore per giustificare decisioni antisociali e in questi tempi di Virus useranno la crisi come pretesto per giustificarla di nuovo. Ma noi, la vera sinistra, non siamo soddisfatti del male minore. Quello che vogliamo è il meglio. Se un secolo fa ci fossimo limitati al male minore, oggi non avremmo le ferie pagate. Non avremmo ottenuto i contratti collettivi. Non avremmo tirato fuori i nostri figli dalle miniere. Perché erano "il male minore".

Questa seconda ondata, cosa significa, politicamente?

R.H.: In primo luogo, la constatazione del fallimento. Avevamo detto che avremmo imparato dalla prima ondata. Ma siamo tornati nella stessa situazione di prima. Non sono d'accordo con chi dice che è colpa dei cittadini. I politici che lo dicono cercano di nascondere la loro responsabilità. È prima di tutto e soprattutto il potere politico ad avere una grande responsabilità.

Perché, in Belgio, dobbiamo aspettare cinque giorni per avere i risultati dei nostri test, mentre in Cina, 7,5 milioni di persone vengono sottoposte a test in tre giorni? Perché nei paesi asiatici, ora sappiamo che vivono più o meno normalmente? Perché le persone possono vedere le loro famiglie lì? E perché questo non è possibile in Europa? Non è che il virus sia diverso in Cina rispetto a qui... No, è perché le politiche sono state diverse.

C'è stato un completo fallimento del nostro sistema di test e di tracciamento dei contatti. E questa è una delle due principali differenze rispetto al modello utilizzato in Cina, Corea del Sud o Giappone.

E la seconda grande differenza?

R.H.: La questione della prima linea. In Kerala, in India, ogni quartiere ha il suo centro sanitario, con un'équipe multidisciplinare: psicologi, assistenti sociali, medici. Fanno prevenzione. Conoscono il loro quartiere come le proprie mani e cercano di fare in modo che la gente non si ammali. Sono loro che seguono la popolazione. Qui dobbiamo interfacciarci con call center anonimi. Quante persone si occupavano di seguire i contatti per le malattie prima del covid in Belgio? Due funzionari per provincia. Non è una cosa seria. Peter Mertens, il presidente del PTB, lo spiega nel suo ultimo libro: "Ci hanno dimenticato": invece di avere il paraocchi sulle esperienze dei Paesi asiatici, impariamo dagli altri popoli. Abbiamo l'umiltà di vedere che il capitalismo europeo non è in grado di risolvere i problemi.


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