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La stretta relazione tra l'industria degli armamenti e la Commissione europea
Tijmen Lucie | solidaire.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
05/08/2022
Questo articolo è apparso nel numero di luglio 2022 di Spanning, una pubblicazione dell'Ufficio Scientifico del PS (Partito Socialista, Paesi Bassi).
Tijmen Lucie:L'Unione Europea (UE) sta facendo sforzi impressionanti per diventare una superpotenza militare. Nei prossimi anni, spenderà quasi 20 miliardi per la difesa, a cui vanno aggiunte le spese dei singoli Stati membri. Le ricerche condotte da Stop Arms Trade, tra gli altri, mostrano che questo aumento della spesa militare dell'UE va principalmente a beneficio dell'industria delle armi. Abbiamo parlato con Mark Akkerman di Stop Arms Trade di come l'industria delle armi sia in grado di fare i propri interessi. Da quanto tempo l'UE si sta militarizzando?
Mark Akkerman: Se ne parla da molto tempo, ma a lungo non è stata che un'idea, perché per molti Paesi rinunciare a un po' di controllo sulle proprie forze armate era un grosso problema. Ma negli ultimi dieci-quindici anni sono stati compiuti passi concreti per costruire l'infrastruttura militare dell'Europa. Il processo si sta muovendo velocemente, soprattutto di recente.
D. Quali passi importanti sono stati fatti finora?
R. Inizialmente, l'attenzione era rivolta a un maggiore coordinamento tra i Paesi dell'UE. Ad esempio, i Paesi Bassi collaborano da tempo con la Germania nel campo delle forze terrestri e con il Belgio nel campo delle forze navali.
All'inizio del secolo, il primo passo verso una maggiore integrazione europea è stato compiuto con la creazione dei Gruppi di combattimento dell'UE. Si tratta di unità militari relativamente piccole, schierabili in modo flessibile, che possono essere fornite da uno o più Stati membri. Sono addestrate, ma non sono ancora state impiegate.
Un altro passo importante è stato l'introduzione della Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO) nel 2017. Ciò riguarda soprattutto lo sviluppo di nuove tecnologie e la semplificazione della cooperazione tra le forze armate. Ad esempio, i Paesi Bassi sono responsabili della logistica, ossia di rendere più facile il trasporto militare all'interno dell'UE. La PESCO è un elemento importante della politica di difesa europea ed è un risultato del Trattato di Lisbona (che ha sostituito la Costituzione europea, respinta dalla maggioranza degli elettori olandesi e francesi nel 2005).
Un altro passo importante nella militarizzazione dell'UE è l'istituzione, dallo scorso anno, del Fondo Europeo di Difesa (FED). Questo fondo è destinato a finanziare la ricerca militare e lo sviluppo di nuove armi. Per i prossimi sei anni, il FED ha a disposizione non meno di otto miliardi di euro.
Infine, la Bussola Strategica, adottata dagli Stati membri dell'UE lo scorso marzo, menziona per la prima volta il dispiegamento di una forza di reazione flessibile di 5.000 soldati europei.
D.Qual è lo scopo di tutto questo?
R. L'UE vuole essere più autonoma dal punto di vista strategico. Vuole diventare una potenza militare indipendente, separata dagli Stati Uniti. L'UE è ancora impegnata nella NATO e nella cooperazione con gli Stati Uniti, ma vuole anche essere in grado di agire in modo indipendente in termini militari.
D.Cosa ne pensano gli Stati Uniti?
R. L'orientamento è ambiguo. Da un lato, soprattutto con la presidenza di Donald Trump, hanno spinto molto affinché l'Europa spendesse di più nella difesa per essere meno dipendenti dagli Stati Uniti, ma anche in conseguenza allo spostamento dell'attenzione militare verso l'Asia e l'Africa. D'altra parte, la militarizzazione dell'UE ha conseguenze che agli USA piacciono molto meno. Per esempio, l'Europa è molto impegnata a potenziare la propria industria degli armamenti, a scapito di quella statunitense, e questo sta causando qualche malumore oltre Atlantico.
Questo grafico mostra l'evoluzione della spesa militare dell'UE (in miliardi di euro). Nei prossimi anni, è destinata a aumentare ulteriormente. Tra le altre cose, verrà creato un fondo di 500 milioni di euro per l'acquisto congiunto di armi dall'industria bellica europea.
D. Chi c'è dietro la militarizzazione dell'UE?
R. L'industria degli armamenti è un motore molto importante. È decisamente considerata un esperto dalla Commissione Europea e da altre istituzioni. Inoltre, redige relazioni di consulenza fondamentali, ad esempio sulla creazione del FED.
L'industria delle armi diffonde anche l'idea che la militarizzazione sia la soluzione a tutto. Lo fa definendo questioni come il cambiamento climatico, la migrazione e le pandemie come problemi di sicurezza. Se una questione è un problema di sicurezza, è logico affrontarla con mezzi militari, utilizzando l'industria delle armi.
Oltre all'industria degli armamenti, anche le forze armate e i partiti politici di destra stanno facendo pressione per ottenere più fondi per la difesa, così come i sostenitori di una maggiore cooperazione europea. Questi ultimi ritengono che ciò consentirà di spendere il denaro in modo migliore e più efficiente. Tuttavia, questo non è fondato, perché in pratica l'enorme spesa per la difesa dell'UE si aggiunge al denaro che gli Stati membri già spendono per la propria difesa. Ma anche l'UE si sta muovendo in questa direzione.
D. In che modo l'industria degli armamenti cerca di influenzare le decisioni politiche?
R. Frequentando la Commissione Europea, organizzando conferenze con le istituzioni europee, scrivendo rapporti consulenziali influenti, mantenendo buoni contatti con i membri del Parlamento Europeo e partecipando a fiere di armi dove costruisce relazioni con le istituzioni e i decisori.
In definitiva, ciò che l'industria degli armamenti desidera di più è un dialogo con la Commissione Europea che dall'anno scorso è permanente. L'industria degli armamenti è sempre più vicina ai politici, che la coinvolgono sempre di più nella definizione delle politiche.
D. E che dire delle porte girevoli tra l'industria degli armamenti e le istituzioni europee?
R. Si tratta di un fenomeno comune. I due esempi più noti sono Thierry Breton e Jorge Domecq. Thierry Breton è l'attuale Commissario europeo per il mercato interno, che comprende anche la difesa. Prima della sua nomina, è stato CEO dell'azienda informatica francese ATOS, fortemente coinvolta in questioni militari e di sicurezza. In qualità di Commissario europeo, ha istituito un gruppo di dialogo permanente con l'industria delle armi.
In direzione inversa, Jorge Domecq, ex direttore dell'Agenzia Europea per la Difesa (EDA), è diventato consulente strategico di Airbus poco dopo la conclusione del suo incarico. Secondo il Mediatore europeo, ciò era contrario alle regole di integrità e non avrebbe dovuto essere permesso dall'EDA.
D. Chi sono i maggiori lobbisti dell'UE?
R. Nell'industria delle armi, ci sono due gruppi di pressione principali. Per quanto riguarda le questioni militari, c'è l'Associazione delle industrie aerospaziali e della difesa d'Europa (ASD). Si tratta di un'organizzazione ombrello per tutte le industrie nazionali della difesa e le principali aziende del settore. È molto influente. Spesso siede con le società di difesa in gruppi di consulenza. C'è anche l'Organizzazione per la Sicurezza (EOS), che si concentra maggiormente sulla politica di sicurezza, soprattutto in relazione al cambiamento climatico e alla migrazione. Si tratta anche di un'alleanza tra le principali aziende europee di armi.
Anche le grandi aziende di armi come Airbus, Thales e Leonardo fanno lobby. Ad esempio, negli ultimi anni Airbus ha avuto decine di incontri con la Commissione Europea. Naturalmente, non tutti sono legati alla difesa, in quanto Airbus fornisce anche l'aviazione civile, ma ciò dimostra che un'azienda del genere è influente e vicina alla Commissione europea.
Per saperne di più, si legga la tabella seguente:
Questa tabella mostra la spesa di lobbying delle maggiori industrie e lobby di armi nell'UE (2° colonna), il numero di lobbisti registrati presso la Commissione Europea per ciascuna di queste istituzioni (3° colonna) e il numero di incontri tenuti con la Commissione Juncker tra il 2014 e il 2019 (4° colonna).
D. Insieme al Transnational Institute e all'European Netwok Against Arms Trade, avete condotto una ricerca sui due programmi che hanno preceduto il FED. Cosa può dirci a riguardo?
R. Il FED è attivo solo dall'anno scorso, ma esistevano già due programmi sperimentali nel precedente periodo di bilancio dell'UE. Si tratta di programmi di ricerca e sviluppo per nuove tecnologie militari e di armamento che hanno ricevuto quasi 600 milioni di euro di investimenti. La maggior parte dei finanziamenti è andata alle grandi aziende di armi, quelle che hanno esercitato forti pressioni per la creazione del FED.
D. Il FED non è l'unico fondo per le spese militari. Esiste anche il Fondo europeo per la pace (FEP). Dove va a finire il denaro di questi fondi? E chi lo decide?
R. La Commissione europea elabora un piano di lavoro annuale per il Fondo europeo per la difesa. Chiede il contributo di esperti. Chi sono? Rimane un segreto, ma è ovvio che questo l'elenco include persone dell'industria delle armi. Il denaro va a consorzi di aziende di armi, istituti di ricerca come il TNO olandese e alle forze armate.
Le grandi società di difesa sono spesso scelte e coordinano molti di questi progetti. Ci sono diversi fondi di cui questi attori possono beneficiare. La FEP è uno di questi. Questo fondo non fa parte del bilancio dell'UE, perché ufficialmente l'UE non può finanziare esportazioni di armi letali. Gli Stati membri versano in questo fondo, che oggi finanzia, tra l'altro, le esportazioni di armi in Ucraina. Alla fine, questo denaro finisce ancora nelle casse dell'industria delle armi. Le armi attualmente inviate in Ucraina provengono principalmente dalle forze armate, perché devono essere consegnate rapidamente. Il FEP compensa le forze armate, che utilizzano questo denaro per acquistare nuove armi dall'industria.
D. Questo denaro va principalmente alle aziende di armi europee o anche a quelle statunitensi?
R. Il FED va a beneficio soprattutto delle aziende di armi europee. Lo stesso vale per la FEP. Per le aziende non europee è molto difficile ottenere finanziamenti. Può essere fatto in determinate condizioni, ma è un caso raro.
D. Quali rischi o pericoli comporta la militarizzazione dell'UE?
R. In generale, questo approccio è totalmente sbagliato. A livello internazionale, l'UE dovrebbe lavorare per evitare i conflitti e rafforzare la diplomazia, piuttosto che cercare di diventare una grande potenza militare. Tutti i discorsi sull'importanza della pace internazionale nascondono ovviamente interessi economici e geostrategici.
La militarizzazione ha molte conseguenze, dall'aumento delle tensioni con la Russia alle violazioni dei diritti umani nelle zone di conflitto. L'UE farebbe meglio a investire i fondi per la difesa in settori come l'istruzione, la salute e la lotta alla povertà, oltre che nella costruzione della pace e nella prevenzione dei conflitti.
D. Quali misure potrebbero fermare efficacemente la militarizzazione dell'UE?
R. È molto complicato, soprattutto in questo momento con la guerra in Ucraina. Idealmente, l'industria delle armi non dovrebbe più avere un accesso così facile alla Commissione europea. Per esempio, potremmo smettere di chiedere l'opinione del settore. Dovremmo anche smettere di fornire armi ai Paesi che violano i diritti umani (ad esempio, i Paesi Bassi riforniscono l'Egitto).
Inoltre, gli Stati membri dovrebbero semplicemente dire no alla militarizzazione dell'UE. In effetti, con un esercito europeo, ci sarà poco controllo democratico sugli interventi militari.
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