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L'UE finanzia inadeguatamente i farmaci mentre stanzia miliardi per le armi

Jan Wintgens | peoplesdispatch.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

03/04/2025

L'UE sta mobilitando fino a 850 miliardi di euro per la cosiddetta difesa e l'armamento, perdendo l'opportunità di costruire una vera sicurezza attraverso investimenti nella salute

Undici ministri della salute dell'Unione Europea hanno chiesto che la Legge sui medicinali critici [Critical Medicines Act, CMA] sia inclusa nell'iniziativa ReArm Europe proposta dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Questa mossa evidenzia il peso politico dei farmaci e rappresenta un'opportunità per definire una politica radicalmente diversa in materia di farmaci, piuttosto che ridurla a una questione di commercio o di preparazione militare.

Quando venne lanciata per la prima volta la CMA nel maggio 2023, il suo obiettivo dichiarato era quello di rafforzare le catene di approvvigionamento indebolite e ridurre la dipendenza dell'Europa dalla produzione farmaceutica nei paesi asiatici. Ora, i ministri della salute scrivono: "Con l'aumento delle tensioni geopolitiche, la globalizzazione può avere effetti collaterali minacciosi. Soprattutto quando si tratta di beni essenziali".

Alla luce di ciò, stanno spingendo affinché questa iniziativa faccia parte del nuovo cosiddetto bilancio della difesa in tempo per l'introduzione della CMA, che deve ancora essere approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio europeo. Il bilancio della CMA è attualmente fissato a 83,02 milioni di euro per il 2026 e il 2027. Si tratta di un sottofinanziamento: tale importo sarebbe sufficiente a coprire, ad esempio, un agente antibiotico, mentre l'iniziativa mira ufficialmente a fornire una copertura di 280 prodotti farmaceutici. L'approccio al finanziamento della Legge sui medicinali critici è in netto contrasto con la corsa agli armamenti ben finanziata che l'UE sta intraprendendo con l'iniziativa ReArm Europe.

L'approccio dei ministri della Salute non coglie il punto

Parte della proposta dei ministri è legata agli appalti pubblici, un processo durante il quale lo Stato acquista direttamente i prodotti, in questo caso anche la produzione di internalizzazione/esternalizzazione, coprendo parte dei costi per il trasferimento e l'avvio della produzione.

Per raggiungere questo obiettivo, il dottor Thomas Steffen, Segretario di Stato del Ministero Federale Tedesco della Salute, ha chiesto di deregolare i finanziamenti statali all'industria farmaceutica. "Abbiamo bisogno di regole che ci permettano di dare incentivi finanziari a un settore di cui abbiamo urgente bisogno", ha dichiarato. Dicendo questo, Steffen dimostra una contraddizione interna: essere disposti a utilizzare denaro pubblico per la produzione farmaceutica, ma senza mettere in discussione il potere delle multinazionali sul mercato dell'UE.

Le sue idee non affrontano il problema alla radice, ovvero la logica del profitto delle grandi case farmaceutiche, e ciò porta a una mancanza di trasparenza sui costi reali di sviluppo e produzione. Di conseguenza, nello scenario di Steffen, i cittadini continuerebbero a sostenere il peso del profitto degli azionisti, pagando prezzi gonfiati solo per garantire l'accesso a farmaci altamente critici come gli antibiotici.

Questo approccio è come fare mezzo passo sulle scale: il piede, sollevato con uno sforzo elevato, sbatte in aria e atterra esattamente dove era prima. È il sogno neoliberista degli azionisti, mentre noi, i pazienti e il pubblico, cadiamo a terra nello sforzo di ottenere cure di base.

La logica di mercato mette la produzione farmaceutica in una fragile condizione

Il fatto è che la logica del mercato e del profitto ha portato la produzione farmaceutica in Europa a una fragile condizione: ad esempio, il 46% dei farmaci generici essenziali ha un solo fornitore e l'83% ha un solo fornitore principale. Ciò significa che una singola interruzione, ad esempio un uragano, può interrompere la fornitura di prodotti di base come la soluzione salina. Oggi gli eventi meteorologici estremi non sono più rari, quindi eventi come gli uragani dovrebbero essere dati per scontati piuttosto che considerati un'eccezione nel contesto di una catastrofe climatica.

È proprio questa fragilità delle catene di approvvigionamento, unita ai timori per future guerre (commerciali), che i ministri della Salute dell'UE stanno affrontando nella loro dichiarazione. Ma il loro approccio solleva una preoccupazione cruciale. Nulla nell'accordo commerciale con il Regno Unito obbliga le aziende a stabilire la produzione in Europa a lungo termine: è probabile che chiedano sempre più benefici in cambio della permanenza, facendo pagare agli Stati il più possibile. Quindi, dovremmo davvero spendere soldi per sostenere i profitti delle aziende, quando potremmo invece usarli per costruire un sistema farmaceutico pubblico?

Optare per la scelta della farmaceutica pubblica porterebbe benefici a lungo termine ben oltre l'Europa. Ecco come:
- Portare la produzione sotto il controllo pubblico significherebbe garantire la regolamentazione ambientale e la stabilità delle catene di approvvigionamento.
- I pazienti e i contribuenti ne trarrebbero un beneficio finanziario.
- La farmaceutica pubblica contribuirebbe anche a ridurre la resistenza agli antibiotici e consentirebbe di sviluppare e distribuire i farmaci in base alle necessità, non al prezzo di mercato.

Conoscenza aperta e farmaci più economici

Facendo un ulteriore passo avanti, il finanziamento della ricerca e dello sviluppo pubblico, compresi gli studi clinici, porterebbe a una conoscenza aperta e a farmaci più economici. La Drugs for Neglected Diseases Initiative (Iniziativa per la cura delle malattie rare, DNDi) dimostra che la produzione privata è decisamente troppo costosa, indicando che le partnership senza scopo di lucro "possono sviluppare e registrare nuovi trattamenti basati su farmaci esistenti al costo di 4-32 milioni di euro, e nuove sostanze chimiche per 60-190 milioni di euro, perdite comprese" - rispetto alla cifra spesso citata dall'industria privata di 1 miliardo di dollari.

La farmaceutica pubblica si baserebbe su un approccio open source, non sui brevetti, nella sua ricerca. Ciò significherebbe costi di sviluppo inferiori, nessun prezzo di monopolio e benefici condivisi. I sistemi sanitari europei risparmierebbero miliardi e la capacità di produzione globale potrebbe essere costruita attorno a formule condivise e non brevettate.

La logica neoliberista ha indebolito l'offerta locale e la salute globale. La farmaceutica pubblica rappresenta una vera strategia di difesa, favorendo un accesso equo e buone relazioni internazionali. Un farmaco che può essere prodotto ovunque senza brevetto, non può essere usato come leva in una guerra commerciale. Inoltre, una parte fondamentale della vita, la salute delle persone, sarebbe protetta dalla "paura di perdere", un fattore determinante nella deflagrazione dei conflitti. In altre parole: stanziare denaro per la farmaceutica pubblica significa stanziare fondi per una visione del mondo in cui la salute non è vista come una potenziale arma.


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