www.resistenze.org - osservatorio - genere resistente - 12-11-09 - n. 295

da www.corrienteroja.net
Traduzione a cura di Mujeres Libres Blog
 
"Lasciate che il gioioso sentimento di servire la causa comune della classe lavoratrice e di lottare contemporaneamente per l'emancipazione femminile, ispiri le lavoratrici ad unirsi. " Aleksandra Kollontaj
 
Vogliamo tutto, non solo una parte
 
di Estrella Vidal - aprile 2009
 
Se ogni volta potessimo imparare dal passato ed assumere una lotta diversa. Se ogni volta potessimo, donne e uomini, giungere ad un accordo ognuno dalla propria sfera d'azione, da quei luoghi collettivi ed unitari in cui pensiamo ad un mondo completamente differente, da quello che giorno dopo giorno siamo obbligati a sopportare.
 
Se potessimo capire che la lotta delle donne è un tema da risolvere oggi, non domani, non solo quando trionferà ed arriverà il socialismo, ma in ognuno di questi giorni in cui cerchiamo di avvicinarci ad un mondo nuovo e che questa è condizione imprescindibile per vincere, sicuramente la nostra lotta sarebbe più reale, più concreta, definitiva ed avrebbe la forza necessaria per trionfare.
 
Questa alleanza suggerita, viene dall'osservazione di quelle posizioni che, incolumi al tempo, continuano ad imprimersi in alcune pagine e che dimenticano molte cose ed ignorano l'oppressione e la responsabilità collettiva degli uomini.
 
È impossibile pensare che segnalare come principale oppressore il patriarcato, c'indurrà a dividerci nella lotta contro il capitalismo e che genererà divergenze troppo dure che non favoriranno l'unità tra lavoratrici e lavoratori nella lotta comune e di classe.
 
Questa idea, invece, viene espressa in un articolo edito poco tempo fa (http://www.lahaine.org/index.php?p=36527) per la commemorazione della giornata internazionale della donna del 2009.
 
Questo articolo menziona aspetti che sono stati studiati e che si sono perpetuati per donne e uomini nel seno delle organizzazioni politiche del mondo, soprattutto in organizzazioni rivoluzionarie miste, dove "la questione della donna" è stata oggetto di polemica a tutti i livelli. Dando vita al difficile rapporto tra femminismo e marxismo.
 
Non possiamo smettere di pensarci con rigorosità. Non solo perché è la base per identificare il "come" affrontare la lotta per la liberazione della donna e la società, ma anche per spezzare i luoghi comuni che portano alla confusione e che non concordano con posizioni ugualitarie e di reale re- configurazione della realtà che viviamo.
 
Il dibattito si incentra su vari aspetti. Uno di essi è "la dubbia esistenza del patriarcato ", struttura trasversale di oppressione, che divide la società in funzione del sesso delle persone. Una divisione comune a tutte le classi sociali, benché concretizzata in modo molto diverso in ognuna di esse.
 
Pratiche egemoniche e strategie del suo esercizio che re-configurano le relazioni tra le persone. Negare che questa relazione di potere sulle donne è alleata strategica del capitalismo e delle sue espressioni più brutali come il neoliberismo, è semplicemente come essere ciechi.
 
L’articolo in questione non menziona, né cita le fonti alle quali ci si riferisce quando si sostiene che "alcuni settori del movimento femminista che difendono la teoria del patriarcato, affermano che uomini e donne costituiscono due classi differenti. E che mantengono una relazione di sfruttamento tra loro". Non sappiamo quali settori del movimento femminista si aggiudicano la categoria di classe, ma certo sappiamo che lo sfruttamento è reale, poiché il patriarcato non esiste al margine dell'economia, ma opera in dialettica relazione col capitalismo. Stabilisce un'alleanza che può essere ri - negoziata in funzione delle forze produttive. Propone al modo di produzione un'ulteriore organizzazione, quella della divisione sessuale del lavoro.
 
Non è solo una sovrastruttura, ma costituisce una forma di sfruttamento del genere femminile da parte di quello maschile; ogni volta che le donne realizzano lavori in ambito familiare o privato non se ne appropria solo il capitale, ma anche la collettività maschile.
 
"La donna risolve al modo di produzione ed alla classe operaia, la questione della riproduzione della specie, permettendo così un lo sfruttamento della parte maschile".
 
Ma i compiti di riproduzione e di attenzione alla vita, affettiva e sessuale della società in generale di cui gli uomini si appropriano in maggiore quantità di quanto offrono, non costituiscono essenzialmente sfruttamento della forza lavoro, elemento essenziale delle relazioni produttive?
 
Le lavoratrici realizzano alcuni lavori specifici per i lavoratori che non sono pagati nella loro totalità e quindi una parte di quel lavoro è convertita ad accrescere il valore della merce: la forza lavoro maschile.
 
Si potrebbe dire che, nonostante siamo a conoscenza del fatto che il potere è del capitale e delle sue sovrastrutture, la responsabilità come genere è tanto evidente e chiara come lo sono certi comportamenti destinati ad essere canoni di un genere maschile e che a loro volta sono parte del patriarcato. I frammenti dell'articolo citato ci dicono che gli uomini non costituiscono una categoria di analisi. Noi invece possiamo dire che esercitano un'egemonia sulle donne facenti parte della stessa classe e vanno analizzati insieme. Perché nonostante siano esseri umani sfruttati ed oppressi dal capitalismo, non smettono di avere responsabilità personali nella vita quotidiana.
 
Così come ce l'ha la formazione dell'uomo nuovo verso il socialismo . In proposito ci sono teorie che parlano di re-configurazione di classe e che la definiscono non inalterabile.
 
La classe è una circostanza obiettiva nella quale gli individui si inseriscono. Non è la forma visibile di una manifestazione politico culturale dei lavoratori e delle lavoratrici in determinate circostanze sociali e non implica, immediatamente, autocoscienza di una realtà determinante, ma è possibile costruirla.
 
Siamo pertanto suscettibili a cambiare i nostri modi di agire e a farci carico di questa oppressione. Attribuire tutto all'oppressione di classe, vuol dire lasciare da parte le questioni fondamentali che la storia ci ha lasciato come insegnamenti.
 
Lo diceva già Aleksandra Kollontaj quando affermava. "Non basta l'abolizione della proprietà privata e che la donna sia incorporata nella produzione; è necessaria una rivoluzione della vita quotidiana e delle abitudini..."
 
Nella sua teoria non si sente parlare di un rinvio della liberazione della donna fino a che il socialismo non si sarà occupato di sradicare quelle azioni concrete che alimentano il patriarcato: come lo sono l’assoggettamento, la violenza e le micro violenze, il micro machismo, l'espoliazione del pensiero e le condotte segregazioniste prepotenti ed arbitrarie degli uomini all'interno della storia della classe operaia e dei partiti politici di sinistra.
 
Queste situazioni non erano terminate con i nuovi rapporti di produzione, ma erano perpetuate. La classe operaia è composta da individui concreti che, avendo esperienze comuni, si riconoscono come membri di una classe.
 
"La formazione della classe lavoratrice è inseparabile dal confronto politico fra individui antagonisti: la lotta tra interessi opposti e l'articolazione degli individui che si riconoscono in esperienze comuni, precede e conferisce la natura politica delle relazioni sociali" pertanto dobbiamo esercitare un cambiamento che non contempli solo l'indipendenza economica delle donne incorporate nella produzione, la socializzazione o i servizi forniti dallo Stato per risolvere i compiti di cura per la popolazione.
 
L’articolo che citiamo fa riferimento alla situazione dalle donne nell'Unione Sovietica che godevano del diritto all'aborto e al divorzio e che avevano gli stessi diritti degli uomini. Bisognerebbe sottoporre però la questione alle donne di allora, che ormai non ci sono più.
 
Probabilmente la realtà fu molto vicina a quanto descritto, ma le relazioni di potere sulle donne non solo non sparirono, ma stragrande maggioranza di esse dovette dedicarsi a triple giornate: casa, militanza e lavoro.
 
Non perchè "gli uomini fossero persone egoiste o pigre" che non dedicavano uguale attenzione alla cura della quotidianità, ma semplicemente persone che non erano esenti dal patriarcato. Nonostante avessero rotto con la proprietà privata.
 
Pertanto sperare che si creino le condizioni o "si creino le basi" per la fine dell'oppressione degli uomini sulle donne, è capriccioso e carente di responsabilità, di prospettiva di cambiamento.
 
E' falso se diciamo che gli uomini non si avvantaggiano dello sfruttamento del quale è vittima la donna. Essi godono di buona parte del tempo che hanno guadagnato a scapito delle donne: perfino quando non sono il principale sostegno del focolare possono dedicarsi alle loro inclinazioni ed ai loro ozi. E sono liberi di avanzare nel pensiero, nello sviluppo, nella cultura.
 
Lo sfruttamento della donna nella casa per essere risolto, non necessita di una semplice divisione di compiti, ma deve essere, come si menzionava prima, una rivoluzione che permetta di soddisfare i bisogni umani.
 
Ci riferiamo al cibo, agli alloggi, all'affetto, alle relazioni sociali, alla libertà, all'autonomia. Tutti quegli elementi ed attività che realizziamo abitualmente per la nostra sostenibilità e che sono innumerabili. La cura è in definitiva quello che si considera come lavoro domestico e viene svolto in modo automatico.
 
Ma non è solo questo, bisogna aggiungere una componente emotiva e relazionale. Affinché una persona arrivi a trasformarsi in un individuo adulto e sviluppi le sue capacità relazionali deve essere curato, potenziato e questo è il lavoro abituale delle donne lavoratrici ed in parte delle donne borghesi. Quando questi compiti sono svolti ogni giorno fanno parte della realtà. Questa è rappresentata dai figli, dai disabili e dagli anziani a carico
 
Ma si fa sempre più palese che c'è un altro tipo di handicap sociale: la stragrande maggioranza degli uomini.
 
Ritornando alle responsabilità individuali, è evidente che principalmente sono collettive, come sicuramente per l'impresario non è solo una responsabilità individuale lo sfruttamento di lavoratori della sua piccola fabbrica, ma il beneficio del sesso maschile come struttura è tanto reale quanto il beneficio particolare che gli uomini ottengono dal disimpegno dei compiti quotidiani, che lasciano nelle mani delle donne.
 
E questa struttura non è altro che il patriarcato, mai parallelo al capitalismo, né a qualunque rapporto di produzione, bensì, trasversale a tutte le classi sociali. O per caso possiamo dire che le donne borghesi non siano oppresse?
 
Le bastonate, le aggressioni sessuali o le molestie, esistono tra uomini e donne di qualunque classe sociale e non unicamente da parte dell'operaio alienato, frustrato, avvinazzato che picchia la sua compagna. Ed in qualsiasi caso, quello che bisogna domandarsi è perché quell'operaio considera la donna come una proprietà; perché l'operaio, il contadino, l'intellettuale o il borghese, o il signore ed il servo, hanno diritto di proprietà sulla donna e sul lavoro che questa realizza.
 
E perché la genitorialità, la socializzazione e l'educazione dei figli e figlie dell'operaio, del contadino, dell'intellettuale o del borghese sono assunte da sua moglie.
 
D'altro canto è necessario far emergere, da nuove forme, questa rivoluzione della vita quotidiana ed i cambiamenti che speriamo accadano, sono senza dubbio avvenuti in quei paesi che sono arrivati al socialismo. Non possiamo negare che l'Unione Sovietica sia stata la più avanzata in materia di decisionalità della donna sul proprio corpo, sul divorzio, tanto quanto il suo essere incorporata nella produzione.
 
Ma la situazione è stata affrontata creando mense scolastiche ed asili che si occupassero dei compiti di cura dei bambini e delle bambine e non grazie ad un reale cambiamento di coscienza. Un cambiamento che è direttamente correlato ai compiti della vita di tutte le persone giorno dopo giorno, in quanto uno dei principali motori di cambiamento verso un vero socialismo.
 
In questo senso è chiaro che il fatto che il sistema capitalista privilegi un genere su un altro, non è conseguenza di un ordine naturale, tutto il contrario, è assolutamente ancorato alla base dei principali interessi del capitale e questo è il motivo per cui se il patriarcato smetterà di servire al mercato, sarà modificato per adattarsi ad altre forme necessarie per continuare lo sfruttamento.
 
Ed è ovvio, più che evidente, che la responsabilità che le donne hanno nella vita quotidiana è riconducibile senza dubbio al patriarcato.
 
Non sarete sorpresi nel sapere che vecchie reminiscenze teoriche enunciano che, dato il meccanismo di sfruttamento capitalista, la lotta delle donne contro il patriarcato è la strategia del capitalismo per dividere la classe operaia. Questo significa non aver capito nulla della storia dell'umanità.
 
Senza dubbio le donne non sono una classe sociale, ma vi appartengono e, come si menzionava prima, sono vittime di questa oppressione trasversale che è impossibile da nascondere. Le donne borghesi sono donne oppresse, chiaramente in un altro modo. Infatti è reale che grandi masse di popolazione femminile del sud del mondo vengano a supplire le carenze negli stati del benessere e solo alcune decenni fa si anelava a che fossero gli organismi pubblici ad occuparsi dei compiti di cura.
 
Queste sono donne lavoratrici che vengono da precarie situazioni in cui sono assoggettate, nei loro neoliberali paesi di origine. Pertanto quelle donne borghesi se si avvantaggiano di quelle che vengono a badare ai loro figli, quelle donne ricche che hanno una vita professionale e lavorativa, lo fanno solo perché è permesso loro di svilupparsi sulle spalle di altre. Quelle lasciano alla cura di altre donne, quello che gli uomini del resto del mondo, si rifiutano di condividere. Uomini di tutte le classi sociali.
 
Il femminismo liberale, l'anticapitalista, il materialista, il marxista o l'autonomo, tutti ed ognuno di essi ha contribuito alla lotta delle donne, ha generato dibattito, ha fatto muovere coscienze e, cosa più importante, ha sviluppato spazi di divergenza storica che sono stati trasformati in lotta comune delle donne. Hanno fatto compiere progressi nella coscienza delle donne nel mondo e le donne sono avanzate negli spazi di potere, con molto sacrificio, ma sono avanzate.
 
Queste teorie hanno fatto battaglia contro una visione del mondo androcentrica e questo è un risultato che non si può negare.
 
Tutte le misure adottate dalle organizzazioni di donne hanno portato risultati nella lotta per la nostra rappresentanza e anche quei femminismi che hanno portato alle riforme della legislazione, hanno contribuito.
 
Non vogliamo una parte, vogliamo tutto, vogliamo essere trattate in modo paritario nelle nostre organizzazioni miste. In questo cammino avremo bisogno di cambiamenti, modificazioni legislative e pressioni per essere rappresentate nei diversi organismi e negli spazi di potere, per migliorare la discussione.
 
Perché non possiamo aspettare di arrivare al socialismo, mentre milioni di donne nel mondo continuano ad essere assassinate, mentre siamo le prime vittime delle guerre, della miseria, della fame, dell'ignoranza e dell'abbandono.
 
O mentre continuiamo ad essere assoggettate dagli uomini che pretendono di cambiare il mondo e che in tal modo ci fanno retrocedere.
 
Non vogliamo una parte, vogliamo tutto.
 
Se questo implica un cambiamento di coscienza simile e parallelo a quello che avviene per la coscienza di classe, è importante saperlo affinché tutte e tutti possano farlo proprio.
 
Magari potessimo farlo capire a coloro che ancora non sanno che sono sfruttate, perché sono donne e lavoratrici.
 
Magari potessimo alzare la voce ed essere ascoltate da questi critici compagni rivoluzionari.
 
Magari non si dicesse mai più che lottare contro il patriarcato diminuisce il nostro potenziale rivoluzionario di classe e che è solo quella la lotta reale e necessaria, scopo di queste umili idee espresse.
 
Il mondo appartiene a donne e a uomini ed è nostro dovere riformulare le idee e la pratica di ciò che conosciamo per progredire, altrimenti il nostro obiettivo si allontanerà a seconda di quanto avanzeremo.
 
Quando uomini e donne arriveranno ad essere veri compagni e la solidarietà sarà l'autentico motore, quando sparirà la fredda solitudine morale ed affettiva che circonda gli esseri umani nel capitalismo, solo allora sarà possibile un'autentica rivoluzione comunista.