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Donne del PKK: Liberiamoci come donne per liberare la società

Leandro Albani | resumenlatinoamericano.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

16/10/2013

Né vittime, né in seconda linea, ma guerrigliere e in permanente liberazione. Così sono le donne che compongono la guerriglia del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Ciò può essere dimostrato girando per i diversi accampamenti che l'insurrezione ha sulle montagne del Kandil, nel nord dell'Iraq. Una delle prime sorprese che possiamo notare, è che il numero di comandanti donne è quasi li lì per superare quello dei comandanti uomini. La cosa non è così bizzarra. Nel PKK e nelle organizzazioni che dipendono dal partito, tutti i posti di comando sono condivisi attraverso co-presidenze.

Distribuire le responsabilità e i lavori negli accampamenti, non sembra essere qualcosa di rigido o imposto, semplicemente in cucina o al momento di lavare piatti e bicchieri, uomini e donne si riuniscono e lo fanno. Cosa che non è affatto diversa da quando giunge il momento di andare al fronte di battaglia e combattere, come accade adesso nel nord della Siria, regione assediata da mercenari e membri del Fronte Al Nusra, branca locale di Al Qaeda.

Rengin Botan, con appena 37 anni, è membro del Consiglio del Comando Generale dell'Unione di Autodifesa del Popolo (UAP), organizzazione che raggruppa guerriglieri e guerrigliere. Prima di incontrare Rengin la comandante Beritán ci dice che questa donna magra, sempre sorridente e che trasmette una fragilità ricoperta di tenerezza, è una delle comandanti più rispettate dell'insurrezione. Lo stesso afferma Mehmet Ali Dogan, un antropologo che mi accompagna. "Quando lei dà un ordine, gli uomini e le donne obbediscono immediatamente. Lei è sempre in prima linea, mai nelle retrovie".

Storia e tradizione

"La società curda non è sviluppata, ci sono molte tradizioni arcaiche, la struttura feudale è dominante e non permette alle donne di liberarsi. Con queste tradizioni , la donna di casa è l'orgoglio della famiglia, ma questo orgoglio passa tra le sue gambe. L'uomo, che è anch'esso vittima del sistema coloniale, invece di prendere una posizione di ribellione contro il sistema, uccide la moglie per sfogare la sua rabbia", riassume, senza mezzi termini, la comandante Rengin.

Nelle conversazioni, guerrigliere e guerriglieri concordano sul fatto che le donne in Medio Oriente subiscono di più la repressione patriarcale imposta dal sistema, a cui va aggiunto l'influenza dell'Islam più reazionario che si completa con il capitalismo. Pertanto nell'ambito della guerriglia, le classificazioni come moglie, madre o sorella non sono utilizzate. Si preferisce il semplice "compagna". E' in questo modo che cercano di annientare le condizioni imposte dalla "modernità capitalista", come viene definita dalla guerriglia.

Harun, comandante del PKK, riassume il concetto in questo modo: "In Medio Oriente c'è un proverbio che dice che la donna ha nome, ma non esiste. Nelle società originarie, da cui proveniamo, non c'era lo Stato-Nazione e le donne partecipavano naturalmente alla società. La donna che partecipa alla nostra lotta insurrezionale, prova che esiste e che esiste come essere umano, senza nominare la parità, è un soggetto attivo come tutti".

Contro il sessismo

Nel libro "Confederalismo democratico", il massimo dirigente del PKK, Abdullah Ocalan, scrive che uno dei pilastri dello Stato-Nazione è il "sessismo". In questo testo analizza come le donne siano sfruttate ed utilizzate come manodopera di riserva a basso costo. A sua volta, sia Ocalan che i guerriglieri e le guerrigliere consultate, sottolineano che la liberazione della donna non è conquistata dopo la rivoluzione. Il PKK sa che questa liberazione sarà raggiunta nel calore della lotta quotidiana, con i fucili in mano, con la formazione ideologica e la convinzione per una società più giusta.

"Ogni donna ha i propri motivi per partecipare alla lotta, ma quando ci riuniamo ci trasformiamo in una sola donna - dice la comandante Rengin. La liberazione di una società la si può misurare dal livello di liberazione della donna. Questa filosofia è il nostro principio: dobbiamo liberarci come donne, per liberare la società".

Il cammino della liberazione

"Ogni partecipazione delle donne alla guerriglia è un'espressione che dimostra che noi esistiamo e che ci liberiamo. Una donna guerrigliera sta sulla montagna perché si sente totalmente libera e perché vive una rottura con la sua storia", dice Rengin Botan.

Negli ultimi due decenni, all'interno del PKK la questione delle donne ha avuto un ulteriore impulso che è ancora in fase di sviluppo. Molti combattenti dicono che la posizione di Ocalan di supporto alla partecipazione femminile, ha contribuito all'inizio della rimozione del machismo dalle file rivoluzionarie.

La critica al machismo

Il comandante Harun spiega che da sempre "facciamo una critica radicale al machismo. Dove l'uomo è una impresa o è una famiglia, ha il potere e il dominio totale. La lotta del PKK è quella di trasformare l'uomo machista in un uomo normale. La donna non può avere un posto nella società senza la trasformazione dell'uomo machista".

Quando si realizzò l'insurrezione, ricorda la comandante Rengin, "l'atteggiamento dei compagni di sesso maschile era che la donna poteva combattere solo in aree democratiche e legali o preparare il cibo, ma non poteva entrare nella guerriglia. Nonostante questo ostacolo, ci integriamo nella guerriglia e partecipiamo ai fronti di combattimento. A quel tempo non era facile, abbiamo dovuto dimostrare che potevamo resistere fisicamente, comandare un gruppo ed effettuare azioni. Quando hanno visto che le donne potevano fare tutto, hanno iniziato ad accettarlo. Abbiamo molte comandanti eroine, che si sono sacrificate per una maggioranza di compagni maschi. Ora il PKK accetta, grazie alla nostra pratica, che una donna nelle zone di guerra commetta meno errori rispetto ad un uomo. L'uomo, perché proviene da una storia machista, a volte si sente più forte e più sicuro, ma la donna è più attenta e analizza punto per punto".

Gli spazi della donna

Nel PKK le strutture organizzative hanno spazi particolari per le donne. Delle 15 accademie di formazione, 4 sono esclusivamente per le donne, dove discutono e analizzano le loro problematiche. Ci sono anche accampamenti e unità guerrigliere costituite da donne.

Nel 1993 si formò il primo esercito guerrigliero delle donne, che ebbe il pieno sostegno di Ocalan. "Abbiamo dato vita a questa formazione perché volevamo uscire completamente dalla direzione dell'uomo - spiega Rengin Botan. Le donne hanno argomenti e ragioni particolari a cui l'uomo non può dare risposte. La nascita di questa unità ha permesso una vita sociale più equilibrata ed esemplare e per noi è stata una rivoluzione".

"Siamo un'organizzazione in cui le donne hanno le proprie strutture, segnala Harun. Questo permette alle donne di esistere e di partecipare. Quando abbiamo creato il partito non si avevano queste definizioni ideologiche, ma il modo di lottare ci ha permesso di raggiungere queste risoluzioni. Molte donne che sono state leader hanno lasciato il segno nel partito. Nella guerriglia c'è formazione politica e militare e gruppi guerriglieri per uomini e donne. Quando gli occidentali sentono questo pensano che sia un po' arcaico, ma non è nel senso tradizionale del termine, ma perché le donne e gli uomini hanno bisogno di discutere le loro particolarità e avere i loro spazi. Uomini e donne sono insieme in ogni spazio della lotta. Abbiamo un partito di donne, colonne di donne e altre forme di organizzazioni. Le donne si organizzano a livello regionale, nazionale e confederale. Nelle ultime elezioni dell'Unione delle Comunità del Kurdistan (UCK), le donne hanno ottenuto il 63 per cento dei voti".

Rengin Botan conclude "In generale siamo insieme e quando una regione necessita di unità decidiamo quanti uomini e donne devono partire. Abbiamo anche brigate di donne che stanno combattendo in Turchia . Si decide a seconda delle necessità e della regione. In ogni commissione siamo insieme, ma nelle unità guerrigliere possiamo essere separati, ci sono accampamenti per le donne e gli uomini, ma quando andiamo al fronte ci mescoliamo"


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