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A.Kollontaj: La condizione della donna nell'economia naturale dell'autosufficienza

Alexandra Kollontaj | marxists.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

1921

Conferenze all'università Sverdlov sulla liberazione della donna (*)

III° conferenza

Compagne, la nostra ultima conferenza terminava con la descrizione della situazione della donna nell'antichità, quando la proprietà privata, il commercio e l'artigianato esistevano già e il lavoro era segnato dall'assenza di libertà

e dalla schiavitù. Accanto al lavoro degli schiavi, c'erano naturalmente i primi abbozzi di artigianato libero. Ma il lavoro produttivo garantito dagli schiavi era la base di questo sistema economico.

La donna era condannata a vivere tra le quattro mura della sua casa e perse poco a poco ogni tipo di significato per il sistema economico. Cessò presto di essere "un'unità di lavoro" che contribuisce in un modo o nell'altro alla prosperità dello Stato e della società. Il suo ruolo si limitò sia a quello di riproduttrice, che genera bambini per il suo uomo, sia a quello di oggetto di piacere, sia che questo fosse sotto la variante grezza della schiava o sotto quella, più rilevante, dell'etera. Le condizioni economiche dominanti trasformarono le donne in parassiti della società.
La vita delle donne-schiave si svolgeva ai margine della società invalsa. Curve sotto il giogo della dura fatica, condividevano la sorte con i compagni di disgrazia, gli uomini-schiavi. Qualunque cosa accadesse, il loro lavoro non fu mai riconosciuto per ciò che era: di fatto, la fonte di ogni prosperità.

Non era il lavoro, ma il reddito e il profitto che erano apprezzati. Progressivamente, in queste vecchie società pre-cristiane, apparve il primo proletariato della storia, come pure la lotta tra le classi. Gli Stati dell'antichità furono rovinati da queste lotte di classe, ma anche dall'insufficienza del loro sistema di produzione che si basava sul lavoro forzato degli schiavi. Uno Stato dopo l'altro sprofondò nella decadenza, si disgregò e scomparve. Gli Stati dell'antichità furono respinti dai nuovi popoli che praticavano altre forme di organizzazione economica. Abbandoneremo dunque le vecchie civiltà per passare a un periodo più vicino a noi: il Medioevo.

In tutta l'Europa dell'epoca - cioè tra gli 8 e i 900 anni fa - era il tempo del regno dell'economia naturale, che dipendeva non più, come nell'antichità, dal lavoro degli schiavi, ma da quello dei contadini servi. I contadini non regalavano più la totalità dei frutti del loro lavoro al grande proprietario terriero. Una parte dei prodotti serviva a migliorare le condizioni di vita dei servi. Ben inteso, il servo doveva versare imposte al signore, sotto forma di compensi in natura o di servigi effettuati.

Tuttavia, conservava una parte dei prodotti e poteva farne ciò che meglio gli sembrava. Poteva, ad esempio, scambiarli con altri prodotti. Da questi scambi che avvenivano in posti precisi sorsero i mercati. Questi si svilupparono presto in maniera regolare e videro nascere in città luoghi di scambio e di commercio. Se queste città si trovavano sulle terre del proprietario, le considerava come sue e le tassava anche. Ma c'erano anche città libere (città franche) che si sono sottratte alla dominazione dei boiardi e dei cavalieri.

Le nostre città libere, Novgorod e Pskov, ne sono un esempio. La popolazione era divisa in tre classi: quella dei proprietari terrieri, quella dei contadini e quella dei borghesi. Mentre il Medioevo era al suo apice - tra il 900 e il 1300 - la condizione della donna era molto differente a seconda della classe alla quale apparteneva. Ma all'interno di ogni classe sociale, la sua posizione era determinata da un unico fattore, in questo caso dal suo ruolo nella produzione.

Innanzitutto, analizzeremo le condizioni di vita della grande nobiltà e dei boiardi. Quando il feudalesimo raggiunse il suo culmine e tutto il potere fu concentrato nelle mani dei grandi proprietari terrieri e della nobiltà, il sistema economico si basava sull'economia naturale. Ciò significava che tutti i beni di consumo necessari al proprietario terriero - signore feudale con proprietà immense - e ai suoi contadini servi, erano fabbricati dai servi stessi all'interno dei confini della proprietà. Il commercio di scambio era insolito (al di fuori di questi confini). Il modo di vivere e l'economia domestica di quel tempo ci sono stati trasmessi da resoconti di questa epoca.

Il castello del proprietario feudale rappresentava il centro economico. I domestici erano servi. Tutto ciò di cui il castello aveva bisogno - e questo conteneva numerosi abitanti, in primis la famiglia vicina e lontana del signore, poi gli ospiti, il domestici, i custodi ed i soldati - era prodotto sul territorio della proprietà.

I servi pagavano il loro canone in materie prime - pelli, lana, carne e cereali - che portavano al castello o, in Russia, alla casa del nobile proprietario. Il trattamento di queste materie prime era realizzato all'interno del castello. L'economia domestica dei signori feudali era estremamente complicata e richiedeva pertanto un organizzatore competente. E chi erano abitualmente nel Medioevo, in Francia, in Inghilterra e in Germania, gli organizzatori dell'economia domestica feudale? Il proprietario terriero, il signore o il cavaliere in persona? In generale, il padrone di casa era troppo occupato a combattere o a saccheggiare. È per questo che abbandonava l'amministrazione del suo castello a sua moglie.

Era lei che raccoglieva le tasse dai contadini nei tempi giusti. Sarti, ciabattini, maniscalchi ed altri artigiani lavoravano sotto la sua sorveglianza. Si tessevano panno fine o lino grezzo, si fabbricavano pizzi o si forgiavano elmi. La donna del signore faceva anche macinare la farina ed era responsabile della riserva di provviste per l'inverno. La cantina del castello conteneva centinaia di barili di vino e di birra, i negozi erano forniti di ogni specie di merce. Tutto questo era consumato nel castello, sia da parte del signore stesso e dei suoi ospiti, che dai servi e dai soldati e doveva essere prodotto sul posto. Nulla poteva essere comperato. I commercianti visitavano di tanto in tanto il castello e bene vi erano accolti. Ma di solito avevano solo merci straniere da proporre o articoli di lusso: seta orientale, vetro lucidato veneziano, armi o pietre preziose.

Va da sé che le donne che appartenevano alla classe dominante erano rispettate come organizzatrici della produzione. Secondo i diritti consuetudinari tedeschi, inglesi e francesi, la donna poteva ereditare titoli e proprietà da suo marito.

All'inizio del XI secolo, dopo che le crociate avevano fortemente decimato gli eredi maschili, questo diritto ereditario feudale diventò legge in Inghilterra, nelle Fiandre, in Borgogna e Castiglia. I cronisti del Medioevo celebrarono con entusiasmo la saggezza e l'umanità degli amministratori femminili delle proprietà feudali. Quando Eleonora, sovrana di Aquitania, sposò il re di Francia, tutto il suo popolo pianse. Le cronache riferiscono come Eleonora si prendesse cura dei suoi subordinati, come avesse ridotto i dazi doganali per facilitare il commercio, come garantisse legalmente l'auto-amministrazione delle città, per proteggerle dall'arbitrariato dei proprietari terrieri. Apprendiamo anche quanto fosse caritatevole.

Gli storici e i cronisti popolari osannarono quasi negli stessi termini Anna di Bretagna. La principessa Olga, che fu la prima russa di origine principesca a convertirsi al cristianesimo, sopravvive tutt'oggi nella memoria del popolo per essere stata una saggia sovrana. Secondo il vecchio diritto francese, il potere del padre sulla famiglia era trasmesso, in caso d'assenza o di morte, alla madre. Era considerata tutrice dei suoi bambini. Come le contesse e le principesse, le donne delle famiglie possidenti esercitavano anche la funzione di giudice. Le badesse avevano privilegi simili. Succedeva anche che le giovani potessero ereditare il diritto a rendere giustizia. Alcune donne assistevano dunque alle sedute dei tribunali dell'epoca e si coprivano con un berretto da giudice.

Durante l'assenza del signore, la moglie non aveva soltanto tutto il potere sui suoi servi, ma anche sui suoi vassalli, cioè i proprietari di domini più piccoli, che dipendevano direttamente dal signore feudale. Era suo dovere preservare l'onore del suo blasone. In occasione delle feste e dei tornei, si sedeva al posto d'onore. I tornei di cavalieri erano allora un passatempo molto in auge nell'alta società. Le donne erano venerate dai cavalieri; i poeti e i trovatori ne cantavano le virtù. Il più grande dovere del cavaliere era "difendere la donna". Se un cavaliere incontrava una donna, scendeva dal suo cavallo. Ogni cavaliere aveva "una signora del suo cuore" che ammirava a distanza, senza la più piccola speranza di vedere il suo desiderio realizzato. Tuttavia, tali omaggi si rivolgevano soltanto alle donne delle classi della nobiltà. Il cavaliere non aveva alcun sentimento di dovere o di rispetto nei confronti delle donne degli altri strati sociali.

Mentre la donna, in quanto rappresentante della nobiltà, godeva di un certo status, poiché il suo ruolo di organizzatrice dell'economia domestica feudale rafforzava il potere del signore, i suoi diritti venivano contemporaneamente calpestati come essere umano ed individuo. La duchessa o la margravia, dinanzi alla quale tremavano centinaia di servi e che anche i giovani aristocratici non osavano fiatare, poiché era essa che, secondo l'usanza e in mancanza del marito, teneva il timone, questa donna potente, dunque, tremava di paura davanti a suo marito, essendo niente di diverso che la sua proprietà e la sua schiava.

In questo periodo in cui la nobiltà era al potere, regnava il diritto del più forte. Il cavaliere, proprietario terriero, doveva il suo potere alle spedizioni di saccheggio e ai suoi atti di violenza e di vandalismo. Il capofamiglia esercitava la sua sovranità sui suoi subordinati, vassalli e servi e garantiva la sua supremazia sulla totalità del suo territorio. Il potere del padre e del marito non avevano mai rivestito nell'antichità forme così caricaturali come nel Medioevo. Il terrorismo che esercitava il proprietario terriero paralizzava tutti i suoi sudditi. Aveva tutti i diritti su sua moglie e sui suoi figli. Poteva, ad esempio, maltrattarli, ridicolizzarli, cacciarli o anche lasciarli in eredità ad un amico, insieme al miglior cavallo o alla migliore spada rubata ai Saraceni, se tale fosse stato il suo desiderio. Fino al XII secolo, poteva giocarseli ai dadi. Se la moglie gli fosse stata infedele o se si fosse resa differentemente colpevole, era legittimato ad ucciderla. L'onnipotenza dell'uomo era allora illimitata. Così l'elegante e fiera contessa, che non si abbassava a rispondere al saluto di un cavaliere di piccola nobiltà, strisciava in ginocchio davanti a suo marito quando quest'ultimo era di cattivo umore e si rassegnava silenziosamente alle sue percosse e ai suoi maltrattamenti.

In Inghilterra, oltre alle contesse e alle principesse, anche le grandi proprietarie terriere avevano diritto al voto in occasione delle elezioni parlamentari. Le loro mogli persero questo diritto soltanto gradualmente, nella misura in cui la struttura sociale generale si modificò con l'emergere delle condizioni della società borghese (anche in un periodo così tardivo come il XVII secolo, la proprietaria terriera inglese, Anne Clifford, cercava di riconquistare i suoi vecchi diritti). Allo stesso tempo, il marito ingannato poteva vendere sua moglie all'asta. Come spiegare la natura contraddittoria della situazione delle donne delle classi benestanti? Molto semplicemente: famiglia e clan familiare esercitavano nel Medioevo un controllo assoluto sui propri membri e all'interno della famiglia, segnata dal clima di brigantaggio e di illegalità generale che regnava al tempo, quello che aveva più potere era colui che difendeva meglio gli interessi della famiglia e del clan di fronte all'ostilità del mondo esterno.

Qualunque fosse stata l'utilità del lavoro svolto dalla donna nell'ambito dell'economia feudale, il mestiere delle armi tuttavia rivestiva un valore maggiore. In che modo le entrate e le ricchezze del principe o di un conte aumentavano in modo certo e più visibilmente? È ovvio che il patrimonio della famiglia aumentava più rapidamente con il saccheggio dei vicini e dei contadini, che mediante il lavoro pacifico economico. È per questo che anche la gestione della donna rivestiva agli occhi della nobiltà soltanto un aspetto secondario. E il fatto che sia stato possibile arricchirsi in questo modo, saccheggiando i beni di altri, rafforzava naturalmente la popolarità dei redditi acquisiti fuori del lavoro. Ciò condusse presto al disprezzo di qualsiasi forma di lavoro.

Queste condizioni spiegano il carattere contraddittorio della condizione della donna: da un lato, aveva diritto, come moglie del signore, a titoli e a proprietà, esercitava sui suoi subordinati sovranità assoluta - spesso delle donne governavano sui regni - ed aveva lo stesso potere assoluto sui suoi servi come un uomo nella sua posizione, cioè potevano cacciarli, punirli, torturarli ed anche ucciderli; d'altra parte, rispetto al capofamiglia, queste donne non possedevano i diritti umani più elementari. Per quanto riguarda la loro situazione nell'ambito del matrimonio, le mogli dei grandi proprietari terrieri del Medioevo erano ugualmente senza diritti ed oppresse come le donne delle tribù di allevatori.

In Russia, la situazione delle donne della nobiltà era ancora meno invidiabile. Queste avevano partecipato attivamente al lavoro come organizzatrici dell'economia soltanto durante un tempo estremamente breve della storia della Russia. Molto presto, furono soppiantate dagli elementi maschili della famiglia o da amministratori. Da allora, il dovere della donna dei boiardi consistette solo nel concepire eredi necessari a conservare la razza.

Il diritto paterno si impose molto presto in Russia. La dominazione dei Tartari (tribù di pastori nomadi le cui donne erano totalmente oppresse) non ha solo rafforzato le condizioni già esistenti, cioè il potere illimitato dell'uomo sulla donna. Ciò nonostante e fino al XI secolo, le vestigia di un matriarcato molto antico continuarono a trasmettersi con le leggende popolari. La donna dell'antica Russia avrebbe disposto di proprietà senza permesso speciale del marito. Prese parte alle deliberazioni giudiziarie e procedeva all'arbitrato. E secondo le prime leggi russe - "il diritto russo" fu scritto soltanto alla XII secolo - la filiazione si faceva da parte di madre e non da parte di padre.

Questa è una prova manifesta che esisteva tra i popoli slavi arcaici una miscela predominante di matriarcato, di comunismo primitivo e di economia agraria. Il diritto paterno si impose in Russia soltanto con il passaggio ad un'organizzazione economica più complessa e dopo l'introduzione dell'allevamento che richiedeva soltanto una piccola quantità di bestiame ed era, inoltre, più proficuo. Così l'agricoltura svolse presto soltanto più un ruolo secondario all'interno del sistema economico dell'ex Russia. Ma, fra i contadini della Russia settrentrionale, la memoria della posizione dominante della donna nel sistema economico rimase tuttavia viva a lungo. Si perpetuò attraverso le ballate e i ritornelli popolari che si cantavano ancora mentre l'oppressione della moglie del proprietario terriero e quella della moglie del contadino erano manifeste.

Qualora foste particolarmente interessate dal destino della donna russa, procuratevi l'opera di Siskov sulla storia della donna russa. Vi troverete numerose e molto interessanti descrizioni che riportano come la donna fu poco a poco trasformata in serva della famiglia. D'altra parte, questo processo si svolgeva parallelamente all'introduzione della proprietà privata e del diritto del più forte.

L'ignoranza del giovane aristocratico e la sua posizione subordinata rispetto alla sua famiglia furono rafforzate dalle esigenze del clan. Il suo destino era fissato da altri: nella nobiltà, era soprattutto il padre che decideva, ma altri membri più anziani d'età della famiglia potevano dire la loro quando si trattava della scelta del partner. Il suo matrimonio era un affare di famiglia. Si trattava soprattutto di proteggere gli interessi della casa. I matrimoni non erano realizzati per ragioni di sentimento, ma soltanto per ragioni d'ordine materiale. Sia che si cercasse di aumentare il proprio dominio con la dote della nuora, sia che si volesse calmare un vicino bellicoso proponendogli, a lui o a uno dei propri figli, la propria figlia in matrimonio.

Ciò permetteva di raddoppiare la propria potenza, la fortuna o anche il titolo della propria casa, mentre si riunivano due titoli in uno, ecc. Queste erano le vere ragioni di questi matrimoni. Spesso i fidanzati non si erano mai visti prima del giorno della cerimonia nuziale. Arrivavano generalmente da regioni distanti e non era raro che si fidanzassero dei bambini tra i cinque e i sette anni. Nel medioevo, il matrimonio tra minori era normale. Il duca di Bouillon, completamente rovinato, sposò una bambina di dodici anni per l'importanza della sua dote. Il marchese di Eauoise si fidanzò con una bambina di due anni, poichè il futuro suocero si era dichiarato pronto a versare annualmente una parte della dote al futuro marito. La saggia e lungimirante contessa Adelaide di Savoia promise al successore al trono di Germania la mano di sua figlia Berthe mentre il fidanzato e la sposa non avevano ancora sei anni. C'erano anche genitori che cercavano fidanzate per il loro figlio non ancora nato. L'assenza di diritti dei giovani e delle ragazze rispetto alla famiglia era uguale a riguardo, i loro matrimoni erano conclusi collettivamente dal clan familiare.

Tale violazione degli interessi individuali fu ancora a lungo diffusa fra i nostri contadini russi. Si trattava allora di preservare gli interessi economici dell'azienda agricola familiare. I genitori concludevano i matrimoni sulla testa dei loro figli. È soltanto la rivoluzione che mise fine a queste abitudini immorali ereditate del Medioevo abolendo completamente il vecchio diritto paterno.

Non è difficile immaginare ciò che poteva essere la vita di una donna sposata contro la sua volontà dai suoi genitori ed il cui marito aveva inoltre la legge dalla sua parte. Per la nobiltà di questo tempo, il matrimonio rivestiva un solo significato: doveva garantire la perpetuazione dell'illustre lignaggio. La capacità di una donna di generare bambini e garantire la discendenza della famiglia era pertanto molto apprezzata. È per questo che la sua infedeltà era così rigorosamente punita. Introducendo un bastardo nella famiglia, sporcava la nobiltà del proprio sangue. Nel caso di adulterio, l'uomo non era soltanto autorizzato legalmente a cacciare in modo disonorevole sua moglie, poteva anche torturarla ed anche ucciderla.

La difesa degli interessi della famiglia richiedeva misure di protezione contro eventuali mescolanze. Se un semplice mortale mescolava il suo sangue impuro con il sangue blu di una figlia di aristocratici, questa era immediatamente diseredata e relegata in convento o uccisa. La sterilità di una donna non era soltanto una sfortuna, ma era anche disonorevole. Un uomo, la cui donna non poteva dare eredi, era autorizzato a divorziare. Innumerevoli donne di signori e di cavalieri furono condannate ad una vita di nubilato in convento, mentre i loro mariti prendeva altre donne. L'ideale dell'epoca era una donna sana e fertile, capace d'altra parte di dirigere e amministrare una famiglia.

L'importanza attribuita alla produttività della donna si tradusse nel tempo con una serie di leggende tessute attorno a questo tema. Si raccontò ad esempio che la moglie del conte Henneberg aveva partorito 364 bambini. In occasione del battesimo tutti i ragazzi ricevettero il nome di Ivan, le ragazze quello di Elisabetta.

Mettere al mondo figli non era tuttavia sufficiente. Il dovere di una moglie, di una madre e di una casalinga, erano anche di vegliare sull'istruzione dei propri figli e fungere loro da esempio. La più importante e la più nobile delle regole di vita dell'epoca, era di piegarsi completamente e senza vacillare alla volontà dell'uomo. Numerosi scritti del Medioevo raccomandavano questo ideale di donna. Nei loro manuali di buona educazione, i difensori feroci dell'ordine che regnava dispensavano alle donne della nobiltà istruzioni adeguate al loro rango, nonchè saggi consigli agli sposi.

Quale importanza potevano ben rivestire i compiti delle donne nell'ambito delle famiglie di una società che si basava sulla forza, il lavoro dei servi e l'assenza totale di diritti umani per le donne? In quale dominio dell'economia la donna poteva prendere parte attiva? Nel XIV secolo, lo scrittore italiano, Barberino (Andrea di Jacopo da Barberino ndt), divenne popolare con i suoi scritti in cui consigliava alle ragazze di comportarsi degnamente, cioè di rimanere a casa ad aiutare la loro madre nei lavori domestici. Barberino era anche del parere che avrebbero potuto completamente risparmiarsi l'apprendimento della lettura e della scrittura. Il pope russo Silvestro dispensava consigli simili nella sua famosa opera: Precetti di vita domestica.

Questi manuali consigliavano ai mariti di vegliare affinchè le loro mogli vivessero nella virtù e nel timore di Dio. E per raggiungere questo obiettivo, il ricorso alle punizioni corporali e ad altri metodi coercitivi non era in nessun modo da escludere. Tuttavia, quando l'organizzazione economica feudale raggiunse il suo apice (900-1200), le donne, nonostante il loro asservimento nell'ambito della famiglia o che fossero d'origine aristocratica, ricevettero un'educazione relativamente adeguata per l'epoca. Le ragazze di famiglie nobili apprendevano non soltanto a cucire, filare e tessere, ma anche leggere, scrivere, cantare e ballare. Ottenevano inoltre certe informazioni sulle scienze dell'epoca. Generalmente apprendevano anche il latino.

La formazione nei conventi inglesi includeva la lettura, la scrittura, la conoscenza della Bibbia, della musica, la cura dei malati, il disegno e la cucina. Le donne conoscevano spesso il latino (tutti gli scritti scientifici dell'epoca erano allora redatti in latino) e possedevano a volte conoscenze solide di astronomia e ciò nonostante il fatto che gli uomini - cavalieri e soldati intrepidi - fossero generalmente analfabeti. Spesso, cavalieri, signori di fama e proprietari di territori immensi, conservavano per settimane la lettera della loro amata, fino al momento in cui incontravano un fratello di armi che sapesse leggere e scrivere.

Molti di loro avevano assunto una scriba, incaricata di garantire la corrispondenza con la propria amata, mentre la donna credeva di corrispondere con il suo amante. E poteva, grazie alle sue lettere, provare una compassione profonda per "il cuore" dell'amato. Immaginate ciò che sarebbe avvenuto se avesse saputo che apriva il suo cuore ad una scriba. Uno dei poeti cortesi più famosi dell'epoca, Wolfram von Eschenbach, era incapace di trascrivere le sue poesie e dipendeva da copisti femminili.

La storia ci trasmette un lungo elenco di donne scrittrici e pensatrici che divennero famose nel corso degli anni bui dell'alto Medioevo. Nel X secolo, la monaca Roswitha scrisse drammi religiosi e tutta una serie di racconti scientifici. Nell'VIII secolo, dunque in un periodo ancora più arretrato, viveva in Inghilterra una badessa, Elfleda, famosa per la sua grande saggezza. Missionaria entusiasta al servizio della Chiesa nascente, assistette a concili ecumenici, cioè a conferenze internazionali su questioni religiose. Un'altra monaca, Ildegarda - che visse nell'XI secolo - era diventata famosa come filosofa. Al riparo dalle macchinazioni della Chiesa, rifiutò di abbandonare il proprio pensiero come avrebbe voluto la fede ed affermò apertamente le sue concezioni sulle forze della natura e della vita. Il suo pensiero era dei toni del panteismo, cioè riteneva che Dio fosse in verità null'altro che la forza nascosta di tutta la vita. Circa alla stessa epoca, la badessa tedesca Herrad von Landsberg elaborò la sua opera scientifica Hortus deliciarum, che contiene i principi di base dell'astronomia, della storia e di altre discipline di quel tempo.

È dunque nell'XI e nel XII secolo che si aprirono scuole attigue ai conventi e nelle quali giovani e ragazze beneficiarono di un insegnamento di qualità. Le scuole dei conventi di religiose di Alais e di Poitiers in Francia erano particolarmente rinomate. Le badesse Gertrude di Nivelles, Aldegonda di Maubeuge e Bertilla di Chelles – tutte e tre francesi - esercitavano sulle loro allieve grande influenza. Nel XIII secolo viveva in Francia una religiosa chiamata Eloisa, il cui epistolario filosofico con l'amico Abelardo è diventato famoso.

I conventi non erano quindi luoghi di ozio, di vizio e di ipocrisia. Erano al contrario dei centri di lavoro, che custodivano i primi studi scientifici e filosofici. Il mondo circostante era segnato dal brigantaggio, da atti di violenza e vandalismo tra i più forti. Era dunque naturale per chiunque cercasse una relativa tranquillità e sicurezza per portare a termine la sua riflessione e la sua ricerca, rifugiarsi in convento. Le mogli sterili e le ragazze disonorate non erano dunque le sole a sparire nei conventi. Le donne indipendenti, che non avevano il minimo desiderio di sposarsi con gli uomini che consideravano oppressori, si unirono a loro.

È per questo che la maggior parte delle donne tra il X e il XII secolo che si erano fatte un nome nella scienza e in letteratura, erano religiose.
Più tardi – tra il 1300 e il 1400 - incontriamo anche fuori dai conventi donne che si dedicavano alla scienza, che del resto insegnavano apertamente. Già nel XIII secolo, ci fu una donna professoressa a Bologna, in Italia, in una delle università più apprezzate dell'epoca.

Questa donna doveva essere di una bellezza eccezionale. Per evitare di disturbare i suoi allievi, teneva le sue lezioni nascosta dietro una tenda. Le due figlie D'Andrea, Novella e Bettina, insegnarono successivamente nella stessa università. Furono giuriste famose. E per citare altri esempi: Eleonora Vanvitelli e Teodora Danti, matematiche brillanti e Maddalena Bonsignore, autrice di un trattato notevole sul tetto coniugale dell'epoca.
Ma le donne non si distinsero soltanto nel campo scientifico e letterario. Queste rappresentanti della classe feudale svolsero un ruolo politico non trascurabile nel Medioevo, soprattutto tra il IX e l'XI secolo. Le Contesse che regnarono Matilde di Toscana e Adelaide di Savoia sono esempi famosi, entrambe vissero all'inizio dell'XI secolo nel nord dell'Italia.

La potente e fiera contessa di Toscana, Matilde, regnava sulla città opulenta commerciale ed artigianale di Firenze. Aveva sposato il margravio di Toscana ed ereditato dopo la sua morte tutte le immense proprietà, mentre, secondo la legge, aveva soltanto il titolo di contessa. La sua sovranità si estendeva sopra numerose città e comuni e sui possedimenti della piccola nobiltà. Questa attiva contessa era ansiosa di presiedere alle deliberazioni giudiziarie e firmare tutte le sentenze. Si conservano a Firenze dei documenti interessanti sulle sentenze pronunciate dalla contessa Matilde. Come tutte le donne della nobiltà regnante, disponeva di possedimenti personali a suo piacimento, il che significa assolutamente senza alcuna tutela.

Questo periodo fu anche segnato dalla crescente rivalità tra il papa e l'imperatore, cioè dalla lotta tra la Chiesa e lo Stato. Matilde, che era l'amica personale del potente e astuto papa Gregorio VII, si oppose all'imperatore e lasciò nel suo testamento tutti i beni al papa, cosa che rafforzò il potere di quest'ultimo. L'università di Bologna diventò un centro intellettuale importante perché Matilde vi aveva portato il celebre giurista Irnerio.

La contessa Adelaide di Savoia, sua contemporanea, amministrò da sola - benché avesse avuto due figli - le sue impressionanti proprietà e fece politica. I cronisti la descrivevano come una donna fiera ed energica, che affrontò senza timore il papa onnipotente e si permise anche di minacciare l'imperatore. Aveva anche la reputazione di essere giusta e buona. Ma, in realtà e nonostante il fatto che a volte proteggesse i deboli, lottava maggiormente per l'indipendenza delle sue città e si preoccupava piuttosto di rafforzare il suo potere. Le due donne possedevano conoscenze solide scientifiche e sapevano perfettamente ciò che la scienza poteva apportare per lo sviluppo dei propri domini. Tali donne costituivano eccezioni alla regola. Ma il semplice fatto della loro esistenza in un periodo così buio della storia dimostra che se ne aveva bisogno.

Si potrebbe essere portate a credere che le donne - schiave e proprietà dei mariti - incatenate contro la loro volontà a mariti odiati, fossero là soltanto per perpetuare la filiazione del clan e che non avevano dunque bisogno d'istruzione. Se queste donne fossero state istruite, sarebbe stato per ragioni economiche. Il diritto delle donne all'istruzione e alla conoscenza non si spiega che con il loro ruolo nell'organizzazione economica feudale, cioè il loro ruolo come mogli del proprietario di fortune immense. Del resto vi ho appena parlato del ruolo della donna come organizzatrice della complessa economia domestica feudale.

Una donna che sapeva leggere, scrivere e contare era naturalmente più utile di una persona ignorante e limitata. Le era più facile controllare le entrate e le spese, stabilire un bilancio, recuperare i debiti dai contadini e valutare con precisione la quantità di prodotti necessari per costituire o completare la riserva del castello. Non si chiedeva dunque soltanto alle donne di quest'epoca di essere belle, si chiedeva loro anche di essere intelligenti. Uno storico del XII secolo riferisce che la donna del duca Roberto di Calabria possedeva tutte le qualità: "buona nascita, bellezza e intelligenza".

D'altra parte, le donne erano molto apprezzate quando erano anche buoni medici. Ora sappiamo che le donne si sono sempre dedicate alla cura dei malati. Già all'epoca del comunismo primitivo, sperimentavano le proprietà curative di alcune piante. Nel Medioevo, l'arte della guarigione era molto poco sviluppata. Solo il signore poteva consultare un medico. Gli altri si curavano molto da soli, come potevano. Ma, le guerre, tanto civili che nazionali e la sequela di epidemie portarono il castello a trasformarsi in un ospedale per ricoverare feriti e pazienti e diventare, oltre ad un centro di produzione, un centro medico dove venivano i contadini del circondario.

Così, agli occhi della popolazione, il castello non rappresentava più soltanto la tirannia del signore, ma anche un efficace centro di soccorso. È per questo che era conveniente che la donna del signore sapesse curare i malati. Finché strappava i feriti e i mutilati alla morte e li guariva grazie alle sue pozioni, finché non era troppo orgogliosa per assistere una contadina in occasione delle sue doglie, i contadini erano pronti a perdonare al signore molte delle sue atrocità.

Nel Medioevo la medicina era appannaggio delle donne. La donna ideale, così come è stata descritta in numerose leggende, sapeva guarire i malati. Paracelso, medico famoso del Medioevo, garantiva che aveva appreso maggiormente dalle donne che dai manuali di medicina, confusi e spesso errati. Quando nel 1250 Luigi IX ritornò da una crociata a Gerusalemme, diede alla dottoressa, che lo aveva così bene curato in occasione del suo viaggio, un riconoscimento scritto. La cattedra di medicina dell'Università di Bologna fu occupata nel XV secolo da una donna, Dorotea Bucca.

A quel tempo la medicina era ancora molto poco scientifica, ingombra di formule magiche e di superstizioni. Non esistevano scienze esatte nel senso moderno del termine. Si ignorava perfino l'anatomia del corpo umano. L'arte di guarire, che era allora così strettamente legata agli incantesimi e ai sortilegi, era generalmente considerata come un'arte magica. La donna "guaritrice" non era nulla di diverso che una maga che, poiché comunicava con le forze dell'oscurità, sapeva curare gli uomini ed esercitava anche un controllo sulle loro vite, la loro felicità e la loro salute. Era temuta e rispettata di tutti. Ma, in condizioni sociali ed economiche diverse, la conoscenza di queste donne nel campo della cura, non ritardò a diventare una maledizione.

Furono presto perseguitate come streghe e maghe e bruciarono sui ceppi eretti a lungo per loro in tutta l'Europa. Centinaia, migliaia, decine di migliaia di donne furono così consegnate alle fiamme, e ciò semplicemente perché "i santi padri" della Chiesa e sospettavano di avere relazioni con il diavolo.
Ma parleremo più approfonditamente dei processi alle streghe nella prossima conferenza. Riassumeremo ora la situazione della donna della nobiltà all'epoca del feudalesimo.

A causa del suo alto lignaggio, la donna era rispettata e godeva di alcuni diritti. Al di fuori della sua famiglia, la cavalleria le si avvicinava con rispetto e ammirazione. Ma nella sua stessa famiglia, era priva di diritti come uno dei suoi servi.

Quando l'organizzazione economica feudale raggiunse il suo massimo (fine XIV secolo circa), la moglie del signore, incaricata dell'amministrazione di questa economia, beneficiò di una certa istruzione. Era responsabile anche dell'istruzione dei figli. Ma, con lo sviluppo del commercio, questa forma di organizzazione economica perse di importanza e portò alla svalutazione del lavoro della donna. Il denaro diventò il criterio principale di ricchezza. La donna fu ridotta ad essere soltanto una macchina per procreare. Si trasformò in parassita, come fu il caso delle mogli dei cittadini ricchi di Atene. Di conseguenza, cessò di sorvegliare il lavoro dei maniscalchi e quello dei tessitori. Non verificò più il buono stato delle mole e cessò anche di preoccuparsi della fabbricazione delle armi e delle armature.

Tutti questi rami della produzione cessarono di essere parte integrante dell'organizzazione economica feudale. Si trasferirono dal castello alla città o alla stalla del contadino. La proprietà feudale o il castello non conservavano più il lavoro domestico nel senso stretto del termine, cioè il lavoro casalingo. E le donne nobili si scaricarono anche da questi compiti, che abbandonarono alla loro servitù o al loro amministratore. La mollezza, la stolidità e la chiusura mentale generate da questa vita d'ozio e di pigrizia non tardarono a generalizzarsi fra le donne.

Si può dunque constatare che il crollo dell'organizzazione economica feudale di tipo autosufficiente costruita sull'economia naturale, fu responsabile di una caduta rapida del livello d'istruzione e di cultura delle donne appartenenti agli strati elevati della società. A prima vista, ciò può sembrarci strano. Ma come spiegare differentemente il fatto che un periodo anche oscurantista come il X secolo vide anche donne colte ed intelligenti come Roswitha o Ildegarda, mentre le donne del XVII e del XVIII secolo si distinguevano per la loro stupidità, la debole cultura, l'inclinazione alla superstizione e il gusto pronunciato per i pettegolezzi e gli intrattenimenti superficiali. Questo prova, ancora una volta, che la condizione della donna, il suo diritto alla dignità umana e all'istruzione dipendono sempre dalla sua partecipazione all'economia e alla produzione.


*) Conferenze all'università Sverdlov sulla liberazione della donna, Éditions "La Brèche", 1978

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Conferenza 2
Conferenza 8 (prima parte – seconda parte)
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