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- osservatorio - italia - politica e società - 20-07-09 - n. 283
Federazione della sinistra: alcune riflessioni
di Antonio Catalfamo
20/0709
Un primo passo in avanti, che, però, non deve far smarrire l’obiettivo della nascita di un solo Partito comunista. Nessuna alleanza con il Partito Democratico, nato dai rimasugli della vecchia Dc e dal tradimento da parte degli ex comunisti, convertiti al capitalismo.
Il 18 luglio scorso, con una grande manifestazione a Roma, è stato dato l’avvio alla Federazione della sinistra di alternativa. Sarebbe sbagliato sottovalutare i risultati ottenuti. Dopo parecchi anni di scissioni, finalmente si realizza un processo unitario, pur con tutti i limiti e le contraddizioni che lo caratterizzano. E’ stato detto chiaramente che come simbolo del costituendo raggruppamento rimane la falce e il martello, che rappresentano il mondo del lavoro, contrapposto al capitale. E’ stata ribadita la necessità del conflitto di classe, anzi della lotta di classe, come motore della storia. Infine è stata detta una cosa che da tempo volevamo sentirci dire: la sinistra alternativa deve costruire un “polo autonomo” dal Partito Democratico e deve operare le proprie scelte indipendentemente da chi vincerà il congresso dei sedicenti “democratici” italiani.
Accanto alle luci, ci sono le ombre, che vanno pure evidenziate. Manca un’analisi delle caratteristiche proprie del PD, un partito nato dai rimasugli della vecchia Dc, travolta dagli scandali e costretta a chiudere i battenti, e dal tradimento degli ex comunisti, passati armi e bagagli dalla parte del capitalismo. Dobbiamo avere il coraggio di chiamare le cose col loro nome, senza perifrasi. In quest’ultimo caso, si è trattato di un vero e proprio tradimento. Il fatto che lo abbiano perpetrato milioni di persone non assolve nessuno, anzi deve spingerci a riflettere sulla degenerazione morale, ancorché politica, che investì il Pci, sulle sue cause, sui meccanismi subdoli che sono stati messi in atto per renderla possibile, sui mutamenti, anch’essi degenerativi, della società italiana che si sono riverberati all’interno del Partito comunista, il quale, anziché soppiantare, come voleva Gramsci, la società capitalistica, conquistando l’egemonia culturale, ha fatto propria la cultura della classi dominanti, tanto da dover decidere il proprio scioglimento in qualcosa di profondamente diverso.
Con un partito come il PD, divenuto, fra l’altro, laboratorio dell’anticomunismo, non bisogna fare alcun accordo. Per questo riteniamo sbagliata la proposta “minimale” di dar vita assieme ad una “legislatura costituente”, limitata all’approvazione di una nuova legge elettorale proporzionale e di una legge che metta fine al conflitto d’interessi, rivolta da Paolo Ferrero al PD, al centrosinistra, e persino – se abbiamo ben capito – al partito di Casini e di Cuffaro.
In secondo luogo, la costituita federazione allontana l’obiettivo della creazione di un solo partito che riunisca tutti i comunisti. L’ostacolo per il raggiungimento di tale obiettivo è rappresentato, ancora una volta, dalle mille anime e “culture” che si incontrano e si scontrano all’interno di Rifondazione Comunista.
Una cosa dev’essere ben chiara: non possiamo e non dobbiamo perdere altro tempo ad inseguire i velleitarismi di chi non ha neanche il proprio voto, perché in tal modo deluderemmo il milione – e più – di italiani che hanno deciso di votare alle ultime elezioni europee falce e martello.