www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 15-02-10 - n. 306

da www.costituentecomunista.it
 
E’ morto Nicola Teti, editore comunista
 
di Antonio Catalfamo
 
11/02/2010
 
Coerente fino all’ultimo, non aveva abbandonato la sua ideologia, anche quando era diventata scomoda. Proponiamo qui di seguito il ricordo sofferto di Antonio Catalfamo, collaboratore de «Il Calendario del Popolo».
 
Il 10 febbraio scorso è morto, a Milano, Nicola Teti. Aveva legato il suo nome di editore marxista alla pubblicazione de «Il Calendario del Popolo», storica rivista fondata da Giulio Trevisani e Stefano Canzio, quando ancora i fragori della guerra erano vivi nelle grandi città del Nord, liberate dai partigiani, per dare una solida base culturale ai dirigenti comunisti dell’Italia che stava nascendo, e ad opere monumentali, quali la Storia della società italiana e la Storia Universale dell’Accademia delle Scienze dell’Urss, tradotta in italiano.
 
Ho avuto il raro privilegio di far parte, negli ultimi anni, della cerchia dei più stretti collaboratori de «Il Calendario» e di beneficiare dell’amicizia e – credo – della stima di Nicola Teti. Ho fatto tesoro, nel mio processo di crescita umana e culturale, delle sue confidenze. Egli ricordava con viva commozione quando, nel 1964, dopo la morte di Togliatti, l’apparato politico-culturale del Pci decise di disfarsi de «Il Calendario del Popolo». Già allora figure influenti, come Rossana Rossanda, consideravano “obsoleto” il marxismo coerente. Perciò la rivista fu abbandonata, non solo per i problemi economici, che certo non mancavano in altre iniziative del partito, ma per motivi ideologici. Nicola Teti, “giovane di belle speranze” – come amava definirsi nelle sue rievocazioni – , squattrinato, prese il coraggio a due mani e decise di ereditare lui «Il Calendario». Con grande sgomento, ma con passione, dovette risolvere subito una seria questione giudiziario-tributaria. Ma superò brillantemente la prova del fuoco. D’altra parte, veniva dall’ottima scuola degli Editori Riuniti, nell’ambito dei quali aveva avuto incarichi di rilievo, proprio presso la sede milanese. Mi raccontava di quando accompagnò lo scrittore Ezio Taddei in un giro propagandistico, negli ambienti di partito, per uno dei suoi romanzi, La fabbrica parla (se non ricordo male), che raggiunse la vetta ambiziosa delle 5.000 copie vendute in pochi giorni.
 
Mi parlava anche della grande stima politica e personale che, in segreto, Pietro Secchia gli manifestò di avere per il suo antagonista storico: Palmiro Togliatti.
 
Nicola Teti era orgoglioso della pubblicazione delle memorie del comandante Valerio, il partigiano comunista che, “in nome del popolo italiano”, giustiziò Mussolini. Tale pubblicazione provocò un processo ai danni dello stesso Teti, che dovette difendere più volte la propria coerenza nelle aule giudiziarie, da ultimo accusato da un denigratore di essere stato finanziato sottobanco dall’Unione Sovietica. Uscì sempre a testa alta e ne era fiero. Al comunismo “ortodosso” fu sempre legato, anche quando molti opportunisti se ne allontanarono.
 
Luciano Canfora ha scritto opportunamente sul «Corriere della Sera» (11/2/2010) che Nicola Teti seppe unire semplicità e rigore scientifico. Ed io, che sono stato uno stretto collaboratore de «Il Calendario», di ciò posso essere testimone. Mi capitava di essere tempestato di telefonate, a tutte le ore del giorno, con le quali l’editore mi pregava, con la sua voce suasiva, di cambiare un titolo, un sommario, addirittura una sola parola dell’articolo che avevo appena inviato, perché troppo difficili per il lettore comune.
 
Nicola Teti ha conservato questo rigore e questa passione fino all’ultimo dei suoi giorni. Mi ha telefonato, per l’ennesima volta, qualche giorno prima della morte, per noi tutti dolorosa, per chiedermi se ero riuscito ad organizzare la mostra delle 25 serigrafie che costituivano le copertine dei volumi della Storia della società italiana. Mi ha sollecitato a completare un articolo che mi aveva assegnato.
 
Quando, il giorno stesso dalla morte, ho appreso da una telefonata di Mario Geymonat, ricoverato in ospedale per una brutta polmonite, che Nicola Teti ci aveva lasciato, non volevo crederci, perché egli, nonostante la malattia, di cui sapevo, era così presente nella vita di tutti noi che era – ed è – difficile rassegnarsi alla sua scomparsa.
 
L’entusiasmo da lui profuso fino all’ultimo ci impegna a continuare il suo lavoro, com’egli voleva.
 
 Antonio Catalfamo
 
 

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