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- osservatorio - italia - politica e società - 23-05-16 - n. 590
Pannella: fingere e sbalordire
Tiziano Tussi
23/05/2016
"Se non raggiungiamo i mille iscritti chiudo…" Più o meno era questa una dichiarazione di Marco Pannella che lessi troppi anni fa, mi pare su Panorama, negli anni '70 del millennio scorso. Questa dichiarazione mi sembra racchiudere l'approccio politico di Pannella, almeno in senso generico. C'è sempre qualcosa da costruire, da mettere assieme, da rimettere assieme. C'è sempre un momento di clamore da portare sulla scena, da sbattere in faccia all'Italia sonnecchiante. Quasi sempre si tratta di questioni sovrastrutturali: carcerati, identità sessuale, droghe leggere, libertà vessate in ogni parte del mondo, non violenza ecc. ecc.
Mai presenti sui luoghi di lavoro, nelle scuole, nella società diffusa ma ben incistati a Roma, la cloaca massima del potere e della disgregazione sociale. Specchio di tutti i mali italiani, da millenni sede del potere. Una città che ben si adattava e si adatta ai radicali, alla loro centralità cittadina. Un partito, un gruppo, spesso cambiano dizione - liste Bonino, lista Pannella-Sgarbi - ma rimangono galleggianti e reclamati, quando serve, dal potere che si vuole dare un po' di lustro alla sua sporca e dubbia coscienza civile. Quindi come fare mancare una lettera di appoggio all'ennesimo sciopero della fame che Pannella ed altri hanno nel tempo inanellato. Come non fare mancare una voce che si aggiunge alla loro, dato che mettono in scena recite sublimi, si fanno sbattere in galere straniere, dove ci restano sempre poco, quasi sempre di protervi Stati dal potere terribile e definitivo, quasi sempre di sinistra o eredi di quel mondo.
In queste finzioni, o forse alcuni di loro ci credono, la palma dell'alfiere del successo mediatico continuo va proprio a Pannella. Anzi, negli anni alla ditta Pannella e Bonino Spa, come recita un titolo di un libro del 2001 di Mauro Suttora (Kaos edizioni, Milano) che mette assieme proprio le capacità dei due leader, di cui uno, appunto Pannella, è appena morto, da pochi giorni, di tenere la scena per ed a favore dei poterei forti, nel tempo: Berlusconi, il Papa, una sinistra distratta e post comunista. Ma il duo, e lui specialmente, le cose migliori, a livello politico, le hanno fatte proprio con la sinistra negli anni '70: referendum abrogativo sulla legge che istituiva il divorzio nel 1974, e nel 1981 referendum abrogativo della legge sull'aborto. Entrambe non passarono. I radicali erano solidamente ancorati a sinistra. Poi.. poi è stato uno slalom continuo, tra strizzatine d'occhio di qua e di là, a destra. Un cincischiare con Berlusconi, un incarico di ministro nel governo Letta per la Bonino, da ultimo. Insomma comportamenti assolutamente in linea con la voglia radicale di stare sulla scena senza un reale radicamento popolare.
Pannella in questo era bravissimo. Un eloquio torrenziale ed un controllo di questa macchina di mini partito assoluta. Capace anche di rompere con tutti, persino con la sua alter ego Bonino. Da due anni, o giù di lì, i rapporti tra i due erano praticamente nulli. Ma quello che piace vedere è che l'Italia sia rimasta quel Paese contadino che fa di ogni morto un santo, subito. Ed ecco che su un palco a Roma si avvicendano alcuni figuri che sono anche loro incistati nelle stanze del potere a Roma e dintorni. La bara sul palco, invero il tutto risultava essere un po' tetro, e via ai discorsi laudativi. Non si risparmia nulla, dalle voglie di rimettersi assieme (?), ma per fare cosa, e con chi (?), ai ricordi a tuttotondo del morto.
Un fenomeno molto italiano, un punto di domanda politico ed una capacità insolita e pervicace di riuscire a stare a galla nonostante i limiti organizzativi e di pensiero. I radicali sono stati, e sono, personaggi di varia e centripeta capacità politica e culturale. Nel 1985 andai in Nicaragua. Là venivo spesso preso in giro sull'Italia con queste due parole: mafia e cicciolina (Ilona Staller, pornodiva in Parlamento allora per i Radicali). Pannella era bravissimo a trovare rivoli dimenticati dal potere centrale ma che non scardinavano essenzialmente nessun equilibrio reale, erano solo una sorta di caffè molto carico per svegliare la coscienza borghese. Molto disponibili e molto presenti nelle pieghe che il potere lascia loro per meglio esprimersi e per, come si dice épater le bourgeois (sbalordire il borghese). Interpretando per lui una parte sorprendete della sua coscienza, accettata dai più - libertà in ogni direzione -, al posto di quella vera, sua intima e vera, grondante di sangue.
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