www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 16-12-19 - n. 733

Tempo come inesistente realtà: Piazza Fontana cinquant'anni dopo

Tiziano Tussi

16/12/2019

Proviamo a pensare al tempo che passa come qualcosa che fa evaporare la realtà delle cose, delle cose nella memoria degli uomini. Un tempo che è niente - cosa è il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se cerco di spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so. (Aurelio Agostino di Ippona, poi Santo, IV-V secolo d.c.) - ma che riesce a produrre molti fenomeni reali.

Ora a cinquant'anni da un avvenimento, le bombe a Piazza Fontana di Milano, il tempo ha agito per quello che doveva agire. Un lasso di tempo così lungo ha superato i limiti che marcano una qualche possibilità di incidere su quegli avvenimenti. 50 o 100 anni hanno questo effetto come risultato, in abbondanza.

Quando si supera il mezzo secolo, ma probabilmente basta ancora meno, 30 o 40 anni, tutto quello che doveva o poteva accadere in merito al fenomeno di riferimento, è già passato nel tritacarne della realtà effettuale, nel dimenticatoio della vita sociale, che scorre in continuazione, come dice bene il frammento eracliteo: Nel fiume medesimo/stiamo e non stiamo/siamo e non siamo. Conosciuto anche nel senso che non ci si possa bagnar due volte nelle acque di uno stesso fiume, data la corrente dello stesso, ma che anche noi che ci bagnamo due volte non siamo mai gli stessi, cambiamo.

E così cambiano le cose, sempre. A maggior ragione quando il tempo tra l'accadere ed il ricordare è così lungo. Quello che doveva prodursi si è già da tempo, da tantissimo tempo, prodotto. Il fenomeno ha dispiegato totalmente i suoi effetti, troppo tempo fa. I discorsi del capo dello stato, sui servizi segreti deviati, su Ordine Nuovo - la cui responsabilità nell'attentato è ora scritto anche sulla formella davanti al luogo dello scoppio della bomba, la Banca nazionale dell'agricoltura di allora; la morte di Pino Pinelli e l'accanimento verso Pietro Valpreda e l'anarchia; idee oscene, politicamente e umanamente - una bomba, due bombe, Valpreda ed i fascisti in combutta, in qualche modo, hanno già dato i loro frutti.

Ora tutti i moderati d'Italia - come il sindaco di Milano Beppe Sala, possono anche dire quello che in quei tempi, negli anni a ridosso della strage, gli anarchici ed una parte minoritaria della società italiana avevano subito detto. Strage fascista, strage di stato. Ma allora vi era un forte coinvolgimento dello stato a che non venisse propagandata questa verità politica.

Quindi quello che fu la sinistra extra parlamentare, gli anarchici, ed i progressisti sinceramente democratici, come allora si diceva, vennero messi sotto pressione per non far si che le loro analisi diventassero patrimonio sociale comune. Perquisizioni, arresti, cortei attaccati dalla forza pubblica. Morti per strada e feriti da polizia e carabinieri. Insomma, un mondo in rivolta che non doveva rivoltarsi.

Ora, cinquant'anni dopo a che serve che Mattarella parli di servizi segreti deviati? Ora, dopo che per decenni il suo partito, la Democrazia Cristiana aveva fatto di tutto per tenere sott'acqua ogni forma di verità, di modernità e di progressismo in Italia - referendum aborto divorzio, tanto per citare solo due casi? Connivenza con la delinquenza organizzata di troppi suoi esponenti, e Mattarella lo dovrebbe ben sapere anche personalmente? Corruzione di stato a palate!

Fa un po' rabbia vedere ora la compagine politica attuale, in tutte le sue sfaccettature dire a gran voce "è stato Ordine Nuovo, sono stati i fascisti, con l'appoggio di servizi segreti deviati". Intanto Valpreda e gli anarchici sono stati carne da macello mediatico per decenni. Intanto il Paese è scivolato sempre più in questa melassa dell'indifferentismo.

E fa anche un po' pena veder che i giovani che ora sorprendono i più per il loro muoversi a livello sociale, chiamati sardine, capiscano veramente proprio poco del sistema di ingranaggio di potere presente in Italia. Capiscono così poco che sono, per questa loro ignoranza, coccolati dai mezzi di informazione, sentimentalmente supportati da uomini e donne che non si muoverebbero sentendo le stesse banali e generiche parole da altri attori sociali e politici, magari solo più vecchi: basta con l'odio, bella ciao, evviva la purezza sociale. Anche se la chiesa fa da secoli lo stesso lavoro, c'è posto pure per questi inutili ragazzotti.

Mi vengono in mente quelli che ho visto picchiare nelle piazze di cinquant'anni fa, quelli a cui la polizia ha sparato e che sono morti là, sul selciato; quelli che sono stati messi in prigione, sino agli anni '80, ricordiamoci gli ultimi a Bolzaneto nel 2001.

Certo si fa quel che si può, ma la decenza almeno di non travisare un fenomeno reale con il nulla infiocchettato, almeno la si dovrebbe mantenere. L'assalto al potere, che sia economico, mediatico o culturale è sempre una cosa maledettamente seria e si paga con una vita messa in gioco. Con comportamenti che costano caro, o che comunque hanno dei costi reali. Il resto rimane nell'ambito del gioco delle parti. Così come ricordare con parole forti un avvenimento di cinquant'anni fa.

Ma a chi può interessare veramente e cosa serva, oggi, sapere che Bresci sparò a re Umberto I e che la pallottola arrivò al sovrano per ucciderlo diretta o di rimbalzo, come pare: il re allora morì ed un altro momento storico iniziò. Ora non possiamo proprio farvi più niente se non studiare il caso per piacere e verità storica.

Anche per piazza Fontana ora può essere solo così, un interesse un po' peloso di analisi storica. Nulla di più, nulla d'altro. Le parole andrebbero usate a tempo e le azioni, così di conseguenza sarebbero, al tempo debito, puntuali.


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